di Amedeo Savoia e Giulio Mozzi
[E’ stato pubblicato oggi, ed è disponibile gratuitamente nel sito dell’Istituto per la ricerca e la sperimentazione educativa della Provincia di Trento (Iprase) il volume curato da Amedeo Savoia e Giulio Mozzi – con un contributo di Silva Filosi – che racconta e descrive l’esperienza del Reportage fotografico a parole, svolta in numerose classi di scuole medie superiori trentine negli anni scolastici 2010-2011 e 2011-2012. La scheda descrittiva del volume è qui. Per prelevare direttamente il volume, cliccare qui. Le istruzioni per richiedere una copia cartacea del volume (gratuita) sono qui. Quella che segue è la quarta di copertina. gm]
Col Reportage fotografico a parole s’imparano tante cose.
Gli insegnanti imparano, ad esempio, a:
– mettersi in gioco praticando in prima persona quanto si richiede di fare agli allievi;
– fissare e condividere preventivamente pochi, pratici e chiari criteri di scrittura;
– essere cortesi, positivi, concreti e costruttivi nel momento della correzione;
– motivare, esemplificare e porre in discussione con gli allievi e con gli altri insegnanti i propri interventi di correzione;
– distinguere il momento della correzione da quello della valutazione.
Gli allievi, invece, imparano a:
– svolgere un compito di realtà con onestà intellettuale;
– osservare e percepire la realtà esterna;
– selezionare nel flusso del tempo singoli fatti;
– scrivere seguendo precise regole;
– ricostruire gli eventi in una forma narrativa compiuta ed efficace;
– cercare e trovare le parole giuste per dirli;
– distinguere i fatti dalle opinioni e dai commenti;
– assumersi la responsabilità di pubblicare;
– modificare il proprio testo in base alle indicazioni di correzione ricevute;
– motivare le proprie scelte in modo cortese, positivo, concreto e costruttivo;
– sapere che ogni testo è per definizione migliorabile.
Il Reportage fotografico a parole è un grande esperimento di scrittura collettiva sommato a un grande esperimento di correzione collettiva.
Nella prima parte di questo volume Amedeo Savoia ne illustra il funzionamento, Giulio Mozzi racconta la sperimentazione fatta negli anni scolastici 2010-2011 e 2011-2012 nell’ambito del progetto Iprase «Scuola d’Autore», Silva Filosi ricostruisce il percorso di una classe dal Diario personale (già oggetto di una pubblicazione Iprase: Il diario di tutti, a c. di A. Savoia e G. Mozzi) al Reportage.
La seconda parte raccoglie un’ampia documentazione di scritture, correzioni e riscritture.
[Questa invece è l’introduzione.]
La verità è che in questo libro non sapevamo bene che cosa mettere prima e che cosa mettere dopo. Ci pareva che l’esperimento del Reportage fotografico a parole dovesse e potesse essere presentato come qualcosa di replicabile in ogni classe e in ogni scuola (o gruppo di scuole): e che quindi dovessimo spiegare che per farlo si fa così, e poi così, e poi cosà. D’altra parte per noi il Reportage è stato per due anni un avventuroso e affascinante laboratorio al quale hanno partecipato molti insegnanti e moltissimi studenti; in due anni l’idea iniziale è stata elaborata, discussa, trasformata, messa in questione, allargata, ridisegnata: e tuttavia oggi ne vediamo potenzialità ancora inesplorate o solo assaggiate.
Quindi ci domandavamo: mettiamo il «Come si fa», e basta? Op-pure raccontiamo anche il «Come abbiamo fatto a farlo»? E, nel caso, che cosa va prima? Non è che ai nostri lettori insegnanti, per capire bene il «Come si fa», giova aver letto prima il «Come abbiamo fatto a farlo»? E non è che, per questi stessi lettori, potrebbe essere più pratico leggere prima un chiaro e distinto «Come si fa», e solo dopo essere ragguagliati sulle lacrime e sangue che sono state versate per arrivare a qualcosa di così tanto chiaro e così tanto distinto? (Ma ci siamo anche tanto divertiti, ça va sans dire).
Dopo un po’ di incertezze abbiamo scelto l’ordine che vedete nell’indice: prima il «Come si fa», poi il «Come abbiamo fatto a farlo». Ma sia chiaro questo che non è, per chi legge, un ordine obbligatorio. Mentre la «Cronaca» di Silva Filosi va letta necessariamente dopo almeno l’uno o l’altro dei primi due capitoli.
Poi: dovendo render conto di un lavoro nel corso del quale gli studenti hanno prodotto complessivamente (nei due anni) 1.039 testi, in calce ai quali sono stati inseriti 1.816 tra commenti e riscritture, ci pareva impossibile non offrire anche una documentazione. E così il lettore, nella seconda parte del libro, troverà: una selezione di discussioni esemplari, un esperimento di valutazione, e una selezione di una decina di testi che – i gusti son gusti, e noi abbiamo fatto a nostro gusto – ci sono sembrati particolarmente belli.
Perché, alla fin fine, insegnare a scrivere significa insegnare a fare una quantità di operazioni, a maneggiare una quantità di procedure, ad assumere il controllo delle connessioni tra la propria esperienza e la scrittura, a organizzare linguisticamente, narrativamente, argomentativamente il proprio mondo mentale: e i risultati attesi – chiarezza, precisione e pertinenza lessicale, ricchezza e controllo della sintassi, efficacia, qualità narrativa o argomentativa, eccetera – possono essere sintetizzati in un solo attributo: la bellezza.
Per finirla con questo inizio: colleghi insegnanti, vi preghiamo di non pensare che questo sia solo un libro che parla dell’insegnare a scrivere. Noi consideriamo questo libro – l’esperimento illustrato in questo libro – un tentativo di promuovere il ruolo centrale, nella didattica della scrittura, della correzione.
Per un’informazione più rapida, vedi questo articolo apparso il 21 aprile 2011 nel quotidiano Il Trentino (Giacomo Sartori intervista Giulio Mozzi).
Altre pubblicazioni Iprase a cura di Amedeo Savoia e Giulio Mozzi:
– Il diario di tutti, prelevabile direttamente qui;
– L’insegnante in fiera, prelevabile direttamente qui (s’intende la Fiera del libro, ovviamente).
28 gennaio 2013 alle 16:51
grazie per il libro! Antonello #serialreader
28 gennaio 2013 alle 17:02
Che iniziativa fantastica!
è la risposta al mio desiderio di avere una “macchina fotografica” negli occhi per immortalare alcuni attimi fuggenti e trasferirli in una polaroid scritta
28 gennaio 2013 alle 17:18
C’è un vantaggio nel non aver svolto studi ad hoc, che nel cercare di imparare qualcosa da adulti tutto può assumere un valore. Almeno, così è per me. Sfoglio le prime pagine e divento subito “allieva” di una metodologia interessantissima. Quindi, proseguo nella lettura.
Merci!
f
31 gennaio 2013 alle 15:04
Il lavoro è davvero interessante. Ho girato l’idea ai miei amici docenti, spero possano realizzarlo anche nelle povere scuole della Campania. Grazie Giulio.
7 marzo 2013 alle 09:34
mi interesserebbe sapere quale spazio web avete utilizzato o cosa consigliate di utilizzare: una piattaforma messa a disposizione della scuola? Avete creato un blog come questo su uno spazio pubblico? Come si può non rendere disponibili i testi tramite motore di ricerca? Anch’io ho creato un blog (su Blogspot) per i miei studenti e potrei usare quello, ma loro non potrebbero modificare i testi. Cosa ne pensate di Wikiversità? Grazie per i consigli. Monica.
7 marzo 2013 alle 09:44
Monica, nell’articolo c’è un link alla pubblicazione nella quale abbiamo raccontato accuratamente come abbiamo fatto tutte queste cose.
Su Wikiversità non penso niente di preciso. Mi sembra una cosa ancora molto rudimentale: ci vuole tempo.
7 marzo 2013 alle 10:29
grazie, ho letto le indicazioni che avete fornito agli studenti nel blog e ho visto che avete utilizzato wordpress al quale sono già registrata per un altro blog. proverò ad utilizzare anch’io questo servizio gratuito. stavo cercando, in effetti, uno strumento ‘comodo’ per condividere le correzioni delle prove scritte di italiano e la loro riscrittura condivisa; in modo, però, da poter monitorare il lavoro a casa e valutare anche l’impegno e la capacità di auto-correggersi.
il vostro lavoro sui reportage, poi, è interessantissimo.
un’ultima osservazione: ho notato che gli studenti utilizzano molto più volentieri le risorse ‘libere’ su web che non le piattaforme e-learning messe a disposizione dalla scuola. l’avete notato anche voi?