“La tragedia è un avvenimento quieto, senza sussulti”

by

di Franco Foschi

Ora lo sappiamo: nelle incerte vite di tante persone dedite alla sopravvivenza quotidiana c’è una tragedia. Ma pur essendoci, in L’ubicazione del bene, il coro greco (la narrazione corale è intensa, e difficile da equilibrare – ma Giorgio Falco ci riesce), la tragedia è un avvenimento quieto, senza sussulti, più facile da ritrovare in un utensile arrugginito che negli urli spaventosi di una Medea.
Ecco, Falco si è dedicato alla tragedia non urlata dei nostri tempi con un piglio fermo tanto quanto malinconico.
In apparenza pare si tratti di narrazione oggettiva, scabra e lineare, priva di sussulti emotivi e quasi descrittiva, scientifica. Fredda, per intenderci. Poi il dramma immobile fa sentire il suo gelo, fa davvero rabbrividire e soffrire, perché chiarisce che anche la mediocrità può essere drammatica. Incontriamo ex-travet delle multinazionali che cercano di riciclarsi, fallendo, in attività lavorative indipendenti, incontriamo giovani coppie già ai ferri corti dopo pochi mesi di unione, incalliti solitari che guardano le vite attorno con gelida circospezione, e tutto, pur se in disfacimento, sembra sia preda di un tempo statico. Come quando dopo un tumulto si istituisce quella immobilità attiva che non fa muovere neppure la fiamma di una candela.

Qui i tumulti sono sempre posati, non portano mai a qualche bella violenta resa dei conti, nessuno che se ne vada sbattendo la porta. E questa inazione è ancora più raggelante, la ribellione è materia sorpassata, la ricerca di una soluzione un’ipotesi velleitaria. Tutti questi uomini senza qualità finiscono per essere paradossali: conoscono benissimo il valore di ciò che stanno vivendo, ne apprezzano la desolazione o il vuoto, ma nonostante tutta questa lucidità l’impasse è invincibile.

Finite l’epoca delle ideologie prima e quella del politically correct dopo, resta questo malmostoso presente, privo di midollo, cosciente anche dei simboli ma incapace di liberarsene. Se questo è l’uomo moderno viene da parafrasare il buon Tolstoi, quando diceva che beh, non è poi ‘sto gran guaio se l’umanità si esaurisce…

Responsabili o no di quel che ci succede, siamo comunque preda delle villette a schiera, delle multinazionali, del giardino annaffiato più o meno svogliatamente, delle donne con cui non riusciamo a parlare, dei figli che ci paiono degli sconosciuti – e l’ubicazione del bene, impossibile.

Lo sguardo sulla pena del vivere, così calma e senza sussulti, è acutissimo – del resto non si poteva attendere niente di diverso da uno che si chiama Falco – preciso come un meccanismo a orologeria anche nelle minuzie, impeccabile, intangibile. E Falco ci addestra a fare di una lettura oggettiva una lettura emotiva con le sue splendide pennellate d’ambiente, con i tristi rigonfiamenti delle pance e il progressivo disseccarsi della mente, delle emozioni, delle rivoluzioni: il mondo è fermo, e l’inerzia è senza spinta.

Falco è dunque uno stilista della parola e della frase, ciascuna perfetto dente del bric-à-brac esistenziale e della felicità narrativa. Con qualche maestro dichiarato anche in quarta di copertina e qualche altro da riscoprire da sé nella lettura, Falco rimane una voce interessantissima e originale nel panorama di coetanei scrittori italiani (è un quarantenne), una penna elegante e forte contemporaneamente, elusivo e chiarissimo nel medesimo istante: oggi, una rarità.

Tag: ,

Una Risposta to ““La tragedia è un avvenimento quieto, senza sussulti””

  1. low Says:

    Non sono uno dei cento super lettori che tanto hanno scatenato parole intorno a classifiche che a mio avviso, poi, non servono molto. Ho letto tanto quest’anno, da Del Giudice a Zeno, a Moresco e, tra i tanti letti questo di Falco l’ho colto pienamente, cristallino oggi. Per me è uno dei testi più incisivi e interessanti di questi tempi. Grazie.

Lascia un commento