Posts Tagged ‘Ennio Bissolati’
2 Maggio 2018
di Ennio Bissolati
[Ennio Bissolati si spaccia per bibliofilo. Recensisce libri che sostiene di aver letto solo lui. Tutte le sue recensioni si trovano qui. gm].
“Era una notte lunga e tempestosa”. Comincia proprio così, senza mezzi termini, questo singolare – benché a modo suo pluralissimo – romanzo d’esordio di Titolo Caldino, ultrasettantenne professore di – così la bandella – Patafisica applicata presso l’università di Accavallavacca, facoltà di Architettura nomade. Basterebbe questo a far cogliere, al lettore arguto, o almeno astuto, il punctum della faccenda. Se una notte d’inferno un peccatore è un romanzo (un romanzo, sia chiaro, un vero romanzo, non un retroavanguardisticamente – come se ne leggono fin troppi oggidì – pedante e tristissimo non-romanzo) stocasticamente composto d’incipit e d’explicit tratti dal meglio e dal peggio della letteratura universale: un’operazione, se di operazione è lecito parlare, o non piuttosto di nevrotico virtuosismo, collagistico-combinatoria, dal retrogusto sensibilmente balestriniano (il Balestrini più romantico e suadente, quello del Tristano), con aromi calviniani e un delicato afrore neopostneoavanguardistico: roba per palati fini, insomma, o per ingenui totali. Ma veniamo alla storia, poiché una storia c’è.
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Tag:Ennio Bissolati, Georges Perec, Italo Calvino, Nanni Balestrini
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27 agosto 2017
di Ennio Bissolati
[Ennio Bissolati è un bibliofilo. Recensisce libri dei quali sostiene, spesso e volentieri, di essere l’unico lettore. gm].
Conobbi Armando Séguito nel 1959, a Milano, presso la trattoria dell’Albero Fiorito (tutt’ora esistente: via Pellizzone 14, 0270123425, chiuso la domenica) nella più che fumosissima (nel senso del tabacco, non certo delle anzi giovanili, affilatissime e traslucide idee) riunione fondativa della rivista Tel Chì, vero e proprio (benché disconosciuto, e per mere ragioni cattedrali, dalla successiva, e quasi idealmente postuma – nel senso della morte delle idealità – storiografia sociale e letteraria) laboratorio seminale della neoavanguardia politico-poetico-letteraria-musicale meneghina. Armando era allora un esile neolaureato in Lettere, autore di una opportunissima – per un curriculum neoavanguardiale – tesi di laurea intitolata Lo “sdegnoso rifiuto della prosodia” di Gian Pietro Lucini e di paio di articoletti sulla questione cubana apparsi in introvabilissime (già allora, figurarsi oggidì) rivistine ciclostilate. Ci perdemmo presto di vista, io assorbito dalla professione – diventai agente per i mercati meridionali della Saag, la Società Anonima Antonio Grossich, specializzata in tintura di iodio – lui più che dagli studi dalla militanza politica, legata anche all’origine latinoamericana (il padre era, come avrete già intuito, cubano).
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Tag:Alonso Fernández de Avellaneda, Armando Séguito, Daniel Defoe, David Lagercrantz, Dmitri Nabokov, Ennio Bissolati, Gian Pietro Lucini, Guillaume de Lorris, György Lukács, Harold Bloom, Jean de Meun, Ludovico Ariosto, Marcel Proust, Mario Tronti, Matteo Maria Boiardo, Max Horkheimer, Miguel De Cervantes, Omero, Pia Pera, Robert Musil, Roberto Antoni, Samuel Richardson, Stig Larsson, Theodor W. Adorno, Veronica Tomassini, Vladimir Nabokov
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27 luglio 2017
di Ennio Bissolati
[In questa rubrica vorrei pubblicare descrizioni, anche sommarie, di libri che – al di là della storia che raccontano o del tipo di scrittura – presentano una “forma” un po’ particolare, o magari bizzarra. Che cosa io intenda qui per “forma” risulterà, credo, evidente. Se altri volessero contribuire, si facciano vivi in privato (giuliomozzi@gmail.com).]
Milano, 1873, 6 gennaio. Alessandro Manzoni scivola mentre scende gli scalini della chiesa di San Fedele. Batte la testa. Perde molto sangue. Nelle settimane successive alternerà momenti di benessere e di lucidità e momenti di sconnessione. Fa in tempo a veder morire il figlio maggiore, Pier Luigi, il 28 aprile, e il 22 maggio muore. Il Comune di Milano decide di far imbalsamare il corpo, e incarica della procedura sette medici, che la eseguono tra il 24 e il 27 maggio. Il funerale viene celebrato il 29, in Duomo, con grande concorso di folla. Commovente è il racconto che ne fa Felice Visconti Venosta, in un opuscolo scritto a spron battuto e pubblicato prima della fine dell’anno. Leggiamone qualche pagina (152-158):
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Tag:Adriano Tilgher, Alessandro Manzoni, Antonio De Curtis, Benedetto Croce, Claudia Ryan, Cornelio di Marzio, Ennio Bissolati, Enrico Manzoni, Eriprando Visconti, Ernesto Bonaiuti, Ettore Petrolini, Felice Visconti Venosta, Ferruccio Parazzoli, Giovanni Gentile, Guido da Verona, John Kelly, Luchino Visconti, Marco Giacosa, Marco Vicario, Marina Marazza, Mario Mazzucchelli, Miguel De Cervantes, Paolo Mauri, Piero Chiara, Pietro Maffi, Roberto Gervaso, Samuel Richardson, Søren Kierkegaard, Sophia Loren, Virginia de Leyda
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26 giugno 2017
di Ennio Bissolati
[Sostiene, Ennio Bissolati, d’essere un bibliofilo. Sostiene anche, e con puntiglio, d’essere spesso l’unico lettore dei libri che recensisce. gm]
Cordialissimi complimenti, per intanto, al curatore di questa raccolta – di saggi, ma più che di saggi direi di assaggi, e direi anche trivellamenti, auscultazioni, speleologie, spedizioni nel continente misterioso del comportamento umano – che ha avuto il coraggio – o il fegato, si parva licet – di ricicciare, astutamente risemantizzandolo, uno dei motti più celebri e più abusati della storia del pensiero occidentale: conservandone (nello spirito dell’opera, non nel pubblicitario titolo) non solo la prima parte, che così come abitualmente sforbiciata sembra evocare, o addirittura pregiare, un certo vago sentimentalismo – alla francese, ça va sans dire, e quindi non senza una certa qual implicita svenevolezza -, mentre tutt’altro significa: il “cuore”, per Biagio Pascale – che, onomasticamente, se non nasceva a Parigi, veniva benissimo napoletano – è ciò che più arcignamente i pensatori tedeschi chiamarono “intuizione intellettuale”, ossia l’attività originaria con cui il pensiero pone se stesso, e tramite cui, conoscendosi, rende possibile un sapere nel quale consiste propriamente la filosofia stessa. In parole più spicce: se io sono nel mondo, e faccio parte del mondo, avrò ben diritto di pensare che vi sia una qualche coerenza tra la mia mente, e quindi il mio pensiero, e il mondo; e che quindi nel mio stesso approcciarmi mentalmente al mondo vi sia una qualche possibilità di verità. Le categorie a priori, voi dite? Ecco, sì, per esempio, le categorie a priori. Siamo da quelle parti. Poi i filosofi veri ci sbraneranno per imprecisione, ma tanto basta.
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Tag:Ennio Bissolati
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11 Maggio 2017
di Ennio Bissolati
[Ennio Bissolati sostiene di essere un bibliofilo. Sostiene, anche, di essere spesso l’unico lettore dei libri che recensisce. gm].
Il lettore o la lettrice che avesse a suo tempo apprezzato il Sommario semiesauriente delle maialate pubblicato a puntate in questo medesimo e cordialissimo blog vibrisse (e ora disponibile in carta), potrebbe essere indotto in tentazione da questo libricino pubblicato dall’oscuro editore altroveditore (così, tutto minuscolo, come minimum fax: sarà una cosa di tendenza), ma attenzione: se vi troverà più dettaglio, e più tecnicità, rispetto alle corsive trattazioni dell’Eusebio Gnirro, non vi troverà però né altrettanta eccitazione stilistica né altrettanto disincantato cinismo; per non parlare dello stile, lì tra l’evocativo e il manganelliano, qui piattamente anatomo-meccanicistico, tanto minuzioso nei dattagli quanto prolisso nell’insieme, tanto bizzarro nell’oggetto quanto manualisticamente hopeliano (absit iniuria verbis) nello svolgimento. Ma andiamo con ordine.
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Tag:Alfred Koitusberg, Ennio Bissolati, Eusebio Gnirro
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3 Maggio 2017
di Ennio Bissolati
[Sostiene Ennio Bissolati di essere un bibliofilo. Sostiene, anche, di essere spesso l’unico lettore delle opere che recensisce].

William Sughi, Cucinare tutto
Il protagonista dell’ultimo romanzo di William Sughi, Cucinare tutto (Lorizzo), è un cuoco onnivoro. E anche se l’ultima volta in cui ha cucinato una pepata di scorpioni risale a molti anni prima, quando non era ancora diventato uno chef di fama internazionale, Leo Michelini non può fare a meno di pensare agli insetti-stecco alla piastra, alle blatte fritte in cartoccio, alle cavallette e ai grillotalpa in fricassea, alle arancine di vermi di terra, ai ragni crociati saltati con finocchietto e germogli di soia, alle tarantole in umido (buonissime), ogniqualvolta cucina uno dei suoi rinomatissimi piatti di cucina vego-molecolare. Leo digiuna, si nutre solo di riso in bianco, combatte una lotta gastrointestina di cui cerca di non far trapelare nulla all’esterno. Ma l’ossessione per il micromondo degli animali a sei e otto zampe – o di zampe del tutto privi – è più forte di qualunque cosa. “L’abbacchio è pietanza: sì, ma che tipo di pietanza? L’abbacchio non ha quel dolcissimo sapore di escremento, non agita le zampette durante la cottura, non ha un esoscheletro da sgranocchiare”. L’ossessione non passa, e non passano certi ricordi: come quello – raccontato nei dettagli lungo svariate pagine – di un vecchio santone che gli magnifica le delizie delle bistecche di lumaca gigante: “Se al primo colpo non ti piace, ricorda che per correggerne il sapore ci sono le salse di formiche, i succhi di scarabeo, le mostarde di larve acquatiche rafferme”. Questo orrore c’è nel libro. E se possibile anche peggio: ci sono le visite sui siti clandestini del deep web culinario, e vengono riportati commenti appassionati come quello di mangiatore di lombrichi vivi: “Succhia, succhia. Niente di così lungo e di così morbido è mai entrato nella tua bocca”.
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Tag:Ennio Bissolati, William Sughi
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14 aprile 2017
di Ennio Bissolati
[Ennio Bissolati sostiene d’essere un bibliofilo. Sostiene anche di essere, spesso, se non sempre, l’unico lettore dei libri che recensisce].
“E, a proposito, come va con il colon irritabile?”, “Malissimo. Ormai non parla più con nessuno”. Con questa battuta a suo tempo arguta, rivoluzionaria e sconvolgente (ci riferiamo, come tutti avranno inteso, alla Cantatrice calva dell’Eugène Ionesco, a suo tempo intrepido, al nostro tempo artista fin troppo incensatamente accademizzato, nonché vittima dei suoi stessi banalizzanti seguaci: tra il teatro dell’assurdo e le assurdità teatrali, ahimè, vi è qualche direi abissale differenza qualitativa), oggi polverosissimamente pedissequa, o pedissequissimamente polverosa – fate voi – prevedibilissimamente si conclude questo romanzo o non-romanzo o anti-romanzo o non-anti-romanzo o anti-non-romanzo che un ignoto autore (ebbene sì: chi si nasconda dietro l’evidente pseudonimo di Hans Reiter, che sarebbe come dire Renzo Tramaglino o Mattia Pascal o Michele Ardengo; con l’aggravante che chiamarsi Hans Reiter, in terra di lingua tedesca, è più o meno come chiamarsi Paolo Rossi qui da noi: tra fisici, calciatori ed enigmisti ce n’è millanta solo in Wikipedia – nemmeno il vostro ardito bibliofilo è riuscito finora a saperlo; ma, nel caso, tempestivissimamente aggiornerò) ha dato alle stampe presso le sciaguratissime edizioni Aleppi, ben note al mondo editoriale nonché ai lettori più avveduti (o meno avveduti, secondo l’approccio) per l’appassionato sostegno a qualunque visione del mondo mistico-complottistica, gnostico-paranoica, grillo-strafalcionica, magico-padrepiica (e non per nulla il loro bestseller risulta essere, a tutt’oggi, il temibilissimo Le zie chimiche di Tommaso Pandolfi).
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Tag:Ennio Bissolati, Hans Reiter
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16 settembre 2016
di Ennio Bissolati
[Ennio Bissolati è un bibliofilo. Per vibrisse recensisce libri introvabili, dei quali sostiene di essere l’unico lettore. gm]
“Anzitutto gioverà dire, per l’intelligenza dei lettori, che il celebre Gambardella di cui si parla nel presente racconto, non ha niente a che fare con gli altri Gambardella più o meno celebri, e non sono pochi, che girano per il mondo. Questo è un celebre Gambardella noto a pochi intimi. Anzi, diciamola com’è, perché la sincerità è sempre la miglior cosa: si tratta d’un celebre Gambardella che nessuno conosce”. Esordiva così l’inarrivabile Achille Campanile nell’unico intervento – unico a nostra conoscenza: ma nel caso specifico il soprascritto, bibliofilicamente parlando, non teme smentite – che sia mai stato pubblicato in pro del Gambardella in questione: la cui celebrità rimase, e tuttora è, ristretta a un così minimo numero di intimi, che nemmeno l’editore Garzoni, pur impegnato nella ripubblicazione dell’opera completa, ne conosce il nome di battesimo.
Gambardella peraltro, alla fine della fiera, è Gambardella: e tutti gli altri Gambardella sono solo qualcosa di Gambardella: dall’amabilissimo Vincenzo Gambardella, autore di eleganti prose narrative (pubblicate da Marietti) all’onnipresente Cherubino Gambardella, architetto assai prolifico di scritture (per tacere del Joe Gambardella, reso noto dal cinema, che è peraltro e resta personaggio fittizio): tutti costoro, in virtù del nome di battesimo, sono solo delle possibili determinazioni del Gambardella: mentre il Gambardella in questione, del quale già questionò Campanile, essendo Gambardella e basta, è un Gambardella “alla massima espressione” (come avrebbe detto il Bernazza): è la quintessenza della Gambardellità.
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Tag:Cherubino Gambardella, Dario Bernazza, Ennio Bissolati, Gambardella, Martin Heidegger, Tommaso Landolfi, Vincenzo Gambardella
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14 settembre 2016
di Ennio Bissolati
[Ennio Bissolati è un bibliofilo. Per vibrisse recensisce libri introvabili, dei quali sostiene di essere l’unico lettore. gm]

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Absit iniuria verbis, ma quando il vostro bibliofilo si trovò per le mani il libriccino (formato tascabile, un’ottantina di pagine) la cui copertina decisamente
optical e Anni Settanta potete contemplare qui accanto (e se lo trovò tra le mani senza averlo cercato, essendogli stato notturnamente deposto nella cassetta delle lettere, in plico anonimo, da mano altrettanto anonima, in una fresca notte d’inizio settembre), la prima cosa che gli venne in mente fu quel generere di barzellette che ci divertivano tanto quand’eravamo bambini, e non ci appaiono oggi che insulsamente razziste: ci sono un italiano, un tedesco, un inglese eccetera. Qui, quattro critici (il francesce Jean-Claude Pelletier, lo spagnolo Manuel Espinoza, l’italiano Piero Morini, l’inglese Elizabeth Norton) e uno scrittore (il tedesco Hans Reiter) si sono messi insieme e hanno unito le forze allo scopo di dare degna sepoltura a ciò cui devono, in effetti, qualunque risultato o successo abbiano ottenuto nella vita: i quattro critici campano infatti dello stipendio che fornisce loro la rispettiva università, lo scrittore campa dell’omaggio che la schiera critica, e i nostri quattro moschettieri in prima fila, gli rende: perché il pubblico (e non turbatevi, dunque, se il vostro primo pensiero è stato: “Hans Reiter! Chi era costui?”) effettivamente gli latita.
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Tag:Ennio Bissolati
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16 agosto 2016
di Ennio Bissolati
[Ennio Bissolati è un bibliofilo. Per vibrisse recensisce libri introvabili, dei quali sostiene di essere l’unico lettore. gm]
Sono apparsi a breve distanza di tempo, entrambi per i tipi della Casa editrice dottor Antonio Milani (C.E.D.A.M.) di Padova, due singolari (benché accoppiabili) volumi dovuti rispettivamente alla penna del fondatore della Società italiana di studi corporali (Sisc) – l’oggi ultranovantenne Odorino Reggiasco – e a quella della sua attuale presidente (così ella, nell’articolo Il genere che presiede, in “Quaderni placentali”, a. xxii, n. 3, 2012, ha dichiarato di voler essere consuetamente appellata, argomentatamente rifiutando gli orrori non solo linguistici presidentessa o, castiglianamente peggio, presidenta) Enza L. Flatù, allieva prediletta del precedente. Si tratta in realtà di due volumi culturalmente interconnessi, benché editorialmente assai diversi.
L’archeologia del petare. Saggio metodologico del Reggiasco non è altro che una raccolta ragionata, nonché accuratamente selezionata, delle ultime lezioni e degli estremi saggi del maestro (attualmente ridotto al silenzio da una devastante demenza senile), tutti già sparsamente e ormai introvabilmente pubblicati: dalla celebre conferenza Morte e meteorismo a Vipiteno (in “Acta tirolesiana”, a. xli, n. 1), all’euforizzante Esercizio di interpretazione dell'”Ars bene petandi in societate” (in “Collezione di saggi e studi rabelaisiani”, a. xxxix, n. 4); da L’odore di santità nell’olfattomanzia tardo medievale (in “La civiltà coprolalica”, a. xii, n. 2) alla definitiva sintesi di Scorregge e corregge: il governo del corpo e le punizioni corporali nel Piemonte dell’età cavourriana (pubblicato nel numero monografico Sculaccioni! della “Rivista italiana di studi sulla punizione”, a. xvi, n. 3). Il lettore non specialista si beerà della facilità e della felicità di scrittura del Reggiasco, ad onta della sterminata erudizione e della precisione cristallina del dettato.
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Tag:Ennio Bissolati, Michel Foucault
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4 agosto 2016
di Ennio Bissolati
[Ennio Bissolati è un bibliofilo. Per vibrisse recensisce libri introvabili, dei quali sostiene di essere l’unico lettore. gm]
Presento anzitutto le mie scuse alle gentili lettrici e ai cortesi lettori di vibrisse: la bibliofilia, come ben sa lo Gnirro (per quanto, prudentemente, si astenga dallo scriverne), non è professione ma passione; e talvolta dalle passioni la professione, per motivi professionali ovvero economici e alimentari, indebitamente – ovvero per evitar di far debiti – distoglie. Comunque: èccomi qua, di bel nuovo tornato dal Brasile, ove mi recai in qualità di consulente di una società di formazione di formatori di operatori addetti alla messa in opera di zanzariere avvolgibili – potete facilmente immaginare, in questi tempi olimpiàdici, l’incremento della domanda e la frenesia dell’offerta. Dunque rientro, e mi ritrovo tra la posta – sollecitamente depositata dal postino presso il salone di estetica Bulli & Pupe, sotto casa – questo tomino (in senso voluminoso, non caseario) intitolato Storia di un’upupa e dell’uomo che le insegnò a upupare, dovuto alla spregevole penna di Iginio Montile. Spregevole, dico: e so il fatto mio.
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Tag:Ennio Bissolati, Iginio Montile
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28 giugno 2016
di Ennio Bissolati
[Ennio Bissolati è un bibliofilo. Per vibrisse recensisce libri introvabili, dei quali sostiene di essere l’unico lettore. gm]
I lettori saranno tolleranti, così spero e mi auguro, se per una volta il loro umile bibliofilo si azzarderà a trattare di un’opera, non solo con poca fatica reperibile (benché da lungo tempo fuori commercio) ma addirittura – così mi si dice – esistente. D’altra parte, tràttasi di un’opera (e qui sappiamo di stuzzicare la curiosità del nostro sempre cortese ospite) che tratta a sua volta di letteratura (se condizione d’esistenza per l’opera è la sua circolazione) sommamente inesistente: ovvero inedita. Riportiamo per intero – data la sua illustrativa pregnanza – il titolo dell’opera in questione, così come lo reca – in una ripresa o parodia dell’uso antico – la copertina: La mistificazione. Un saggio di Carlo Della Corte e Alcide Paolini su lettere, poesie, suppliche, brani di romanzi, racconti di tutti gli aspiranti scrittori. Una antologia del sottobosco letterario, uno sconcertante panorama dell’incultura. Pubblicato in Milano per i tipi di Sugar editore. L’anno è il 1961. E, a quel che ci risulta, codesto non corposissimo libro (duecento pagine, cinquanta di saggio iniziale che evidentemente si vuole socioantropologico e politico, e centocinquanta di raccolta documentaria, o antologia degli orrori) costituisce il primo e finora unico tentativo di rappresentare seriamente la “letteratura inedita in Italia”, ovvero la produzione letteraria e scritturale nazionale che non trova via di pubblicazione – ed è, vale la pena di ricordarlo, massicciamente preponderante su quella che invece l’editoria, buontà sua, manda alle stampe e alla distribuzione.
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Tag:Alcide Paolini, Antonio Gramsci, Carlo Della Corte, Dino Buzzati, Domenico Nodaro, Ennio Bissolati, Gian Carlo Ferretti, György Lukács, Umberto Eco
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25 giugno 2016
di Ennio Bissolati
[Ennio Bissolati è un bibliofilo. Per vibrisse recensisce libri introvabili, dei quali sostiene di essere l’unico lettore. gm]
Essendo perenne la tentazione – e in filologia soprattutto – di confondere la causa con l’effetto, non starò qui a discutere se l’autore del romanzo La livellatrice (metto le mani avanti: trascurabilissimo romanzo; rilevante quasi solo come campione d’un genere) abbia trascelto uno pseudonimo su suggestione del titolo prescelto, o se dall’illustrità di un nome magari per meri motivi ereditari portato (o per patriottismo antenatale) sia sgorgata l’intuizione del titolo: come che sia, il titolo è quello e il nome (faccio eco: nomina nuda tenemus) è quello. Analogamente: che il nome della casa editrice – editrice di questo unico libro, stanti le mie ricerche – faccia riferimento alla dea dell’amore anticamente greca o, stante la grafia, (e il contenuto dell’opera, di cui poi diremo), a un’attricetta del porno particolarmente talentuosa nello squirting (e sia consentito al vostro bibliofilo di non mettere il link a Wikipedia, per stavolta: se proprio v’interessa, e non avete già pratica, fatevi le ricerche da voi) – è cosa d’imporanza minima. Again, faccio eco: il testo è là; e parla da solo; o borbotta, bofonchia, grugnisce almeno.
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Tag:Ennio Bissolati, Eusebio Gnirro, Luigi Mercantini, Mariella Prestante, Quinto Orazio Flacco, Umberto Eco
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29 Maggio 2016
di Ennio Bissolati
[Ennio Bissolati è un bibliofilo. Per vibrisse recensisce libri introvabili, dei quali sostiene di essere l’unico lettore. gm]
Mi perdonerà il venerabile Mozzi, che galantemente ospita le mie recensioni, se per una volta non parlerò di un libro effettivamente, se pure introvabilmente, pubblicato; ma di un libro che pubblicato ancora non è, e che di pubblicazione è in cerca; sebbene possa garantire, sulla base di un’inesausta esperienza, che qualora il libro sarà pubblicato, la sua introvabilità sarà quasi certa – e certissima quella degli eventualmente interessati a leggerlo. Sto parlando – e i lettori più arguti mi avranno già inteso, dato il gran chiacchiericcio che da gran tempo se ne fa in rete – di Gli angoli più segreti sono i più sudici, spettacolare libro d’esordio (sempre che l’esordio possa effettualmente avvenire) di Giammanco Pessogno, scrittore piemontese d’inequivocabili origini portoghesi (“Pessogno” è infatti la realizzazione fonetica langhina del celebre alle lettere cognome “Pessoa” – e una certa multiformità d’ingegno, a dire il vero, da questo a quello si direbbe non so se genealogicamente o misticamente trasferita: fermo restando l’ineluttabile abisso qualitativo), professionalmente gestore d’un campo da golf, culturalmente animatore d’un bar di provincia la cui insegna (“Un posto pulito, illuminato bene”) non si sa se ammicchi ad Hemingway o voglia garantire l’esecuzione dei protocolli Haccp: in sostanza un outisder della più bell’acqua, se da quelle parti – assai vinicole – l’acqua fosse considerata una bevanda potabile.
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Tag:Ennio Bissolati, Giammanco Pessogno
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21 aprile 2016
di Ennio Bissolati
[Ennio Bissolati è un bibliofilo. Per vibrisse recensisce libri introvabili, dei quali sostiene di essere l’unico lettore. gm]
La prima impressione, più che ovvia e naturale, è che alla domanda se in Italia i corsi i seminari le scuole gli stage i workshop i laboratori le botteghe di scrittura creativa abbiano o non abbiano “prodotto” nuovi narratori di un qualche rilievo, la risposta più caritatevole sarebbe: no, ma hanno prodotto un nuovo genere letterario, ovvero il “romanzo di deformazione” del frequentante di un corso un seminario una scuola uno stage un workshop un laboratorio una bottega di scrittura creativa. “Deformazione”, mi raccomando, e non “formazione”, perché con corale (e un po’ assordante) univocità tutti questi romanzi (dei quali quello di cui ci occupiamo, del Cippa Lippa, va considerato meramente come esemplare o sintomatico o punta d’iceberg: non come specialmente meritevole sul piano artistico) raccontano la medesima storia: c’è un gruppo di ardenti aspiranti pieni d’ambizione e di bruciante passione; c’è un Maestro con l’emme maiuscola e dal cognome enfatico tipo Stupazzoni o Pestalozzi o una Maestra con l’emme maiuscola e dal cognome doppio tipo Tocchetti Bocconi o Molarin D’Entière; e vi si producono situazioni di asservimento, di sfruttamento, di vampirizzazione, di cronicizzazione dell’invidia, di umiliazione financo erotico sessuale, di lotta biologica per la sopravvivenza, eccetera eccetera, nelle quali il Maestro o la Maestra risultano sistematicamente essere degli smokeseller più che degli storyteller, e gli allievi sono tutti dei pazzi furiosi invasati – tutti tranne quello, ovviamente, che costituisca proditoria proiezione dell’autore o autrice, suo o sua alter ego o quantomeno portavoce. E quanto sia divertente la lettura di ‘sta roba, ve lo potete immaginare senza che ve lo racconti nel dettaglio il vostro umile bibliofilo.
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Tag:Ennio Bissolati, Mario Cippa Lippa
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1 aprile 2016
di Ennio Bissolati
[Ennio Bissolati è un bibliofilo. Per vibrisse recensisce libri introvabili, dei quali sostiene di essere l’unico lettore. gm]
Una volta tanto, signore e signori, il vostro bibliofilo verrà meno all’impegno preso a suo tempo di recensire unicamente pubblicazioni di reperibilità difficile, ardua, o perlomeno impossibile: e vi parlerà invece d’un libro messo al mondo da un grande editore (grande dimensionalmente; ex “grande editore”, secondo alcuni – e il caso in questione testimonierebbe -; ma questa è un’altra faccenda): Einaudi, nientepopodimeno; in una collana di grande prestigio, la “bianca” di poesia (la collana nella quale si pubblicano, per stare agli italiani viventi, le opere di Valerio Magrelli, Patrizia Cavalli, Cesare Viviani, Mariangela Gualtieri, Gianni D’Elia, Patrizia Valduga, Aldo Nove e altri). Il libro in questione è: Poesie erotiche e appassionate – di? Non è difficile indovinare, per chi frequenti regolarmente questo ai suoi bei dì autorevole bollettino vibrisse. Ebbene sì: di Mariella Prestante. Da pochi giorni in libreria.
Chi segua da qualche tempo (anche distrattamente, vista l’insistenza) le molteplici (e un po’ confuse e frenetiche, va detto) attività del curatore di vibrisse sa benissimo chi sia costei: è l’autrice, pretesamente femminista e antimaschilista (ma in realtà pervicacemente tanto antifemminile quanto antimaschile), di certi sonettuzzi scolastici, di certe canzoncine pretenziosucce, di certe cabalette seriosamente oscene, che da qualche tempo va pubblicando in Facebook; il tutto scritto in una lingua infarcita di riboboli e solecismi, irresponsabilmente mischiata d’aulico e di corporale, appoggiata su un citazionismo miserando e imparaticcio; con rivendicazioni però (e questo è il colmo) virtuosistiche: da cui i sonetti monorimi, le rime difficili se non assurde (un esempio per tutte: “puzzi: Tootsie”), la risuscitazione di forme che non hanno più alcuna ragion d’essere né storica né stilistica né poetica né meno archeologica come lo strambotto o la ballata o la sestina. Il Mozzi (che qui ci ospita; e gli dovremmo forse qualche non metrico rispetto; ma il vostro Bissolati, lo si sappia, da sempre fa suo il motto amicus Julius, magis amica veritas: e se questo articolo dovesse costargli il posto, e il diritto di quivi pubblicare, non se ne adonterà; se ne farà, semmai, motivo d’orgoglio) da tempo segue, o insegue, talvolta precede, spesso accompagna, tutto sommato trasporta e trasborda questa inane versificatrice nel suo pecorso, diciamo così (ma facciamo uno sforzo a dir così), poetico.
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Tag:Aldo Nove, Alessandro Manzoni, Cesare Viviani, Ennio Bissolati, Gianni D'Elia, Mariangela Gualtieri, Mariella Prestante, Patrizia Cavalli, Patrizia Valduga, Valerio Magrelli
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9 marzo 2016
di Ennio Bissolati
[Ennio Bissolati è un bibliofilo. Per vibrisse recensisce libri introvabili, dei quali sostiene di essere l’unico lettore. gm]
La giovane teologa toscana Maria Immacolata Innocenti Degli (il cui curioso cognome – rilevabile principalmente nella zona di Figline Valdarno – è frutto di un’errata trascrizione all’ufficio dell’anagrafe avvenuta qualche generazione fa; esistendo in Firenze l’Istituto degli Innocenti, vocato alla cura dei trovatelli e degli abbandonati, il cognome Degli Innocenti equivale agli altrove diffusi Esposito, Trovato, Diodati, eccetera) non ha trovato nessun editore di orientamento cattolico (e, in generale, nessun editore) disposto a pubblicare questo smilzo ma, a dir suo, rivoluzionario libretto (non più d’una sessantina di pagine): e così, avendolo autopubblicato senza alcun riscontro, si è rivolta al vostro affezionato bibliofilo pietendo una recensione. Che le si concede volentieri, premettendo cautelativamente l’assoluta ignoranza dello scrivente tanto in materia teologica quando in materia scientifica – ovvero, in entrambe le materie tra i cui confini l’opericciola ambisce collocarsi.
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Tag:Agostino d'Ippona, Ennio Bissolati, Maria Immacolata Innocenti Degli
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6 marzo 2016
di Ennio Bissolati
[Ennio Bissolati è un bibliofilo. Per vibrisse recensisce libri introvabili, dei quali sostiene di essere l’unico lettore. gm]
Berto Naso (il cui vero nome è Berto Guidi; ma, come si capirà al volo, mai come in questo caso un nomignolo ha avuto il diritto di diventare nome d’arte, e professionale) è un rinomante, come si evince dai documenti (encomi, gratulatorie, titoli di merito ecc.) inseriti nell’ “Appendice probativa” in fondo al volume (documenti della cui autenticità il vostro bibliofilo si è convinto dopo un’oretta di lavoro con Google), molto rinomato. Egli, esperto (come tutti i rinomanti) in ritrovamenti d’ogni genere (vene d’acqua, giacimenti gassosi e petrolieri, e così via, senza disdegnare – in interventi domestici – occhiali ed apparecchi acustici), negli ultimi vent’anni si è particolarmente dedicato alla rinomanzia sismologica, ossia alla previsione di eventi sismici con prospezioni rinomantiche.
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Tag:Berto Naso, Better Flair, Ennio Bissolati, Nariz de la Tremura, Nas Von Nasenloch, Nikolaj Gogol, Robert Scent, Shentih Qodur
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