Di cosa stiamo parlando esattamente? Di forme complicate o del perché le forme complicate non vendono, non sono comprese?

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Un fotogramma da “Melancholia” di Lars Von Trier

di Edoardo Zambelli

[Edoardo Zambelli mi ha scritto una lettera e mi ha autorizzato a pubblicarla. gm].

Ho letto la nuova discussione in vibrisse. C’è qualcosa che continua a non convincermi, ed è probabile che sia io a non aver afferrato il punto.
Non riesco a capire se si parla di complicazione/semplificazione di forme narrative (cui sembra alludere la Policastro quando parla della decodificazione di Inception e del suo Cella, per altro molto bello) o se si parla del perché si promuove di più una cosa che non un’altra (quindi la questione diventa, sostanzialmente, marketing).
Lo dico perché, a seconda della prospettiva, le risposte potrebbero essere differenti.

Ad ogni modo, ho alcune considerazioni:

1. La domanda del titolo (perché si chiede semplificazione alla letteratura e, invece, a videogiochi, film, serie tv si chiede complicazione?): è un’affermazione, mi sembra, non vera.
Ai videogiochi si chiede la stessa cosa. I giochi, negli anni, sono diventati sempre più facili, dove però per “facile” si intende la facilità di portarli a termine (tanto che su Steam, uno dei più grandi portali di vendita di giochi online, esiste un’etichetta apposita che si chiama “giochi difficili” per quelli definiti “hardcore gamers“, cioè quelli che godono appunto dell’estrema difficoltà di un videogioco). C’è stata sì, una complicazione, ma legata ai mezzi (tecnici, quindi la capacità degli hardware di portare cose sempre migliori e fatte meglio) e alla sperimentazione legata all’avanzare dei mezzi, appunto.

2. Mi pare che nel porsi certe domande non si tenga conto della differenza tra i vari mezzi d’espressione (film, letteratura, videogiochi, serie tv).

3. Riprendendo la domanda su Inception. Allora, è vero che Inception è un film complicato, da un punto di vista dell’organizzazione della trama. Ma è anche vero che Inception è un blockbuster, un film sostanzialmente destinato al successo. Per diversi motivi, non ultimo il fatto che sui film di Nolan c’è sempre una campagna pubblicitaria (e quindi si parla di marketing) che fanno sì che tutti vadano a vederlo. Poi, ci sono grandi attori e famosi (Di Caprio, Hardy, Caine ecc.), super effetti special e via dicendo.
La domanda della Policastro però, ci tengo a sottolinearlo, era un’altra, e parlava di decodificazione. Cioè, detto in soldoni: perché, quando si tratta di film, uno spettatore medio viene ritenuto in grado di comprendere una trama complicata e invece, quando si parla di editoria, il lettore è sempre facile a perdersi, a non capire, a non comprendere, a non essere a suo agio con la difficoltà? Anzi, piuttosto, perché il lettore viene ritenuto facile a perdersi ecc.? Ecco, me lo sono chiesto anche io (lo sai, ne abbiamo parlato più di una volta) e una risposta non ce l’ho.

4. Tornando però alla distinzione semplificazione/complicazione e al titolo dell’articolo. E segnalo che vale sempre la premessa (di cosa stiamo parlando esattamente? Di forme complicate o del perché le forme complicate non vendono, non sono comprese ecc.?).
Anche per i film, mi sembra, vale la stessa cosa. Come ho già detto, Inception, in questo senso, è un esempio che sta in piedi fino a un certo punto. Se si tratta di parlare di decodificazione ok, va bene, ma si deve sempre tenere conto che i film di Nolan sono sì film belli, ma di alto consumo. E non solo per la pubblicità e per la presenza di attori che tirano, sono anche sempre dei thrilleroni, che vuoi o non vuoi ti incollano allo schermo, solitamente (ma questa è un impressione tutta mia) sono film di tre ore che sembrano durare un’ora e mezza.
Ma per dirla in altro modo, i film di Nolan non sono i film di Von Trier, di Lynch, di Malick, di Tarr, di Sorrentino, di Kusturica, di Majewsky o altri che ora non mi vengono in mente. Che sono effettivamente film più “difficili” e non sono, proprio come in letteratura, quelli che più vendono o quelli di cui più si parla e via discorrendo (e ci tengo a dire che non sono necessariamente i più belli). E proprio come in letteratura ci sono anche casi di felice incontro tra “forma complicata” e successo commerciale (Tarantino, che è sempre un caso a parte, Tim Burton, Iñárritu, i fratelli Coen, Spielberg e tanti altri).
E a volerla dire proprio tutta tutta, non sono nemmeno i film di Nolan quelli che vendono di più, perché anche nel caso di un blockbuster l’essere complessi può non pagare. A trionfare sono Avatar, Titanic, The Avengers, Star Wars (cito a memoria quelli che mi pare siano i film che hanno incassato di più nella storia).

5. Le serie tv potrebbero essere un caso a parte. Ma mi sembra utile segnalare (sempre mia impressione, quindi non necessariamente veritiera) che le serie tv, pur dotate di una loro complessità, sono una semplificazione dei film. Sono lo spezzettamento di un’arte che si è resa così più visibile, accessibile, perché richiede sedute brevi (puntate di massimo un’ora) per ricevere un appagamento a lungo termine, diciamo così (la visione dell’intera stagione). Ma anche questa, ovviamente, è solo una generalizzazione e come tale non è che valga granché.

Sono riflessioni disordinate, me ne rendo conto. Se ho capito male io il punto e ho parlato a caso, chiedo scusa.

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11 Risposte to “Di cosa stiamo parlando esattamente? Di forme complicate o del perché le forme complicate non vendono, non sono comprese?”

  1. Ma.Ma. Says:

    Ah! Grazie Edoardo. Non proprio così ma è quello che ho appena cercato di dire io rispondendo al precedente post. Finalmente qualcuno che riesco a seguire.

  2. Carmelo Vetrano Says:

    Distinguere tra codici e aspetti tecnici mi sembra la cosa più centrata sulla questione. Vorrei sottolineare un aspetto tecnico evidente ma di cui non si può non tener conto: i codici che si servono delle immagini (film, serie tv, ecc.) sono naturalmente più fruibili di quelli che usano la lingua scritta – leggere un’immagine è più naturale e immediato che leggere una frase o una pagina – e richiedono un approccio passivo, o comunque meno attivo rispetto alla lettura; le immagini scorrono da sole e non c’è bisogno di azionare nessun dispositivo mentale, come nel caso della lettura, che faccia andare avanti la storia. In un film se ci si distrae o si perde una scena la pellicola andrà avanti in ogni caso; in un libro (per distrazione o altro) si può restare incastrati in una pagina. Quindi, si può anche avere voglia di una storia complessa (di complessità, se non sbaglio, si è parlato quasi sempre a proposito della trama e della struttura), ma un film darà fin dall’inizio una certezza: che durerà, al massimo, il tempo previsto; per la lettura la durata è soggettiva, e può anche essere lunghissima, e questo può scoraggiare chi pensa di non poter destinare più di una certa quantità di tempo a un’attività di questo tipo. Questo, secondo me, è il motivo a monte della maggiore potenzialità commerciale di film e simili, e del fatto che un marketing mirato a creare storie più complesse possa proliferare di più in ambito cinematografico o affine ad esso.

  3. antonellaalbano Says:

    Le serie tv, certe serie tv, sono ben più di uno spezzettamento dei film. La serialità consente un approfondimento dei personaggi, un’evoluzione delle trame, in verticale e in orizzontale, che i film se li sognano. Personalmente non riesco quasi più a guardare film, e ho bisogno invece di belle serie tv. Il discorso sarebbe lungo.

  4. Selene Adesso Says:

    buone osservazioni. forse non era un buon esempio perché semplicemente non è vero che ai film si chiede complessità particolare e alle serie figuriamoci (siccome un sacco di gente a causa delle serie è tornata a guardare la tv e – giustamente – se ne vergogna è partita sta vulgata delle “serie complesse”, falsissssssima, la serie piu complessa è ancora la prima – twin peaks – e anche quelle piu complesse lo sono quanto un romanzone ottocentesco facile). è vero però che stile libero italiana oggi somiglia un po’ a newton compton e feltrinelli italiana a harmony, e che gli editori i libri più complessi li spingono meno forse non credendo che possano arrivare a un grande pubblico. o li lasciano alle piccole che si accontentano delle poche migliaia di copie che può fare un libro bello ma complesso e non spinto (nonché mal distribuito: c’entra pure ciò, o no?)

  5. Cristian miotto Says:

    punto 3: potrebbe essere semplicemente che nell’intrattenimento le complicazioni potenziano lo spettacolo che sormonta le difficoltà logiche di cui di fatto lo spettatore non si rende conto. Il libro invece per sua natura (non c’è lo spettacolo che ti trascina) la logica non può essere addormentata per cui opportunamente deve essere facilitata e quindi vanno ridotte le complicazioni ( se vuoi vendere)

  6. Giulio Mozzi Says:

    Vedi l’ulteriore intervento di Marco Terracciano.

  7. Impoverimento della poesia? Sul dibattito recente | Alessandro Canzian Says:

    […] di Roberta Durante (Chi ha investito nella formazione/crescita di un pubblico?), Edoardo Zambelli (Di cosa stiamo parlando esattamente? Di forme complicate o del perché le forme complicate non vendo…), Marco Terraciano (Che cosa intendiamo per […]

  8. gian marco griffi Says:

    Zambelli, posso solo dirti che mi è piaciuto il tuo libro? Te l’ho detto.

  9. Edoardo Zambelli Says:

    Griffi, posso ringraziarti per l’apprezzamento? Lo faccio: grazie, davvero.

  10. Pensieri Oziosi Says:

    Ma per dirla in altro modo, i film di Nolan non sono i film di Von Trier, di Lynch, di Malick, di Tarr, di Sorrentino, di Kusturica, di Majewsky o altri che ora non mi vengono in mente. Che sono effettivamente film più “difficili” e non sono, proprio come in letteratura, quelli che più vendono o quelli di cui più si parla e via discorrendo (e ci tengo a dire che non sono necessariamente i più belli).

    Secondo The Numbers Melancholia è costato 9,4 milioni di dollari e ne ha portati a casa 25.7 con un ottimo ritorno sull’investimento, il 173%. Certo, sempre meno del 521% di ROI portato a casa da Inception, ma comunque un ottimo affare. Anche Sorrentino una trentina di milioni li ha incassati con La Grande Bellezza, che ne è costati dodici di milioni (ROI=150%).

    Se sei Kaurismaki un film con un milione e mezzo riesci a farlo (ROI=530% per l’Uomo senza passato, meglio di Inception), altrimenti di una decina di milioni ne hai comunque bisogno

  11. Perché alla letteratura si chiede di impoverirsi, mentre altri media narrativi (il cinema, le serie tv, i videogiochi) continuano ad arricchirsi? | Downtobaker Says:

    […] [A questo mio articolo ha risposto Alessio Cuffaro qui. Ho commentato l’articolo di Cuffaro qui. Valentina Durante ha dato un’interessante svolta alla discussine qui. Edoardo Zambelli ha precisato alcune cose qui]. […]

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