di Luigi Preziosi
Giuseppe Conte è poeta di lungo corso e di sicuro valore, accertato dalla critica a partire dalla prima raccolta L’Oceano e il Ragazzo, uscita in Italia nel 1983 e ristampata nel 2002, e costantemente manifestato nella successiva produzione in versi, raccolta nella sua (provvisoria) completezza in Poesie (1983-2015), con introduzione di Giorgio Ficara. Già nel 1994, in sede di prima rendicontazione della produzione letteraria del Novecento, Spagnoletti (Storia della letteratura italiana del Novecento) lo segnalava come “uno dei migliori talenti introspettivi della lirica nuova”. Autore anche di saggi e traduzioni (da Blake, Shelley, Whitman e Lawrence), e di due importanti antologie internazionali di poesia, Conte ha compiuto negli anni diverse incursioni nel territorio della narrativa (Il terzo ufficiale, La casa delle onde, L’adultera, Il male veniva dal mare). L’ultima di esse è questo recente Sesso e apocalisse a Istanbul (Giunti, 2018), inaspettato romanzo d’azione, almeno in apparenza, che dei modelli del genere richiama l’attitudine ad animare piani narrativi divergenti, con conseguente piena padronanza nella scansione delle varie sequenze in si articola l’intreccio.