Dieci consigli agli esordienti circa il corretto uso di Facebook

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Il progresso della specie umana

Il progresso della specie umana

di giuliomozzi

1. Sia chiaro che “scrittore esordiente”, in lingua italiana, significa: “colui che ha pubblicato la propria prima opera”. Non “colui che aspira a pubblicarla“. (Metto gli esempi solo al maschile perché l’errore, per l’esperienza mia, è tipicamente maschile: le donne si considerano “esordienti” sono quando sono realmente tali, i maschi ci hanno l’eiaculazione precoce).

2. Non mettete come foto segnaletica del profilo la copertina del vostro libro. Al di là del fatto che è cosa sfacciata e pacchiana, comunque la vostra faccia non è quella.

3. Al massimo, ma proprio al massimo, se della copertina (del libro) avete una foto con buona risoluzione, usatene un dettaglio (ma che non si vedano titolo, autore, editore eccetera) per la foto di copertina (del profilo Facebook). In generale, però, è meglio se ci tenete la solita foto delle vacanze o dei gatti (per le donne, va bene anche un quadro di Frida Kahlo; per i maschi, va bene anche l’etichetta della birra preferita).

4. Non lanciatevi a chiedere l’amicizia di tutti gli scrittori e di tutte le scrittrici che riuscite a beccare ravanando nel Facebook. E’ del tutto inutile: essi ed esse, infatti, esattamente come voi, pensano solo a sé stessi e stesse.

5. Piuttosto, a questi e queste qui, visto che il Facebook è una specie di grande elenco del telefono, mandate lettere. Ma non lettere di ammirazione o di elogi sperticati (più un elogio è sperticato, più è sgradevole; se uno gradisce un elogio sperticato, è talmente narciso che non vi aiuterà mai): mandate lettere nelle quali provate a fornire a questi e queste qui delle buone ragioni per dare un’occhiata alla vostra opera.

6. Non create una pagina Facebook dedicata al vostro libro. Tutto quello che vorrete fare, fatelo nel vostro profilo. I doppioni sono doppioni.

7. Ricordatevi che la promozione del libro è un lavoro tipico dell’editore. Se il vostro editore non promuove il vostro libro, avete sbagliato ad accettare la sua proposta di pubblicazione. Se vi scalmanate a promuovere il vostro libro nel Facebook, tutti capiranno che il vostro stesso editore non vi caga neanche di striscio: e questa, piaccia o non piaccia, è un’indicazione di quanto vi tiene in considerazione.

8. Se il giorno della pubblicazione condividete l’annuncio con l’universo mondo, è peccato veniale. Ma se per sei mesi ripetete l’annuncio ogni due giorni sempre condividendolo con l’universo mondo, poi non stupitevi se tanta gente vi mette al bando.

9. Non pubblicate le fotografie delle presentazioni. Sono sempre orrende, con le luci sbagliate, e voi avrete sempre gli occhi chiusi o le dita nel naso o la posa inavvertitamente sguaiata o un’ombra che vi disegna le corna dietro la testa e così via. Se le pubblicano e condividono i vostri amici, tollerate la cosa: ma provvedete a togliere la condivisione (vabbè: a staggarvi) un paio di giorni dopo.

10. Al primo che vi dice: “Oggi i giornali le riviste gli incontri in libreria la televisione non servono più, i libri si promuovono nel Facebook”, rispondete: “Cazzate”. Non avrete detto una cosa del tutto vera, ma sicuramente molto più vera di quella che vi è stata detta.

73 Risposte to “Dieci consigli agli esordienti circa il corretto uso di Facebook”

  1. Ma.Ma. Says:

    …per fortuna sono ancora un’aspirante (con qualche prova generale alle spalle) altrimenti le avevo sbagliate quasi tutte. In particolare le foto delle presentazioni (ma in fondo a me di essere antiestetica, frega poco 😉 ) e le pagine dedicate… ma quelle vecchie stanno già morendo da sole che non le aggiorno mai. Almeno ora so anche per esperienza fatta, che non servono a nulla. Buona giornata Giulio. Spero ti stiano concedendo i vari permessi per le registrazioni dell’evento per la giornata della memoria…

  2. Ma.Ma. Says:

    Ah, un’altra cosa. Per il punto 4. che condivido parecchio, secondo te rifiutare l’amicizia di un collega aspirante o già scrittore (che non si conosce o di cui non si ha necessariamente stima) è da cafoni? Oppure glie la do, l’amicizia, e poi gliela tolgo qualche giorno più tardi così non se ne accorge? E che cosa ne pensi delle richieste di contatto che un aspirante invia a editori o editor non per rompere le scatole ma per osservare quel che accade tra la gente di quel mondo lì? Pensi possano infastidire?

  3. helgaldo Says:

    La foto al post forse è sbagliata. Si parte da Facebook e si arriva alla scimmia…

  4. Scrivere ai tempi di Facebook | squarcidisilenzio Says:

    […] https://vibrisse.wordpress.com/2016/01/26/dieci-consigli-agli-esordienti-circa-il-corretto-uso-di-fa… […]

  5. Giulio Mozzi Says:

    Ma.Ma.: io ho accettato tutti i contatti non anonimi fino (quasi: mi tengo un po’ di margine) alla barriera dei cinquemila. Ma la mia pagina è comunque tutta pubblica e chiunque sia in Fb può leggerla e scriverci.

  6. Nadia Bertolani Says:

    Ahi ahi, colpevole del punto 6 e del punto 9. Per il resto condivido tutto. Infine, per chi come me dopo il primo libro pubblicato ne ha autopubblicati altri tre, tutti i punti elencati sono condivisibili e insomma… vanitas vanitatum.

  7. paola Says:

    Di tutti i consigli condivido e ritengo utile solo il 4. Mai pensare che uno scrittore ti aiuti, piuttosto ti danneggia se può.

  8. Valentina Durante Says:

    Condivido tutto, e in modo particolare il punto 2: quelle foto di profilo trasformate in copertine mi han sempre ricordato i collage di Linder Sterling (per esempio: http://weareselecters.com/files/images/2012/07/Linder-Sterling-Collage-and-Montage-2.jpg), ma senza lo stesso spessore artistico.

  9. amnerisdicesare Says:

    Prevedo cori di NO! al punto 7. Anche se, alla luce delle esperienze passate, mi trovi molto ma molto d’accordo…

  10. Daniela Grandinetti Says:

    Come ex scrittrice esordiente mi ritrovo soprattutto nel punto 7, per il resto è un vademecum che alla luce dell’esperienza trovo molto utile e veritiero, forse un tantino difficile da seguire

  11. L'esageratore Says:

    bellissimo il punto sette!

  12. Monica Bauletti Says:

    Confermo, sottoscrivo e condivido! Tutto! Con cognizione di causa.

  13. Marco Amato Says:

    A me non quadrano, questi sarebbero consigli di bon ton o strategici?

  14. amandamelling Says:

    Sinceramente, a me sembra che la pubblicità sia diventata inutile ovunque. Io ho verificato con molte cose: booktrailer, booktrailer awards, giornali, tv (rai tre, italia 1), pagine fb, polemiche (mi han pure fatto una video parodia), giveaway. Risultati: ho venduto sempre quello che dovevo vendere, mai un’impennata dovuta a niente. Non è solo facebook una cazzata, sono tutte cazzate, ormai. La gente compra in base a tre fattori: facilità nel riuscire a prendere in mano per puro caso il libro ( con copertina e trama intriganti), passaparola e messaggi subliminali, possibilmente su concetti atavici.

  15. Giulio Mozzi Says:

    Amanda: a volte conterà anche la bellezza o bruttezza dell’opera.

    Marco: entrambe le cose.

  16. amandamelling Says:

    Per me, attualmente, non conta. Ok, chi ama la letteratura scova ciò che vuole leggere attentamente, è anche divertente. Ma i grandi numeri li fa l’immediatezza. Scegliere un libro è come trovarsi davanti a un distributore…immaginiamo, ad esempio, di tè: la gente non si chiede perché non ci può trovare un “tea couture di Ronnefeldt”, prende la nota marca di tè zuccherato che ai palati sofisticati darebbe il vomito, perché è disponibile subito, è ovunque, e non ti devi sbattere. Così funziona con tutto, purtroppo, si fa persino a costo della salute, della vita, figuriamoci per la cultura che non se magna.

  17. Giulio Mozzi Says:

    Paola scrive:

    Mai pensare che uno scrittore ti aiuti, piuttosto ti danneggia se può.

    Pubblicai il mio primo libro grazie al disinteressato aiuto di Marco Lodoli (che ricevette un racconto, ne parlò presso Theoria e Bompiani – poi scelsi Theoria -, scrisse e firmò una quarta di copertina decisamente favorevole).

  18. Ego Says:

    Giulio: sperimentare la bellezza/bruttezza dell’opera implica che l’opera venga acquistata e letta, prima. Il problema principale però è proprio quello: fare in modo che la propria opera venga acquistata e letta.
    Se invece parliamo di opere divenute già famose grazie a un giudizio intersoggettivo di bellezza, allora penso che non occorra spremersi troppo le meningi su Féisbuc.
    In ogni caso, ritengo che dedicarsi unicamente ai social network per gestire la propria “carriera” di scrittore sia piuttosto avvilente (manca del tutto il contatto umano, che si avrebbe invece in tv, radio, etc), salvo trovarsi nella posizione di chi non vuole/non può accedere ad altre vie, e decide quindi di passare qualche ora al giorno di fronte al monitor per puro diletto (come faccio io).

  19. amandamelling Says:

    Già Paola, gli scrittori (ovviamente lontani anni luce da te) che aiutano gli altri, sono invece cosa molto comune. Attualmente anch’io devo molto al grandissimo Marziani, e anche ad Arona, che mi ha motivato quando volevo mollare tutto.

  20. paola Says:

    No per carità, non volevo sparare nel mucchio. Qualche scrittore già affermato che si appassiona alla tua opera penso ci sarà anche specialmente se l’opera gli piace. Una sola curiosità: il tuo fu un invio spontaneo o comunque avevi incontrato e conoscevi già Marco Lodoli ?

  21. Pensieri Oziosi Says:

    Giulio:

    a volte conterà anche la bellezza o bruttezza dell’opera.

    Siamo d’accordo. Il problema è: come faccio a sapere tra tutti i libri che vengono pubblicati quali sono quelli “belli”?

    Il passaparola menzionato da Amanda è uno dei modi, per quanto imperfetto.

  22. paola Says:

    amandamelling: non riesco a capire il tuo post cioè se intendi che io non aiuterei uno scrittore a pubblicare. Se è così ti sbagli perchè io non sono in questa situazione di poter aiutare qualcuno, se lo fossi probabilmente lo farei, chi può dirlo ?

  23. amandamelling Says:

    Paola: “lontani anni luce da te” si riferisce a te scrittore agli inizi che hai bisogno di aiuto.

  24. paola Says:

    ok, allora mi è chiaro

  25. Rosa per caso Says:

    Bon ton e strategia del resto sui social vanno a braccetto. Come prevedeva Amneris non sono del tutto d’accordo sul punto 7. Gli editori promuovono sempre meno, per forza di cose, così come correggono sempre meno e hanno sempre meno tempo per tutto, Perché hanno meno risorse, sia chiaro, non meno voglia e sicuramente non meno professionalità. Ma sulla sostanza sono d’accordo. Secondo me però se ci si affanna tanto a promuoversi il messaggio che passa non è che l’editore non ti fila, ma che il lettore non ti fila. E non so che cosa sia peggio.

  26. Gianni Says:

    Punto 11 oserei: non se ne può più di perfetti sconosciuti che, per aver smazzato 182 copie pubblicate con contributo, alla voce professione mostrano il classico: “scrittore” presso “me stesso”.

  27. Marco Amato Says:

    Sul bon ton c’è poco da dire, è bon ton.
    Ma sui consigli strategici in realtà si può ampliare la visione. Parte del mio lavoro imprenditoriale si poggia su Facebook, quindi da esperto del settore posso consigliare altrimenti.

    1) Lo scrittore esordiente non deve utilizzare il proprio profilo personale, bensì, aprire una pagina Facebook autore. Il profilo personale lo tenga chiuso per interagire con parenti e amici, la pagina Facebook per interagire con i lettori. Sono due cose diverse.
    Il profilo personale ha un limite di amicizie, attualmente 5 mila, la pagina autore no, virtualmente può ottenere molto più seguito.

    2) Aprire la pagina Facebook del libro può essere un’opzione. Se il libro è particolare, se offre spunti di interazione social, la pagina del libro è più efficace della pagina autore. Un domani la pagina del libro può essere unita o trasformata in pagina autore. (Solo una volta, non vi fate prendere la mano ai cambiamenti!)

    3) L’autore esordiente è bene che faccia promozione e interagisca con i suoi lettori su Facebook. Perché se è vero che la promozione spetta all’editore, statisticamente se prendiamo i primi cento esordienti del 2015, quando ripubblicheranno il secondo libro, di sovente lo faranno con un nuovo editore. Questo avviene soprattutto quando si pubblica con editori medio/piccoli. La conseguenza del secondo libro con nuovo editore significa che spesso la promozione dello scrittore riparte quasi da zero. Se invece lo scrittore esordiente è lungimirante, e crea un legame social con i suoi primi lettori, quando si troverà a pubblicare con un altro editore, avrà una base di lettori disposto a seguirlo. Gli editori passano, i lettori restano.

    4) Chi pensa o presume che su Facebook sia presente un pubblico basso, stupido e che si trovi lì solo per cazzeggiare, sbaglia. Su Facebook c’è tutto, come nella società. Dal delinquente al cretino, dallo scrittore al colto, dal lettore forte al lettore saltuario. E’ un microcosmo di società, per nulla virtuale, in quanto dall’altro lato dei profili esistono persone vere con gusti, sentimenti, inclinazioni.

    5) Qualunque regola consigliata su Facebook, compreso queste, non va mai presa alla lettera. Lo scrittore esordiente o di lungo corso, che spera di fare il compitino, compiendo le mosse suggerite, sbaglia. Facebook è una realtà che si presta molto alla sperimentazione, a modi di comunicare innovativi. Occorre distinguersi, ma non per stravaganza, o idiozia, ma per valore aggiunto.

    Spero d’essere stato utile.

  28. Ego Says:

    “Chi pensa o presume che su Facebook sia presente un pubblico basso, stupido e che si trovi lì solo per cazzeggiare, sbaglia”

    Io invece penso che la gente, anche la più colta, profonda etc, utilizzi spesso Facebook come mezzo di intrattenimento, dove al limite si parla di attualità, problemi sociali di un certo rilievo etc. Non lo trovo un buon mezzo di diffusione/condivisione letteraria, ma certo, se ben sfruttato, è meglio di niente.

  29. Giulio Mozzi Says:

    Marco, quando scrivi

    La conseguenza del secondo libro con nuovo editore significa che spesso la promozione dello scrittore riparte quasi da zero,

    scrivi qualcosa che a me non pare sempre vero. In particolare se il primo editore è piccolo ma stimato e il secondo è grande.

    Consiglierei all’esordiente di cercar di stringere relazioni all’interno della società letteraria – se la cosa lo interessa e se ne è capace -, piuttosto che confidare in Fb. (Il mio articoletto si rivolge ai “fideisti” di Fb, sia chiaro).

    Io mi sono trovato benissimo a usare un profilo personale. Mi sono fatto anche una pagina “autore” (una prima volta anni fa, poi più recentemente) e mi ci trovo assai scomodo. Sbaglierò qualcosa.

  30. acabarra59 Says:

    “ Venerdì 27 maggio 2011 – « Facebook? O face o book », pensò Alberto Magneti Marelli. Che non si sentiva né faccia né libro. Si sentiva male, soprattutto. “ [*]
    [*] Lsds / 688

  31. Marco Amato Says:

    Infatti non è sempre vero che al secondo libro si cambia editore, ma spesso accade. Leggo autori, bravi, che vendono poco e ogni nuovo libro è con un editore diverso. E spesso li smarrisco perché nel marasma delle pubblicazioni, non mi giunge notizia del cambiamento. Se l’autore avesse una pagina Facebook, io sarei aggiornato ogni volta che pubblica il nuovo libro a prescindere dall’editore.

    Io invece tralascerei proprio la società letteraria e mi dedicherei ai lettori. Gli agganci nella società letteraria potrebbero aprire le porte per gli editori, magari anche piccoli ma di prestigio. Ma la vera forza dello scrittore sono i lettori. Ma capisco che questo è il mio punto di vista.

    Il profilo è di gran lunga più pratico e immediato. Ma Facebook proibisce l’uso commerciale del profilo. Se uno scrittore promuove il suo libro con il profilo, in teoria, Facebook (e arbitrariamente al suo inoppugnabile giudizio) potrebbe chiuderlo. Inoltre tu sei notoriamente famoso, col profilo non puoi crescere più di tanto i tuoi contatti. Con la pagina potresti sforare anche i 10/20 mila mi piace e oltre.
    Occorre immaginare il profilo come una comunità dove tutti gli amici sono dentro a un unico stanzone. Lo spazio è quello, limitato.
    La pagina come a un teatro dove vengono ospitati gratuitamente coloro che sono disposti a seguirci. Se il teatro non basta in automatico diventa un auditorium, un palasport, uno stadio, una spianata immensa. Ospita tutti. Inoltre la pagina può offrire opportunità di promozione, anche a pagamento, che con il profilo non sono possibili.

  32. amandamelling Says:

    Giulio il profilo privato spesso è troppo intimo, interagire è una cosa, ma essere troppo “normali” provoca l’effetto sbagliato. Tipo: ma se è come me, perché lo devo leggere? Non nel tuo caso però, visto che la tua forza è proprio nell’essere rustico. Metti pure le foto dei tuoi piatti da lavare nei post 🙂 ma in generale, io penso che le parole di Marco Amato siano estremamente utili e veritiere.

  33. avvocatolo Says:

    Molto interessante! Ho commesso solo un peccato quello di annunciare la pubblicazione. Per il resto sono in linea con i tuoi consigli 😁😁😂

  34. Giulio Mozzi Says:

    Marco, scrivi:

    Se uno scrittore promuove il suo libro con il profilo, in teoria, Facebook (e arbitrariamente al suo inoppugnabile giudizio) potrebbe chiuderlo.

    Vedi il mio consiglio n.2. Con Fb bisogna barcamenarsi.

    Scrivi anche:

    Leggo autori, bravi, che vendono poco e ogni nuovo libro è con un editore diverso.

    E questo è un problema perché la mancanza di continuità, Facebook o non Facebook, è davvero tendenzialmente deleteria – a meno che, come dicevo, non si passi da editori deboli (sul mercato) a editori forti (sul mercato). (Che poi spesso l’editore forte non investa ugualmente su ogni singolo titolo che pubblica, è un’altra faccenda).

    Però, per la mia esperienza, la mancanza di continuità dipende prevalentemente dalla volontà degli autori. Quante volte l’ho sentito dire: “Ho pubblicato con A, ma non sono soddisfatto, non ha investito su di me, eccetera, allora adesso vado da B, che mi ha garantito…”.

    “Che mi ha garantito”. Poi le cose con B vanno come con A, e allora si va in cerca di C. In realtà, basta (in genere) poco per capire che nessuno ha “garantito” niente, o che ciò che è stato garantito non è in realtà garantibile (so di autori che passano da un editore all’altro perché l’editore A aveva “garantito” la finale del Campiello o dello Strega: ma come si fa? Come si fa a crederci?).

    Ecco. l’immagine della pagina personale come “teatro” mi convince definitivamente: meglio un profilo.

  35. Giulio Mozzi Says:

    Amanda, siamo tutti persone qualunque. C’è poco da strafare.

  36. claudia grendene Says:

    Mi sa che quando uscirà il romanzo mi tolglierò da facebook per pudore..

  37. verabas Says:

    d’accordo su tutto. 🙂

  38. amandamelling Says:

    Non è questione di strafare, ma probabilmente dipende anche dal genere sessuale di appartenenza. Io che sono una donna, vengo discriminata continuamente. Se mi trucco, non sono brava ma sono andata a letto con qualcuno, se mi mostro trasandata “mamma mia che cesso”, quello che scrivi come donna passa spesso in secondo piano, in Italia. Io ho chiuso il profilo personale per gli stalker. Come donna, le debolezze le devi nascondere. Non è che un giorno puoi scrivere un post sulla letteratura e quello dopo mettere la foto degli gnocchi e poi pretendere di essere presa sul serio. Ma alla fine comunque il segreto per essere prese sul serio io non l’ho ancora scoperto XD

  39. Ma.Ma. Says:

    Ma perché? Bisogna per forza farci prendere sul serio? Se è così, sono messa ancora peggio di quello che immaginavo.

  40. Marco Amato Says:

    @Giulio,

    Dici che preferisci il profilo alla pagina (metafora del teatro galeotta), legittimo, ma sono cose differenti.
    Uno scrittore che utilizza il profilo ed è in relazione con 5.000 amici, si ritrova nella propria bacheca Facebook frizzi, lazzi, foto e condivisioni di migliaia di persone che nemmeno conosce e di cui probabilmente non gli frega nulla.
    Viceversa 5.000 mi piace su di una pagina scrittore significa avere 5 mila persone che seguono i post sul mondo dello scrittore, i suoi libri, le sue opinioni, gli eventi. Interagiscono con lo scrittore per quell’unico argomento.

    Riguardo agli scrittori scontenti che cambiano editore è vero, un po’ se la cercano. Ma anche l’editoria non è che faccia appieno la sua parte: promozione breve e limitata, distribuzione pessima. Ma sarebbe un argomento troppo lungo da affrontare e andremmo ot.

  41. amandamelling Says:

    Ma no, puoi farti prendere come meglio ti pare, non iniziamo con le cose ovvie per favore che poi mi escono le battute.

  42. Lorenzo Says:

    @Giulio Mozzi, il racconto tuo che colpì Lodoli era Certi verdini, vero?

  43. Ma.Ma. Says:

    Eh, Amanda, vedo che tu, in effetti, le cose le prendi davvero molto, direi sin troppo, sul serio: scusami, se ogni tanto faccio un po’ la giullare! (Ps: puoi indirizzarmi tutte le battute che vuoi e, se riesci a farmi sorridere, applaudo pure) 😄

  44. Lorenzo Says:

    @Giulio

    Certi verdini?

  45. paola Says:

    Chissà se Amandamelling venga discriminata solo perchè donna… non la conosco ovviamente e non posso dirlo, ma a volte si viene discriminati (e scansati) anche solo per il carattere, per l’aggressività, per tanti altri motivi che esulano dall’appartenenza sessuale 🙂

  46. amandamelling Says:

    Io mi riferivo a discriminazione in campo lavorativo, mica personale. Non so, come ho già accennato, tempo fa ho messo una foto con un incontro lavorativo, e l’unico commento che sono stati in grado di scrivere è sul mio aspetto fisico. Ma basta andare a vedere gli insulti che si predeva come “cessa” la Cristofoletti nello spazio. Si vede che voi donne di questo blog siete rispettate e considerate come scrittrici, buon per voi.

  47. Ma.Ma. Says:

    Leggendo tutti i commenti (e non sono sarcastica! Davvero.) ho riassunto con un post che poi andrò a mettere su fb, nel mio profilo, le cose che mi sembra di aver imparato oggi (oltre ai dieci consigli pratici, che sono più delle limitazioni di possibili abusi promozionali e ci stanno). Copio-incollo anche qui perché mi sembra giusto, visto che da qui prendo spunto.

    Oggi ho imparato diverse cose:

    1. Per uno che “fa libri” è difficilissimo usare Facebook: da una parte il desiderio di condivisione delle cose “personali” può venir confuso con “troppa leggerezza”, dall’altro se lo usi solo per scopi promozionali, si mette male perché chi è dell’ambiente ti prende come uno sfigato (in realtà anche se lo sei, è sempre meglio non darlo a vedere); o peggio – ma almeno questo rischio non credo di averlo corso – puoi venir preso per uno che sgomita.
    Di fatto ho quasi paura a scrivere nuovi post.

    2. Essere sé stessi, significa non essere furbi;

    3. Devi sempre farti prendere sul serio, altrimenti non ti prendono sul serio, poi se non sei una persona che si prende sul serio poco importa.

    4. Pertanto i post dovrebbero sempre avere un tenore di livello auspicabilmente alto. Se sgarri una volta rischi di inficiare tutto il lavoro che hai fatto.

    5. Non da ultimo, a fronte di quanto scritto qui sopra, oggi ho imparato che probabilmente me la sono giocata ormai da anni, dico la faccia! E dico sul serio. Quindi temo di aver poco da salvare…

    Tuttavia mi chiedo: se mi mostrassi diversamente da quella che sono, non è che poi alla prova dei fatti, al confronto diretto, rischierei di sputtanarmi alla grande? Ma soprattutto, mi chiedo: partendo dal presupposto che solo le persone “serie” vengono prese sul serio come autori, se io non mi prendo sul serio, (che scrivere “se non sono una persona seria” rischio di generare qualche malinteso) significa quindi che non sarò mai una brava “scrittrice”, o più precisamente che non sarò mai presa (considerata) come una brava scrittrice? E ancora un “ma” ed è l’ultimo per oggi: avendo già superato questo livello di ragionamento in età adolescenziale (quando decisi che non mi importava più di tanto l’opinione di chi mi giudicava per come mi vestivo, e ancora adesso me ne frego non per mancanza di rispetto ma per una mia scelta di libertà personale), sarebbe il caso di rivedere questa mia decisione oggi alla luce di quanto sto imparando?
    Nel senso: per riuscire a non essere esclusi (a parte scrivere qualcosa di buono) conta davvero tanto l’immagine che l’aspirante dà di sé?

  48. Giulio Mozzi Says:

    Lorenzo, non mi risulta di aver mai scritto un racconto intitolato “Certi verdini”. Il racconto che Lodoli lesse era “Lettera accompagnatoria” (e fu il primo racconto del mio primo libro, “Questo è il giardino”).

    Marco: ti pare che la bacheca del mio profilo personale sia invasa da “frizzi e lazzi”? (E tieni conto che nella mia bacheca può scriverci chiunque: è tutto pubblico). Qualcosa dipenderà da come la gestisci, la tua presenza. Anche qui in “vibrisse”, tutto sommato, le discussioni in calce agli articoli tendono a essere generalmente civili e talvolta (come in questo caso) almeno parzialmente interessanti.

    E: sei davvero convinto che avere cinquemila “mi piace” su una pagina personale significhi avere cinquemila “persone che seguono i post sul mondo dello scrittore, i suoi libri, le sue opinioni, gli eventi”?

    Io ho qualche dubbio.

  49. Pensieri Oziosi Says:

    Amanda:

    Io ho chiuso il profilo personale per gli stalker.

    Perché pensi che io commenti sotto pseudonimo?

  50. Giulio Mozzi Says:

    Ma.Ma., prendo questa domanda:

    …per riuscire a non essere esclusi (a parte scrivere qualcosa di buono) conta davvero tanto l’immagine che l’aspirante dà di sé?

    Diamo dunque per scontato che A abbia scritto e pubblicato “qualcosa di buono”.
    Ora A ha davanti a sé due strade (taglio con l’accetta, eh!):
    – può rendersi conto che il magico ambiente della letteratura e dell’editoria ci ha i suoi riti e i suoi miti, le sue convenzioni e le sue circonlocuzioni, le sue gerarchie e le sue combriccole, e così via. E può cercare di adeguarcisi. Rischierà di diventare il fantoccio di sé stesso, e comunque non è detto che la cosa funzioni;
    – può decidere di voler essere sé stesso e basta, e che se il magico ambiente della letteratura e dell’editoria vorrà includerlo, beh: dovrà adattarsi. Non detto che A abbia la forza di sostenere questo modo di vivere; e non è detto che gliene venga del danno.

    Con ciò, dati due colpi al cerchio e due colpi alla botte (non per nulla son democristiano), cito Manzoni, “I promessi sposi”, xviii:

    La strada dell’iniquità, dice qui il manoscritto, è larga; ma questo non vuol dire che sia comoda: ha i suoi buoni intoppi, i suoi passi scabrosi; è noiosa la sua parte, e faticosa, benché vada all’ingiù,

    e consiglio di leggere almeno la trama di “Marin Eden”, bel romanzo di Jack London.

  51. Ma.Ma. Says:

    Giulio, se tu dici che questo romanzo è bello, non mi limiterò di certo alla trama… Grazie!

  52. amandamelling Says:

    Purtroppo le pubbliche relazioni sono uguali ovunque, l’immagine conta anche nel nostro ambiente, come ti proponi, se sei interessante, se fai belle presentazioni in libreria ecc… Dicono che certi grandi editori scelgano gli esordienti anche in base all’età e su quanto possono puntare sul personaggio. Va beh io sono vecchia, antipatica, con piercing e 17 tatuaggi, non corro pericolo di essere presa veramente sul serio 🙂 ma certamente è scontato che ognuno deve essere semplicemente se stesso, ma dipende da che cosa fai vedere sul profilo privato. Io rimango dell’idea che è sempre meglio rimanere abbottonati, poi ognuno decide in base a come si sente.

  53. Marco Amato Says:

    @Amandamelling
    Mi spiace molto per lo stalking che hai subito su Facebook. Hai la mia solidarietà come persona e come uomo. Spesso gli esseri del mio stesso sesso, si credono migliori sminuendo con offese sessiste le donne. Purtroppo questo social network, Facebook, amplifica gli atteggiamenti. Alcuni credono che la distanza, o una sorta di anonimato li possano mettere al riparto dagli sguardi.
    Quando capitano questi soggetti, per esperienza, io consiglio sempre di rispondere a tono di rimprovero. Non insulti, quelli non servono. Ma frasi del tipo: “Il suo è un atteggiamento irrispettoso, non si vergogna di declamarlo a tutti?” sono sufficienti a zittire il tizio, o a fargli chiedere scusa. In genere da spavaldi tornano agnellini. Poi se insistono nell’atteggiamento puoi bloccare il loro accesso al tuo profilo e in ogni caso io consiglio di segnalare a Facebook l’accaduto. L’assistenza tecnica del social è sensibile a queste tematiche.
    Anche per questo secondo me è bene tenere il profilo personale come privato, con privacy alta e la possibilità di interagire solo con amici (e amici selezionati, visto che su Facebook il concetto di amicizia è molto labile). Da questo punto di vista una pagina permette maggiore protezione.

    @Giulio
    Il mio ragionamento sui cinque mila mi piace alla pagina è puramente teorico. Come accade nella realtà, la maggior parte degli scrittori che abbia mille o diecimila mi piace verrà puramente ignorato. Tuttavia, per chi ci sa fare, per chi ha un talento di condivisione social, Facebook può rivelarsi una risorsa altamente preziosa.

  54. amandamelling Says:

    Poi bisogna considerare che il numero di visualizzazioni di un post può superare il numero dei like alla pagina, a volte anche di sei o sette volte. Perché non tutti quelli che ti seguono si abbassano a mettere il like 🙂

  55. Marco Amato Says:

    @Amanda
    Qui apri un discorso enorme e io ho abusato troppo dello spazio e della pazienza che gentilmente Giulio mette a disposizione.

    Per sintetizzare sì, dici il vero. Raramente i like di un post si trasformano in like sulla pagina. Mettere like sulla pagina è una scelta consapevole di trovare interessante la persona/azienda/gruppo/comunità che ha scritto quel post.
    La cosa più importante e più difficile per chi scrive un post su Facebook, non è il numero di mi piace sul post, questi servono a poco, ma il numero di condivisioni. Più un post sarà condiviso, più in maniera esponenziale verrà visualizzato. Maggiore è la visibilità, maggiori saranno i like alla pagina.
    Ma attenzione che i like alla pagina non devono essere un fine. La cosa più bella per uno scrittore che gestisce una pagina Facebook deve essere l’interazione con i suoi lettori. Lo scrittore moderno deve scendere dallo scranno sacrale e dialogare con il lettore. Ops… so che queste parole sono eresia per molti. Pazienza… 😉

  56. Giulio Mozzi Says:

    Per Paola: no, non conoscevo Lodoli. Avevamo delle.conoscenze in comune: ma questo lui lo scoprì solo dopo.

  57. Angelo Orsingher Says:

    Mi piace assai questa decade di consigli. Sobria, concreta. Vera. Su alcune cose scritte purtroppo sono caduto e me ne dolgo. Peccato non averle avute a tempo debito. Grazie. Con stima lo scrivo non per accreditarmi in nulla solo lo penso davvero.

  58. Ego Says:

    “Non detto che A abbia la forza di sostenere questo modo di vivere; e non è detto che gliene venga del danno.”

    Giulio, non capisco bene cosa intendi per “forza”, “modo di vivere”, e “danno”.

  59. Giulio Mozzi Says:

    Ego, nell’ordine: “Capacità di affrontare le difficoltà della vita” (Sabatini-Coletti); il modo descritto nella frase precedente; “Perdita di beni materiali o morali, o perdita di integrità, di funzionalità” (Sabatini-Coletti).

  60. Giulio Mozzi Says:

    Amanda, scrivi:

    …Dicono che certi grandi editori scelgano gli esordienti anche in base all’età e su quanto possono puntare sul personaggio.

    Chi è il soggetto del verbo “dicono”?

    Vedi anche la discussione che si può leggere qui in vibrisse sotto al titolo Tutte le cose che un autore alle prime armi deve sapere.

  61. Ego Says:

    Giulio: mi pare che la tua interpretazione si riferisca al solo caso in cui A abbia fatto della pubblicazione una grossa ragione di vita. Ma il “modo di vivere” di A potrebbe comprendere anche altro, e solo in quest’ultimo caso potrebbe non subire danni (frustrazione, soprattutto). Dunque, a mio avviso sarebbe stato meglio distinguere tre ipotesi:
    1) rischiare di diventare il fantoccio di sé stessi, scendendo a compromessi con gli editori etc.
    2) rimanere sé stessi, ma frustrati (nel caso in cui la pubblicazione sia un’importante ragione di vita, ma il nostro Ego non voglia scendere a compromessi con gli editori etc)
    3) rimanere sé stessi felici e contenti di scrivere per il gusto di scrivere (poiché solo scrivere è la nostra ragoine di vita), il che non esclude comunque la possibilità di pubblicare.

    Fortunatamente, con la dovuta esperienza (ginocchia sbucciate) si può accedere al terzo gruppo con uno sforzo di pura e semplice razionalità.

  62. dario Says:

    “certi verdini” (vado a memoria) è un racconto di Mari, “tu sanguinosa infanzia” credo…

  63. Giulio Mozzi Says:

    Giusto, Dario.

  64. livioromanono Says:

    Tendo ad essere piuttosto d’accordo con Marco. Cosa significa che l’editore ti promuove, oggigiorno, di preciso? Metti uno grosso. Interviste sui giornali e le riviste del gruppo? Apparizioni tv e interviste in radio? Quanto incidono sulle vendite queste cose? Chi legge più giornali e riviste? L’edicolante che mi ha visto crescere e dalla quale compravo tre riviste settimanali, tre mensili e due quotidiani mi dice che oggi vende un ventesimo rispetto a trent’anni fa. Io son uscito con uno grosso, uno medio-piccolo, uno medio e uno piccolo. Il grosso, un paio di recensioni gloriose su Repubblica e Corriere che però non smuovono alcuna copia. Poi, il vuoto assoluto. Ufficio stampa non pervenuto. Il medio, molto lavoro coi femminili, le radio, i mezzi più pop come pop era il romanzo: vendute 2000 copie, niente di che. Non mi ha fatto partecipare a premi né ha poi voluto sostenere alcuna mia presentazione (girai l’Italia a spese mie). Il medio-piccolo, qualche presentazione rimborsata, tanta buona stampa, come si dice, grande sforzo di comunicazione, anche sul web: ma erano altri tempi, chi se lo può permettere più? Il piccolo, il triplo delle apparizioni tv e radio, recensioni serie e richiami ameni qua e là (molti femminili pure quella volta), ufficio stampa agguerritissimo ma insomma i risultati son sempre quelli. Eccellenti per uno piccolo ma niente di cui esaltarsi. Ora, se non avverti quei due o trecento (fra 5000) contatti che davvero ti seguono e leggono che stai uscendo con una cosa nuova, per un piccolo oscuro narratore che vive in provincia, cosa rimane davvero? Quei 2 o 300 passeranno parola, spesso ti inviteranno a presentare e talvolta ti rimborseranno le spese (son finiti i tempi in cui ti pagavano aerei per andare a presentare, metti, ad Amsterdam e ti beccavi pure un gettone succoso: son finiti, almeno, attraverso i canali “ufficiali”, poiché mi invitano ancora gruppetti di affezionati lettori e mi fanno feste e onori e mi pagano pure, ma in qualche modo deve arrivar loro notizia). Se poi rilanci l’intervistina a Grazia, o il passaggio a Canale 5, o la recensione su Tuttolibri (ammesso vengano eh, la vedo sempre più difficile), be’ la cosa secondo me può avere un effetto-incuriosimento, se così si può dire, può far dire a taluno: “Quasi quasi lo leggo, questo qui”. Basti considerare il fenomeno (insomma: il “piccolo fenomeno”: non son tempi di esordi da un milione di copie) di Dentello. Per un anno ha lavorato ogni santo giorno a costruire quest’attesa del suo romanzo per Gaffi. Tanto che pure io, che al momento ho tutt’altri programmi di lettura, son curioso di leggerlo. Il vero problema è che il 99% dei narratori fanno anche altri lavori e son persone normali con problemi e figli e genitori da accudire. E che per star dietro a quella macchinetta infernale che è Facebook occorre tanto, tantissimo tempo.

  65. Giulio Mozzi Says:

    Livio,domandi:

    Cosa significa che l’editore ti promuove, oggigiorno, di preciso?

    Significa che
    – ti manda in libreria,
    – convince agenti e librai,
    – conquista (o compera) spazi espositivi,
    – ti piazza in quei pochi premi che vengono considerati dal pubblico.

    Ovviamente, per mandarti in libreria, convincere agenti e librai, eccetera, è necessario prima di tutto che l’editore abbia un’idea chiara e distinta di che cosa è l’opera e di perché ha deciso di pubblicarla. Questo è il fondamento di tutto.

  66. Ego Says:

    Ringrazio Livio per averci offerto un dettagliato resoconto di esperienza “sul campo”. Ogni opera è a sé, certo, ma rimane il fatto che solo la fama può fare da trampolino per poter poi sperare in un vasto apprezzamento intersoggettivo. Se l’opera viene letta da quattro gatti, costoro potranno sgolarsi quanto vogliono per far sapere al mondo che quell’opera è Bella, ma il mondo difficilmente se ne accorgerà. Le opere di Fabio Volo, pur scadenti nella Qualità, sono considerate Belle da molte persone (che probabilmente non si pongono proprio il problema della Qualità, visto che nessuno si è mai disturbato a “istruirle”). Ma se io, sig. Nessuno, avessi scritto quelle opere prima di lui, dubito che qualcuno se ne sarebbe accorto.

  67. Giulio Mozzi Says:

    Ego: “difficile” non è “impossibile”. E le opere famose che son cadute più o meno velocemente nel dimenticatoio sono così tante, che chiunque ambisse al “vasto apprezzamento intersoggettivo” (cioè, intendo: a un giudizio di bellezza esteso e solido nel tempo) troverebbe l’investimento nella “fama” troppo rischioso. Personalmente consiglio sempre l’investimento nell’élite culturale: quella che poi, alla fin fine, decide che cosa si legge e si studia a scuola (perché è la scuola, lo ricordo, a garantire la continuità della memoria, la rilettura, eccetera eccetera).

    Quanto al periodo ipotetico dell’impossibile a proposito del sig. Nessuno, lo respingo. E’ facile dire che oggi, se A. Dumas proponesse “Il conte di Montecristo” alla Newton Compton, gli farebbero un contratto di merda, glielo scorcerebbero di quattrocento pagine, e gli metterebbero un titolo del tipo “Il Codice Montecristo” o “Il mistero della bara saudita”; è facile dirlo, ma poiché è impossibile stabilire se la conclusione sia vera o no, tanto vale non ragionare in questo modo.

    Piuttosto, ci si può domandare che cosa ci voglia per diventare Fabio Volo. Secondo me, parecchia fatica.

  68. acabarra59 Says:

    “ Mercoledì 6 gennaio 2016 – Decidendo di chiamarsi Fabio Volo, il signor Fabio Bonetti è andato dritto al bersaglio. Il bersaglio sono quelli che odiano il volo, quelli per cui il volo – il volare – è un bersaglio. Chi sono questi odiatori? Difficile dirlo. Io comunque ne conosco parecchi. So anche che sono vecchi. Che più che di un odio, ormai, si tratta di un tic. In ogni caso, sono convinto che su Fabio Volo non ci sia da dire molto di più. “ [*]
    [*] Lsds / 698

  69. Ego Says:

    “Piuttosto, ci si può domandare che cosa ci voglia per diventare Fabio Volo. Secondo me, parecchia fatica.”

    La fatica è condizione necessaria ma non sufficiente. Secondo me, occorrono anche:
    -carisma: ci nasci o non ci nasci, non credo si impari a scuola -capacità di comprendere a chi rivolgersi, come rivolgersi, quando rivolgersi: anche questi sono “doni di natura”, credo
    -furbizia, paraculaggine, propensione al rischio di diventare il “fantoccio di sé stessi”: fortunatamente, questa cose si possono imparare a scuola.

    Riguardo l’esempio del sig. Nessuno, io ragiono in modo statistico. Certezze non ne abbiamo, come tu giustamente ribadisci, ma probabilità sì. Io credo che Fabio Volo sia giunto al successo mediatico (come presentatore, etc) con molta fatica, carisma, attitudini, etc.
    DOPODICHE’ (non prima, né mentre) ha potuto godere di un’alta probabilità di poter diffondere le sue opere letterarie.
    Il sig. Nessuno, se privo di carisma, capacità etc, o magari semplicemente sfortunato, non giunge al successo mediatico. Avrà quindi scarse probabilità di diffondere le sue opere (“scarse” non vuole dire “nessuna”.) Con molta fatica, Nessuno potrà aumentare di poco queste probabilità. Oppure, come in molti casi, le opere di Nessuno diverranno “famose” dopo vent’anni dalla sua morte, per svariate ragioni (la società cambia, il nipote di Nessuno diventa editore famoso…)

  70. Ego Says:

    Scusate, ho dimenticato di mandare a capo la seconda voce dell’elenco ( -capacità di comprendere…).

  71. SABATOBLOGGER 6 – I blog che seguo | intempestivoviandante's Blog Says:

    […] bollettino questo su gli esordienti e facebook, poi ci sono le recensioni parodistiche di libri di cui esiste (per fortuna) una sola copia, li […]

  72. Caterina Ferruzzi Says:

    Sono un’esordiente nel senso che il primo libro l’ho pubblicato! Ovviamente fino alla pubblicazione del secondo non mi ritengo ancora scrittrice a tutti gli effetti. Su alcuni punti sono pienamente in accordo su altri un po’ meno. Sono fermamente convinta comunque che Facebook funge al massimo da vetrina ma solo con un pubblico davanti puoi davvero far conoscere la tua opera e chi sei davvero. E questo vedo che è sempre molto gradito!

  73. amandamelling Says:

    Pubblicato esclude il self publishing o tramite tipografia con il nome da casa editrice.

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