Posts Tagged ‘Daniele Muriano’

Chiacchierando con Edoardo Zambelli / 2

3 ottobre 2018

Fotogramma dalla serie televisiva Fargo, di Noah Hawley

 

 
Daniele Muriano chiacchiera con Edoardo Zambelli

[Per i tipi di Laurana è da poco uscito Storia di due donne e di uno specchio, il secondo romanzo di Edoardo Zambelli – il primo, L’antagonista, usciva nel settembre 2016 per lo stesso editore.
La prima parte della chiacchierata si può leggere qui. Si è parlato con Edoardo di come funziona la sua immaginazione, del rapporto con i personaggi e di come delle narrazioni gli interessino «più i mondi che non i loro abitanti»].

Vorrei curiosare per il mondo che abita Edoardo Zambelli nel tempo della scrittura. Intendo il tuo mondo interiore.
Prima di tutto, vorrei che ti si potesse immaginare: sarei contento se mi raccontassi dove hai scritto per la maggior parte del tempo l’ultimo romanzo, con quali strumenti, secondo quali orari.
Dopodiché, ripensando a quelle giornate (o a quelle settimane, se ci hai lavorato continuativamente) come potresti definire il tuo stato d’animo? Ti sembrava di vivere più intensamente? Se è stato così, in quale atmosfera sentimentale? (O magari si è trattato solo di fredda fatica della lucidità…)
Hai detto già che la riscrittura è stata «la parte più divertente» e perciò mi interesserebbe quanto alla prima stesura.
Il fantasma che sventola sulle mie domande è sempre uno: la relazione che intercorre tra scrittura e felicità possibile (felicità anche microscopica, puntiforme, istantanea).
Ecco, sarà più difficile adesso dire che non sei stato oggetto di un’invadenza.

Ma no, anche qui nessuna invadenza. Solo, mi è un po’ difficile ricordare il periodo della prima stesura, sono passati diversi anni. Su alcune costanti del mio scrivere sono sicuro: non ho orari di scrittura – e nemmeno periodi, mi capita di scrivere per alcune settimane, e poi magari di non farlo per altrettante settimane -, scrivo solo a casa mia, direttamente al computer, poi rileggo e correggo su un tablet. Sulla tua domanda più generale riguardo al rapporto tra scrittura e felicità posso dire di essere felice quando scrivo, ancora di più quando mi rileggo e mi pare di aver fatto qualcosa di buono. Non vivo lo scrivere come un atto doloroso, forse anche perché, come dicevo alla tua prima domanda, non investo emotivamente nulla nelle storie che scrivo. Quello che mi fa “male” sono i periodi in cui non scrivo, quelli – le settimane, qualche volta anche i mesi di cui dicevo prima –, in cui il romanzo è in corso ma per pigrizia o svogliatezza non lo faccio pur continuando a pensarci ogni giorno; mi dico che dovrei ma poi niente, non c’è verso. È un po’ contorta come cosa, me ne rendo conto, ma funziono così.

Sai, per me è difficile crederci. Il tuo romanzo mi ha sconvolto. Ha agito su di me con una tale violenza. Mi riesce difficile immaginare che la scrittura sia andata davvero così liscia. Ma tutto quel che dice uno scrittore sul proprio lavoro è vero, perché non esiste prova contraria.
Mi piacerebbe sapere qualcosa del tuo rapporto con le altre narrazioni: cinema, musica, fumetti, videoarte, videogiochi o altro. Si intravede una tale quantità di materiali dell’immaginario nel tuo romanzo (anche se l’impressione è che tu non abbia intenzione di prendere a prestito niente, ti appropri e trasfiguri).
Sono molto curioso di capire di cosa si nutre il tuo immaginario.

Immagine dal videogioco The Secret of Monkey Island

Allora, parto dai videogiochi, perché se mi guardo indietro sono stati il mio primo contatto con le narrazioni e con un determinato tipo di narrazioni. Sono un grande appassionato di quei videogiochi chiamati avventure grafiche (o punta e clicca, o adventure games). Credo che il mio primissimo contatto col mistero (e con il piacere di subirlo e poi raccontarlo) sia stato quando da piccolo, vedendo mio fratello più grande giocare a The Secret of Monkey Island, ho letto la scritta “nel profondo dei Caraibi, l’isola di Melee”, e sotto c’era questo effetto sonoro un poco oscuro e il fermo immagine di quest’isola buia, una specie di cono, con solo un piccolo gruppetto di luci su una baia, in basso. Ecco, lì mi si è aperto un mondo. I videogiochi sono stati e continuano a essere uno stimolo, in questi ultimi anni ci sono stati sviluppatori indipendenti che hanno fatto cose strepitose.
Ovviamente poi c’è la letteratura, certo. Ho i miei scrittori favoriti, quelli a cui ritorno di continuo, per sentirmi “a casa”. I libri di Tullio Avoledo, Filippo Tuena, Carlo Lucarelli, Alberto Ongaro, Antonio Tabucchi, Giulio Mozzi, Laura Pugno, Garcìa Marquez, Juan Carlos Onetti, Roberto Bolaño sono quelli che leggo e rileggo di continuo. Funziono un po’ così, leggo cose nuove, ma poi avverto il bisogno di tornare a leggere quelle storie e quelle prose che mi ispirano, che in qualche modo sento mie.
Lo stesso vale per il cinema, ci sono cose che riguardo all’infinito perché mi piace stare in quei mondi. I film di David Lynch e dei fratelli Coen, ad esempio, o quelli di Roman Polanski. Serie tv ne guardo poche, ma Fargo è stata una delle più belle scoperte degli ultimi anni, mi pare che dentro ci sia tutto quello che mi piace, è un mondo meraviglioso in cui stare.
È diventata una risposta lunghissima, e me ne scuso. Aggiungo solo che per me i fumetti (a parte Dylan Dog, che leggevo da piccolo e che mi ha insegnato molto, e Asterix e Lucky Luke) sono una scoperta recente, graphic novels ne ho lette poche ma ci sono autori come David B. o Daniel Clowes che mi piacciono molto. La musica poi, è fondamentale, se non ascolto ogni giorno Bruce Springsteen non mi sento a posto.
Ecco, tutto questo, in un modo o nell’altro, finisce nelle cose che scrivo. Magari non in modo diretto, ma c’è.

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Chiacchierando con Edoardo Zambelli / 1

2 ottobre 2018

Edoardo Zambelli

 
 
Daniele Muriano chiacchiera con Edoardo Zambelli

[Per i tipi di Laurana è da poco uscito Storia di due donne e di uno specchio, il secondo romanzo di Edoardo Zambelli – il primo, L’antagonista, usciva nel settembre 2016 per lo stesso editore.
L’autore ha accettato di chiacchierare con me pubblicamente a proposito del suo romanzo, della scrittura e dell’immaginario che lo anima. Adesso, prima di interpellarlo, mi piacerebbe tentare una presentazione minima dell’opera, per far capire di che si tratta.
Mi sento di poter dire che Storia di due donne e di uno specchio è un romanzo sull’infinitudine e sull’inesauribilità dell’incontro. L’autore con questo romanzo ci suggerisce che non è possibile incontrare qualcuno, incontrarlo davvero senza scoprire prima o poi che l’incontro rimandava ad altro, a qualcun altro, e che in fondo l’accadimento in sé è indecifrabile, o insignificante, fuori dal contesto degli altri incontri, e che nemmeno avendo compreso la geografia dei rapporti umani di una vita è possibile dare un senso compiuto a un singolo incontro.
Storia di due donne e di uno specchio racconta l’incontro fra una donna che torna alla casa del padre – vecchio, malato, incomunicabile –, dopo essere fuggita altrove e aver tentato di ricostruirsi una vita, e una donna più giovane che fugge da un passato che non ricorda. Alessandra e Marta si incontrano e non si incontrano. D’altronde, è difficile incontrare una persona che non ricorda metà della propria esistenza. E da quei diciassette anni cancellati viene l’uomo che la perseguita. È un uomo che Marta ha incontrato nella zona oscura della sua vita, e che lei non ricorda di avere incontrato, eppure qualcosa dev’essere successo dal momento che costui le attribuisce colpe non dicibili. La storia d’amore fra Alessandra e Marta si rifletterà a questo punto in uno specchio. È uno specchio fantastico, come quello delle fiabe, e dall’altra parte non c’è niente di rassicurante, eccetto una nuova – derealizzante, onirica – possibilità di incontro per le due donne].

Edoardo, non sono sicuro di aver fatto un buon riassunto. Ammetto la difficoltà di parlare di un romanzo così misterioso. A una scrittura pienamente leggibile, cristallina e felice sembra opporre un’anima dolorosa, torbida e fittamente simbolica, e forse è questo che più sconcerta il lettore. Ma se parlare di un libro simile è difficile, scriverlo dev’essere quasi impossibile. È per questo che mi piacerebbe conoscere quali difficoltà hai incontrato nelle varie fasi di lavorazione: sul piano emotivo (?), su quello tecnico narrativo e immaginativo.

Intanto, grazie per la chiacchierata. Il riassunto a me pare buono. La tua domanda ne contiene tre, quindi cercherò di rispondere un punto alla volta. Sul piano emotivo non ho incontrato particolari difficoltà, non investo emotivamente nulla nelle storie che scrivo, non mi riguardano. O, al limite, mi riguardano nella misura in cui uso dettagli del mio mondo – un ricordo, una suggestione, un luogo e via dicendo – per creare quello del libro. Mi azzardo anzi a dire che ho bisogno di una certa distanza dal mio mondo per costruirne un altro. Non mi riesce, ad esempio, di scrivere dei luoghi in cui ho vissuto, mi sembrano troppo veri, troppo esatti, e quindi, per assurdo, falsi. Non c’è spazio per inventare. Di conseguenza finisco sempre per ambientare le mie storie in posti che ho visto “di striscio”, per un breve periodo, ma che in qualche modo mi hanno lasciato una suggestione. Emotivamente, quindi, posso dire di investire più nell’atto stesso di raccontare che non nell’oggetto del racconto.
Dal punto di vista narrativo, la cosa più difficile è stata quella di far sì che le due parti in cui il libro è diviso andassero a formare un gioco di richiami interni, un piccolo mondo chiuso in se stesso. Per fare questo era necessario stare un po’ attento all’equilibrio tra i vari elementi della trama, renderli visibili senza che apparissero sfacciatamente esibiti. Avevo una scaletta – ho sempre una scaletta, anche se poi finisco per allontanarmene –, e questo ha aiutato. A questo libro, poi, ho fatto un “regalo” che al primo, un po’ per affetto e un po’ per pigrizia, non avevo fatto: l’ho riscritto completamente, a distanza di diversi anni dalla sua prima stesura. E nel riscriverlo sono venute fuori cose nuove e inaspettate, magari piccole, ma che lo hanno reso, almeno mi pare, più completo, più giusto. Ecco, la riscrittura è stata sicuramente la parte più divertente.

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“I plagi” di Daniele Muriano / quarto estratto

6 luglio 2017

di Daniele Muriano

[Daniele Muriano, nel corso di una Bottega di narrazione, ha scritto un notevole – secondo me – romanzo che, dopo un po’ di esitazioni, ora ha il titolo provvisoriamente definitivo – e comunque assai azzeccato – di I plagi. Ne pubblico alcuni estratti in vibrisse, nella speranza di suscitare l’interesse di qualche editore. Questo è il quarto estratto. Il primo estratto è qui. Il secondo è qui. Il terzo è qui. L’immagine “di copertina” è un’opera di Kazimir Severinovič Malevič].

Sintesi: Alfredo muore mentre il figlio si trova al mare in vacanza. Al suo ritorno Angelo, sconvolto dal senso di colpa, cerca di far luce su quella morte a suo avviso misteriosa. In ogni modo si rifiuta di credere che Alfredo sia morto d’infarto. Nell’irrealtà afosa di una provincia desolata, si costruisce una fortezza d’idee paranoidi e, trovata l’agenda telefonica di Alfredo, decide d’incontrare quelle che verosimilmente furono le amanti di suo padre. Indossa per questo una maschera. Diventa l’investigatore, un personaggio ricavato dalla sua scarsa conoscenza degli stereotipi narrativi da serial televisivo.
Angelo è predisposto a fingersi un altro: è un’abilità che gli ha trasmesso il padre, insieme a una quantità di storie inverosimili che valgono per il figlio la leggenda del genitore mitomane, l’infernale Alfredo.
Convince se stesso e le amanti del padre – tutte prostitute – di essere un investigatore pericoloso e violento, per estorcere loro – in modo più o meno fantasioso, facendo violenza solo su se stesso – le informazioni che gli servono. Alimenta così le proprie teorie del complotto. Le relazioni con le donne del padre acuiscono la sua paranoia facendolo dubitare ad ogni ampiezza di sé.
L’indagine si conclude: Angelo, in uno stato di febbrile allucinazione, vede quella morte direttamente dagli occhi di suo padre. Si vede morire cioè durante la foia di un rapporto orale.
Alfredo ora si sveglia, è risorto.
Ha il corpo di suo figlio Angelo. Ma i ricordi – a quanto dice l’io narrante che dice d’essere Alfredo – sono compromessi. Il narratore è dunque inattendibile.
Questa versione diminuita d’Alfredo dichiara il proprio obiettivo: domandare perdono a tutti quelli cui lui ha procurato dolore in vita. Alfredo è tornato per fare del bene, insomma. Ai vicini di casa. Agli amici. E, soprattutto, alle donne che ha maltrattato inseguendo le sue perverse vocazioni. Alfredo è stato: piccolo truffatore, fotografo artista dalle violente provocazioni e, prima di piombare nella malattia mentale, un personaggio televisivo di nessun rilievo.
E qui abbiamo quest’Alfredo/Angelo – o Angelo/Alfredo – alle prese con la risurrezione, convinto che a morire sia stato suo figlio Angelo. È diretto dall’ex moglie Alice, madre di Angelo.

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“I plagi” di Daniele Muriano / terzo estratto

29 giugno 2017

di Daniele Muriano

[Daniele Muriano, nel corso di una Bottega di narrazione, ha scritto un notevole – secondo me – romanzo che, dopo un po’ di esitazioni, ora ha il titolo provvisoriamente definitivo – e comunque assai azzeccato – di I plagi. Ne pubblico alcuni estratti in vibrisse, nella speranza di suscitare l’interesse di qualche editore. Questo è il terzo estratto. Il primo estratto è qui. Il secondo è qui. L’immagine “di copertina” è un’opera di Kazimir Severinovič Malevič]

Sintesi: Angelo – trentenne alle prese con l’accudimento di un padre “sregolato” – scopre di ritorno dalle vacanze che suo padre è morto d’infarto. Alfredo è stato, a suo modo, un genitore esemplare: fotografo artista, ingegnoso truffatore, grandioso mitomane.
Nell’afa dei primi d’agosto, guidato dal senso di colpa e dalla paranoia, Angelo ricostruisce gli ultimi momenti di vita del proprio modello. A un certo punto delle peripezie, si trova davanti un estratto conto bancario in cui il padre figura quale intestatario di duecentomila euro (ne mancano all’appello, però, centomila).
C’è che Alfredo ha dato negli ultimi anni un’immagine di sé ai limiti della povertà assoluta. E ha vissuto chiuso in casa tra un ricovero psichiatrico e l’altro. La verità su Alfredo sta quindi altrove. E Angelo la cerca basandosi su prove, a suo dire certe, che riconducono le vicende – e forse anche la morte del padre – ai piani invisibili e occulti della massoneria. Angelo indaga sul coinvolgimento della massoneria, allora, e grazie alla sua fantasia paranoica trova perfetti riscontri.
Recuperata l’agenda personale di Alfredo, Angelo si mette in capo di andare a trovare le donne i cui nomi e numeri telefonici si trovano sotto una voce esplicita. Non le conosce, ma è certo che tra le amanti di suo padre c’è anche la colpevole. La complice dei massoni. La donna che – immagina – era presente nell’ultima fatidica notte, e ha in tutta evidenza rubato il denaro che manca. Parte della sua eredità. E comincia la caccia.
È pronto a smascherare finalmente questa “Signora X”. È guidato dalle sue ossessioni (tra cui la pornografia, che a suo dire contiene il mistero dell’impossibilità di un vero contatto fra corpi). Nella canicola d’agosto si porta dietro vagando il giacchino del padre, e l’inconfessabile desiderio di diventare Alfredo, tra le sue donne.
Il linguaggio di Angelo è sintomo di tutto ciò.

E poi lo sbaglio, il terribile sbaglio fu andare a vivere subito nella casa del padre. Alice, la mamma cercò di farmi ragionare, ma per me era avviata una fase nuova. C’era da scoprire l’identità della Signora X, quella che aveva passato l’ultima notte con il padre, quella che aveva svaligiato il padre non davvero nullatenente ma ricco, quella che sapeva di più sulla sua morte ma probabilmente pure della sua vita. Avrei indagato oh sì.
Inaugurai una unità di crisi. La sala, ripulita delle cartacce come di ogni fonte di distrazione, diventò un vero ufficio. C’era il laptop e c’era tutto l’occorrente. Così sulla porta della sala-ufficio misi affisso questo cartello:

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“I plagi”, di Daniele Muriano / secondo estratto

22 giugno 2017

di Daniele Muriano

[Daniele Muriano, nel corso di una Bottega di narrazione, ha scritto un notevole – secondo me – romanzo che, dopo un po’ di esitazioni, ora ha il titolo provvisoriamente definitivo – e comunque assai azzeccato – di I plagi. Ne pubblicherò alcuni estratti in vibrisse, nella speranza di suscitare l’interesse di qualche editore. Questo è il secondo estratto: si tratta dell’inizio della seconda parte. Il primo estratto è qui. L’immagine “di copertina” è un’opera di Kazimir Severinovič Malevič]

Sintesi: Angelo, trentenne oppresso da una certa fatica esistenziale, va al mare per dimenticarsi completamente. Si lascia alle spalle il padre, Alfredo, malato psichiatrico momentaneamente accudito dal badante. A Viareggio, forte della solitudine, vive sei giorni di eccessi. Cercando in ogni modo di dimenticarsi, si unisce a un gruppo di adolescenti (tra cui la bella Manuela) con cui compie una serie di nequizie a suo dire eclatanti. Piccoli furti, spaccio di droghe leggere, rapporti sessuali in serie, molte azioni immaginarie. Riesce in tutto questo a essere altro da sé. Ma la sua vita gli ritorna addosso in un istante, nel viaggio di ritorno. Al sesto giorno di irraggiungibilità telefonica, accende il cellulare. Scopre che il padre è morto in sua assenza. Il treno sta entrando ora nella stazione centrale di Milano. (Tra le persone che assistono al cedimento, due cinesi dall’aspetto perturbante).

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“I plagi”, di Daniele Muriano / primo estratto

15 giugno 2017

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Vita testuale / Daniele Muriano

31 luglio 2015

di Daniele Muriano

[Intervento tratto dal libro Se incontri Giulio Mozzi per la strada uccidilo].

Daniele Muriano ha scritto un romanzo, non ancora pubblicato.

Preleva gratis il libro

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Giulio, sono stufo.
Sono tre ore che provo e riprovo. Mi hai chiesto – che cosa assurda! – di scrivere un racconto in cui mi libero di te. Ma quando ho letto la tua email a cosa ho pensato, secondo te? Non ho letto il libro di cui questa tua – macabra, permetti – iniziativa è una citazione palese. Non era palese. Io, nella mia ignoranza, ho pensato che la commessa (dico bene? commessa) fosse di buttar fuori un raccontino in cui un Daniele Muriano di finzione uccidesse realmente te. Che scherzi che fai! Involontariamente, anche. Di fatto ho (ma è il caso di dirlo?) concepito e scritto un racconto nel quale sul finale apparivano degli avvoltoi, in un’atmosfera sognata/sognante, che divoravano il tuo corpo. Mi sono persino informato sugli avvoltoi. Non volevo mancare di realismo. Ho saputo, pensa un poco, di questo rito funebre tibetano, sempre grazie a Wikipedia, la mia ignoranza ha un’amica leale si chiama Wikipedia, comunque: il cadavere viene di fatto scuoiato, anche un po’ sbudellato, infine lasciato in balia dei volatili. Pare che rèstino – verosimile – proprio soltanto le ossa. Ma il maestro buddhista ha il compito di martellare sulle ossa, fino a ricondurle alla consistenza di polvere, che polvere siamo e polvere eccetera, si va a sprofondare sempre nei soliti archetipi. Le ossa polverizzate e in mescola con una qualche farina vengono fornite ancora una volta ai volatili. La persona svanisce: involata. …Che ricerche mi fai fare! Per fortuna ho ricevuto un’altra email. Mi spiegavi finalmente che si trattava di uccisione simbolica. Ah, ma allora non devo ucciderti… per davvero… No. Vuoi che mi disfi della tua figura di guida letteraria, ho pensato, che smetta di guardare da quella parte in cerca d’un maestro. Be’, sì ma – mi sono modellato l’obiezione – io non ti ho mai ritenuto il mio maestro. Deploro con ogni mia cellula l’uso della parola al di fuori delle aule scolastiche. Neppure i miei maestri elementari, maestri professori della media e maestri successivi sono mai stati – nel mio mondo – in qualche modo maestri. E li darei in pasto ai volatili con molto meno ritegno. Quindi, nel mio mondo non esistono maestri in quanto non esistono aule scolastiche. Questo per iniziare. Io devo a te, Giulio, la mia vita testuale. Ho cominciato la mia vita testuale scrivendo Sangue!, il racconto di una decina di cartelle che ti sottoposi cinque anni fa, scritto in una notte e, immediatamente cioè all’indomani, passato nelle tue braccia con uno stratagemma. Sì, ti ho fatto un’imboscata. Sì, mi sono intrufolato in quella presentazione, nella sede di Laurana, dove tu, con la solita voce piana, dicevi e dicevi, non ricordo niente in effetti, di cosa andavi dicendo. Avevo nella tasca della giacca (era un ottobre di gelo) il mio manoscritto. Come un aspirante terrorista confuso in mezzo alla gente, nascondevo il mio testo, per poi, voilà, comparire al termine dell’incontro e pregarti – in un simile contesto equivaleva a ingiungerti – di leggere. Ah, attentato! Facesti una faccia da vittima disarmata. «Potresti spedirmelo con l’email?», fu il tentativo di respingimento. «Ma è impaginato, guarda. Ha i margini giusti. E rientri… Ci sono i rientri!», sputai l’ultima cartuccia. L’argomento dei rientri era in effetti un colpo basso. Con i rientri c’era poco da respingermi. L’aspirante terrorista che si preoccupa dei rientri è invincibile, è temibile. E tu lo sapevi, almeno così mi immagino. Brrrr. Quando mi arrivò il giorno stesso la tua email non potevo credere che avessi letto veramente il mio racconto. Chi ero io, in fondo? Uno che, nel tuo blog vibrisse, polemizzava a ogni piè sospinto, criticava l’insegnamento della scrittura creativa a priori e in generale, bla e bla e ancora bla.

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Se incontri Giulio Mozzi per la strada uccidilo (finalmente)

21 luglio 2015

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La bici ferma (Le cose che ci sono in casa, 38)

2 luglio 2014

di Daniele Muriano

[Le regole del gioco sono qui].

Valeva ottanta euro al negozio
costava meno fra tutte,
il commesso mi disse:
«È più rustica d’un mulo
a lungo andare farà male il culo».

Per montarla due ore
adunco e vigile sul libretto istruzioni
ma alla fine un vero
cavallo dentro alla stanza più larga,
è nera e fiera, è dunque una cavalla
la bici ferma.

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La letteratura inedita in Italia: altre proposte

27 aprile 2014

Per capire il gioco, leggi qui.

LetterInedita_Cartaresisten

La proposta di Cartaresistente.

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Descrizione a posteriori di intenzioni che a priori non è detto che ci fossero davvero, corroborate da impressioni di lettura per le quali ringrazio gli amici

19 dicembre 2013
13 dicembre 2013, ore 19.30

13 dicembre 2013, ore 19.30

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Bambini elettromagnetici?

24 giugno 2011

I ragazzini della scuola elementare di Villarbasse (To) esibiscono fieri i loro laptop

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Battaglia ad Annozero. Analisi di due menzogne

30 aprile 2011

Leggi l'articolo di Daniele Muriano

di Daniele Muriano

Ieri, giovedì 28 aprile 2011, ho assistito alla trasmissione di Annozero dall’inizio alla fine.
Tra gli ospiti c’era Franco Battaglia, editorialista del Giornale, noto sostenitore del nucleare civile e del governo Berlusconi (le prefazioni delle sue ultime due pubblicazioni portano la firma, l’una di Renato Brunetta, l’altra di Silvio Berlusconi; qui il curriculum di Franco Battaglia).
Si è parlato del nucleare civile, del disastro giapponese, dell’incidente di Chernobyl e, quindi, della sicurezza delle centrali nucleari.
Metodo. Riporterò alcuni enunciati del professor Battaglia e considererò il valore di verità di ciascuno di essi. Mi interessa capire insomma se il professor Battaglia dice il vero o dice il falso.
Piccola premessa. Nel dibattito di Annozero il professor Battaglia figurava in veste di scienziato. Perciò il valore di verità delle sue affermazioni riguarda le fonti scientifiche, che possono confermare o smentire le parole dello scienziato. Non si tratta qui di vagliare le credenze del professor Battaglia, ma il suo sapere scientifico: cioè reso valido dalla comunità degli scienziati. Ci interessano dunque gli enunciati assertivi: “la mela è verde”, “il tavolo è quadrato”, “l’incidente di Chernobyl non ha causato morti”.

Continua a leggere l’articolo nel sito di Daniele Muriano >>

Leopardi e Wittgenstein (ancora sulla “qualità”)

3 aprile 2010

[…] Comunque questa storia del valore estetico pesato col bilancino è assurda. Perché di Leopardi non si cita piuttosto quel passo dello Zibaldone in cui le possibilità di giudizio su un’opera vengono messe seriamente in discussione, perché troppo legate allo “stato di salute” dell’immaginazione del lettore nel momento della lettura? […]

Leggi tutto l’articolo di Daniele Muriano.

Cinque sonetti

13 dicembre 2009

3. di Daniele Muriano

I’m very happy, io venuto in volo
da Stati Uniti – sono newyorkese,
in Italì per il golpe del mese
look at the ticket per lo spettaccòlo:

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