Giulio Mozzi: Di niente
In principio non c’era niente; ma proprio niente di niente.
Non c’erano miniere di torba, non c’erano giostre con i cavallini, non c’erano pellegrini in Terrasanta, non c’erano salami appesi a invecchiare nella stanza aerata, non c’erano loxodonti addormentati nelle grandi foreste dell’Africa centrale, non c’erano miliardi di stelle nei cieli, non c’erano bancarelle di spiedini di maiale alla brace per le vie di Pechino, non c’erano molecole capaci di replicarsi non identiche ma quasi identiche, non c’erano uomini che tentano la fortuna emigrando, non c’erano aironi nelle lagune, non c’erano comitive di turisti giapponesi in piazza del Duomo a Milano, non c’erano pastori stupiti dall’improvviso canto angelico nelle campagne della Palestina, non c’erano pinguini, orsi, zebù, formiche rosse e nere, gamberi, anemoni di mare, coralli, eccetera eccetera (l’elenco potrebbe continuare all’infinito).
Non c’era niente, niente di niente, ma proprio niente di niente. Né mai, com’è ovvio, da quel niente nacque niente.
“Ma allora, mi scusi, le miniere di torba, le giostre con i cavallini, i pellegrini in Terrasanta, i salami appesi a invecchiare nella stanza aerata, i loxodonti addormentati nelle grandi foreste dell’Africa centrale, i miliardi di stelle nei cieli, le bancarelle di spiedini di maiale alla brace per le vie di Pechino, le molecole capaci di replicarsi non identiche ma quasi identiche, gli uomini che tentano la fortuna emigrando, gli aironi nelle lagune, le comitive di turisti giapponesi in piazza del Duomo a Milano, i pastori stupiti dall’improvviso canto angelico nelle campagne della Palestina, i pinguini, gli orsi, gli zebù, le formiche rosse e nere, i gamberi, gli anemoni di mare, i coralli, eccetera eccetera (vedi l’elenco di prima): tutta questa roba qui, che c’è, e ce l’abbiamo intorno: come me la giustifica?”.
“Illusioni, giovanotto: tutte illusioni. Si svegli!”.
3 giugno 2013 alle 04:48
Stendiamo un pietoso “velo di Maya”:-)
3 giugno 2013 alle 07:35
Illusioni.
Concordo.
3 giugno 2013 alle 09:21
La grande selezione
In principio c’era tutto da fare.
Il creatore creò i problemi.
Poi appese un cartello con su scritto “cercasi personale con capacità di problem-solving”.
Gira voce che la paga non sia buona.
3 giugno 2013 alle 09:27
Osservazioni non richieste, che faccio comunque, senza supponenza. Ci sono alcune parole che spezzano la musicalità dell’elenco. La fine mi sarebbe piaciuta più sferzante ritmicamente rispetto al suddetto elenco, che mi piace molto.
3 giugno 2013 alle 09:37
“Accidenti! Se tutto è illusione, per questo tappeto ho pagato uno sproposito!”
3 giugno 2013 alle 10:57
Puoi indicare quali parole, Virginia? Grazie.
3 giugno 2013 alle 15:25
(a questo punto vorrei saperle anche io queste parole non richieste). l’aleph. bello.
3 giugno 2013 alle 18:28
L’illusione di Dio.
3 giugno 2013 alle 20:15
Eccomi. Giostre con i cavallini, per il diminutivo, per il richiamo ad un linguaggio infantile in un testo che presenta un vocabolario da adulti e a volte molto tecnico. È corretto dire cavallini, ma avrei preferito senza diminutivo, per mantenere una sorta di coerenza anagrafica del narrante. Poi i salami che invecchiano. L’aggettivo aerata sa di manuale tecnico di un geometra, mentre l’idea del cibo che stagiona, è molto evocativa e sa di antico. Solo due parole.
4 giugno 2013 alle 05:12
Se scrivo “giostra con i cavalli”, però, rischio di far intendere un’altra cosa.
Proposte di sostituzione per “aerata”? (es.: “ventilata”? Non mi convince).
Perché “torba”, “loxodonte” e altre parole non sono percepite come tecnicismi?
4 giugno 2013 alle 07:44
Sì, possibile, senza però alterare di molto il valore dell’espressione. Il pensiero andrebbe comunque a giostra e comunque a cavalli. E non modificherebbe il peso della “giostra di cavalli” nel disegnare l’affresco del creato, del mondo, su alcune suggestioni (a me arriva così). Inoltre, giostra di cavalli, se proviamo ritmare l’espressione (tipo solfeggio), ha due parole bisillabiche,con ritmo simile, più armonioso di “giostra di cavallini”.
Non convince neanche me ventilata, né i sinonimi alternativi trovati (arioso, arieggiato). E togliendo aggettivo e sostantivo? Lasciare “I salami appesi a invecchiare”? (specifica meno, forse più evocativo, e include il senso di aereato, dal momento che è il tipo di stanze che vengono usate in questi casi. Se leggo “salumi appesi a invecchiare” l’immagine è di buio e fresco e non luminoso e caldo). Il tecnicismo percepito deriva dal fatto che aerata è un aggettivo, che va a qualificare in maniera tecnica, torba e lexodonte sono due sostantivi molto precisi più che tecnici e hanno due bei suoni (anche lexodonte, con la x e la d, meno fluido, ma pieno di ritmo).
4 giugno 2013 alle 21:43
Credo che in un testo si possano veder bene le smagliature (lessicali o sonore) se è un po’ biotto… da un punto di vista narrativo. E qualcosa a questo testo manca di sicuro, da un punto di vista narrativo, anche se non saprei cosa di preciso. Forse anche solo un oggetto o una situazione nell’elenco che riguardi i due dialoganti o, magari, in modo più diretto, il lettore…
5 giugno 2013 alle 10:51
“Giostra di cavalli” ha un bisillabo, un monosillabo e un trisillabo. Non due bisillabi. Il problema (per me) è che “giostra di cavalli” mi fa venire in mente il gioco della giostra, con cavalli veri e cavalieri; mentre io avevo in mente la giostra per i bambini.
Mi pare che specificando di meno si ottenga una diminuzione dell’evocatività.
5 giugno 2013 alle 11:41
@Mozzi: “Mi pare che specificando di meno si ottenga una diminuzione dell’evocatività.”
Avrei qualche dubbio: l’evocatività è legata quantitativamente alla specificazione? Non comprendo se tu stia ponendo questa ipotesi come avente validità generale o limitata a questo specifico caso. Io credo che, in generale, l’evocatività dipenda dalla connotazione emotiva che il ricevente (il lettore) ha sviluppato per un dato termine (per il suo significato e per il suo suono). Si può dire: “donna che in seguito a un rapporto sessuale completo e non profilattico, avvenuto durante un periodo di massima ovulazione, ha conseguito un’inseminazione la quale, non bloccata da alcun mezzo artificiale o spontaneo, ha prodotto lo sviluppo intrauterino di un feto perfettamente conformato, nel tempo canonico di 38-40 settimane, e ha quindi partorito senza traumi un neonato del peso di 3.8 Kg”. Ma vuoi mettere con: “mamma”?
P.S.: chiaro che, con l’esempio, ho deliberatamente esagerato.
5 giugno 2013 alle 13:39
Mi riferivo, con le due parole bisillabiche, a giostra e cavalli. Colgo la perplessità sull’espressione; personalmente avrei pensato alle giostre dei bambini, ma è soggettivo. Credo che evocare e specificare si muovano in due direzioni contrarie.
5 giugno 2013 alle 15:04
Ca-val-li. Tre sillabe.
Roby: a me pare che “mamma” sia meno evocativo rispetto a “donna che ecc.”, perché è un’evocazione generica.
E: sì, è una mia opinione (niente più che un’opinione) di carattere generale.
5 giugno 2013 alle 15:54
E: sì, è una mia opinione (niente più che un’opinione) di carattere generale.
Anche la mia!
“mamma” è un’evocazione generica ma contiene TUTTE le specificità che caratterizzano il tipo (ti ha concepito, tenuto nella pancia, partorito, allattato, consolato ecc. ecc.); tutte in una sola parola. Lo so che l’esempio è estremo (pochi termini contengono così tanta roba!), ma se “evocare” significa, in definitiva, “richiamare” in modo suggestivo (che cioè, suggerisce) allora mi sembra che il termine sia efficacissimo. Devono esistere diversi tipi di “evocazione”, a questo punto. Può anche darsi che per “evocare”, io e te non intendiamo “esattamente” la stessa cosa.
Si può evocare in modo preciso e circostanziato oppure in modo sfumato e meno “definitivo”. Nella mia interpretazione pongo avanti (e non so dire perché) la seconda delle due accezioni.
5 giugno 2013 alle 16:40
Ma allora, “donna” – poiché comprende le donne mamme e le non mamme – contiene ancora più “roba”: ed è allora più evocativo ancora.
E: “umano”, poiché comprende le donne e i maschi, ecc.
E: “vivente”: poiché comprende gli umani, i pioppi, i rotiferi, i polpi, le raganelle, i porcini, i sauri, le gazze, la gramigna, eccetera eccetera –
Forse è appunto l’uso della parola “evocazione”.
Secondo il Sabatini & Coletti, “evocare” significa in primo luogo: “Far comparire le anime dei morti o i demoni mediante pratiche magiche o medianiche”.
E a me pare che l’indicazione di un oggetto preciso evochi, in genere, più efficacemente anime e demoni.
E’ come per i nomi dei personaggi: Mirandolina, Oblomov, Jago ecc. sono diventati fortemente evocativi non (mi sembra) perché contengono “tanta roba”, ma perché contengono “quella roba lì”, un “fantasma” ben definito.
Riesco a spiegarmi?
5 giugno 2013 alle 17:06
Ma una parola mica se ne sta lì da sola. Sarà più o meno evocativa in un contesto (non ho un termine migliore). “Donna” non è più evocativo di “mamma”, se ciò che volevi evocare è appunto il pensiero della madre (anche “mamma” contiene “quella roba lì”). Non credo che possa definirsi un “grado di evocatività” su di una scala assoluta (magari in gradi Kelvin!). E non credo che possa essere sotto il totale controllo dello scrivente. Io che leggo una parola (o una frase) la quale abbia più o meno manifestamente intenzione evocativa, metto in atto un “meccanismo evocativo” (non sto usando termini rigorosi) che dipende dalle parole che tu, autore, hai scritto e dalla conoscenza, esperienza ecc. che io ho di quelle parole e di ciò che rappresentano (significano/simboleggiano).
Mirandolina, Oblomov, Jago ecc. sono “diventati” evocativi perché (mi pare) contengono tutto ciò che il loro personaggio è nei rispettivi contesti.
Lo sono “diventati”; questo mi pare importante. E’ come dire che il potere evocativo di un nome non è dato-a-priori ma è creato dalla “storia” in cui è calato. Se Jago non fosse l’anima nera di Otello che mai evocherebbe il nome suo?
P.S.: da ragazzino mi son sempre chiesto perché mai Otello bevesse, come un autentico babbeo, tutte le frottole di Jago.
5 giugno 2013 alle 17:08
P.P.S.: sì, riesci a spiegarti.
5 giugno 2013 alle 18:15
Non credo che la capacità di evocare (o di accendere in un certo modo l’immaginazione) di una parola possa dipendere dall’uso più o meno preciso che se ne fa. Almeno, sorvegliando la mia lettura, mi rendo conto di come tutto avvenga a partire da un discorso. Se il discorso è persuasivo (se riesce a sospendere il giudizio del lettore, cioè a tenere lontani i pensieri e le domande “extratestuali” del tipo “cosa sto leggendo?”, “è verosimile”? etc) allora può evocare, accendere l’immaginazione e, insomma, funzionare narrativamente .
La questione della specificità o della precisione mi fa venire in mente le Lezioni americane di Calvino, che hanno lasciato il tempo che hanno trovato, letteralmente, secondo me.
5 giugno 2013 alle 22:13
Roby, scrivi:
e io mi domando se quell’elenco possa essere considerato come “evocativo”, e se non sia proprio la relativa precisione degli oggetti nominati a renderlo “evocativo”.
No, Daniele (dm), le Lezioni americane non hanno lasciato il tempo che hanno trovato: hanno fattodanni.
Quando dici:
sospetto che tu stia criticando un’opinione che qui nessuno ha manifestato. Nessuno sostiene qui, mi pare, che “la capacità di evocare di una parola possa dipendere dall’uso più o meno preciso che se ne fa”, qualcuno sostiene – ed è altra cosa – che una parola precisa può essere più evocativa di una parola generica o vaga.
In ogni caso, buon riposo a tutti. Qui si chiude.
6 giugno 2013 alle 14:51
e che danni avrebbero fatto?