Veneti del primo, secondo e terzo tipo

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Questa donna (1) è un'abitante del Veneto, (2) appartiene al popolo veneto, o ha addirittura (3) un particolare legame con il territorio?

di giuliomozzi

[Questo articolo è stato ripreso giovedì 19 agosto dal quotidiano Il mattino di Padova, qui].

L’altro giorno il presidente della Giunta della Regione Veneto, Luca Zaia, sbertucciava quei «politici e intellettuali» che avrebbero, secondo lui, criticato la proposta di Statuto regionale avanzata da Pdl e Lega senza nemmeno prendersi la briga di leggerla. Io l’ho letta (la si trova nel sito del Consiglio regionale, qui; è quella a firma di Dario Bond), e confesso che ho fatto fatica a capire alcune cose. Non entro nel merito del funzionamento amministrativo della Regione – non ne ho le competenze – ma mi fermo ai «Principi».

L’articolo 1, comma 2, dice: «Il Veneto è costituito dal popolo veneto e dal suo territorio».

L’articolo 4, comma 4, dice: «La Regione è impegnata a rimuovere gli ostacoli che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei suoi abitanti, impediscono il pieno sviluppo della persona e la partecipazione di tutti alla vita sociale ed economica della comunità».

Lo stesso articolo, al comma 6, dice: «La Regione si adopera in particolar modo a favore di tutti coloro che dimostrano un particolare legame con il territorio».

Mi pare quindi di capire che questa proposta presuppone una divisione degli «abitanti» in Veneto in due gruppi: coloro che appartengono al «popolo veneto» e coloro che non appartengono. E anche coloro che appartengono al «popolo veneto» vengono divisi in due, separando dalla massa coloro «che dimostrano un particolare legame con il territorio».

La prima domanda è: come si distinguono tra loro queste tre diverse popolazioni? Come si fa a sapere se Tizio o Tizia appartengono alla prima, alla seconda, o alla terza?

Quest'uomo (1) è un abitante del Veneto, (2) appartiene al popolo veneto, o ha addirittura (3) un particolare legame con il territorio?

Provo a figurarmi degli esempi. Io presumo di appartenere al «popolo veneto»: sono nato in Veneto, ci abito da cinquant’anni. Però non parlo fluently nessun dialetto veneto. E non posso dire di dimostrare «un particolare legame con il territorio» – o, più precisamente, non posso dire che negli ultimi quindici anni il territorio abbia dimostrato «un particolare legame con me». Sono quindici anni che do il mio contributo al pil lavorando in altre regioni d’Italia. Attualmente ho un contratto con un istituto trentino e uno con un’azienda piemontese (faccio però riferimento alla sede romana). Più volte ho considerato l’opportunità di trasferirmi altrove. Ho pubblicato i miei libri presso editori romani, milanesi, torinesi, anconetani, ravennati, bolognesi, varesotti: mai veneti. Quindi?

Oppure: conosco un professionista lombardo, oggi quarantenne, che si è laureato (due volte) in Veneto, si è perfezionato in Veneto, ha fatto il dottorato di ricerca in Veneto, ha sempre dato il suo contributo al pil prevalentemente in Veneto, ha lavorato e lavora per enti e istituzioni venete, compresa la Regione. Non si può dire che non abbia «un particolare legame con il territorio», anche se qualche anno fa è andato a prendersi una specializzazione a Roma. Quando lo fanno arrabbiare sa esibire – se serve – un dialetto veneto assai più fluent del mio. Tuttavia, ha la residenza in Veneto solo da cinque anni. Quindi?

Un mio conoscente, tedesco, ha una casa nei pressi di Padova; vi risiede per parecchi mesi l’anno; fa ricerca e insegna – come professore a contratto, credo – presso un’università veneta; è un dialettologo, e si occupa da vent’anni di dialetti veneti. La sua nazionalità è tedesca; vota in Germania; paga le tasse in Italia, per i redditi percepiti in Italia; paga agli enti locali le imposte per l’acqua, la spazzatura eccetera; parla qualunque dialetto veneto come fosse la sua lingua madre (o così a me pare); indubbiamente ha «un particolare legame con il territorio»; ma non ha mai rinunciato alla nazionalità tedesca. Quindi?

Eccetera.

Quest'uomo (1) è un abitante del Veneto, (2) appartiene al popolo veneto, o ha addirittura (3) un particolare legame con il territorio?

Lo Statuto, o un suo regolamento, dovrebbero dunque indicare come si possa stabilire con certezza quando una persona è un semplice «abitante», quando appartiene al «popolo veneto», quando ha «un particolare legame con il territorio».

La seconda domanda è: quali conseguenze ha la divisione degli «abitanti» in tre porzioni, distinte per grado di veneticità? Perché io stento a capire come si possano tenere insieme, ad esempio, il comma 4 dell’articolo 4, già citato, e il comma 2 dello stesso articolo: «La Regione ha per fine il miglioramento della qualità del popolo veneto, nonché l’affermazione della persona e la partecipazione di tutti i cittadini all’organizzazione politica, economica e sociale della Repubblica». Poiché vi sono «cittadini» che non appartengono al «popolo veneto», ma sono comunque «abitanti» del Veneto, devo forse capire che la Regione vuole mettere al lavoro tutti gli «abitanti» per migliorare la qualità della vita dei soli appartenenti al «popolo veneto»?

E: come si concilia questa articolazione degli «abitanti» in tre o forse quattro sottogruppi, con la dichiarazione di voler ispirare l’azione della Regione «ai principi di eguaglianze e di solidarietà nei confronti di ogni persona di qualunque provenienza, cultura e religione»?

La relazione alla proposta di legge dice di volere «uno Statuto per il Veneto, per i veneti, e non per l’ente Regione». Ma non tutti gli «abitanti» che votano in Veneto sono veneti: lo Statuto dunque non deve essere anche «per» loro?

Non sarebbe più semplice, alla fin fine, parlare semplicemente di «abitanti», e morta là? E, se non si vuole parlare semplicemente di «abitanti», qual è la ragione?

Questa donna (1) è un'abitante del Veneto, (2) appartiene al popolo veneto, o ha addirittura (3) un particolare legame con il territorio?

(Poi, una sciocchezza. Visto che si propone di cambiar nome al presidente della Giunta regionale, e chiamarlo «Governatore», coglierei l’occasione per rinominare alcune altre cariche. I consiglieri regionali potrebbero essere chiamati «Ammiragli», ad esempio; e il loro presidente «Sommo Sacerdote»).

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23 Risposte to “Veneti del primo, secondo e terzo tipo”

  1. Morgan Says:

    Esatto Giulio, esatto il modo di affrontare la questione. Tanto è ridicolo il concetto di Padania quanto quello di “veneticità” se queste sono le basi giuridiche. Chiamiamo le faccende con il loro nome, vuole essere un ennesimo tentativo d’avvicinarsi all’agognata secessione – mai sparita peraltro, soltanto un po’ celata nella comunicazione da mainstream -, a furia di scardinare piccoli muri c’è brama di abbattere l’ostacolo principale, cioè la carta costituzionale. Hanno adottato, i leghisti, sempre per chiamare le cose con il loro nome, la tattica berlusconiana, ricordate di certo come conquistò le frequenze nazionali con Mediaset iniziando da aree più piccole. Stessa operazione. Iniziano dalle regioni per poi puntare all’obiettivo principale.
    Sui contenuti mi pare che i tuoi esempi siano davvero calzanti, ve ne potrebbero essere molti, bene espressi con il tuo “eccetera”.
    Io sono preoccupato. Attorno a me conosco gente nulla affatto preoccupata. Sono preoccupato di questo più che altro.

  2. Giuseppe D'Emilio Says:

    Giulio, manca il link al sito del Consiglio regionale

  3. federica sgaggio Says:

    Questa cosa del «governatore»…
    Sono quattro o cinque anni che tutte le volte che trovo questa denominazione, io la «traduco» con la locuzione istituzionalmente propria di «presidente della giunta regionale».

  4. Maurizio Says:

    La penso come Morgan.
    Sono preoccupato perchè attorno a me non trovo persone particolarmente preoccupate. Anzi.

  5. paolo Says:

    un post bellissimo, calzante, indiscutibile. Il veneto non merita d’essere l’avanguardia di simili nefandezze. che pena.
    Grazie
    paolo

  6. mauro mirci Says:

    Noto che la definizione di Veneto nell’articolo 1, consente di affermare che il Veneto è una nazione. Quindi, caro Giulio, un primo elemento di discrimine potrebbe essere la nazionalità. Chiedi un passaporto veneto e stai a posto. Ovviamente, per dare piena risposta ai tuoi dubbi, dovrai attendere le leggi venete sulla cittadinanza e il suo ottenimento.

  7. Giovanni Says:

    Io sono nato in Sicilia nel 1962, da genitori siciliani da diverse generazioni, e in Sicilia ho vissuo fino al 1981 (cioè per 19 anni). Quindi sono andato a studiare all’Università di Padova, dove ho vissuto fino al 1995 (cioè per 14 anni), per poi trasferirmi a Bolzano, dove vivo e lavoro da 15 anni. A quale popolo appartengo?
    Mia moglie è nata a Brunico (BZ), da madre veneta e padre toscano (però cresciuto in Liguria), ha vissuto a Bolzano fino ai suoi 19 anni, ha studiato all’Università di Padova, dove per alcuni anni ha vissuto e lavorato, e ora vive e lavora a Bolzano. A quale popolo appartiene?
    E nostra figlia?
    Mia cognata è nata a Merano, ha vissuto tra Merano e Bolzano fino ai suoi 18 anni, poi ha studiato all’Università di Venezia, ha vissuto a Padova e ora vive ad Abano Terme, con un marito nato a Mestre ma di genitori abbruzzesi (il cui padre per una vita è stato docente all’Università di Padova, dunque ha messo la sua professionalità al servizio del Veneto, ma non solo). A quale popolo appartengono? E i loro figli?
    E il figlio di Bossi, nato da madre favarese (Agrigento), a quale popolo appartiene? Chi decide l’appartenenza? Il sangue? Il suolo? Il popolo sovrano? Bossi e Calderoli?

  8. vibrisse Says:

    Grazie, Giuseppe. Ho inserito il link. gm

  9. ness1 Says:

    Come sempre, dietro la sovrastruttura mitologico-mistico-razzial-religiosa si nasconde ben ben occultata (anche se la Lega per la verità la dichiara apertamente con lo slogan “Roma ladrona”, salvo autosmentirsi andando proprio a Roma e chissà come mai!) la realtà ECONOMICA e di potere che muove tutto ‘sto teatrino di marionette che non val proprio la pena seguire né confutare nei suoi inesistenti ‘argomenti’. Parliamo di cose reali, anzi di esseri umani o ancora meglio di esseri sic et simpliciter: contestiamoli qua!
    CiaU

  10. federica sgaggio Says:

    Io resto attonita di fronte al fatto che molti credono di poter liquidare con una battuta o con un sorriso la gravità di affermazioni come quelle contenute nella bozza di statuto regionale del Veneto.

    Questa minimizzazione mi fa lo stesso effetto di quando qualcuno sostiene che Berlusconi parla parla e poi in quindici anni non ha fatto nulla.
    Nulla le impronte ai rom.
    Nulla il reato di immigrazione clandestina.
    Nulla i sindaci sceriffi.
    Nulla il «sistema Paese».
    Nulla la demolizione del lavoro.
    Nulla l’antimeridionalismo.
    Nulla i condoni tombali.

  11. Annamaria Says:

    Mi piacerebbe conoscere chi ha redatto questo statuto e chiedergli se ha un’idea di come è fatta e come vive oggi la maggior parte degli italiani, soprattutto delle generazioni più giovani. Gente nata in una città ma da genitori provenienti da luoghi diversi, gente che ha passato la vita a spostarsi da un posto all’altro in base alle esigenze di lavoro e/o familiari, gente per cui è diventata la norma fare il pendolare tra Londra e Milano o tra Roma e New York. Ma questi signori veneti lo sanno che esistono l’Europa e il mondo, e che siamo e saremo sempre di più un melting pot in cui diventerà sempre più difficile definirsi in base a un luogo di nascita o di residenza? Sono pateticamente fuori dalla realtà, ma pericolosamente razzisti.

  12. melania Says:

    una cosa del genere non merita un minimo di considerazione intellettuale. non c’è, insomma, da ragionarci troppo, bisogna solamente mobilitarsi contro.

  13. mauro mirci Says:

    @ Federica Sgaggio: perché t’adombri per le battute, dovrei strapparmi i capelli perché i rappresentanti eletti in Veneto esprimono in un documento la loro volontà di essere una nazione diversa dalle altre? Da che conosco veneti (e siciliani venetizzati), e sono quasi quarantanni, ho avuto modo di constatare che buona parte pensa (nella sostanza) ciò che Zaia difende nella proposta di statuto. I siciliani venetizzati, poi, sono ancora più radicali, perché in virtù dell’origine ritengono di potere essere ancora più categorici nei loro giudizi.
    Certo, mi si obietterà, ma quanto veneti avrai conosciuto mai? Giusto, ma se dopo i primi venti noti una certa insistenza a puntualizzare che: in Sicilia c’è la mafia, in Sicilia c’è caldo, in Sicilia non avete voglia di lavorare, in Sicilia manca l’acqua, ho conosciuto un siciliano una volta ma era una brava persona. E parallelamente: qui da noi tutto il contrario e tutto bene, se solo non ci fossero tutti questi siciliani (si tratta di conversazioni datate, oggi si parla di slavi, immagino). Ecco, dopo i primi venti concludi che, o sei stato molto sfortunato, oppure avverto come qualcosa, i segnali di un comune sentire, una zaffatina di, non vorrei offendere nessuno, che parole usare?… xenofobia diffusa, credo possa andar bene.
    Però, di solito, molto misurata, mai apertamente esibita (almeno non davanti a me). Un’educatissima xenofobia.
    Per quanto mi riguarda, Zaia e i veneti che l’anno eletto, possono farsi tutti gli statuti che credono. Cosa posso farci? Mica voto in Veneto, io.

  14. Luca Massaro Says:

    Secondo me Zaia dovrebbe far fare un esame a tutti i cittadini veneti per stabilire il loro grado di veneticità e poi dare la patente a chi lo supera. Il problema però, per lui, sarà trovare gli esaminatori adatti. Suggerimento: potrà dimandare alla ministra Gelmini se potrà “prestargli” qualche ispettore dell’Invalsi, veneto da tre generazioni (

  15. Giovanni Says:

    Lo dico con rammarico, avendo vissuto per 14 anni a Padova, città cui sono molto legato, ma il “sentire” di cui parla Mauro Mirci l’ho vissuto io, sulla mia pelle. E l’ha vissuto mia moglie che, come ho già detto, è nata e cresciuta in Alto Adige, che si è sentita apostrofare “terroni tornatevene a casa”, solo perché guidava una macchina targata Agrigento (di mia madre). Quanti dei voti alla Lega, in Veneto ma anche in Friuli, sono voti contro altre regioni d’Italia, massimamente del Sud? Dove cose che non funzionano, naturalmente ce ne sono a iosa e le cui responsabilità non sono dei cittadini di altre regioni, soprattutto del Nord.
    Che tristezza, nel 2010, questa contrapposizione tra Nord e Sud! Epperò, lo statuto del Veneto, messo in questi termini, non è una questione soltanto del Veneto e di Zaia, sono d’accordo con Federica Sgaggio, è una faccenda terribilmente seria.

  16. federica sgaggio Says:

    Mauro, ma io non parlavo di te.
    Parlavo di quelli che qui, nel Veneto, o sui grandi giornali – penso al Corriere, e in particolare a Pierluigi Battista o a Galli della Loggia, per esempio – minimizzano le cose leghiste come fenomeni di costume, e quand’anche attaccano Berlusconi – semel in anno licet insanire – lo attaccano dicendo che «accidenti, non ha neanche fatto la rivoluzione liberale che aveva promesso…». Come se i suoi governi non avessero sostanzialmente cambiato l’Italia.
    Tra l’altro sono pure d’accordo con il tuo primo intervento, quello in cui dicevi che lo statuto «consente di affermare» (ahimè) «che il Veneto è una nazione».

    Quanto al resto, hai ragione. Lo vivo e lo respiro, questo razzismo.

  17. vibrisse Says:

    Annamaria dice: “Mi piacerebbe conoscere chi ha redatto questo statuto e chiedergli se ha un’idea di come è fatta e come vive oggi la maggior parte degli italiani”. Ma chi ha scritto questa proposta – è ancora solo una proposta – di nuovo Statuto della Regione Veneto ha vinto le elezioni regionali, e con larga maggioranza. E non si vincono le elezioni se non si hanno idee precise su come sono fati e come vivono i propri elettori.

    Melania dice: “Una cosa del genere non merita un minimo di considerazione intellettuale. non c’è, insomma, da ragionarci troppo, bisogna solamente mobilitarsi contro”. E invece no, secondo me: se voglio “mobilitarmi” e ottenere un risultato (e l’unico risultato utile è: che chi ha votato Lega voti, la prossima volta, contro la Lega) devo meditare su “cose del genere”, devo ragionarci, devo capirle: altrimenti, come farò a convincere qualcuno?

    Risposta alle domande sotto le fotografie. Antonia Arslan, benché residente a Padova da tutta la vita, non appartiene al popolo veneto: come sa chi ha letto i suoi romanzi, lei ha scelto di appartenere al popolo armeno. Davide Rebellin non appartiene al popolo veneto: cercò addirittura, a un certo punto, di farsi argentino. Claudio Scimone non appartiene al popolo veneto: è ebreo. Donatella Rettore non appartiene al popolo veneto: abbandonò giovanissima la natia Castelfranco per cercar fortuna nella Roma ladrona. Eccetera.

  18. Giuliano Says:

    ……comunalità, provincialità, regionalità, italianità, europeismo, mondialità……..universalismo………anche allargando i concetti di “appartenenza” si finisce sempre per creare dei confini entro i quali sentirsi “identità”……Perchè non definirsi semplicemente “esseri umani”?

  19. Ulisse Says:

    Scimone non veneto perché ebreo? Perché, tu non sei di Padova perché cattolico? Religione non è, necessariamente, qua in Italia, cittadinanza…

  20. michela gusmeroli Says:

    A me piace ancora di più: un essere.
    Quando mi penso mi sento “solo” questo e sto benissimo, è il momento in cui sono davvero libera, davvero me stessa.
    Ma poi “esco” e cominciano i guai.
    Perchè gli altri mi vedono diversa, mi classificano in un modo o in un altro, anche se non apro bocca.
    Dal modo di vestire, da come mi pettino o non mi pettino.
    Mi trucco o non mi trucco…ecc.
    Noi donne siamo abituate a essere catalogate, giudicate, valutate.
    Respinte, spinte dentro qualche ruolo, con cui bisogna fare i conti ogni giorno.
    Siamo abituate a non sentirci “a casa”, in Veneto, come da altre parti d’Italia.
    Abbiamo creduto a un certo punto di “liberarci” e liberare anche gli altri, se è vero che la prima discriminazione, la prima oppressione è quella sessuale.
    Io credo sia ancora vero nonostante l’emancipazione, la illusoria libertà di fare quello che si vuole, vendendo il proprio corpo, le proprie grazie (sic!) al migliore offerente.
    Io credo che tutto quello che ci circonda e che ci avvolge come una cappa irrespirabile dipenda da questa mancata, sempre più necessaria rivoluzione interiore.

    Michela Gusmeroli

  21. Una del popolo veneto Says:

    Per me, il signore lombardo e il signore tedesco che amano così tanto la lingua veneta, sono molto più veneti di te che a quanto pare la snobbi.

  22. Giulio Mozzi Says:

    Il problema, cara Una, è che, dal punto di vista giuridico, l’essere veneti non ammette gradazioni. Se essere veneti è rilevante difronte alla legge, allora l’essere o non essere veneti non può essere cosa opinabile. E infatti nello Statuto effettivamente approvato dal Consiglio regionale del Veneto (l’articolo che hai commentato è di quasi quattro anni fa) non si trova traccia di queste fanfaluche.

    Peraltro: il professionista lombardo che citavo quattro anni fa trova insopportabile la – come la chiama lui – “mentalità veneta”: in particolare il “piangersi addosso” o “piangere il morto”, la “lamentela continua” e così via. Me l’ha ripetuto, guarda caso, proprio ieri sera (abbiamo cenato insieme).

    Il mio conoscente tedesco, invece, nel 2012 si è visto negare il rinnovo del contratto, a favore di uno studioso – lui dice – molto meno preparato di lui ma appartenente a una “buona famiglia” padovana. Ha quindi mollato tutto, ha venduto la casa, e ora insegna all’università di Kassel.

  23. RobySan Says:

    Un mio amico medico, indiano, s’è laureato a Padova. Parla benissimo l’italiano, salvo l’accento veneto. E’ indiano (vive e lavora a Cochin, Kerala), però è anche un po’ veneto. Una veneticità ad honorem gliela vogliamo dare?

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