[…] Lo stile scarno e ricercatamente elementare di Mozzi scandaglia luci e ombre di personaggi che inseguono, e trovano, una loro felicità. Non quella assoluta e durevole comunemente intesa e desiderata, ma una sorta di compromesso con la corporeità, la solitudine, la necessità fisica e spirituale d’amore. Allora anche rifugiarsi in una realtà onirica e parallela, indirizzare lettere a un’amica affezionata, scambiare promesse con una ragazza illudendosi che siano eterne, divengono altrettante possibilità di essere felici. Non completamente, e non per sempre, ma per quel che ci concede il nostro essere gettati nel mondo. […]
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