[Questo è il trentatreesimo articolo della serie La formazione della scrittrice (esce il lunedì), alla quale si è da tempo affiancata la serie La formazione dello scrittore (esce il giovedì). Ringrazio Leonora per la disponibilità. gm].
Quando penso alle radici della mia scrittura, non posso non citare mia nonna che la mattina scriveva su un foglio accanto al comodino le poesie che aveva sognato di notte. Potrei anche raccontare di mio zio che andò in India in autostop e curò un intero villaggio dalla bronchite e fu assalito da una tigre e scrisse un diario di viaggio davvero pazzesco. Come dimenticare poi la lussuosa biblioteca di classici con la copertina in pelle che mi iniziarono alla lettura, avevo quattro anni, sì, precoce in effetti, e quel particolare triste, come in tutte le storie di supereroi, un lutto simbolico ad inizio carriera, quando una volta venduta la proprietà di famiglia per fallimento, quegli stessi libri per me così importanti vennero regalati ad una cooperativa di sgombero mobili. Potrei svelare che per anni ho desiderato essere rapita da un fortunadrago, che tra le foglie vedevo folletti e che parlavo coi miei pupazzi. Potrei aggiungere dettagli sulla mia famiglia, ebbene sì, nonno fotografo, nonna poetessa, padre pittore (quei quadri fatti di vino e fango, delle cose da non credere), fratello scultore, madre musicista (sentito parlare di Beethoven in ciabatte?). E come non ricordare di quella volta in vacanza, quando sulla spiaggia intorno a me si formò un gruppo di bambini che ignorò il mare e i castelli di sabbia e si mise ad ascoltare la mia storia, inventata lì per lì, sul momento. E per finire quel mio tema di quinta elementare che commosse la maestra e venne appeso in bacheca perché fosse di esempio a tutti gli altri bambini analfabeti e insensibili della scuola.
La verità però è che sono un essere umano mediocre come tanti, senza nobiltà, legami eccellenti e senza nemmeno una grande fantasia. E usando iperboli, metafore e cazzate varie cerco di sublimare la mia esistenza sulla carta e sopravvivere al freddo della quotidianità. La verità è che da piccola ho scritto una storia incasinata e non sono ancora riuscita a trovarne una fine. Se poi alcune delle suddette invenzioni fossero anche accidentalmente vere, in fondo, non importa. Scrivo per cercare quello che mi manca, per inventare quello che non sono, per leggere quello che non posso, non per ricordare quello che ho già avuto.
Tag: Leonora Sartori
22 settembre 2014 alle 07:47
si può togliere l’apostrofo da “un’intero villaggio”? (settima riga)
grazie
22 settembre 2014 alle 07:51
Santi numi! Mi era sfuggito. Grazie per aver segnalato l’errore.
22 settembre 2014 alle 08:12
Ecco! Questa “presentazione”, testo, pensiero, racconto – ecchisenefrega come vogliamo chiamarlo – mi piace. Molto.
22 settembre 2014 alle 09:18
All’inizio della lettura stavano nascendo in me sentimenti di odio e di invidia nei confronti della bambina. La parte finale, quella vera, ha azzerato entrambi e mi ha fatto riconciliare con il mondo. Grazie, molto simpatica.
22 settembre 2014 alle 10:40
” Senza data [1979] – Prendere il tempo (?). Diario di un anno, rendiconto dei fatti nel loro farsi, le tecniche dell’idillio, scritto per scrivere, stato per stare. ” [*] [**]
[*] La s-formazione dello scrittore / 6
[**] Una curiosità: chi ha scattato le belle diapositive che corredano la presentazione di La forma incerta dei sogni?
22 settembre 2014 alle 11:21
Bella irruzione stilistico-lessicale: “cazzate varie”.
22 settembre 2014 alle 13:59
Ben detto.
22 settembre 2014 alle 14:13
Approfitta allora della Bottega di Narrazione, perbacco.
22 settembre 2014 alle 21:42
@acabarra59: le diapositive e le foto sudafricane le scattò il mio compagno di viaggio/poi marito, quelle italiane/francesi le fece mio padre.
22 settembre 2014 alle 22:23
@RobySan. Grazie del pensiero. Sto a Berlino e due minibimbe. Non posso. Me la devo cavare da sola mi sa.
22 settembre 2014 alle 23:04
” Torino, settembre [1973] – Al pomeriggio volevo andare a disegnare. Pensavo di andare sulla riva del Po e rifare, con precisione, quello che vedevo. Questa storia del disegnare ritorna ciclicamente, come simbolo di un limite interiore che non riesco a oltrepassare. E la letteratura? Si può osservarsi, ri-farsi, ma non, come sto facendo in questi giorni, con troppa libertà, casualmente, senza la sorveglianza di una forma, di una regola certa. Non si può ri-produrre il chiacchiericcio interiore così com’è, così come ci assilla. Io, comunque, invidio i pittori. L’ho pensato stamani, vedendo certe stampe di Dürer. Ho pensato: guarda questo, non ha fatto altro, tutta la vita, che stare con le mani impiastricciate, a dipingere, incidere, fare tanti giochini, anche molto garbati. Poi, nei secoli, hanno raccolto i suoi foglietti, i suoi giochini, e li hanno messi nei musei, e la gente – che sta nella merda – li va a vedere, va a vedere come passava il tempo un uomo tranquillo. E deve anche levarsi il cappello. Io, invece, non sono per niente tranquillo… “. [*]
[*] La s-formazione dello scrittore / 8
23 settembre 2014 alle 09:05
No, la scrittura non è ricordo. Grazie Leonora.
Sempre a favore di contributi incisivi e un po’ “à rebours” come questo. Senza nulla togliere ai mondi variegati e commoventi creati da altri. Anche con sapiente e saggia ironia.
23 settembre 2014 alle 11:26
“Scrivo per cercare quello che mi manca, per inventare quello che non sono, per leggere quello che non posso, non per ricordare quello che ho già avuto.”
Cito la chiusa, ma l’intero pezzo è gran bel pezzo, tutto nervi e senza un filo di grasso.
Brava, dunque, Leonora (ma che bel nome, mi ricorda la Leonora Pimentel de Fonseca, animatrice della Repubblica Partenopea del 1799).
A margine di questa scrittura di ‘Lionora’, che ha soleggiato un mattino ingrigito da nubi, mi viene da chiedere: possibile che tra tanti scrittori di cui Giulio ha proposto la formazione, ce ne siano così pochi che in infanzia abbiano letto Pinocchio? per carità, l’avranno fatto quasi tutti e a me sarà sfuggito. Nell’evenienza chiedo venia in anticipo.
23 settembre 2014 alle 12:03
Sottoscrivo le parole di Carlo Capone: bella la fine ma un po’ tutto il pezzo è asciutto, nervoso, pieno d’energia. Bello
23 settembre 2014 alle 13:04
ma Leonora, una domanda: da bambina e preadolescente (che poi non si può dire quando si finisce di essere bambini o pre-adolescente) eri monella scatenata o romantico-depressiva (come il sottoscritto)?
23 settembre 2014 alle 18:53
“ 16 maggio1995 – « 19 dicembre 1917 – Passeggiata al Summano, fotografie sui giornali: i nostri che si avviano alla trincea, ma non dice la fotografia, le bestemmie e le ironie che escono dalla bocca dei soldati… tutto questo per il riso… ci vorrebbe una fonografia, non una fotografia, sui giornali! » (Ernesto Tomei, Diario di guerra) “. [*] [**]
[*] A proposito di fotografie.
[**] La s-formazione dello scrittore / 9