La formazione della fumettista e del fumettista, 35 / Tirando le somme

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di Matteo Bussola

[Ringrazio di cuore Matteo Bussola, che ha curato qui in vibrisse la rubrica La formazione della fumettista e del fumettista. Non abbiamo ancora deciso se riprendere la rubrica dopo l’agosto: “ogni congedo sta a metà tra una scommessa e un augurio”, come dice Matteo. Vedremo. Da parte mia posso dire che ho imparato molte cose, e mi sono pure divertito. Grazie anche alle fumettiste e ai fumettisti che hanno partecipato. gm]

La formazione delle fumettiste e dei fumettisti

La formazione delle fumettiste e dei fumettisti

Quando Giulio mi chiese se fossi interessato a curare una nuova rubrica su vibrisse, non dissi subito di sì.
Si trattava di contattare colleghi fumettisti e offrir loro l’opportunità di raccontarsi solo con le parole. Di farli parlare del loro percorso professionale, della pratica quotidiana e della loro idea di Fumetto. Soprattutto: di come a quel mestiere fossero arrivati. Attraverso quali prove, dubbi, difficoltà. La rubrica non aveva ancora un nome.
L’occasione sulla carta era ghiotta, ma c’era il fatto che io sentivo che non sarei riuscito a essere un curatore super partes. Non avrei spedito mail a pioggia tutte uguali agli autori che conoscevo – o a quelli che non conoscevo affatto – solo per essere corretto, men che meno per mettermi al sicuro ogni volta sull’uscita settimanale avendo sempre pezzi già stivati. Non avrei contattato i fumettisti sulla base della (sola) amicizia, o della fama, o di qualunque altra cosa avrebbe potuto farci gioco. Lo avrei fatto sulla base dei miei, sindacabilissimi, gusti. Delle mie sensazioni.
Poi c’era il discorso del tempo. Sospettavo che curare una rubrica – sia pur settimanale, sia pure online – avrebbe rappresentato un dispendio di energie superiore a quanto sarebbe potuto sembrare in un primo momento. E considerando che Giulio me lo chiese in un pomeriggio di fine estate, con tre figlie piccole a casa da scuola da più di due mesi e il sottoscritto già in ritardo sulle consegne, la cosa ebbe non poco peso sulla mia decisione finale.
Risolsi il primo dubbio non appena compresi che quel che io consideravo un atteggiamento arbitrario, è precisamente ciò che fa un curatore: decide una direzione, compie delle scelte. Le scelte sono sue. Riguardo al secondo dubbio decisi invece che non fosse così importante: mi era chiaro che quella del tempo è alla fine spesso una scusa. È come quando dici che non hai tempo per leggere, o per andare a correre, o impastare una pizza. Se una cosa ti interessa la fai, il resto è filosofia. Del resto, col senno di poi posso dire che su questo punto mi sbagliavo: il dispendio di energie è stato di molto superiore a quel che credevo all’inizio.

Fin da subito, si presentò chiara una domanda: chi o cosa è un fumettista? La domanda può apparire ingenua, perfino banale, ma in effetti è un quesito semplice solo in apparenza. Mentre nel caso degli scrittori la risposta è intuitiva – scrittore è chi scrive, per dirla in soldoni – altrettanto in soldoni fumettista è chi i fumetti li fa. Resta il fatto che i fumetti sono composti da: una parte di disegno e una di testo. Poi c’è l’eventuale colore, c’è il ruolo spesso fondamentale degli editor – quasi meta-fumettisti – chi ne realizza le copertine, c’è il letterista, chi è autore completo, eccetera. Ogni fumetto è un’opera che nasce dalla sinergia di molte professionalità differenti. E la nostra intenzione fu da subito quella di provare a coprirle quasi tutte – mettendo in conto anche qualche critica per questo. Di un fatto, oggi, sono certo: abbiamo cercato, con tutti i limiti del caso, di fornire un panorama il più possibile esaustivo delle diverse angolazioni, rendendo via via più evidente che il termine “fumettista” più che un lavoro esprime una condizione, direi quasi uno stile di vita.

Con Giulio concordammo pochi, chiari, punti:
– Non volevamo biografie professionali.
– Non volevamo panegirici autoincensatori.
– Volevamo che ciascuno cogliesse l’opportunità di raccontarsi in maniera inedita, senza rispondere alle solite domande più o meno tecniche sulla professione; che ci parlasse, invece, del percorso attraverso il quale a quella professione era giunto.
– Chiedevamo sincerità. Ovvero speravamo che gli autori coinvolti potessero cogliere l’occasione anche per fare un po’ il punto su se stessi e sulle proprie scelte, in modo che l’esperienza risultasse utile per tutti: per noi, che avremmo avuto ogni volta un pezzo nel quale qualche lettore avrebbe potuto forse riconoscersi; per loro, che avrebbero scritto un pezzo col quale avrebbero potuto forse conoscersi meglio.

Curando la rubrica, ho imparato alcune cose. Innanzitutto di non essere solo. Perché, sì, sapevo bene di essere pieno di colleghi e amici sparsi in giro per il mondo, con i quali mi tengo frequentemente in contatto via Facebook, o telefono, o mail. Che incontro alle fiere, in qualche redazione quando capita, o comunque ogni volta che se ne presenti l’occasione. Ma avere il privilegio di leggere per primo le loro confessioni così personali e intime era una vera esperienza. Che se da un lato mi dava quasi la sensazione di spiare dal buco della serratura, dall’altro mi restituiva invece la certezza di appartenere a una storia condivisa, sempre diversa ma in fondo sempre uguale.
Il punto di contatto più evidente era che il percorso di ciascun fumettista suonava alla fine, ogni volta, in qualche modo, come una sorta di sconclusionata rivincita. Nei confronti dei compagni di classe, del buonsensismo, dei genitori. Della realtà. Notavo spesso un rapporto conflittuale con i padri. Era la figura del padre a dominare, sempre, e accomunava generalmente quasi tutti. Anche laddove il padre non era nemmeno un estraneo al mondo dei fumetti.
Proprio per questo motivo mi sembra ora di poter affermare che molti fra noi, consapevolmente o meno, vivano la professione – dunque proprio la realtà manifesta, conclamata, l’approdo ad uno status percepibile – anche come una vittoria rispetto a un trauma originario. Come se tutto fosse partito, necessariamente, da una specie di conflitto inevitabile, servito come fondamentale innesco. In questa cosa, ho notato, c’è una netta differenza tra scrittori e fumettisti. Perché i fumettisti non si scontrano solo con l’accusa di voler intraprendere un mestiere che non si capisce bene cosa sia, ma anche con la conquista di un minimo sindacale di rispetto, cosa di cui gli scrittori sembrano godere quasi a prescindere. Perché le lettere hanno comunque una tradizione di rispettabilità, istituzionalità, accademia. Il fumetto invece no, o molto meno. Il fumetto è sempre stato contro, a volte anche suo malgrado. Di volta in volta additato come: roba per bambini – per depotenziarlo – roba per deficienti – per delegittimarlo – roba pericolosa – per imbavagliarlo.
Ho imparato che gli autori che io considero dei Maestri, spesso sono tali per una cosa che col disegno non c’entra. Questa cosa qualcuno la chiama: professionalità, qualcun altro la chiama: affidabilità. Per me si chiama: mantenere le parola data. Soprattutto quando non hai nulla da guadagnarci
Osservando Giulio, ho imparato come si fa l’editing di un testo. Ogni volta gli mandavo un pezzo letto e riletto con attenzione – dopo averlo copiato e impaginato su word, estrapolato spesso da file realizzati coi programmi più improbabili, certe volte scritti direttamente sul messenger di Facebook o a penna col sangue – corretto dai refusi – secondo me – e ogni volta il martedì lo vedevo pubblicato su vibrisse con dei corsivi ai quali non avevo pensato, i virgolettati nei posti giusti, i paragrafi e gli “a capo” che funzionavano, dei link che calzavano a pennello e che denotavano sbattimento aggiuntivo e un certosino lavoro di ricerca. Giulio, in poche parole, non si limitava a mettere il pezzo on line, non era e non è mai stato il padrone delle ferriere e basta, ma è sempre stato un co-curatore a tutti gli effetti. È sempre stato presente, soprattutto quando sembrava non esserci. Anche per questo, lo ringrazio.
La cosa che ho imparato meglio, però, quella che da sola è valsa la pena, è scoprire la percezione esterna che i non addetti ai lavori – e, spesso, pure gli addetti stessi – hanno dei fumettisti.
In diversi mi hanno scritto, nel corso dei mesi, dicendosi meravigliati di quanto le Formazioni dei fumettisti fossero scritte bene, qualunque cosa questo voglia dire. Io non sapevo mai bene come prenderla. Nel senso che, pur senza contare il fatto che fra gli autori coinvolti molti sono sceneggiatori di professione – dunque gente che per mestiere scrive – ma anche parlando solo dei disegnatori mi risultava evidente che ai più sfuggisse un fatto che io consideravo scontato. Ovvero che ogni fumettista è nella sostanza: un narratore. Il lavoro dei narratori è raccontare. E quando cambi strumento, o medium, magari non sarà proprio tutto uguale ma le regole di base restano grossomodo le stesse: sii sincero, tieni viva l’attenzione, esprimiti in modo chiaro, chiudi ogni porta che apri – o lasciane qualcuna consapevolmente socchiusa – cura un buon finale.

Tirando infine le somme, non posso certo dire di essere riuscito a raggiungere tutti gli autori che avremmo voluto, senza contare che alcuni – pochissimi, per fortuna – fra quelli contattati perché ci tenevamo non ci hanno mai mandato niente. Del resto altri sui quali, invece, avrei scommesso meno si sono rivelati delle bellissime sorprese. Ho almeno un paio di rimpianti, uno grosso. È andata così.
La rubrica conta oggi trentaquattro uscite. Sono tante? Sono poche? Dipende.
Dal punto di vista di un curatore sono parecchie. Dal punto di vista di un lettore forse no. Ma, per ora, Giulio ed io abbiamo deciso che possono essere abbastanza.
Mentre scrivo, non so ancora se questo sarà un addio, oppure un arrivederci. Il non saperlo dipende a sua volta dal fatto che, quando saluti qualcuno, non sai mai di preciso cosa ti riserverà il futuro, perché ogni congedo sta a metà tra una scommessa e un augurio.
Non avendo ancora ben chiaro quel che sarà, ringrazio Giulio per la bella opportunità e dico soprattutto grazie a chi ci ha onorati della propria affettuosa attenzione, seguendoci fino a qui. Spero vi siate divertiti, a leggere ogni settimana, almeno la metà di quanto è successo a me.
Per il resto chi vivrà vedrà, ma per quanto mi riguarda di una cosa almeno sono certo: ci vediamo sui fumetti.

4 Risposte to “La formazione della fumettista e del fumettista, 35 / Tirando le somme”

  1. manu Says:

    l’ho già scritto in un commento, e mi ripeto: la rubrica di Matteo Bussola è quella che ho preferito tra le formazioni pubblicate, e se devo individuare Un motivo, lo trovo nella passione.

    da buona ‘incontentabile’ chiedo se sia possibile abbinare ai nomi nell’indice in ordine alfabetico (magari tra parentesi dopo il nome) il tipo di professionalità (sceneggiatore, colorista, letterista, copertine ecc..)

    l’impegno mi è sembrato grande, le uscite tante, dunque anche se sembra banale, rinnovo i miei complimenti a Matteo e a Giulio, e grazie, è un archivio prezioso.

    (ovviamente mi piacerebbe continuasse :-))

  2. La formazione del fumettista è finita! Forse. | afnews.info Says:

    […] Leggi il post completo su Vibrisse: click qui. […]

  3. gianfrancogoria Says:

    In ongi caso, come al solito, oggi sei su afNews… Il futuro parlerà da sé. 😉

  4. LetturAttiva Says:

    Voglio lodare l’iniziativa per la freschezza di molti testi. Era evidente che molti autori riflettevano per la prima volta sul loro cammino. E questo a me piace.
    Interessante anche la panoramica ( soprattutto per chi non conosce bene il mondo del fumetto).
    Non ha guastato una diffusa originalità ( vuoi il non aver dato una griglia di scrittura, vuoi le doti particolari degli autori).
    Quindi, grazie assai ai due – mi pare – curatori ed agli autori.

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