Posts Tagged ‘Giacomo Sartori’

Note di lettura: “Baco” di Giacomo Sartori.

9 febbraio 2020
Luigi Preziosi.

La produzione più recente di Giacomo Sartori, con la sola eccezione del romanzo Sono Dio, è improntata all’esplorazione, condotta privilegiando toni partecipi ed insieme oggettivi, di condizioni esistenziali di segregazione e di confinamento. Così è in Rogo, in cui le tre protagoniste sono materialmente o psicologicamente prive di libertà, così in Cielo nero, in cui la prigionia di Galeazzo Ciano, rinchiuso nel carcere di Verona in attesa della morte, si fa metafora di altre privazioni di libertà, meno storicamente note, ed anche in Sacrificio, dove un arcigno paesaggio alpino restringe gli orizzonti spirituali dei giovani protagonisti.
Anche il protagonista di Baco (Exorma, 2019) vive una condizione di separazione, non claustrofobica, come alcuni dei personaggi dei romanzi citati, ma certamente di isolamento interiore. Si tratta di un ragazzino di dieci anni, di cui non è rivelato il nome, affetto da sordità, iperattivo, a volte protagonista di intemperanze che si manifestano soprattutto in ambito scolastico. (more…)

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Note di lettura: “Il postino di Mozzi” di Fernando Guglielmo Castanar.

9 Maggio 2019

di Luigi Preziosi

A queste Note di lettura non può proprio mancare Il postino di Mozzi (Arkadia editore), che con tutta evidenza fin dal titolo lascia intuire un coinvolgimento del fondatore di questo sito. E’ opera di Fernando Guglielmo Castanar, autore appartato a quanto si sa, e che, a voler attribuire al racconto una coloritura di autofiction, realizza il suo progetto letterario solo dopo una lunga e tormentata attesa della pubblicazione. Il libro sfugge ad una definizione precisa, pur essendo a prima lettura evidente la sua natura di raccolta di racconti: come tale se ne può anzitutto parlare, senza dimenticare però altre sfaccettature che lo rendono un’opera più complessa di quanto appare.

In questa prospettiva, il libro risponde, con felice tempestività, a quella tendenza a rivalutare il genere che ultimamente sembra farsi strada con una certa insistenza. Una recente indagine tra alcuni critici promossa da L’indiscreto ha sancito l’insorgere di una sorta di nostalgia del racconto, pur nel predominio straripante del romanzo (per lo meno sotto il profilo della sua fruizione di massa, e del conseguente successo editoriale). Ad essa si affianca una specie di incredulo stupore circa la contraddizione tra l’attitudine contemporanea al consumo veloce delle emozioni e la posizione marginale del racconto rispetto ad altre forme del narrare. Comunque sia, il racconto non pare oggi comunque in cattiva salute, e lo dimostra la vivacità di alcune iniziative (siti e case editrici specializzate) e certe recenti uscite meritevoli di ben più di una citazione. In prima fila, questo Postino di Mozzi, raccolta notevole anche ad una prima superficiale lettura per la straordinaria invenzione narrativa che la sostiene.

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Note di lettura: “Autismi” di Giacomo Sartori.

27 novembre 2018

Autismi di Giacomo Sartori potrebbe essere preso come esempio della non del tutto serena relazione tra pubblicazione via web e pubblicazione cartacea, oggetto di tante dissertazioni in materia che ormai da una ventina d’anni occupano i siti letterari. Sarebbe facile pensare che una raccolta di racconti in volume pubblicati in prima versione su una delle riviste on line più autorevoli tra quelle in circolazione possa incontrare un largo favore ed una altrettanto ampia diffusione. Diversa la storia di questi racconti. Usciti dal 2008 al 2010 su Nazione indiana, di cui l’autore è tra gli esponenti più autorevoli (e più appartati), sono stati antologizzati a fine 2010, quando, come si legge nella Nota dell’autore, “un microeditore ha stampato centotredici eleganti copie della versione rivista della raccolta, che non sono mai arrivate in libreria, forse perché si sentivano incomprese e sole.” (more…)

Giacomo Sartori, “Sono Dio”. Appunti di lettura

6 luglio 2016

di Demetrio Paolin

sonodioGiacomo Sartori in Sono Dio (NN Editore) costruisce un libro comico e questi appunti nascono per spiegare meglio questa mia affermazione perentoria.  Prima ecco in breve la trama: in un momento impensato e impensabile della sua vita eterna, Dio fissa il suo sguardo su una ragazza che dentro una stalla sta praticando una inseminazione artificiale su una vacca. All’inizio Dio è incuriosito da questa creatura, per lui simile in tutto e per tutto a un bacillo della peste, a un spugna marina o a un neutrino… Con il tempo, il suo interesse e la sua attenzione convergono nella vita di questa ragazza, quasi che se ne volesse/potesse (volere e potere in Dio coincidono) innamorare.

La storia del romanzo è tutta qui: la trovata narrativa è appunto quella di costruire un diario di scrittura, attraverso il quale Dio osserva la vita di questa ragazza e il suo progressivo entrare in contatto con lei.

Perché ho parlato di libro comico?

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Note di lettura: “Rogo” di Giacomo Sartori.

10 ottobre 2015

di Luigi Preziosi

Una sottile sensazione di sgomento percorre le tre storie di donne che, anche senza ricorrere a simmetrie eccessivamente meccaniche, Giacomo Sartori intreccia nel suo ultimo romanzo, Rogo, uscito qualche mese fa presso CartaCanta editore. Ben poco in apparenza accomunerebbe le vicende di Lucilla, Gheta e Anna, separate prima di tutto da notevoli distanze temporali: la prima si svolge al crepuscolo degli anni Settanta, la seconda in un Seicento tenebroso e terribile, la terza nei nostri anni smemorati ed inconsapevoli. Ognuna di queste storie è fortemente caratterizzata dai guasti prodotti delle culture prevalenti, e di queste ognuna delle protagoniste è vittima inconsapevole: per Gheta, si tratta dei pregiudizi da cui germinò la persecuzione delle streghe; per Lucilla, è l’euforia di uno spontaneismo anarchico e refrattario all’assunzione di responsabilità che tende a negare ogni regola nelle relazioni; la deriva verso una ostinata sordità alle voci degli altri e l’attenzione esasperata alle apparenze che intristiscono questi nostri anni, per Anna. Sartori insiste proprio sulle diversità degli sfondi davanti ai quali agiscono le protagoniste per far risaltare per contrasto come affini le angosce che risalgono da profondità di anime forse malate, certamente difficili da comprendere. (more…)

Note di lettura: “Sacrificio” di Giacomo Sartori.

26 dicembre 2013

di Luigi Preziosi

SacrificioIl ritorno in libreria, per merito di Italic, a pochi anni dalla prima uscita presso PeQuod, di Sacrificio di Giacomo Sartori, può intendersi come implicita attestazione del suo valore, misurabile appunto su una sua particolare capacità di persistere nel tempo, certo non comune nell’attuale produzione narrativa. Il romanzo esplora miserie morali purtroppo durevoli nei nostri anni, nascoste nei recessi più segreti che ognuno a volte intuisce in sé, e forse ben più facilmente riconosce nella collettività di cui fa parte. Nessuno, infatti, può illudersi di essere immune da colpe, non fosse altro che di pura omissione, o, peggio, di mancata resistenza al male, nella deriva in cui questi nostri giorni paiono irreversibilmente trascinati. Di essa Sartori enuclea alcuni tra gli effetti che più ci depauperano della nostra umanità, esibendo una scrittura asciutta, controllata fino a lambire l’impersonalità, che, non prestandosi a qualsivoglia contiguità emotiva con i personaggi, si rivela particolarmente adatta a rappresentare il nulla delle loro esistenze.

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Il Reportage fotografico a parole: un’avventura di scrittura e correzione

28 gennaio 2013

di Amedeo Savoia e Giulio Mozzi

Clicca qui per prelevare gratis il volume[E’ stato pubblicato oggi, ed è disponibile gratuitamente nel sito dell’Istituto per la ricerca e la sperimentazione educativa della Provincia di Trento (Iprase) il volume curato da Amedeo Savoia e Giulio Mozzi – con un contributo di Silva Filosi – che racconta e descrive l’esperienza del Reportage fotografico a parole, svolta in numerose classi di scuole medie superiori trentine negli anni scolastici 2010-2011 e 2011-2012. La scheda descrittiva del volume è qui. Per prelevare direttamente il volume, cliccare qui. Le istruzioni per richiedere una copia cartacea del volume (gratuita) sono qui. Quella che segue è la quarta di copertina. gm]

Col Reportage fotografico a parole s’imparano tante cose.
Gli insegnanti imparano, ad esempio, a:
– mettersi in gioco praticando in prima persona quanto si richiede di fare agli allievi;
– fissare e condividere preventivamente pochi, pratici e chiari criteri di scrittura;
– essere cortesi, positivi, concreti e costruttivi nel momento della correzione;
– motivare, esemplificare e porre in discussione con gli allievi e con gli altri insegnanti i propri interventi di correzione;
– distinguere il momento della correzione da quello della valutazione.
Gli allievi, invece, imparano a:
– svolgere un compito di realtà con onestà intellettuale;
– osservare e percepire la realtà esterna;
– selezionare nel flusso del tempo singoli fatti;
– scrivere seguendo precise regole;
– ricostruire gli eventi in una forma narrativa compiuta ed efficace;
– cercare e trovare le parole giuste per dirli;
– distinguere i fatti dalle opinioni e dai commenti;
– assumersi la responsabilità di pubblicare;
– modificare il proprio testo in base alle indicazioni di correzione ricevute;
– motivare le proprie scelte in modo cortese, positivo, concreto e costruttivo;
– sapere che ogni testo è per definizione migliorabile.
Il Reportage fotografico a parole è un grande esperimento di scrittura collettiva sommato a un grande esperimento di correzione collettiva.
Nella prima parte di questo volume Amedeo Savoia ne illustra il funzionamento, Giulio Mozzi racconta la sperimentazione fatta negli anni scolastici 2010-2011 e 2011-2012 nell’ambito del progetto Iprase «Scuola d’Autore», Silva Filosi ricostruisce il percorso di una classe dal Diario personale (già oggetto di una pubblicazione Iprase: Il diario di tutti, a c. di A. Savoia e G. Mozzi) al Reportage.
La seconda parte raccoglie un’ampia documentazione di scritture, correzioni e riscritture.

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Reportage fotografico a parole

28 aprile 2011
Iprase

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Giulio Mozzi annuncia l’uscita in libreria di un romanzo del quale è, per così dire, protagonista assente e involontario

6 aprile 2010

Un uomo ha deciso di scoprire dove finiscono i manoscritti che manda a un consulente editoriale di nome Giulio Mozzi. Un’ossessione che lo porterà a cambiare città e lavoro: diventerà postino, si trasferirò a Padova, e col tempo riuscirà a farsi assegnare la via dove abita il lettore delle sue prose, e si vendicherà sottraendo ogni tanto alla sua posta le grosse buste sigillate che contengono le speranze di altri scrittori. Il giorno in cui il postino va in pensione decide di mandare un’ultima lunghissima lettera a Giulio Mozzi, confessando il suo piccolo crimine e offrendogli un campionario di voci, come prova dei suoi furti. Estratti di romanzi, racconti, saggi, plagi. Alcuni di questi scrittori nel frattempo sono diventati autori di valore (dal risvolto).

Il magazzino delle alghe, inventato e curato da Marino Magliani, edizioni Eumeswil, con la partecipazione di Giovanni Agnoloni, Franco Arminio, Mauro Baldrati, Remo Bassini, Mario Bianco, Valter Binaghi, Fabrizio Centofanti, Riccardo De Gennaro, Marco Drago, Riccardo Ferrazzi, Francesco Forlani, Carlo Grande, Franz Krauspenhaar, Stefania Nardini, Alberto Pezzini, Giacomo Sartori, Beppe Sebaste, Giorgio Vasta.

Carlo Coccioli / Presenza dello scrittore assente

16 gennaio 2009

a cura di giuliomozzi

Parla una composita pattuglia di lettori di Carlo Coccioli: Franco Buffoni, Antonella Cilento, Giancarlo De Cataldo, Mario Fortunato, Bruno Gambarotta, Massimiliano Governi, Giuseppe Lupo, Marino Magliani, Sergio Pent, Alcide Pierantozzi, Giacomo Sartori, Giorgio Vasta.

[Questo articolo è stato ripreso il 2 febbraio 2009 in Nazione indiana, qui].

Carlo Coccioli

Carlo Coccioli

“Quello con Carlo Coccioli è stato un esemplare incontro mancato. Non siamo mai riusciti a stringerci la mano, eppure non potrei dire di non averlo conosciuto”. Comincia con queste parole il capitolo che dedica a Coccioli, nel suo bel libro Quelli che ami non muoiono mai, Mario Fortunato (Bompiani 2008). Mi ha colpito sentirmi ripetere più volte queste o simili parole – quasi un ritornello – quando ho provato a domandare a un po’ di scrittrici e scrittori d’Italia chi sia per loro Carlo Coccioli. E, in effetti, non l’ho mai conosciuto, ma è come se l’avessi conosciuto, lo dico anch’io.

Per molti più o meno della mia generazione, la via verso Carlo Coccioli è stata Pier Vittorio Tondelli. Che recensì con entusiasmo, nel 1987, Piccolo Karma; e inserì poi la recensione, ampliandola, in quel formidabile racconto degli anni Ottanta che è il volume Un week-end postmoderno (Bompiani 1987). “In nessun autore italiano contemporaneo”, scriveva Tondelli, “è presente una così grande tensione interiore, un’irrequietezza spirituale che poi si traduce in un nomadismo culturale e metafisico assolutamente originale, per non dire eccentrico”. Tuttavia “quello che si ama nell’opera di Carlo Coccioli non è solo, a ben guardare, l’incessante tormento teologico che lo ha spinto ora verso il cristianesimo ultraortodosso, poi verso l’ebraismo, quindi, fra gli Stati Uniti e il Messico, verso gli Hare Krishna della Casa di Tacubaya (1982), i riti indigeni, lo spiritismo, la psichedelia e gli Alcolisti Anonimi di Uomini in fuga (1973) e, finalmente, verso le filosofie e le religioni orientali, l’induismo e il buddhismo Zen […] ma anche lo stile di vita appartato, l’amore per gli umili e i reietti, l’assoluta fedeltà alle ragioni della propria ispirazione e della propria scrittura che altro non sono, poi, che la ricerca ossessiva di una risposta, mai definitiva, alle ragioni del Bene e, più ancora, del Male. E poi, finalmente, la sensualità di molte sue pagine, l’erotismo, la predilezione omosessuale”.

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