Dal “Testamento”, 1-4

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di François Villon

Ho trent’anni
e ho bevuta la feccia
delle mie vergogne.
Né del tutto matto,
né del tutto a posto.
Tante pene ho avute,
e le ho sopportate
sotto il tacco di Tibaldo.
Se è un vescovo quello,
che benedice a destra e a manca:
il mio vescovo no di certo.

Né mio vescovo né mio signore:
né punto né poco gli sto sotto,
né fedeltà né omaggio gli devo,
e né il suo cocco né la sua cocca sono.
D’acqua fredda e poco pane
mi ha fatto campare tutta un’estate:
non so se è largo o stretto di manica,
ma con me è stato avaro.
Dio faccia a lui quello che lui ha fatto a me.

E non accusatemi
di sparlare di lui!
Non è così (se mi capite):
nessuna maldicenza.
Ecco tutto il male che ne dico:
se per me lui ha avuto misericordia,
allora Gesù, il re del Paradiso,
gliene renda altrettanta, nell’anima e nel corpo.

E se con me fu duro e crudele,
anche più di quanto io qui racconti,
voglio solo che l’eterno Dio
si comporti con lui come lui
si è comportato con me.
Se la Chiesa dice e raccomanda
di pregare per i nostri nemici,
io vi dirò che torto e vergogna
– tutto ciò che ho subito –
ho rimesso a Dio.

* * *

En l’an trentiesme de mon aage,
Que toutes mes hontes j’eu beues,
Ne du tout fol, ne du tout sage.
Nonobstant maintes peines eues,
Lesquelles j’ay toutes receues
Soubz la main Thibault d’Aussigny.
S’evesque il est, seignant les rues,
Qu’il soit le mien je le regny!

Mon seigneur n’est, ne mon evesque;
Soubz luy ne tiens, s’il n’est en friche;
Foy ne luy doy, ne hommage avecque;
Je ne suis son serf ne sa biche.
Peu m’a d’une petite miche
t de froide eau, tout ung esté.
Large ou estroit, moult me fut chiche.
Tel luy soit Dieu qu’il m’a esté.

Et, s’aucun me vouloit reprendre
Et dire que je le mauldys,
Non fais, si bien me sçait comprendre,
Et rien de luy je ne mesdys.
Voycy tout le mal que j’en dys:
S’il m’a esté misericors,
Jésus, le roy de paradis,
Tel luy soit à l’âme et au corps!

S’il m’a esté dur et cruel
Trop plus que cy ne le racompte,
Je vueil que le Dieu éternel
Luy soit doncq semblable, à ce compte!…
Mais l’Eglise nous dit et compte
Que prions pour nos ennemis;
Je vous dis que j’ay tort et honte:
Tous ses faictz soient à Dieu remis!

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5 Risposte to “Dal “Testamento”, 1-4”

  1. acabarra59 Says:

    “ 13 marzo 1994 – « Yonda, 7 febbraio – […] Sto leggendo l’ultimo volume del diario di Julien Green, Le bel aujourd’hui, con crescente irritazione. Mi sembra impregnato non di qualcosa di così forte come l’orgoglio spirituale, ma di vanità spirituale. L’autore parla troppo di Dio e dei santi. In un brano parla della necessità di eliminare tutto ciò che non è gradito a Dio. Ma Dio è soddisfatto di una filza di banalità sulla sua natura? Non le darebbe forse tutte in cambio di una sola riga blasfema di Villon? Non posso fare a meno di immaginarmi il buon Dio scorrere questo libro e buttarlo da parte come uno scrittore butta da parte la più accurata e tediosa tesi di laurea su una sua opera. » (Graham Greene, Diario congolese, 1959) “.

  2. Giulio Mozzi Says:

    Nel mio trentesimo | anno di età
    tutta scolata | vergogna già
    non tutto matto | non tutto a posto
    pene ne ho avute | e sopportate
    sotto la scarpa | di quel Tibaldo
    si dice: è un vescovo | e lo sarà
    certo non me | benedirà

  3. Alessandra Celano Says:

    A trent’anni la feccia ho già bevuto
    della vergogna. Non del tutto matto
    e nemmeno del tutto a posto, ho avuto
    da sopportarne tante, sopraffatto

    e schiacciato dal tacco di Tibaldo.
    Se quello è un vescovo e benedizioni
    a destra e a manca va impartendo, è saldo
    l’intento mïo: fuori dai c*******!

  4. acabarra59 Says:

    ” Sabato 22 febbraio 1997 – Come scrittore, la cosa migliore che ho fatto finora è stato non-scrivere. Ci sono riuscito quasi sempre, eccezion fatta per certi momenti di crisi, certi passaggi dolorosi e confusi, l’adolescenza, i trent’anni… Ma, in generale, ho sempre non-scritto, con una buona fedeltà a me stesso, una coerenza, una continuità di cui potrei anche cominciare ad andare orgoglioso. Non-scrivere non è molto: non si vendono libri, non si vincono premi, non si diventa famosi. Può anche sembrare che non si faccia niente e qualcuno, magari, ce ne fa una colpa. Il diario, che non è un romanzo, non è un racconto, non è un sonetto, non è un poema, non è una ballata, non è una lettera, non è un testamento – no, forse è proprio un testamento -, che è essenzialmente un non-scrivere, corrisponde perfettamente bene a questa vocazione. Magari anche troppo. “.

  5. acabarra59 Says:

    “ Lunedì 8 dicembre 2014 – « E che d’è, la sede della Cia??? ». Invece no, quel tenebroso, smisurato edificio, lucido e nero – nero mistero -, improvviso nel verde spelacchiato dei prati dell’estrema Anagnina, era la facoltà di Ingegneria. « Me cojons… », ho pensato, facendo finta di essere romano. Ma la verità è che ammiravo, stupefacevo, basivo: di fronte a tanta geometrica potenza. L’architettura, pensavo, non è un pranzo di gala. E nemmeno l’università. Così, forse, si spiega perché non ci sono « entrato » (d’altra parte, non sono entrato da nessuna parte… ). “. [*]
    [*] Ma tu, caro Giulio, non dormi mai? (come me)

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