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Ma che sia almeno gloriosa

7 gennaio 2011

“Quando l’invasione è palese, quando il contesto in cui viviamo, va bene, il fottuto contesto in cui abbiamo imparato a vivere, va bene, si è completamente ribaltato, è troppo tardi. Noi, con i nostri libri, la nostra cultura, il buon gusto e le buone maniere, non possiamo fare più niente. Nulla. Siamo al palo. O ci si adatta o si rimane al palo. Ma io non ce la faccio a essere mimetico perché non capisco. E, intendiamoci, faccio l’avvocato. Devo essere dannatamente mimetico per mestiere. Eppure non ce la faccio. Ma poi, guarda, non è neanche questo. Non è neanche questo. Cosa significa essere mimetici con questi che avanzano? Cosa abbiamo? Abbiamo una maledetta popolazione, va bene, risucchiata in un luogo che non è alcun luogo, con un’esistenza che non conosce la distinzione, non conosce definizioni, sfumature, fatta di persone assolutamente identiche. Non c’è distinzione. Non c’è protagonista, non c’è antagonista. Non c’è racconto, va bene, non c’è narrazione. Allora, per me, è incomprensibile. Io non posso capire, va bene. E senza possibilità di comprensione accetto la fine. L’accetto. Ma che almeno sia gloriosa”.

Così l’avvocato-scrittore Bruno Kleiber – un personaggio viscontiano – nel racconto di Gioia “Sono forze millenarie”, in Delle due l’urna.