Valter Binaghi, Il sogno di un panettiere
La Donna Grassa e la Donna Secca erano due di quattro sorelle. Non facevano che litigare su come dovessero andare le cose, finchè decisero di provare a fare un mondo ciascuna, dove veder realizzate le proprie aspirazioni.
La Donna Grassa aveva un gran corpo morbido e immense poppe bianchissime. Cominciò a strizzarle e ne uscirono fiumi di latte, che dopo un pò a furia di camminarci dentro diventava burro. Era un mondo pieno di possibilità, dove ogni forma si mutava presto in qualcosaltro ma era praticamente impossibile distinguere fra ciò che c’era e ciò che non c’era perchè niente restava mai uguale a se stesso.
La Donna Secca aveva un corpo ossuto e dita durissime. Scavò nel suo ventre e ne trasse delle pietre che mise in bella fila, una accanto all’altra. Era un mondo ben definito, dove ogni cosa aveva il suo posto ma una volta lì restava immobile, più nulla succedeva e c’era da morire di noia.
La Donna Grassa e la Donna Secca restarono un po’ a guardare, ma nessuna delle due era soddisfatta della sua opera.
Arrivò la Donna Calda, che era la terza sorella, e disse: “Sempre lì a detestarvi, e sempre malcontente. Perchè non provate a fare amicizia una buona volta?”
Così prese un po’ del mondo dell’una e un po’ del mondo dell’altra e fece un impasto. Ottenne una materia duttile, che assumeva forme stabili. Ma le forme erano bizzarre. Alcune enormi altre piccole, con zampe, ali, tentacoli e creste, pinne e code spuntate a caso: si agitavano cieche per un po’ e poi si estinguevano senza il rimpianto di nessuno perchè erano mostruose a vedersi.
Finalmente tornò a casa anche la quarta sorella, la Donna Fredda. Vide quel disastro e scosse la testa.
“Quel che vi manca”, disse, “è il coraggio di tagliare”.
Prese quelle forme appena abbozzate e debordanti e cominciò a togliere ciò che cresceva inutile e sgraziato, una coda di troppo, una cresta sbagliata, una pinna troppo lunga per servire a qualcosa, una zampa troppo solitaria per muovere un corpo. Mentre le altre rabbrividivano, spianò superfici gibbose e arrotondò escrescenze puntute, e oltre a questo incideva graffiando, liberava amputando. Alla fine ottenne un corpo di donna che non era nè alto nè basso, nè secco nè grasso, e lo lasciò lì all’aperto, mentre le quattro sorelle stanchissime andarono a dormire.
Quella notte passò il Vento, vide la forma bellissima e immobile e se ne innamorò all’istante. Così si curvò su di lei per baciarla. Da quel momento il corpo cominciò a crescere lievitando, e presto fu una forma viva e generosa, che partoriva da sè altri frutti viventi, teneri e polposi.
Il panettiere si svegliò dopo questo sogno, pieno di allegria e voglia di lavorare. Cominciò a impastare e per una voltà evitò le solite pagnotte e i ben noti sfilatini. Quelle che gli uscivano pazientemente dalle mani erano forme del tutto nuove, semplici e composte, lineari e intrecciate, imitazioni di animali come uccelli, quadrupedi e tartarughe, ma anche fiori e frutti, case ed elementi del paesaggio, finchè arrivarono immagini di uomini donne e bambini. Una volta che furono cotti compose un bell’insieme e li espose in vetrina. I clienti anzichè entrare si fermavano a bocca aperta a guardare l’universo multiforme e vivacissimo che il panettiere aveva allestito nella sua bottega, e ci mettevano poco ad accorgersi che quello che si vedeva non era altro che il loro villaggio. Ecco la chiesa, e la piazza con la fontana, e gli alberi del parco, e uomini donne e bambini – loro stessi – ritratti mentre camminavano verso le abituali occupazioni..
Poi si decisero a entrare e quando il locale fu pieno il buon uomo cominciò a distribuire il suo pane.
Si stava così bene che qualcuno corse a casa a prendere il vino, e allora si stette anche meglio.
Mangiarono e bevvero finchè ce n’era, e quando se ne andarono il negozio era vuoto e il sole era tramontato da un pezzo.
4 giugno 2013 alle 09:54
La via di mezzo della conoscenza.
5 giugno 2013 alle 09:47
bello