Hanno partecipato all’impresa: Sandro Campani, Leonardo Colombati, Nicola D’Attilio, Giorgio Falco, Giovanni Fiorina, Claudia Grendene, Enrico Macioci, Silvia Montemurro, Daniele Muriano, Demetrio Paolin, Federica Pittaluga, Ivano Porpora, Alessandra Sarchi, Veronica Tomassini. La vittima ringrazia.
Chi volesse segnalare refusi o altre imperfezioni: grazie.
Tag: Alessandra Sarchi, Claudia Grendene, Daniele Muriano, Demetrio Paolin, Enrico Macioci, Federica Pittaluga, Giorgio Falco, Giovanni Fiorina, Ivano Porpora, Leonardo Colombati, Nicola D'Attilio, Sandro Campani, Silvia Montemurro, Veronica Tomassini
21 luglio 2015 alle 10:02
[…] (Vedi qui). […]
21 luglio 2015 alle 15:12
“..né sentiti e mi ricresce,…” PAG 15
21 luglio 2015 alle 16:52
Grazie.
21 luglio 2015 alle 17:44
[…] Oggi un mio racconto è apparso in questa cosa qui. […]
22 luglio 2015 alle 07:01
[…] Infine, quando hai concluso il tuo romanzo, che ritieni essere un’opera bella: uccidimi. […]
22 luglio 2015 alle 10:43
Non so dei refusi o di altre imperfezioni però ieri ho letto il libro e mi ha molto deluso. Molto.
22 luglio 2015 alle 11:22
ecco. io non l’ho letto tutto. la mia sensazione si avvicina a quella di gian marco, tuttavia non ho elaborato un’analisi che mi consenta di esprimere bene dove, come, perchè. è una sensazione, per ora.
22 luglio 2015 alle 11:45
Puoi spiegare perché, Gian Marco? (manu ha già detto di non sentirsene capace – per ora almeno).
22 luglio 2015 alle 11:48
… ecco, a me è successo questo: che i testi degli autori si “spegnevano” quasi alle prime battute… si spegnevano nel senso che non sentivo scattare una “molla” di interesse nel percorso di lettura (mi chiedevo: se il titolo della “morte” indica la possibilità di un conflitto, di una “epistrophé”, di una, o più, svolte… dov’erano?). Scrivo questo per cercare di articolare soggettivamente quella sensazione di delusione (che peccato!) che ho provato anch’io, come griffi come manu… infatti, ho trovato illuminante e bella l’idea del “riequilibrio” maestro/allievo (per semplificare)… una tematica decisamente interessante, che può essere anche lacerante… come mai dunque ci si trova in queste “acque basse” – anche se ci sono delle bellissime bellissime “penne”, degli autori intelligenti e “presenti”?… enigma, o mistero… forse il maestro non dovrebbe chiedere agli “assassini” di… cioè gli assassini dovrebbero scrivere proprio se viene loro il desiderio dell’assassinio, senza commissione (??). Assassini, non killer o mercenari? Domande…
22 luglio 2015 alle 11:51
Di base credo di non esserne capace manco io, però posso provare. Appena c’ho due minuti di tempo.
22 luglio 2015 alle 12:26
Dunque. Prima di tutto specifico che ho parlato di delusione, e ciò significa che avevo una particolare aspettativa.
In effetti mi aspettavo dei racconti, e questi brani non sono racconti. Oppure, se sono racconti (o se vogliono essere racconti), sono davvero brutti.
Non ci ho trovato guizzi, non ci ho trovato idee, non ci ho trovato un progetto di racconto, non ci ho trovato uno straccio di motivo che mi invogliasse a continuare la lettura (ho letto tutto, ma tanto per leggere, mica perché mi piacesse ciò che leggevo). Non ci ho trovato letteratura, manco per sbaglio.
Da scrittori che ho amato per i loro racconti o per le loro opere mi aspettavo tutto fuorché questo piatto compitino che qualunque blogger di periferia avrebbe potuto scrivere in dieci minuti scarsi.
E poi in tanti di questi brani non c’è manco l’ombra dell’uccisione di Mozzi, cioè il tema del superamento simbolico eccetera eccetera.
La faccio ancora più breve: mi aspettavo dei racconti ironici, arguti, tristi, malinconici, eccetera, e mi sono ritrovato a leggere dei resocontini privi di qualunque interesse, almeno per me.
Questo è tutto.
22 luglio 2015 alle 13:49
Forse ho sbagliato a voler cominciare e finire tutto in due settimane.
22 luglio 2015 alle 14:06
io non parlo del mio, perché ovviamente sarebbe una cretinaggine, ma prendo due testi che sugli altri mi sono sembrati belli. Quello di Ivano Porpora e quello di Leonardo Colombati; mi sembrano due testi che dicono, usando tra l’altro due diversi toni, e due diversi stratagemmi narrativi, molto sul rapporto con Giulio.
Credo che Giulio abbia fatto un’operazione interessante e credo che anche i tempi stretti siano stati necessari proprio perché a pensarci tanto non uccidi nessuno.
Credo anche che non ci sia nulla di allegro e ironico e divertente nell’uccidere il proprio pedagogo o maestro o amico o terapeuta, penso che il sentimento dominante sia il timore, perché sai che da lì in poi sei da solo e l’unico sentimento che hai è la paura. Ecco io questo sentimento di timore l’ho sentito e quindi penso che la raccolta in questo sia riuscita (questo a prescindere dai diversi risultati letterari.)
22 luglio 2015 alle 14:45
Ho letto con piacere e con crescente interesse il racconto di Daniele Murano che ha svicolato alquanto ,è vero,(il tema era troppo difficile!)ma poi ci è rientrato in maniera brillante.
22 luglio 2015 alle 15:16
Chiedo scusa dell’errore,mi correggo:Muriano.
22 luglio 2015 alle 15:21
non è che mi aspettassi un’altra cosa. io non sapevo proprio cosa aspettarmi. mi sono chiesta, prima di leggere i testi, in che modo si potesse narrare, perchè era ovvio che di narrazione si trattasse, del superamento del mito del maestro in riferimento a giulio mozzi (non avendo io letto tra l’altro il libro cui richiama il titolo di questo progetto, ammesso che c’entri qualcosa).
poi ho visto che si trattava in buona parte di resoconti, e di qualche invenzione sulla scomparsa.
tra parentesi devo dire che l’immaginare di giorgio falco l’ho trovato fastidioso, fin dall’inizio, con quella mail di avviso della morte ad un’ora precisa, con tutte quelle parole – ospedale, salma, obitorio – e tutto il resto. lì mi sono detta ancora una volta, che probabilmente io non so leggere. l’ho associato troppo alla persona, probabilmente non dovevo farlo. mi ha riportato a galla qualcosa e non mi è piaciuto. ma soprattutto non mi è parso in linea con la mini spiegazione in copertina.
se di resoconti doveva trattarsi, allora probabilmente la ‘commessa’ o la ‘consegna’ o non so come si chiama poteva essere un’altra. ma quale?.
forse non ne vedo il senso. non capisco il progetto in cosa consista. sono andata a rileggermi il pezzo di ivano porpora, dopo aver letto il commento di demetrio paolin. si, sono righe intense, ma si chiedeva questo? di dire qualcosa sul rapporto con giulio?
alla fine non riesco a capire e a spiegarmi. riesco solo a pensare che non ho trovato nulla di interessante.
lo chiedo a giulio, se avrà voglia di rispondermi: cosa ti aspettavi?
22 luglio 2015 alle 15:38
Maria, grazie. (Anche per la correzione).
E grazie, in modo particolare, a chi ha letto e non ha trovato niente d’interessante, un grazie risarcitorio, per quel che dipende da me…
22 luglio 2015 alle 17:07
“ Martedì 30 dicembre 1997 – E, a proposito di « Scopperfield », c’è da dire che non saprò mai che cosa significava quel sogno anche perché non ho mai letto David Copperfield (« Scopperfield » – « Copperfield »). Nell’occasione voglio dire una volta per tutte che la mia ignoranza è straordinaria, mostruosa, incommensurabile. Infiniti sono i libri che non ho mai letto – e altrettanti quelli che, pur avendoli letti, non ricordo -. La mia ignoranza – posso dirlo ora che so che comunque è troppo tardi per rimediare – è irriducibile e molto antica. Ho sempre non-letto una quantità di libri, ho sempre preferito passare oltre perché non avevo voglia di fermarmi e, in ogni caso, andavo sempre di fretta. Ma soprattutto perché avevo – ed ho – una fiducia illimitata in me stesso, nella puntualità, infallibilità, autorità del mio sapere, un sapere intuitivo, corporale, viscerale. Un sapere « a naso », « a prima vista », un sapere miracoloso – i miracoli sono io che li faccio. Sono un immenso arrogante scatenato ignorante. Odio il « dialogo », la « persuasione », il « confronto ». Odio perdere tempo. Odio i « rapporti orali », dico quelli con gli uomini. Odio i maestri, buoni o cattivi che siano. Per questo non sto né in una banca né all’università. Per questo non vivo a Siena. Tanto peggio per me. (Forse non è vero che non ho letto David Copperfield, però, comunque sia, non lo ricordo. Sono così sincero che finisco per dire le bugie) “ [*]
[*] Lsds / 448
22 luglio 2015 alle 18:31
Refuso PG 14: «Mi chiamo N. e sono GiulioMozzi-dipentente».
22 luglio 2015 alle 18:57
Ma qua non c’è nessuno che voglia farlo fuori veramente ( quelli che dicono io nel racconto) non c’è la determinazione dell’assassino, la storia di un assassinio ( per cui qualcuno qui sopra ha detto che questi non sono racconti
22 luglio 2015 alle 23:16
Rispondo sul mio.
Io non ho scritto perché ci si aspettasse qualcosa. Ho scritto quello che sentivo. Che, brutalmente, è racchiuso in quelle parole.
Quelle parole sono quanto di più vero, e fondo, possa dire sull’argomento. Attestano l’affezione che provo ancora nei confronti di Giulio, e il bene che gli voglio malgrado tutto.
Meglio non potevo fare – e sì: sono notevolmente soddisfatto del risultato.
23 luglio 2015 alle 00:15
Il volume mi pare renda efficacemente il metodo di lavoro di Mozzi quando e’ alle prese con storie potenziali a cui tiene, storie che necessitavano ancora di una messa in forma e che hanno quindi cagionato la nascita di un legame professionale e spesso anche umano. Se il volume puo’ non essere riuscito come uccisione del maestro, lo e’ senz’altro come storie di successo, visto che quasi tutti gli interpellati sono arrivati alla pubblicazione o sono sul punto di. Stiamo cioe’ leggendo di alcuni di quei 1 o 2 emersi sui 10-20 proponibili rispetto ai 1200-1500 che riceve annualmente in lettura. In questo senso, non mi pare che si tratti di un’impresa deludente, non riuscita oppure inutile: il maestro ne esce piu’ vivo e maestro di prima ma ci sono anche i libri prodotti nell’esercizio reale e quotidiano della sua funzione.
23 luglio 2015 alle 06:24
Grazie, Nicola.
manu: nella lettera nella quale spiegavo bene, agli invitati a scrivere, che cosa avessi per la testa; e che riporto nella Notizia iniziale, scrivevo:
Questo mi pare risponda alla tua domanda: “cosa ti aspettavi?”.
23 luglio 2015 alle 07:55
si, giulio, avevo letto la Notizia iniziale. dunque parlare di te, del rapporto con te, questo è diventato il senso del libro. il fate vobis, libera tutti. sta in questo la mia delusione. pensavo si andasse oltre.
senza nulla togliere alla bellezza di qualche pagina, nei testi che ho letto.
23 luglio 2015 alle 09:03
Ciò che ha detto Ivano Porpora vale anche per me. Ho scritto in modo sincero la mia esperienza. E se ci avessi costruito su non avrei potuto essere così sincera. Come ho detto a Giulio, il pezzo può non essere bello, ma è onesto.
Claudia Grendene
23 luglio 2015 alle 09:17
Daniele (dm), non vedo l’ora di leggere il tuo romanzo.
23 luglio 2015 alle 09:34
Ringrazio Daniele Muriano, Monica Winters e Nicolas Gruarin che mi hanno segnalato diversi errori.
23 luglio 2015 alle 12:16
Me sa che nel .doc c’è un progressivo “allontanamento” fra le pagine indicate nell’indice e quelle reali, finché “Apologia del servo” sta a pg 74 anziché 66.
23 luglio 2015 alle 13:17
A voi che avete scritto: grazie.
Un bel leggere.
(E per chi ti conosce: saporose chicche.
Per chi non ti conosce: un riuscitissimo invito a conoscerti)
Curiosità, Giulio: ammesse e non concesse le critiche qui sopra (non rispetto della consegna di ucciderti; non essere, questi, propriamente racconti), a cosa imputeresti il supposto “fallimento” dei piani omicidi?
A parte la pur valida spiegazione delle due brevi settimane di tempo per attuarlo, intendo.
Perché secondo te è così difficile (ammesse e non concesse etc.) far fuori questo pedagogo che immagino nella sua linda cucina, vezzosamente contento di non essere sul punto di scoppiare dalla gelosia; almeno verso questi scrittori, secondo i critici qui sopra. (O forse no: forse non vedresti l’ora di essere mollato un attimo e cessare di crederti talvolta un dio).
Interessante sarebbe una seconda raccolta (“La prima volta che becchi Giulio in aula, in cortile, in metrò ma soprattutto sulle botti: battilo da morire”) in cui agli stessi autori sia concesso più tempo (diciamo quattro settimane) mentre ad altri autori meno (diciamo una settimana).
Io vorrei non farcela nemmeno in due anni, causa qualità del male (gestibile, sia chiaro) che infliggi (me ne vado a fare in culo da sola ma sia altrettanto chiaro: solo colpa tua).
23 luglio 2015 alle 13:40
Grazie della fiducia, Gian Marco.
Sul libro, o quel che è.
Lo scrivevo ieri a Giulio, secondo me è conveniente considerare questo come il tentativo, da parte di un manipolo di scrittori (a parte me, che non ho mai pubblicato), come il tentativo di uccidere il maestro, o quel che è, su commissione. Cioè non si tratta di quattordici racconti in cui si fa fuori il maestro o quel che è. Sono quattordici tentativi, più o meno goffi, più o meno belli, più o meno organizzati di fare fuori in qualche modo uno che ha chiesto quel che Giulio ha chiesto.
(Tra parentesi devo dire che a me piace molto il racconto di Giorgio Falco, ed è quello con cui più sento una consonanza di qualche tipo, lui è ovviamente uno scrittore, come ho detto, io mica. Ma i gusti son gusti, e Demetrio forse vede le cose diversamente da me e così gli altri.
Ultimissima cosa. Io che sono un tipo sentimentale ho apprezzato del gruppetto sopra ogni cosa la compagnia, anche se ovviamente non ci siamo detti manco una parola. Non so bene che senso abbia dirlo qui, ma lo dico.)
23 luglio 2015 alle 13:56
Magda, posso dire che non ho capito tanto?
Avevo deciso che avrei accettato quello che mi sarebbe stato mandato. Mi rendo conto di non essere stato precisissimo nella richiesta (la prima email era un po’ confusa, la seconda precisò; ma si sa che la prima volta conta sempre di più). Ma non volevo neanche costringere le persone invitate in una gabbia troppo stretta. Né volevo prender loro tanto tempo.
23 luglio 2015 alle 16:32
Puoi, e riformulo: mi chiedevo – al di la’ dei fattori tempo, precisione, liberta’ – come ti spieghi che risulti difficile ucciderti. (Ma forse la risposta sta solo in quei fattori).
23 luglio 2015 alle 19:11
Non è stata rispettata la consegna, dice, il piano è fallito. Non c’è traccia di sangue, non c’è l’arma e non c’è nemmeno l’ombra di un cadavere.
E questa, dico io, è la prova definitiva dell’omicidio. Quando il maestro ordina di ucciderlo, l’allievo devoto che fa? Obbedisce. Come si fa, allora, a uccidere il maestro che ti chiede di ucciderlo? Usare l’ingiunzione e giocare. Partire da quella e raccontare storie.
Diabolico Giulio, ancora più diabolici tutti gli altri.
23 luglio 2015 alle 19:24
Nota botanica
D. Paolin, pag. 51
“Sceglierò per me un bel sicomoro, l’albero di Giuda […]”
Il sicomoro (ficus sycomorus) e l’albero di Giuda (cercis siliquastrum) sono due specie arboree diverse.
PS Lettura per me godibilissima. Attendo con curiosità i lavori in cantiere di alcuni degli autori.
23 luglio 2015 alle 22:23
io vorrei che Colombati spiegasse meglio la faccenda cocco vs Franti
23 luglio 2015 alle 22:34
ah, e a Campani la faccenda di Bud Spencer
24 luglio 2015 alle 06:41
Non lo so, Magda. Credo che la domanda non tocchi a me.
Stefano: c’è stato un momento, diciamo nel 1996 (dopo la comparsata con “La felicità terrena” allo Strega eccetera) nel quale avrei potuto tentare, direi con certezza di successo, il pieno inserimento nella Repubblica delle Lettere. Invece mi sono scelto un posto da outsider. Il mestiere di “scout”, peraltro, mi mette a contatto molto più con la massa degli aspiranti che con la élite degli arrivati. Già anni fa, e me lo ricordo bene perché ci ho pensato su parecchio, Tiziano Scarpa mi rimproverava per la mia scelta di “posizionamento”. Non aveva tutti i torti, ma neanche tutte le ragioni. (Perché questa mia scelta? Perché quello so fare, oh bella).
Quando, nei miei seminari, si ragiona attorno al modo in cui si costruisce una scena, spesso faccio vedere una scena di Trinità (la partita a carte), fatta apparentemente in tempo reale.
Mcg: la confusione è nella tradizione. Vado a memoria. Una tradizione (medievale) dice che Giuda s’impiccò a un sicomoro. Un’altra tradizione (un po’ più recente) dice che si impiccò a un albero il cui nome importiamo dal francese, arbre de Judée: nell’importazione del nome la Giudea diventa Giuda. D’altra parte impiccarsi a un albero di Giuda, che è spesso poco più che un arbusto, è difficilissimo. Però il sicomoro è “l’albero di Giuda”, nel senso che Giuda vi si impiccò. Un po’ come si poteva parlare di “quercia del Tasso” per indicare la quercia sotto la cui ombra il Tasso andava a riposare (vedi).
24 luglio 2015 alle 06:46
Massimo:
“Uccidimi”, disse il maestro.
“No”, disse l’allievo.
“Sei un incapace”, disse il maestro. “Non hai imparato niente”.
“Ho imparato a disobbedirti”, disse l’allievo. “In questo modo ti uccido”.
Il maestro baciò l’allievo, e andarono a mangiarsi una pizza. Al momento del conto, il maestro finse di aver dimenticato il portafoglio. La mattina dopo fu trovato morto nel suo letto, in un lago di sangue.
24 luglio 2015 alle 07:26
“ Domenica 29 giugno 2008, a Sommassa (Panzano) (FI) – Appena sveglio mi sono ricordato come si chiama quel personaggio degli Egoisti di Federigo Tozzi in cui è adombrata la figura di Domenico Giuliotti: Ugo Carraresi. Poi sono andato in bagno e c’era un libro: Jamie Olivier, Il mio giro d’Italia (2007). Questo Olivier è un cuoco inglese, giovane e molto pop – il « cuoco nudo », lo si definisce in copertina -, e il libro è un libro di ricette di cibi italiani. È molto divertente da sfogliare perché è pieno di splendide fotografie « italiane » perfettamente improntate alla grande tradizione dei Gianni Berengo Gardin, dei Ferdinando Scianna, degli Uliano Lucas, tanto per dire i primi che mi vengono in mente. Quindi, anche se non si ha appetito, si finisce per mangiare parecchio con gli occhi etc. Ho anche pensato che è buffo che Tozzi, che dopotutto era il figliolo di un trattore, per altro molto avviato, abbia finito per scrivere. Ne deduco che come scrittore era un outsider, uno spaesato, un principiante, un dilettante. Per ultimo mi chiedo se è più « italiano » cucinare o scrivere. Rispondo che sono cose italiane tutte e due, quello che conta è farle bene. “ [*]
[*] Lsds / 449
24 luglio 2015 alle 10:15
eh, hai saltata la casella del solito stronzo per approdare a venerato maestro (poi ucciso)
grazie
24 luglio 2015 alle 11:46
Già.
9 settembre 2015 alle 07:13
[…] Il titolo del post si riferisce con umorismo a una pubblicazione promossa dallo stesso Giulio Mozzi sul proprio blog: “Se incontri Giulio Mozzi per la strada uccidilo”. […]
30 ottobre 2015 alle 10:56
[…] Questo pezzo è stato publlicato in vibrisse ed è contenuto in Se incontri Giulio Mozzi per la strada uccidilo prelevabile qui. […]
22 giugno 2016 alle 15:02
[…] Siete curiosi di capire com’è possibile che sia davvero necessario uccidere Giulio Mozzi (benché poi, di anno in anno, lui sia sempre là, come un Ercolino […]
11 luglio 2016 alle 19:05
Per molto meno dell’aver immaginato “Super Nivem” uno scrittore avrebbe già meritato una soffice, carezzevole eutanasia, ma poiché lo si ama – poiché non era possibile non innamorarsi di quella barbarie pre-apocalittica – ce lo siamo mangiati. Lo abbiamo cannibalizzato dolcemente, questo porterà frutto. Credo.
20 giugno 2017 alle 17:22
Salve,
Le volevo segnalare che il link al PDF di questo libro che compare nella barra a destra del blog ha un errore:
c’è un _http://_ di troppo…
20 giugno 2017 alle 17:24
http:// di troppo alla fine, chiedo scusa per il doppio commento ma ho inviato per errore prima di finire di completare…
Saluti
21 giugno 2017 alle 17:28
Grazie, Pierpaolo. Ho sistemato.