[Ennio Bissolati è un bibliofilo. Per vibrisse recensisce libri introvabili, dei quali sostiene di essere l’unico lettore. gm]
Per quanto la nostra ammirazione per Georges Perec sia sconfinata, non si può fare a meno di notare che le sue opere (ciascuna radicalmente diversa dall’altra) hanno generato (del tutto involontariamente: Perec non imitava nemmeno sé stesso, figuriàmoci se pensava che ad altri potesse venire in mente di imitare lui) una quantità sterminata di imitatori, pedissequi dove Perec era libertario, pedanti dove Perec era brillante, moralisti (in senso formale, naturalmente) dove Perec era disinibito. A questa genia appartiene, senza lode e senza merito, la persona che si nasconde sotto il per nulla originale nomignolo di Conan Boyle, che in The Marvellous Adventure of Farlock Holmes non ha raccolto altro che una serie di racconti con protagonista il cugino scemo (idiot cousin) del ben più noto Sherlock. Ciò che dovrebbe (dovrebbe, eh!: ché tra il volere e il riuscire c’è di mezzo il mire – sarebbe il mare, ma era per fare la rima) divertire il lettore è la lingua impiegata da Conan Boyle. Che non è l’inglese, essendo Conan Boyle (se dobbiamo dare alla nota biografica in bandella un credito maggiore che al nomignolo) di Venegazzù, frazione di Volpago del Montello, in provincia di Treviso (luoghi naturalisticamente incantevoli, sia deto en passant). Bensì qualcosa a metà strada tra l’itangliano, l’anglo-trevigiano e l’ostretrico (= “linguaggio parlato da chi cerca di convincere le ostriche ad aprirsi di loro spontanea volontà”: Boyle dixit, nella postfazione).
E che c’entra Perec? Perec, di professione documentalista (o bibliotecario, se si preferisce) presso il Laboratoire de physiologie della Faculté de médecine Saint-Antoine di Parigi, si divertì un giorno a scrivere un finto articolo scientifico, per il quale adottò quella particolare lingua nella quale scrivono i ricercatori francesi quando sono costretti (e tutti sanno quanto malvolentieri) a scrivere in inglese: il franglais. L’articolo si intitola “Experimental demonstration of the tomatotopic organization in the Soprano (Cantatrix sopranica L.)”, in Italia è pubblicato (senza traduzione, ovviamente: chi mai oserebbe tradurre dal franglais all’itangliano?) nel volumetto Cantatrix Sopranica (Bollati Boringhieri), ma i più curiosi possono andare a leggerselo (senza por tempo in mezzo) qui. E stiano avvertiti, che la parte più divertente è la bibliografia: e cito (esemplarmente) un solo titolo:
Sinon, E., Evero, I., Ben Trovato, A. Psychopathological description of La Furia di Caruso (in italian). Folia clin. oto-rhinolaryngol., Foum Tataouine 6, 362-363, 1948. (Quoted by Hun, O. & Deu, I. Tonic, diatonic, & catatonic stage-distress syndromes. Basel, Karger, 1960).
Il guaio è che mentre Perec prendeva di mira un linguaggio specifico e lo parodiava da gran signore (e, va detto, s’inventava un qualcosa solo pallidamente emulato da Isaac Asimov nei suoi due celebri articoli sulle proprietà endocroniche della tiotimolina risublimata, peraltro antecedenti di quasi un ventennio all’originale perecchiano), il nostro Conan Boyle non riesce a inventarsi altro che una sorta di inglese maccheronico (dove un personaggio, per esprimere il proprio stupore, dice “M’ammazzo!”, che starebbe per Amazing!; e così via) e con un insistito ed esagerato e alla lunga estenuante ricorso ai giochi di parole basati sui falsi amici (per cui cold vuol dire sistematicamente “caldo” e free vuol dire “freddo”, eccetera: sai che ridere). Nessuna vera invenzione, nessun colpo d’ala in questi dodici racconti, peraltro nella trama tutti appoggiati con mosse sì parodistiche ma semplicistiche (per dire: A Scandal in Bohemia diventa A Scandal in Peoria, nel quale Farlock Holmes ha che fare con un finto discendente di Abramo Lincoln, ecc.) sugli autentici dodici racconti delle autentiche Avventure di Sherlock Holmes pubblicate dal Arthur C. Doyle nel 1892.
E infine, per tagliare la testa al topo: basta un po’ di acribico lavoro con Google Translator per indovinare da dove venga lo strampalinglese nel quale questi racconti sono scritti. Così a occhio, il testo primitivo (dire “originale” mi parrebbe troppo) dovrebbe essere stato trattato con passaggi attraverso l’hindi, l’yddish, il vietnamita, il georgiano, lo shlemelnita e il curdo (non necessariamente sempre in quest’ordine)
Per dirla in breve: se è vero che gli artisti scarsi copiano, e gli artisti veri rubano, di Conan Boyle si potrebbe dire che tenta di rubare ma si fa trovare con le mani nel sacco.
Tag: Conan Boyle, Ennio Bissolati, Georges Perec, Isaac Asimov
18 febbraio 2016 alle 12:12
Signor Bissolati, non so se è più astrusa la sua recensione o più tortuoso il libro. Sto facendo come una pallina di ping pong avanti e indietro da siti internet per risolvere questo mistero: che la mia faccia parte di un’indagine alla Farlock? Un po’ così mi sento. Gustosissima condivisione.
(PS: se il Mozzi legge “con le mani nel sacco” c’è il rischio che ci imbastisca sopra un nuovo modo di dire 😀 ). A prestissimo rileggerla, mi auguro.
18 febbraio 2016 alle 14:00
“ 24 novembre 1988 – « On en déduira quelque chose qui est sans doute l’ultime vérité du puzzle: en dépit des apparences, c’est n’est pas un jeu solitaire: chaque geste qui fait le poseur de puzzle, le faiseur de puzzles l’a fait avant lui; chaque pièce qu’il prend et reprend, qu’il examine, qu’il caresse, chaque combinaison qu’il essaye et essaye encore, chaque tâtonnement, chaque intuition, chaque espoir, chaque découragement, ont été decidés, calculés, étudiés par l’autre. » (Georges Perec, La vie mode d’emploi, 1978) “. [*] [**]
[*] Lsds / 717
[**] Signor Bis, allora va bene per domenica. Piano terzo, interno tredici. Piatto unico: spaghetti alla carbonara – con il mio “ segreto “. Per il vino ci sarebbe un Tavernello, s’il vous plait.
18 febbraio 2016 alle 14:07
Signor Acabarra, mi spiace, ma per motivi religiosi non posso condividere la mensa con un consumatore di Tavernello.
18 febbraio 2016 alle 14:12
“ Mercoledì 8 settembre 2004 – « Sul vino non si scherza » (Pubblicità del Tavernello) “ [*]
[*] Lsds / 718
18 febbraio 2016 alle 14:17
Questi, invece non parodiavano!
Asimov scrisse le memorie sulla “tiotimolina” per scherzare sullo stile da usare nella stesura di una tesi di laurea (la sua). In Perec c’è un lavoro ben superiore sul linguaggio, ma un’idea in sé brillante come quella della “tiotimolina” mi pare di no.
acabarra: intende dire che svela i suoi segreti davanti a una carbonara?
P.S.: il Bissolati potrebbe ben presentarsi con un prosecco (che con la carbonara sta benone).
18 febbraio 2016 alle 14:37
(…ci mancherebbe ancora che si mettano a sbevazzare questi due signori lussuriosi. 😉 )
“S’il vous plaît” inteso non come “per favore” ma come “se vi piace,” è una chicca sotto questa recensione. Ma signor Bissolati non faccia tanto lo schizzinoso con il vino, che per il resto mi sembra di bocca buona. Oppure la compagnia maschile non le aggrada?
18 febbraio 2016 alle 16:22
“ 11 giugno 1994 – « 2 febbraio 1917 – Il grammofono della sussistenza, a San Lorenzo di Mossa, è un’istituzione. C’è un disco della Cavalleria Rusticana: Caruso attacca gagliardamente il suo brindisi “ viva il vino spumeggiante “: ma arrivato a spumeggiante la spirale è guasta e la punta continua a girare nello stesso circolo: Caruso urla senza smettere fino a consumazione della carica: “ Spume. Spume. Spume. Spume. “. » (Paolo Caccia Dominioni di Sillavengo, Diario) “ [*] [**]
[*] Un bicchiere tira l’altro…
[**] Lsds / 719
18 febbraio 2016 alle 17:21
Ma quale spuma? La nera? la bionda? la tradizionale?
18 febbraio 2016 alle 18:02
“ Martedì 25 novembre 1997 – Ho sognato che ero a Foligno. Erano molto « turistici »: c’era uno che vendeva una « pantofola futurista », c’erano altri che degustavano un vino bianco con aria preziosa che si chiamava « Chienti ». C’era una donnetta che si è fatta dare un passaggio e poi ha detto: « Ora vi aspettereste che vi dessi un po’ di queste olive molto speciali [sotto qualcosa] … », e invece niente. Erano tutti molto furbi. “ [*] [**]
[*] Direi la bionda.
[**] Lsds / 720
18 febbraio 2016 alle 20:28
“ 11 maggio 1989 – « Lambrate, 12 gennaio – A sette giorni dalla scoperta il caso di Concetta Lo Bue, la sessantacinquenne colf di origine casertana trovata priva di conoscenza il 5 gennaio scorso nello scantinato dello stabile al n. 12 di via Bobby Solo, rimane un mistero. L’anziana donna che domani, o forse già oggi, sarà dimessa dal nosocomio di Niguarda (“ Ormai è fuori pericolo – dice il professor Willy Lo Cascio, primario del reparto rianimazione – basta che quando è fuori non ricominci “), interrogata a più riprese dal sostituto procuratore Tony La Mosca, ha sempre ripetuto di non ricordare niente di quella drammatica notte del 2 gennaio. Concetta si proclama astemia (“ Un bicchierino con i parenti durante le feste – dice – mai di più “) anzi piuttosto ostile agli alcolici di qualsiasi genere nonché ai loro consumatori (molti anni fa ha avuto il fidanzato morto per le conseguenze di un etilismo cronico) e nega in particolare di avere bevuto in quella circostanza dato che solo un giorno prima, per Capodanno, aveva assunto la sua annuale dose di alcol (“ Astispumante “, aggiunge pignolescamente). Dunque, mancando altri indizi, nessuno riesce ancora a spiegarsi perché la Lo Bue sia stata trovata immersa in un profondissimo sonno accanto alla botte di Grignolino 1987 di proprietà del signor Jack La Monica, 35 anni, albergatore di Grugliasco, e, in seguito ad accertamenti successivi al ricovero, sia risultato aver ingerito non meno di 7 litri di vino ad alta gradazione alcolica. Particolare inquietante degno di un “ classico “ della letteratura gialla (“ Io comunque non intendo sporgere denuncia “, precisa il signor Jack): la botte è risultata perfettamente piena. “ Per aprirla aspetto che la mia bambina compia diciott’anni “, ci confida con un sorriso d’orgoglio il giovane esercente. » (Dai giornali?) “. [*] [**]
[*] Lsds / 721
[**] L’appetito vien bevendo.
18 febbraio 2016 alle 23:00
“ Mercoledì 28 gennaio 1998 – « Kirchhorst, 24 novembre 1944 – Conversazione con Alexander: “ Come si tiene un diario “. Sul medesimo tema ho scritto poi a un certo capitano Müller, che mi aveva inviato alcuni appunti. Lo sfogliare di nuovo i miei diari di viaggio mi rende chiara la parte rappresentata dal tempo. Esso varia il contenuto, come la fermentazione il vino che si trova nel profondo della cantina. Soltanto bisogna di nuovo travasarlo con cura, liberarlo dalla feccia. A questo proposito discussi a lungo, in casa di Armance, con Léautaud, che disprezza assolutamente questa prassi e ritiene invariabile e sacrosanta la parola così come è uscita di primo getto. Tale norma è, per me, già tecnicamente inadempibile, poiché inserisco cenni vari, in certa maniera sigilli del ricordo. Alla migliore forma della prima impressione si giunge soltanto dopo sforzi ripetuti. “ (Ernst Jünger, Diario 1941-1945 / Note di Kirchhorst) » [*]
[*] Lsds / 722
19 febbraio 2016 alle 14:27
Gentile signor Acabarra, la informo che se questa è una competizione intendo dichiararmi preliminarmente sconfitto. Nella vita a me interessa il godimento, non la primazia.
19 febbraio 2016 alle 15:54
“ 26 novembre 1987 – Il piacere di equivocare. Finché c’è equivoco c’è speranza. “ [*]
[*] Lsds / 723