La formazione dello scrittore, 27 / Vanni Santoni

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di Vanni Santoni

[Questo è il ventisettesimo articolo della serie La formazione dello scrittore, parallela alla serie La formazione della scrittrice. Le due serie escono, ormai un po’ come viene viene, il lunedì e il giovedì. Ringrazio Vanni per la disponibilità. gm]

vanni_santoniLa base di tutto: in casa mia c’erano molti libri e fumetti, e io li leggevo. Ho cominciato a scrivere molto tardi ma a leggere molto presto, e anche molto seriamente. Mio nonno mi leggeva i classici; dalla biblioteca di mio padre attingevo indifferentemente libri da bambini e libri da adulti, fumetti da bambini e da adulti (c’erano del resto a disposizione collezioni integrali di Linus, Corto Maltese, Alter, L’Eternauta…). I miei libri preferiti da bambino erano quelli di Calvino, Borges, Andrea Pazienza e Umberto Eco; tra quelli effettivamente destinati all’infanzia apprezzavo molto il romanzo La pietra del vecchio pescatore e tra i fumetti la Pimpa di Altan e tutta la produzione di Carl Barks. Anche i Ronfi di Adriano Carnevali non erano male.

Rispetto alla lettura di romanzi ho avuto un calo deciso durante l’adolescenza, che tuttavia fu controbilanciato dai fumetti – erano anni gloriosi per chi frequentava un’edicola, esplodevano il manga con capolavori come Berserk o Slam Dunk, il nuovo fumetto inglese della 2000AD orchestrata da Pat Mills, quello americano di Miller e dell’espatriato Moore, la Vertigo di Gaiman e Ennis – e dalla poesia: a scuola, mentre sostanzialmente ignoravo tutto quello che cercavano di trasmettermi, scoprii la poesia in lingua inglese. Ecco, come quando a Ginsberg apparve Blake, a me una mattina, sfogliando annoiato l’antologia di Inglese, fin lì intonsa (l’inglese del resto lo sapevo già per conto mio), apparve non solo Blake ma anche Coleridge, Wordsworth, le visioni di trincee e gas di Wilfred Owen, e ancora Dylan Thomas, T.S. Eliot e su tutti Yeats, quel cazzo di Yeats che neanche la stessa professoressa sapeva ben spiegare – “perne in a gyre”, che vuol dire prof? – e che però brillava di una luce incontrovertibile: diceva, anzi urlava, una cosa molto chiara, che la letteratura può essere una strada per la verità. Quella piccola antologia d’Inglese fu la mia prima piccola esperienza psichedelica, diversi anni prima di quelle vere (le quali pure hanno avuto un peso, nella formazione dello scrittore). Anche se in quegli anni mi capitarono fra le mani diversi romanzi per me importanti, come 1984 (il primo libro che mi fece fisicamente sobbalzare) e Flatlandia, che pure lasciò un segno profondo, coi romanzi ripresi seriamente durante l’università: andavo in biblioteca e invece di studiare leggevo un romanzo dietro l’altro. Ricordo che riattaccai seriamente con la collana di letteratura fantastica La biblioteca di Babele della Franco Maria Ricci, diretta da Borges. Da lì, attraverso mi pare il Candido di Voltaire, anzi no, mi sa che era Micromegas, rientrai nella letteratura francese, mi feci tutti i maggiori romanzi ottocenteschi, e poi venne naturale passare a quelli russi e inglesi. Una ragazza arrivata da Bologna, invece, in quegli stessi anni e in quella stessa biblioteca, mi insegnò Rimbaud, e soprattutto Artaud.

Fino a quel momento, però, mai avevo avuto la presunzione di scriverli io, i libri. Quindi forse sto parlando della formazione del lettore. La formazione dello scrittore cominciò diverso tempo dopo. A ventisei anni entrai in contatto, per vie del tutto traverse, con una rivista autoprodotta, e lì davvero cambiò ogni cosa. Quelli leggevano seriamente. Nel senso che leggevano per scrivere. In modo, dunque, diverso da me, che leggevo per piacere. Si ponevano delle domande su cosa aveva fatto l’autore, sul perché lo avesse fatto. Ogni venerdì sera si incontravano, leggevano brani dei classici alternati ai loro racconti, si editavano a vicenda, facevano dibattito. Sul momento pensai che fossero dei grulli, ma la verità è che il venerdì dopo ero di nuovo lì. Presi a scrivere anch’io, per spirito di competizione, mi dicevo, anche se probabilmente si era attivato qualcosa di più profondo. Forse era la prima volta che vedevo qualcuno prendere così sul serio qualcosa. Presi a scrivere, e presi anche a leggere in modo diverso. Sui classiconi a quel punto ero abbastanza preparato, ma feci presto a scoprire la mia ignoranza rispetto al Novecento e alla letteratura contemporanea. Si aprirono dunque mondi sterminati. Anche solo un libro di Hubert Selby Jr – era Requiem per un sogno – bastava a sconcertarmi per lo stile mai visto; mi avvicinavo a casaccio a Welsh e un attimo dopo, ancora entusiasta, scoprivo che quel tipo di struttura veniva tutta da Faulkner; riprendevo in mano i Burroughs comprati ai tempi del liceo, e solo sfogliati, e realizzavo che ora iniziavo a capirli; mi esaltavo con le cose più diverse, dall’Opera al nero agli Indifferenti, dal Padiglione d’oro alla Campana di vetro ai racconti di Dürrenmatt a Tropico del cancro, e poi scoprivo i contemporanei veri e propri, e a me ignoti, uno dopo l’altro ecco Wallace, Roth, Pynchon, Houllebecq, Bolaño, McCarthy, DeLillo, Vollmann… Periodo molto bello. Da lì, anche se vivaddio le scoperte in letteratura non finiscono mai – proprio quando credevo di aver coperto tutto il meglio di quanto prodotto dopo l’ultima guerra, incappo in Rayuela di Cortázar, faccio due passi e incontro il Capote di A sangue freddo… – ho poi proceduto, in modo più strutturato, a tappare i buchi osceni che aveva la mia preparazione: conoscevo centinaia di autori ma nessuno in modo completo. Così sono tornato indietro, anzitutto a quelli che preferivo, Tolstoj, Mann, Flaubert, Céline, Goethe, cercando di completare le bibliografie, cosa che non sempre sono riuscito a fare dato che ogni tot scattava una nuova scoperta impressionante – Controcorrente di Huysmans! I canti orfici di Campana! Lautréamont! Jung! Philip Dick! –, e ogni tanto un classico di quelli che quando hai finito di leggerlo ti chiedi come avevi fatto fino a quel momento – penso a Lolita, a Moby Dick, all’Uomo senza qualità –, e poi, visto che ormai ero lettore da trent’anni, le riletture: quante volte avrò riletto L’Aleph e Finzioni? Quante The Waste Land? The Waste Land lo so a mente, l’ho distrutto, quel volumetto arancione, a forza di rileggerlo. A questo si affiancava anche un lavoro sugli autori italiani, che avevo ignorato per troppo tempo. Giunto a quel punto sapevo un po’ muovermi e mi autosomministrai una cura a base di Gadda, Manganelli, Vittorini, Pasolini, Buzzati, Malaparte… Pure Horcynus Orca mi son letto. Poi, quando mi sono sentito pronto a tornare agli stranieri, ho fatto ciò che dovevo, con gran gusto nel primo caso, con più fatica nel secondo, e ho letto la Recherche e l’Ulisse. Il tempo di finire entrambi a modino, ed eccoci a oggi.

In questo periodo leggo moltissima poesia. Amo molto Sylvia Plath, Paul Celan, Andrea Zanzotto, Ingeborg Bachmann, Allen Ginsberg, Rimbaud. Ho realizzato l’enormità di Emily Dickinson. Ho capito che il Nobel a Tranströmer non è sciovinismo. Di recente ho scoperto Paul Éluard. Non smetto mai di rileggere Artaud le mômo e Ci-gît.
Mi rendo conto adesso che ho fatto una lista di letture, più che parlare di come ho pubblicato, di come lavoro. Come lavoro. Leggo un sacco di libri e mi faccio un gran culo a scrivere, giorno e notte (eccomi qui che mando questo stesso articoletto a Giulio Mozzi e sono le 4:13 perché prima dovevo scrivere). Come ho pubblicato. Ho preso tante porte in faccia e poi dopo rifiuti e fregature di ogni genere ho vinto un concorso ma non mi hanno pubblicato lo stesso, allora ne ho vinto un altro e ho finalmente esordito con un minuscolo editore e poi da lì sono arrivato a uno più grande, mandando i plichi in giro, sì, proprio quelli che si dice gli editori non leggano. Nulla di troppo interessante quindi – il fatto è che mi interessano più i libri degli altri che i miei. Ora sto leggendo Gli anelli di Saturno ed è davvero molto bello, e molto belli sono anche i fumetti di Lewis Trondheim che mi son comprato alla fiera di Lucca.

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12 Risposte to “La formazione dello scrittore, 27 / Vanni Santoni”

  1. www.tuttoperbocca.blogspot.com Says:

    Bella questa formazione, ho molto apprezzata l’idea di citare due giganti della letteratura (anche se a fumetti) come Carl Barks e Garth Ennis solo con i loro nomi e non attraverso i titoli delle loro opere.

    Preacher e’ una di quelle cose che ti fulmina e ti cambia per sempre, una specie di spartiacque eistenzial-culturale, che mi fa molto piacere vedere citato su Vibrisse.

    Su Carl Barks, gia’ citato da altri autori in questa rubrica, ripeto quanto detto in precedenza: chiunque voglia misurarsi con l’avventura- intesa come genere- non puo’ non tenere conto di quanto realizzato dal creatore di Paperone e di tutto quello che va sotto il nome di “Universo dei Paperi”.

  2. Andy Says:

    Il commento sopra e# mio, ho digitato male i dati personali.

  3. Adriano Carnevali Says:

    Siamo fieri di avere contribuito anche noi alla formazione di uno scrittore vero e non solo di un misero fumettaro stordito come il nostro babbo: adesso chi ci fermerà più dal tirarcela insopportabilmente con tutti? Un saluto affettuoso dai Ronfi (e da Adriano)

  4. sarmizegetusa Says:

    Adriano lei mi fa commuovere :,)))

  5. sarmizegetusa Says:

    (non ruzzo: capirà che per me è come se mi avesse risposto nei commenti Lautréamont ^___^’ )

  6. acabarra59 Says:

    “ 6 novembre 1985 – Eva Cantarella ha scritto un libro sulla donna nell’antica Roma: Tacita Muta. Vedi anche i grandi festeggiamenti nell’anniversario della morte del sindacalista Salvatore Carnevale. In generale: la questione dei nomi. Nomi d’arte. Nomi di battaglia. Cinema, avanspettacolo, mitologia. “. [*]
    [*] La s-formazione dello scrittore / 106

  7. Giulio Mozzi Says:

    Per i non enigmisti: sarmizegetusa è appunto Vanni Santoni.

  8. ilcorsarobianco Says:

    L’ha ribloggato su Il Corsaro Bianco e ha commentato:
    Ripropongo la formazione dello scrittore Vanni Santoni, ultimo capitolo della bella iniziativa sollecitata da Giulio Mozzi su Vibrisse.
    Si parla sopratutto di letture, di autori che hanno contribuito -letti in un certo modo- alla sua formazione di scrittore. Molto bella la carrellata novecentesca e molto utile per chi fosse alla ricerca di suggerimenti di lettura.

  9. Tesaurus Says:

    ammirevole la incalmierabile perizia didattica del mozzi che mette link alle cose non ovvie 🙂

  10. Giulio Mozzi Says:

    In realtà ho messo link a una quantità di cose ovvie. E quasi tutto è ovvio, oggi, quando quasi sempre bastano pochi secondi di ricerca per trovare una decente voce di enciclopedia.

    Il problema non è l’ignoranza: è la pigrizia.

    (E mi viene in mente una cosa: se si prendesse l’abitudine di citare le persone sempre per nome e cognome, la ricerca enciclopedica sarebbe ancora più veloce e sicura). (Certo, si produrrebbero testi un po’ meno sciolti e un po’ più pedanti).

  11. acabarra59 Says:

    “ Senza data [1982] – Va fra i milioni / diventa bocconi. “. [*]
    [*] La s-formazione dello scrittore / 107

  12. sarmizegetusa Says:

    @Andy grazie! Jody e T.C. imprescindibili. E infatti se ben guardi dentro un certo romanzo…

    @corsaro *inchino* ovviamente non son carrellate con pretese di esaustività. Ma se mi sono venuti in mente prima quei libri invece di altri, qualcosa vorrà dire… ^^

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