Viaggio tra le gazzette dell’era di internet

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di Gilda Policastro

[Questo articolo è apparso nel quotidiano il manifesto il 25 ottobre scorso. Nella foto: Gilda Policastro].

Gilda PolicastroFrancesco Orlando qualche lustro fa scriveva un libro, diventato un capo d’opera negli studi di critica tematica, dedicato agli «oggetti desueti» in letteratura. Non sfuggirebbe oggi a Orlando che la figura del critico in sé andrebbe riannessa a quello stesso repertorio di oggetti vetusti, o di scarto, accostato com’è ormai sempre, il critico, all’esemplare di una razza destinata a scomparire, tanto quanto i luoghi che ne costituiscono l’habitat primordiale: a partire da quelle biblioteche che un loro incolpevole impiegato ebbe a definire, sotto gli occhi esterrefatti dell’utente che ha tramandato l’aneddoto, non luoghi di consultazione ma di conservazione. È tempo dunque di abbandonare queste chiese sconsacrate del culto librario e pensionarne gli spettri cigolanti del Canone, della Tradizione, della Letteratura, per immergersi nel fluttuante universo dei libri che si scrivono sempre più numerosi e che si pubblicano con allarmante gratuità, col favore di internet. Il critico dunque, schiacciato o almeno miniaturizzato dalla supremazia della rete. E chi lo dice? Soprattutto loro, quelli dei blog.

Li chiamano leoni da tastiera, anche se somigliano più a dei tori imbizzarriti: fanno parte di una comunità, in Italia ma anche altrove, non tanto sparuta e decisamente agguerrita, che gestisce, o fruisce, o visita periodicamente o consulta quotidianamente i cosiddetti blog: le «gazzette», avrebbe detto Leopardi, dell’era di internet. Tra questi, negli ultimi dieci anni, svettano sorprendentemente i blog letterari: in Italia nessuno legge, ma tutti parlano di letteratura (anche se spesso le discussioni in rete sul tal libro si aprono con la sintomatica dichiarazione di programma: «io il libro non l’ho letto, però volevo dirne che…»). I blog sono i luoghi più aperti e democratici (perlomeno in potenza) di discussione che si diano al momento: se negli anni Sessanta per parlare di romanzo bisognava andare a Palermo e farsi ospitare da un convegno di musicisti (accadde ai prodromi della neoavanguardia), oggi basta un clic e si può discutere in rete di romanzo, andando cursoriamente, con gli scrittori Wu Ming e Giuseppe Genna, col critico Andrea Cortellessa (che non ha un suo blog, ma ne frequenta alcuni) o con Romano Luperini, professore universitario che ha aperto da un paio d’anni un forum nel sito del suo editore.

Già, perché esistono diverse tipologie, molto differenti in realtà, sotto l’onnicomprensiva etichetta di blog: vi è il sito letterario tradizionale, che è una vera e propria rivista con una redazione organizzata, ma con l’ovvio vantaggio, rispetto a una rivista cartacea, di poter operare in un’area molto allargata, raggiungendo un pubblico pressoché indifferenziato in tempi infinitamente più rapidi, che non passino per l’editing, la stampa, la distribuzione. Tanto che le riviste tradizionali si dotano sempre più spesso di un sito, o di link (cioè di richiami ad esempio del sommario o degli articoli pubblicati) in siti già esistenti. Riviste online sono ad esempio Carmilla (www.carmillaonline.com) di Giuseppe Genna o Il primo amore (www.ilprimoamore.com) di Carla Benedetti e Tiziano Scarpa: nata, quest’ultima, da una secessione consumatasi all’interno di Nazione indiana (www.nazioneindiana.com) rivista pioniera del genere, e che però di quel primo esperimento interattivo muta decisamente lo spirito, avendo Scarpa e Benedetti deciso di sbarrare lo spazio ai commenti. Il secondo tipo è quello che più propriamente si definisce blog: ossia uno spazio gestito da un unico responsabile, che pubblica (il termine nel gergo è postare) un articolo, una recensione, dando la stura ai commenti. Esempi di questo tipo sono vibrisse (vibrisse.wordpress.com) di Giulio Mozzi – dal cui diario è scaturito il divertente spaccato di bêtise tutta italiana Sono l’ultimo a scendere e altre storie credibili, appena edito da Mondadori – e Lipperatura (loredanalipperini.blog.kataweb.it) di Loredana Lipperini.

Nazione indiana 2.0, nata dalle ceneri della versione precedente, è invece un ibrido tra i due tipi, una sorta di blog collettivo, in cui ciascun redattore è responsabile di ciò che si pubblica, pur essendo per l’appunto la redazione un’entità multipla, costituita da una serie di redattori, più o meno giovani, alcuni dei quali molto seri e motivati a farne uno spazio di confronto reale sui temi di loro competenza, come Franco Buffoni (che prosegue nel blog la sua nota battaglia per i diritti civili) o Andrea Inglese (poeta e critico di poesia).

Polemiche civili e tori scatenati

Dunque, il primo discrimine tra le diverse tipologie è la discussione, aperta o meno. La discussione, ecco. Tutti abbiamo letto sull’argomento trattati e libelli, dai classici ai moderni, apprendendo – a partire dalla Civil conversazione di Guazzo – come, attraverso l’educazione, si possa entrare a far parte di una comunità unita da un interesse particolare, acquisendo tecniche e modi della parola proferita in pubblico. Tali modi variano a seconda del genere: in un convegno o una tavola rotonda si dibatte con argomenti organizzati in un discorso (con maggior rigore formale nel primo caso, con le marche inevitabili dell’oralità nel secondo); l’arguzia e la boutade sono consentite, a patto però che siano il sale, non la pietanza. Le più proficue discussioni nascono, ad ogni modo, a distanza, dalla meditazione di un tema, e dalla replica ex post: «Io non dubito, caro Pasolini», scriveva Sanguineti su «Officina», nel ’56: all’apertura conversevole seguiva la polemica ferma, agguerrita eppure civile, a sostegno delle ragioni dell’avanguardia e contro la taccia pasoliniana di «epigonismo».

La discussione in rete ha tutt’altre modalità, a partire dalla compressione temporale in un arco ristretto (Francesca Matteoni di Nazione indiana spiega che ogni redattore ha la possibilità di postare un nuovo pezzo rispettando la distanza minima temporale di due ore e la distanza quantitativa massima di cinque pezzi al giorno: che paiono comunque tanti, se il pezzo postato non è di puro servizio). Il dibattito online si fa subito acceso, ma dura pochi giorni al massimo. Se si pubblica, poniamo, un post alle 11.30, alle 11.32 è già partito il flusso dei commenti: se il post è di una firma esterna al circuito (ci tornerò fra un momento) lo spazio di discussione si trasforma immediatamente in un’arena, in cui i tori sono sugli spalti, e a volto scoperto, solitario e inutilmente bardato, magari, dell’incongrua armatura della Formazione Scolastica e Universitaria, c’è il Gran Nemico, che di solito è il critico tout court.

A stretto contatto con la tastiera

I tori sono non solo deliberatamente aggressivi ma sempre pronti, incollati allo schermo (come i personaggi dei romanzi, che non hanno i passaggi obbligati della vita materiale: il giorno, la notte, la veglia, il sonno), sono tori, appunto, e dunque per lo più incornano, solitamente garantiti dall’anonimato (loro): si chiamano «A», «F», «SB», sono non più di venti, rimbalzanti da un blog all’altro, ma danno l’impressione dell’assedio, dell’accerchiamento, alcuni sono incontenibilmente imbizzarriti, e, come pare siano soliti fare i tori più selvaggi, sollevano qualunque cosa capiti loro a tiro, anche ben oltre la loro stazza, per scaraventarla via, lontano, fuori. Ma prima di voler provare ad ammansirli, converrebbe acquisire qualche altro dato preliminare.

I siti letterari si diffondono in Italia ormai quasi vent’anni fa, e proliferano in modo incontrollato nell’ultimo quinquennio, con contatti che si aggirano attorno ai trecentomila al mese, come si apprende dai rilevamenti di BlogBabel, il sito deputato a questo genere di conteggi. E chi sono e cosa fanno, fuori dalla rete, i blogger? Accanto (o intorno, o sotto, o da lato, come direbbe Zanzotto), ai siti vi sono i frequentatori abituali, ovvero i redattori del sito stesso, oppure i responsabili di altri blog, per lo più scrittori o aspiranti tali, traduttori, professionisti di vari settori che vivono per le più diverse ragioni a stretto contatto con la tastiera e dunque, tra un’occupazione e l’altra, commentano un post (o viceversa, magari). A chi voglia frequentare tali spazi in assoluta inconsapevolezza vanno quindi offerti questi due dati preliminari (che ricavo da una conversazione con Giuseppe Genna, antesignano, in Italia, insieme a Giulio Mozzi, del medium): il tempo di permanenza stimato per una pagina è pari, in media, a 19 secondi: la lettura forzatamente distratta riservata al web si presta dunque meglio alla scorsa di commenti estemporanei che al post di partenza. Donde la lapidaria gratuità di molti commenti, genere peraltro in dismissione, a giudizio dei detrattori (tra cui Genna stesso), a fronte di altre possibilità di interazione meno dirette e meglio moderate. Viceversa, l’aspetto rassicurante, ed è il secondo elemento da considerare, è che quei venti commentatori assidui (ossessivi, feroci, ostili) non rappresentano, evidentemente, la totalità dei lettori, se è vero che questa si aggira attorno ai duecentomila contatti, mediamente. È altrettanto vero che quei venti su duecentomila agiscono da disturbatori programmatici: la discussione spesso si incarta su se stessa, i venti si parlano tra di loro, soffocando qualunque intervento serio e qualificato sull’argomento del dibattito in corso.

Cito a mo’ di esempio una discussione prodottasi su Nazione indiana, tra i siti più visitati (nella classifica di Blogbabel è sesto-settimo, dove il secondo posto, per dire, va al blog di Beppe Grillo). Il tale DR pubblica un pezzo che riguarda, tra l’altro, proprio il blog, e i commenti vi si configurano subito come una discussione trasversale tra due nick.

Ecco un passaggio esplicativo, sostituendo i nick originali con «A» e «B»:

A: «Ma io non tiro acqua a nessun mulino! Mi sto solo chiedendo cosa cerchi qui, dato che non sono né sarò mai un critico».
B: «Per trappolina intendevo il fatto che leggi quello che vuoi leggere tu nei commenti altrui (non ho mai scritto che potevo fare qualcosa di meglio) tanto per fare polemica, trucco che usi spesso».
A: «Ma è quello che ho detto: tu non puoi, assolutamente, fare nulla di meglio».

Potenzialità inespresse

E via così, con una serie di commenti del tutto interni alla discussione e ai proponenti (tanto che uno di loro a un certo punto denuncia di non aver mai visto prima, da quelle parti, il tal «B»). Infine il cosiddetto moderatore si dice costretto a chiudere quella discussione, dopo «l’aspro intervento di DR, che ha causato violenti attacchi ad personam». Se il lettore avesse ancora la pazienza di andarsi a cercare l’intervento di DR, per misurarne l’entità polemica, non lo troverebbe. Ma chi è DR? Guardando nella rete si apprende che DR è noto nel web con il nome di «A». Si ripercorra allora, sia pur entro i famosi 19 secondi necessari e sufficienti, la discussione: è «A» stesso a commentare DR, così che la polemica nel blog sul blog è avviata da un blogger, che poi si commenta da solo. Nessuno si è mai spinto così avanti nell’avvitamento serpentesco, nemmeno Malerba.

La situazione migliora varcando i confini nazionali, dove i blog annessi ai principali quotidiani inglesi o americani, ad esempio, assolvono a una funzione informativa, con minor spazio alle polemiche sterili o autoeferenziali o di parrocchia e di consorteria (ne ha scritto di recente il blogger che si firma SulRomanzo, sulromanzo.blogspot.com). Ma l’impressione è che sia ancora inesplorata la possibilità del medium, relativamente nuovo, e dunque inevitabilmente perfettibile. Se alcuni vi intravedono l’unica o la miglior via per riattivare una funzione critica che non si esaurisca nella vetrina promozionale offerta al singolo libro dai quotidiani o, peggio, nel lavoro in solitaria di costruzione del canone di domani dalle cattedre universitarie, permane nella maggior parte dei lettori di blog una legittima diffidenza rispetto alla capacità di tenere i tori buoni nell’arena lasciando spazio a un agonismo sano, più cerebrale e meno muscolare.

Un frastuono da disciplinare

Sia lecito derogare al divieto autobiografico, deroga che, come nel Convivio dantesco, può darsi in condizioni di particolare urgenza, o in condizioni avvertite come tali. Da qualche tempo pubblico in rete, nei blog letterari, e l’impressione che ne ricavo, malgrado gli incidenti di percorso, è che la circolazione delle idee, quando riescano a emergere dal chiasso dei disturbatori, sia incomparabilmente maggiore a quella di qualunque altro mezzo. Solo, occorrerebbe disciplinare diversamente quel chiasso, attenuarne il disturbo, isolandone alcune frequenze, azzerandone altre.

Ricordo MV, che sbraitava senza risparmio di gentilezze durante una discussione sulla narrativa aperta da un mio post. La incontro a un festival letterario, mi viene incontro melliflua: «piacere di conoscerti». Non mi sento di ricambiare e lei si schermisce con un «beh, ma sai com’è, lì nei blog». Viene da pensare che forse è questo il problema: ripartire da capo, chiedendo ai blogger una costante assunzione di responsabilità, com’è ovvio e persino banale per tutti coloro che scrivono e si esprimono pubblicamente, in un regime di civiltà del dialogo, specie del più libero e democratico, come il blog rivendica a se stesso: «no», le rispondo allora, rovesciando la logica dell’estraneità: «dimmelo tu: com’è?».

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75 Risposte to “Viaggio tra le gazzette dell’era di internet”

  1. giovannicoccoaliasjohnny99 Says:

    Questo è scrivere.
    Una prosa perfetta: limpida, pulita, pura.
    Accecante.

  2. federica sgaggio Says:

    L’assunzione di responsabilità è in effetti il motivo per il quale nel mio blog – che non è letterario, ma parla anche di libri e di scrittura – ogni commento è moderato.
    Questo può forse scoraggiare l’intervento delle persone, ma io mi sento responsabile di ciò che pubblico, e le bestie feroci non possono entrare: niente diffamazione, niente calunnie, niente urla, niente attacchi incrociati.

    A me sembra che l’effetto-carnaio di alcuni blog sia fastidioso e poco sopportabile proprio come l’autoreferenzialità castale e compiaciuta di alcuni blog letterari. E non è, mi sembra ovvio, il caso di Vibrisse.

    Ho seguito il dibattito sul post-noir che Montanari-Verasani-Biondillo hanno fatto partire su Satisfiction di Serino.
    La Policastro ha ben ragione: in mezzo a cose che aveva senso leggere c’erano furie scatenate che menavano fendenti a destra e a manca, e si doveva fare un grande sforzo di scrematura.

    D’altra parte, è anche vero che non è molto meno curiosa la sequela di commentini da terza elementare che si trova in alcune altre operazioni blogghistico-letterarie così rozzamente propagandistiche (nel senso che devono far propaganda al loro nume tutelare in cerca di accreditamento) da far passare la voglia anche di leggere tutti i «grazie di esistere» e i «finalmente un blog che aiuta gli scrittori esordienti» che vengono pubblicati dopo ogni post…

  3. Sul Romanzo Says:

    Per dovere di cronaca, nel mio caso, credo che Gilda Policastro faccia riferimento a questo mio post:
    http://sulromanzo.blogspot.com/2009/09/frammento-14-lit-blog-italiani.html

    Non ho altro da dire, la mia idea l’ho ben espressa in quel post.
    Ciao Giulio.

  4. vibrisse Says:

    L’articolo di Policastro andrebbe riempito di link, e magari corretto in qualche imprecisione di fatto. Ma la sostanza è lì. g.

  5. enpi Says:

    leggendo, all’inizio, vien da dire: più intelligente che bella – parafrasando Lui.
    però, dalla seconda metà del pezzo, si scende sul piano della banalità e dell’impreciso [falso].
    si comincia da un “I siti letterari si diffondono in Italia ormai quasi vent’anni fa” [vent’anni fa? dalla fine degli anni 80? il WWW – World Wide Web – nasce con una legge federale americana del 1991…], per arrivare agli accessi calcolati da Blogbabel [?]: “con contatti che si aggirano attorno ai trecentomila al mese, come si apprende dai rilevamenti di BlogBabel, il sito deputato a questo genere di conteggi”, mentre Blogbabel non conta affatto gli accessi, ma link, backlink, feed ecc., per cui la stessa classifica di BB non si basa sugli accessi, ma è determinata da quanti puntano ai blog in classifica.
    idem per i “19 secondi di tempo medio”: calcoltati da chi, in quali blog/siti, in che periodo?

    insomma, il pressapochismo della seconda parte distruba, e inficia il valore dell’intero articolo.

    in sostanza: ci sono delle menzogne. e questo dà forte il senso di come si faccia giornalismo, oggi, in Italia.
    – questo a prescindere dall’essere o meno d’accordo sulla questione dei commenti, che oscurerebbero i post –

    e.

  6. vibrisse Says:

    Con il che si dimostra che, quando a parlare – o, peggio, a scrivere – è una donna, salta sempre fuori quella cosa lì. g.

  7. enpi Says:

    ma no, Giulio, era ironia sull’ironia [il più intelligente che]. non granché, in effetti… lo ammetto.
    resta invece la strana sensazione che lascia il “falso” della seconda metà dell’articolo.
    e.

  8. enpi Says:

    [ps: con il che si dimostra che non son bravo a ironizzare sul Premier, e mi devo tenere lontano dall’attualità. e con il che si dimostra che c’è sempre qualcuno pronto ad attribuirti posizioni strumentali]

  9. Luca Tassinari Says:

    Le imprecisioni sulla storia della rete ci sono, ma pazienza. Se non ho capito male, la domanda finale del post è: come si fa a migliorare il rapporto segnale/rumore dei blog [letterari]?

    Trattandosi di rapporto, vedo due strade:
    1. Diminuire il rumore (quello che, mi sembra, GP propone con il termine a mio avviso un po’ infelice di “disciplinare”).
    2. Migliorare il segnale. Secondo me Gilda Policastro dovrebbe aprire un blog. Io lo leggerei.

  10. enpi Says:

    sono d’accordo, Luca: aumentare il segnale. decisamente.
    però, aumentando il segnale, aumenta la dispersione dello stesso. e anche questo è da considerare, credo.

    e.

  11. Luca Tassinari Says:

    E apposta sono nati gli aggregatori e altre diavolerie simili.

    Comunque non credo che basti aumentarlo, il segnale, ma che si debba proprio migliorarlo. Le due operazioni, poi (meno rumore, più segnale), sono naturalmente correlate.

    Per migliorare il segnale tocca “schermarlo” in qualche modo dalle interferenze. La moderazione dei commenti è uno dei modi possibili.

  12. vibrisse Says:

    Enrico, ricostruisco la sequenza. Tu fai una battuta che non è granché (tenendo conto, ad esempio, che per un intervento pubblicato in Nazione indiana Policastro ha subito perfino una – breve – persecuzione telefonica: cose che ai maschi non succedono). Io lo faccio notare. Tu lo ammetti. Sette minuti dopo decidi che questa ammissione ti costa tanto, troppo, e trasformi la mia osservazione in un “attribuirti posizioni strumentali”.

    E a questo punto siamo pronti a inverare appunto ciò che dice Policastro nel suo intervento.

    giulio mozzi

  13. enpi Says:

    riconosco la sequenza.
    però: io non so nulla della persecuzione telefonica. l’ironia era destinata al Premier – nostro signore e padrone: S. B.
    e non mi fa felice che questa cosa – che *evidentemente* non si capiva – mi renda qualcosa che non sono. esprima un pensiero che non è mio.
    fine sequenza.

    e.

  14. Marco Candida Says:

    Giulio, non di tutti coloro che segnali su Vibrisse pero’ pubblichi la foto del viso.

  15. giovannicoccoaliasjohnny99 Says:

    Devi però riconoscere, Marco, che l’80% dei nuovi articoli postati da Giulio riporta (in calce o nel frontespizio) materiale iconografico.

  16. ruben Says:

    non so, ma il discorso di GildaPolicastro, al di là dei contenuti, mi fa ricordare come e quanto mi senta estenuato dopo gli scambi (vd sopra) a botte di commenti sui blog o forum o posti simili. E’ qualcosa che si lega alla parola scritta, alla ritmica temporale, alla scelta delle parole, al dio della precisazione e della giusta attribuzione di significato.
    Se verba volant, ci sarà un motivo! ed è un’immagine sicuramente più giocosa e libera e imprendibile del rimanere appesantito della scrittura!

  17. vibrisse Says:

    Enrico, circa la persecuzione telefonica vedi qui.

    Marco, la norma è questa: inserisco una piccola foto quando riporto integralmente un intervento. Vedi recentemente Caliceti, Accardo. Poi non sempre lo faccio, di solito per ragioni di tempo (bisogna cercare la foto, scaricarla, ritagliarla, magari illuminarla ecc., e ci vuole una manciata di minuti). Così come non sempre, e sempre per ragioni di tempo, non arricchisco i testi che riporto di link eccetera.

    g.

  18. simone battig Says:

    Questo articolo mi riporta alla mente uno scambio di qualche tempo fa avvenuto in questo blog in cui ci si chiedeva quale sarebbe stata la forma migliore per un nuovo vibrisse.

    Non so a che conclusioni sia approdato Giulio, io ero molto scettico sulla reale utilità di un blog che non uscisse dalla logica in un certo senso imposta dai ritmi della rete.

    A quel punto, discutendo anche animatamente con varie persone e tenendo sempre presente la volontà di parlare di letteratura in tutte le sue manifestazioni e deviazioni abbiamo pensato di creare questa “cosa” qui che è una via di mezzo di tutto: http://samgha.wordpress.com/

    Perché?

    Per provare a fare l’opposto di quello che richiede l’attualità, cioè:
    1. Non inseguire la discussione su libri appena usciti per avere un ritorno o un collegamento che porti più “visibilità” al blog, ma essere liberi di parlare di qualsiasi libro.
    2. Cercare di portare l’attenzione sui libri e non sulle persone.
    3. Bloccare la sindrome da accerchiamento da ufficio stampa.
    4. Creare uno spazio web che non insegua la carta stampata e viceversa, cioè “tagliando” in fondo tutto ciò che è “argomento del giorno”
    5. “Suicidarsi” usando uno strumento come un blog al contrario di come si dovrebbe fare, cioè scrivendo pezzi non proprio da lettura svogliata, postando poco e solo quando si ha qualcosa da dire.
    6. Creare un gruppo di persone che collabora in sintonia seguendo però ognuno percorsi personali e diversi attorno ai libri.
    7. Costringere chi vuole commentare o collaborare ad “impegnarsi” e non a buttare lì due frasi magari anonime o giudizi istantanei.
    8. Usare prossimamente anche le possibilità video in maniera diversa per raccontare i libri e le storie dei libri, anche come oggetti.

    E altre varie cose. Insomma aprire a tutti coloro che hanno voglia di libri chiudendo la porta all’uomo “qualunque”, di solito anonimo che si è impossessato della rete.

    Nessuna pretesa di originalità o genialità, solo di fare una cosa con passione cambiando leggermente il tiro rispetto a ciò che non ci piace veder circolare in rete e in genere nei discorsi “culturali” e tra “operatori culturali” in Italia. Vedremo se questa cosa ha senso, non per noi ma per i libri che amiamo.
    Non credo di essermi spiegato bene quindi mi scuso in anticipo ma come sempre la “cosa” parla per la “cosa” meglio di come si possa parlare a riguardo della “cosa”.

  19. enpi Says:

    grazie Giulio, l’ho appena letto.
    sul fatto che l’aria sia inquinata: non c’è dubbio.
    e ho dato un’occhiata anche all’immensa [per quantità] discussione su NI, dopo che Domenico ha riportato l’articolo di Gilda Policastro, su Scurati.
    ma – per metterla sul banale – sono i commenti che inquinano l’aria, o sono, i commenti, il segnale dell’inquinamento?

    e.

  20. enpi Says:

    oh, che sorpresa! leggo ora un pezzo di Carla Benedetti, sul Primo amore:
    http://www.ilprimoamore.com/testo_1603.html
    che rileva alcune delle inesattezze dell’articolo di Gilda Policastro.
    per esempio la più plateale:
    Non è vero che “i siti letterari si diffondono in Italia ormai quasi vent’anni fa”. Lo sanno tutti che la nascita del Web risale al 6 agosto 1991, e che solo nel 1993 il CERN decise di renderne pubblica la tecnologia. Quindi potrebbero risalire a quindici anni fa al massimo. Ma si diffusero dopo.
    anche questa è una peculiarità della Rete, che prescinde dai soli commenti, ma si ramifica.

    e.

  21. Alcor Says:

    tra le altre inesattezze, confonde blogger con nick e così è difficile capire a chi viene chiesta l’assunzione di responsabilità
    ai nick che dovrebbero non indossare personalità multiple?
    ai commentatori sgarbati con nome e cognome?
    E basta risolvere questo problema per poter dire di essersela assunta?
    Allora sarebbe stato meglio fare un invito generale al mondo di essere buono e digitare con coscienza.
    Lo trovo un pezzo sconclusionato, e per disinformazione di fondo, che è già stata segnalata da altri, e per un certo personalismo, che probabilmente è all’origine dell’articolo e lo inquina

  22. Alcor Says:

    per non essere fraintesa, l’interazione in rete prevede un patto di base di reciproca parità, se non si accetta questo patto di parità, la comunicazione diventa più difficile
    sarà poi il lettore ( il pubblico) a riconoscere eventualmente uno statuto di maggior valore a un intervento piuttosto che a un altro, a un autore piuttosto che a un altro, arrivare in rete e pensare che perché sono un critico o uno scrittore riconosciuto mi verrà dato più ascolto o più stima rispetto magari a un blogger ignoto ma che ha una sua storia in rete, è ingenuità

    anch’io penso che la Policastro dovrebbe aprire un blog, farsi un anno di rete di base, e poi tornare a postare come blogger, tutto le sarebbe più semplice, anche l’interazione con il parco-commentatori dei blog collettivi e aperti

  23. Ghega Says:

    Alcor, in che senso personalismo?
    Te lo chiedo perché sento che sto per fraintenderti.

    Ghega

  24. Alcor Says:

    scrive mossa da fastidio personale, l’esperienza che ha fatto in rete non è stata quella che si aspettava, quella deroga al divieto autobiografico che leggi alla fine, in realtà non è una deroga, è il motore dal quale è partito l’articolo, che poi si è vestito di una veste più articolata

    cortellessa, per esempio, è entrato subito capendo quel che la rete era e prendendola per quello che era, e infatti scontri con lui non ce ne sono stati, o se ce ne sono stati sono stati subito derubricati a scemenza, a mia memoria, evidentemente ha avuto un approccio più elastico e questo è servito

  25. vibrisse Says:

    Mi stupisco sempre quando qualcuno scrive come se conoscesse le motivazioni che muovono le altre persone. Devo iscrivermi anch’io a un corso di telepatia. Così potrò liquidare gli argomenti altrui svelando le oscure motivazioni dalle quali originano; e mi risparmierò il lavoro di discutere.

    gm

  26. enpi Says:

    però – scusa, Giulio – io che avevo letto solo quest’articolo, dovevo sapere della persecuzione telefonica; Alcor, che – evidentemente – aveva letto già le pregresse cose [che poi ho “sfogliato” anch’io, come il post su NI] è telepatica
    credo che la questione sia, invece, che l’articolo ha troppe inesattezze per essere considerato un buon articolo; che comunque affronta una questione – della quale fra l’altro si parla da anni, in Rete – importante, che credo sia sintetizzabile in: la Rete va disciplinata? se sì, in che modo? e che valore hanno i commenti? sono importanti, o se ne può fare a meno – vista l’esistenza di guastatori di professione [anonimi o meno]?

    e.

  27. enpi Says:

    ho messo l’apice sbagliato nel posto giusto 🙂
    andavano in corsivo: “solo” e “telepatica”. il resto in tondo.

    e.

  28. enpi Says:

    e visto che ci sono, la mia opinione è:
    la Rete si auto-disciplina. offre a tutti la Libertà di decidere se: -moderare i commenti -chiuderli -tenerli aperti senza restrizioni. chi vuole commenta, chi non vuole non commenta. il tutto è migliorabile, ma credo migliorerà “naturalmente”.

    e.

  29. georgia Says:

    … era un secolo che non mettevo piede in questo blog, che poi allora era un altro, o meglio era un secolo che non commentavo visto che qualche volta per altre vie ci sono capitata. Prima di tutto un saluto al blogger poi certo che l’articolo di gilda policastro è un articolo tutto sommato inutile che ripete cose trite e ritrite e per di più è un articolo forse scritto per ripicca dopo che in NI non era stata capita. Ad ogni modo è anche interessante, nella sua ingenuità, perchè ripropone, se ce ne fosse bisogno, la cronica incapacità di capirsi tra in-rete e out-rete. Chiaro che tutti noi ormai siamo sia dentro che fuori, ma alcuni sono troppo dentro e altri troppo fuori e allora avviene il cortocircuito che si è visto nel post della policastro su NI con successivo articolo sul manifesto, articolo pieno di inesattezze, veramente troppe per servire informativamente, e bene ha fatto Carla Benedetti a rimettere sapientemente le cose al loro posto. Quello che non capisco, forse perche a me non è mai capitato, perchè chi scopre la rete per la prima volta, e per di più si eccita positivamente perchè si accorge che idee e scritti circolano più velocemente, debba subito urlare che la rete vada regolamentata e che i maleducati dissidenti vadano tacitati ed eliminati … ma se funziona bene perchè mai regolamentarla? Nulla vieta alla policastro di aprirsi un blog SENZA commenti e di metterci i suoi scritti, salvo poi accorgersi che forse i suoi scritti non circolerebbero così velocemente … in fondo se oggi molti di noi sanno chi sia la policastro (nel bene e nel male), se molti di noi l’hanno letta è dovuto solo alla discussione nata in NI. :-).
    Insomma quello che NON mi è piaciuto della e-neofita è quel suo arrivare e dire spocchiosamente “Ora ghe penso mi” …
    Questo è quello che penso io … sempre naturalmente dando per scontato che non esista, tra gilda policastro, e altri una ruggine di vecchia data di cui io non sono a conoscenza.
    Esiste?
    geo

  30. georgia Says:

    azz … anche giulio modera … ma che cavolo di e-mondo è diventato?

  31. vibrisse Says:

    Enrico, non eri certo tenuto a sapere che Policastro aveva subita una persecuzione telefonica. g.

  32. vibrisse Says:

    Georgia, modero perché voglio tenere fuori di qui i disturbatori di professione (al momento c’è una persona esclusa stabilmente dai commenti) e gli anonimi assoluti. I criteri di moderazione sono scritti in un breve testo che sta nella colonna dei link, e che qui riporto:

    “I commenti in vibrisse sono così: la prima volta che inserite un commento, sarete messi in lista d’attesa. Una volta accettato un vostro primo commento, tutti i successivi saranno pubblicati immediatamente (a meno che non li firmiate con altri nomi, altre email, altri link). Tutti sono invitati a firmare i commenti per esteso. I commenti anonimi potranno non essere accettati. I commenti con email fasulle non saranno accettati. I commenti insultanti non saranno accettati. I commenti che contengano più di due link saranno automaticamente catalogati come spam. I vostri indirizzi elettronici non saranno mai resi noti, né ceduti a terzi. [giulio mozzi]”

    Trovo bizzarra l’allusione, Georgia, all’eventuale esistenza di una “ruggine di vecchia data” tra Policastro e altri. Ma è possibile che sia difficile pensare che se uno dice quello che pensa, lo dice perché lo pensa – e basta?

    giulio

  33. Alcor Says:

    non ho capito, sono io la “telepatica”, quella che “scrive come se conoscesse” le motivazioni?

    se è così, magari, semplicemente mi hanno insegnato a leggere un testo per vedere cosa c’è dentro e dietro, in questo caso per di più mi ero letta anche i thread su NI, non occorre essere stregoni

  34. georgia Says:

    ah si è vero wordpress modera sempre il primo commento, me lo ero dimenticata.

    Giulio
    Trovo bizzarra l’allusione, Georgia, all’eventuale esistenza di una “ruggine di vecchia data” tra Policastro e altri. Ma è possibile che sia difficile pensare che se uno dice quello che pensa, lo dice perché lo pensa – e basta?

    Geo
    E dai non fare il signor veneranda come il solito … ho fatto la precisazione perchè ho letto in giro che c’è anche chi insinuache e bla bla bla …. io non ci avevo neppure pensato, ma sottolineo che il mio pensiero potrebbe anche cambiare … no, non va bene? Un SOLO PENSIERO sempre e comunque … e che diamine siamo esseri pensanti in movimento mica una certezza una volta per tutte.
    Ad ogni modo un salutone, non ero venuta qui per polemizzare, alla prossima:-)
    georgia

  35. Alcor Says:

    ah, Mozzi, di striscio, e non del tutto OT, ho letto il tuo libro, e coscienziosa come sono ho letto anche i ringraziamenti, potresti dirmi cosa ha fatto sì che io come Alcor mi sia dovuta sorbire da te la reprimenda sull’ anonimato, mentre lì ringrazi con tanto garbo Gattostanco, Pensieri Oziosi, Cletus e Buffa Persona Zeta?

  36. vibrisse Says:

    Certo, Georgia. Hai “letto in giro” che “c’è anche chi insinua”. Se ti interessa, io ho anche sentito dire che c’è chi dice che qualcuno gli ha confidato di aver letto da qualche parte che secondo uno che la sa lunga c’è chi non si esime dal sostenere che è opinione diffusa – in certi ambienti piuttosto che in altri – che tu sia di Viareggio. Tuttavia, chissà perché, io ho la sensazione che una diceria non sia sufficiente a sostenere una convinzione.

    Alcor, non ho nulla contro l’anonimato: tant’è che sei qui, e intervieni, senza che appaia qualcosa di diverso dal nomignolo che ti sei scelta. Mi sono limitato a osservare, più volte, che ci sono cose che anonimamente si possono fare, e ci sono cose che anonimamente non si possono fare.

    Ad esempio, chi vuole discutere anonimamente non può appellarsi alla propria autorevolezza. Mentre può benissimo proporre o demolire argomenti.

    Pensieri Oziosi ha salvato il mio vecchio diario in rete dal disastro di Clarence. Poteva anonimamente farlo, e anonimamente l’ha fatto. Perché non dovrei ringraziarla?

    g.

  37. Alcor Says:

    Io non mi sono mai appellata a niente, figuriamoci alla mia “autorevolezza”, e in più odio gli appelli, ma – SE dovessi appellarmi – mi appellerei a quello che scrivo e posto sul mio blog, a come lo scrivo, a come lo posto, a come lo commento.
    Se sono analfabeta e non so leggere o se non sono analfabeta e so leggere si vede benissimo anche lì, senza che io debba sbandierare la mia carta d’identità.

    Io trovo molto carino che tu abbia ringraziato Pensieri Oziosi, quello che mi infastidisce è il doppio peso e la doppia misura.
    Lo stesso vale per Georgiamada, qui sopra, Scarpa – al quale ti eri subito accodato nel vecchio thread di NI al quale faccio riferimento e che evidentemente approva che Georgia, felicemente anonima e altrettanto felicemente conosciuta in rete, sia autorevolmente linkata nel Primoamore – era però infastidito dal MIO anonimato, ragazzi, non perché sono permalosa, ma perché mi piace la coerenza, vorrei che la si piantasse di dire che un blogger che è in rete da tanto tempo e che può essere giudicato come blogger (sia pure, nel mio caso, come tenutario di un piccolo blog marginale) non può dire “mi hanno insegnato a leggere un testo”.

    Ebbene sì, ad Alcor hanno insegnato a leggere un testo, e ha anche una mamma. Devo tirar fuori il documento per provarlo?

  38. Enrico Macioci Says:

    Frequento sia NI che vibrisse, e trovo che vibrisse sia di gran lunga più civile; questo potrebbe essere segno che un certo grado di moderazione è necessario (il che, in sé, non è un buon segno, temo).
    Riguardo la polemica Policastro/Benedetti, sto con la Benedetti: dà la sensazione di conoscere meglio ciò di cui parla, senza le ansie da prima della classe che Policastro in certa dose possiede (vedi le frasi inutilmente ridondanti o lo sfoggio talora gratuito di cultura). Mi sembra interessante però che verso la fine del suo pezzo Policastro “riconosca” le straordinarie potenzialità comunicative del web: un’ “ammissione” che non era così scontata, viste le premesse.

  39. maria (v) Says:

    Gilda, se ben ricordi ho detto piuttosto: “Ah, Gilda Policastro, piacere di conoscerti, io sono Maria (v) quella che ti detesta come critico!” (più sincera di così…dimmi tu…)
    dopo di che ho semplicemente aggiunto “il che non vuol dire come persona..ecc ecc”
    ma sei stata superficiale anche in questo articolo, come tuo solito.

  40. vibrisse Says:

    Alcor, scrivi: “Io non mi sono mai appellata a niente, figuriamoci alla mia autorevolezza”. Sei sicura, ad esempio, di non aver mai fatto riferimento alla tua età e alla tua lunga esperienza professionale?

    Non vedo dove sia, nei miei comportamenti, il “doppio peso e la doppia misura”.

    Il mio argomento è, e lo ripeto per l’ennesima volta: ci sono cose che anonimamente si possono fare, e ci sono cose che anonimamente non si possono fare. Se qualcuno mi mostra che questo è falso, ben venga.

    Da un testo si cava fuori ciò che c’è nel testo. Le motivazioni della persona che l’ha scritto stanno, mi pare, da un’altra parte.

    giulio

  41. Alcor Says:

    E chi ti dice che la mia eta avanzatissima non sia un falso narrativo?

    Non ho mai negato di avere una formazione umanistica variamente articolata, e come avrei potuto? Direi che si vede.
    E’ su questa evidenza che sono sbocciate le mie amicizie in rete, e certo, una volta sbocciata l’amicizia dico anche il mio nome.

    Ma perché disprezzi tanto i blogger? Io non credo che debbano trovare autorevolezza altrove, ci sono blog di rara imbecillità, ma ci sono blog dove è un piacere andare, tenuti da anonimi blogger di grande intelligenza e capacità di scrittura e che non devono cercare autorevolezza altrove, a mio avviso.

    Quanto al testo:

    che da un testo si cavi fuori quello che è nel testo è un affermazione insieme vera e falsa, è vera perché è il testo che hai sotto il naso quello che leggi e dal quale devi cavare, ma è falsa perché quello che hai sotto il naso lo vedi e lo capisci leggendolo alla luce degli altri testi dello stesso autore (e di altri autori precedenti e coevi).

    Anche se in un certo senso è a mio svantaggio, ti la faccio notare la contraddizione del tuo discorso: per la Policastro io dovrei attenermi all’articolo, ma nel mio caso, tu fai continuamente riferimento a un extra-testo.
    Deciditi. Quando avrai trovato una strada univoca, ne riparliamo.

  42. Alcor Says:

    Ah, quello che ha fatto qui sopra la Policastro è un hysteron proteron.
    (vedi wiki)

  43. enpi Says:

    dicevamo dei commenti, in Rete; della loro funzione, se “inquinano” gli argomenti proposti nei post [la discussione “principale”] o meno ecc.
    in effetti è difficile stare sempre sul punto. e i commenti spesso vanno a parare da altre parti.
    in più – tendenzialmente – si tende a rivolgersi a un unico interlocutore, nei commenti, e quindi si aprono sottodiscussioni “uno vs uno”.

    io credo che la Rete sia questo. che sia necessario sviluppare un’abitudine a navigare anche nei commenti. è – a suo modo – multimediale – considerando i singoli “temi” come svariati media.

    qui, per esempio, si è passati da attraverso vari argomenti, spesso con delle intersezioni, anche poco evidenti.
    aumentare il segnale – regolamentare i commenti – anonimato e falso-anonimato in Rete ecc.: son tutte cose che si “toccano”.

    io, per esempio conosco tutti, a eccezione di due commentatori: uno che si è firmato con Nome e Cognome, un altro che si è firmato solo con il Nome [più un’altra lettera].
    [per fare un esempio]

    in realtà – come dicevo, mi pare, più su – la Rete ha già dato delle risposte, ogni volte diverse: c’è chi non modera affatto i commenti, chi li modera, chi non li consente ecc.

    non dico che sia inutile parlarne, ma dico che l’insieme delle azioni messe in atto in Rete è già una risposta.

    e.

    [grazie mille Giulio, per aver corretto quell’apice. è bello vedere il commento come lo volevo scrivere]

  44. vibrisse Says:

    Alcor, scrivi: “E chi ti dice che la mia età avanzatissima non sia un falso narrativo?”.
    Appunto.

    Scrivi. “Non ho mai negato di avere una formazione umanistica variamente articolata, e come avrei potuto?”.
    Oh, avresti potuto fare un falso narrativo.

    Scrivi: “Ma perché disprezzi tanto i blogger?”.
    Non mi è mai venuto in mente di disprezzarli. Non so perché dovrei disprezzarli. Non mi risulta di aver mai disprezzato i blogger.

    Scrivi: “Ti la faccio notare la contraddizione del tuo discorso: per la Policastro io dovrei attenermi all’articolo, ma nel mio caso, tu fai continuamente riferimento a un extra-testo”.
    Veramente non mi pare.

    Ho semplicemente sostenuto che ci sono cose che si possono fare anonimamente e cose che non si possono fare anonimamente. Questo a me pare vero. Se non è vero, mi si spieghi perché non è vero.

    giulio

  45. Alcor Says:

    Sulla prima frase del tuo commento precedente:
    mi pare che tu non riesca a concepire un blog come un congegno narrativo spurio, mi domando perché.

    Nella prefazione al tuo libro scrivi:
    “Avverto: poiché sono geloso della mia intimità, e rispettosi di quella altrui, nessuna delle storie che ho raccontate nel mio diario è vera nel senso ordinario della parola”.

    Il blog mi permette di fare una cosa diversa ma parente della tua.
    L’ “autorevolezza” (continuo a chiamarla così per comodità) dei miei commenti è necessariamente legata all’ “autorevolezza” del mio congegno diversamente narrativo da un libro: il blog.

    Il congegno narrativo (parliamo sempre di testi, benché disseminati e frammentari) comincia prima del blog, quando ho cominciato a tastare i confini di quel mezzo parlato/scritto e senza immagine che è il commento in rete. E continua nel blog.

    Io non considero il mio blog un blog letterario. Blog letterario è una cosa vecchia, a mio avviso, che cerca autorevolezza in precedenti cartacei.
    Un blog è un congegno comunicativo che si serve anche della narrazione, dell’invenzione, della finzione, ma che non necessariamente è falso.

    Il mio anonimato è tale solo in relazione alla persona in carne e ossa, ma non è anonimato rispetto ad Alcor, personaggio virtuale che però è lì e può essere chiamato a rispondere della coerenza che mette in scena.
    Quindi posso fare – come Alcor – tutto quello che trova coerenza con Alcor.
    Questa è la mia linea.
    Parlassi come Alcor delle cose che attengono alla persona in carne e ossa, ti darei ragione.
    Ma anche quando parlo di “mia madre”, è sempre una madre raccontata.

    Per lo specifico qui sopra: Alcor ha letto gli interventi di Policastro, Alcor legge, Alcor commenta, Alcor analizza.
    Alcor fa riferimento a cose, parole, informazioni che ha avuto per altre vie? No.
    Perciò, dov’è il problema?

  46. Ghega Says:

    Il “battesimo di sangue” di Gilda Policastro, per l’ingresso da protagonista culturale in internet, non è stato dei migliori: attacchi, intimidazioni telefoniche durante la discussione su nazione indiana con repentina chiusura dei commenti nonostante Gilda desiderasse continuare lo scambio, post di Biondillo in polemica. Possimo fingere che sia stata una situazione del tutto normale, ma in quelle pagine si è consumato un vero e proprio “uno contro tutti” di difficile gestione anche per un blogger scafato. Lei non è una blogger scafata e non deve scandalizzare che abbia commesso qualche errore di comunicazione, è normale farne quando ci si confronta con uno strumento nuovo del quale non si conoscono i meccanismi e se ne ignora l’etichetta.

    Gilda è ritornata nelle retrovie e mi spiace, simpatica o antipatica, il suo argomentare era interessante, il dibattito ricco di stimoli, la sua passione per la materia evidente, ma, non lo nego, senza una “discesa in campo” le sue trattazioni in merito a internet e al ruolo dei critici perdono in tridimensionalità (rimangono la dimensione delle narrazioni altrui e la dimensione di una pessima esperienza personale, a mio parere).

    Invito quindi Gilda Policastro a non rinunciare al confronto diretto, magari anche in queste pagine, luogo in cui la presenza di Giulio Mozzi garantisce un dialogo all’insegna del rispetto.

    PS: l’articolo di Carla Benedetti, qui sopra postato, contiene alcune precisazioni dovute, ma il tono è da “pivella, zitta e studia!”, alquanto sgradevole; pare che nessuno voglia esimersi dall’attaccare la nuova arrivata e il motivo onestamente mi sfugge, dato che di inesattezze riguardanti la rete se ne sono lette e sentite di peggiori senza che gli “addetti” si sentissero in obbligo di puntualizzare.

    @Alcor.
    Grazie per la precisazione.

    Ghega

  47. Alcor Says:

    @ Giulio

    una piccola aggiunta, che forse può servire e chiarire le posizioni.

    la mia impressione è che più o meno tutti quelli che operano in rete con nome e cognome, intendo quelli che scrivono o fanno lavoro editoriale o culturale, tendano a vedere la rete come uno strumento a sostegno della loro attività “su carta”, la chiamo così per brevità, che potenzi, diffonda maggiormente, sostenga il loro esistere altrove.
    Ma perché mai dovrebbe essere l’unico modo?
    Non tutti hanno interesse, voglia, propensione a usare la rete come sostegno alla propria immagine, natura, lavoro, professione nella vita fuori la rete.
    Ad alcuni la rete sembra sufficiente in sé.
    Per ora a me sembra sufficiente in sé.

  48. vibrisse Says:

    Alcor, questa aggiunta non mi chiarisce molto. Io non vedo la rete come uno strumento a sostegno della mia attività “su carta”. La vedo come un mezzo di comunicazione che ha caratteristiche diverse da altri mezzi di comunicazione. Poiché il mio lavoro comporta l’uso dei mezzi di comunicazione, cerco di usarli ciascuno secondo le sue caratteristiche. Fermo restando che con tutti questi mezzi io faccio un solo lavoro, e che quindi è del tutto normale che – ad esempio – da un mezzo si rimandi a un altro.

    Scrivi: “Alcor ha letto gli interventi di Policastro, Alcor legge, Alcor commenta, Alcor analizza. Alcor fa riferimento a cose, parole, informazioni che ha avuto per altre vie? No. Perciò, dov’è il problema?”.
    Non c’è nessun problema. Ho sollevato qualche problema su questo? Non mi pare.

    Scrivi. “L’ “autorevolezza” (continuo a chiamarla così per comodità) dei miei commenti è necessariamente legata all’ “autorevolezza” del mio congegno diversamente narrativo da un libro: il blog”.
    E pensa un po’: io, che grazie ai miei libri pubblicati ero considerato un narratore introverso e intimista, mi sono guadagnato un’autorevolezza come consulente editoriale prima, e poi come analista retorico dell’attualità, grazie a vibrisse.

    Alcor, ho l’impressione che (come è successo altre due volte: perché, vedi, anch’io tengo in considerazione la coerenza intertestuale) tu mi attribuisca pensieri che non ho mai fatti, opinioni che non ho mai espresse e azioni che non ho mai compiute. Questa è solo un’impressione, però (perché io non sono telèpate).

    Ripropongo la questione. Secondo me, ci sono cose che si possono fare anonimamente e cose che non si possono fare anonimamente. Questo a me pare vero. Se non è vero, mi si spieghi perché non è vero.

    giulio

  49. Alcor Says:

    @Giulio

    sei tu che poni il problema, A TE pare vero che ci siano cose che si possono fare anonimamente e altre no.
    Come ho cercato di spiegare qui, forse senza esserci riuscita, o forse perché non c’è la voglia di capirmi (ai lettori la sentenza, se ce ne sono), per me non è così.

    CON UNA ECCEZIONE:

    io ritengo che non si possa fare anonimamente quello che comporta danno per terzi.
    Anche psicologico.
    Persino retorico.
    (E in generale ritengo che non si debbano fare danni a terzi sia anonimamente sia con il proprio nome e cognome)
    Ritengo inoltre che alcune cose sia molto meglio farle anonimamente.
    Per esempio la carità.

    Ti rilancio la palla: perché un blogger non ha diritto di fare alcune cose, sempre se non porta danno a terzi? e nello specifico quali cose non può fare? e quali danni porterebbero quelle cose che andrebbero indicate da te qui di seguito? e perché li porterebbero? la cosa è eticamente riprovevole? e perché? la cosa è narrativamente riprovevole? e perché? la cosa è esteticamente riprovevole? e perché?

    E inoltre, domanda che faccio per ultima ma che tecnicamente viene per prima, chi certifica che Ghega sia Ghega? Che Enrico Macioci appena accusato su NI da Enrico De Vivo di essere un Commentatore Anonimo, sia Enrico Macioci? Che Gilda Policastro sia Gilda Policastro? Che tutti loro commentino e scorrazzino in rete SOLO ed ESCLUSIVAMENTE con un nome e cognome?
    Almeno il blogger ha un sito:-)
    Anche se non si può escludere che poi scorrazzi qua e là con altre identità, seminando zizzania.

  50. Alcor Says:

    Tregua?

  51. vibrisse Says:

    Alcor, sei in grado di fare anonimamente un acquisto con carta di credito?

    g.

  52. Alcor Says:

    Giulio, stai annaspando:-)
    ovvio che no, ma cosa centra con l’anonimato del blogger?
    Se però vuoi la lista di tutte le cose che posso o non posso fare anonimamente, dammi una settimana e cerco di farla completa.

  53. Alcor Says:

    c’entra

  54. Alcor Says:

    però credo di poter avere un conto alle Cayman, tanto per dirne una

  55. vibrisse Says:

    Alcor, scrivi: “Io ritengo che non si possa fare anonimamente quello che comporta danno per terzi”.

    Dove mi pare che tu usi il verbo “potere” nel senso di “dovere”. Come se tu dicessi: “Io ritengo che non si debba fare anonimamente quello che comporta danno per terzi”.

    E’ una delle ambiguità più fastidiose della lingua italiana.

    Quando dico che secondo me ci sono cose che non si possono fare anonimamente e cose che si possono fare anonimamente, uso il verbo “potere” nel senso proprio di “potere”.

    D’altra parte, pensavo che la mia posizione fosse ben chiara almeno ad Alcor, visto che dell’argomento abbiamo pubblicamente discusso già almeno una volta.

    Invito i pazienti lettori a dare un’occhiata alla discussione che si svolse qualche nel gennaio scorso qui. I commenti ai quali mi riferisco sono quelli dal n. 145 in poi. Faccio notare in particolare il commento penultimo, n. 173, nel quale io scrivo: “Mi limito a osservare – ripeto – che ci sono cose che anonimamente si possono fare, e cose che anonimamente non si possono fare”, e il n. 174 nel quale Alcor scrive: “ok:-)”.

    giulio

  56. Alcor Says:

    (non ti ha colto il dubbio che il mio ok fosse una resa dovuta a un calo degli zuccheri?)

    L’ambiguità dell’ausiliare “potere” non è una caratteristica della sola lingua italiana.

    Uso il verbo potere invece del verbo dovere, perché se usassi il verbo dovere la discussione sarebbe già chiusa. Esporterei la scelta delegandola a una legge fuori di me.

    A proposito di carte di credito, una carta di credito societaria potrebbe sfuggire al vincolo dell’anonimato, e se è vero che non posso comprare anonimamente con una carta di credito in un negozio, in rete mi basta avere i dati e inserirli. Anche di una terza persona, cosa che mi è capitato di fare.
    Ma se anonimamente ci sono varie cose che non posso (nel tuo senso) fare, è vero che con un nome falso e un documento ben falsificato posso (nel tuo senso) farle.
    Ma non posso (nel mio senso) farle, perché subisco il vincolo della morale, che per me è un vincolo forte come una norma di pubblica sicurezza.

  57. vibrisse Says:

    Alcor, scrivi: “(non ti ha colto il dubbio che il mio ok fosse una resa dovuta a un calo degli zuccheri?)”.

    No, non mi ha colto questo dubbio.

    E’ possibile fare un acquisto con una carta di credito altrui, alla quale corrisponde pur sempre un nome. Non è un acquisto anonimo.

    giulio

  58. vibrisse Says:

    Chiarisco: non è un acquisto anonimo nel senso che c’è bisogno di un nome per farlo.

    Si può dire anonimamente: “Lei non sa chi sono io?”.

    g.

  59. Alcor Says:

    [Me l’ero immaginato:-)
    Tra un po’ mi verrà anche qui, ti avverto.]

    E’ vero, la carta deve essere nominale (anche la carta societaria in fondo ha un nome, benché io lo veda abbastanza simile al nome del blogger, non direttamente aderente alla persona in carne e ossa che la usa) ma la persona che fa l’acquisto via internet chi è in verità? il nome sulla carta, in assenza del carne e ossa e del documento, è virtuale.
    La carta corrisponde alla persona?
    la carta è stata rubata?
    la carta è stata clonata?
    la carta è stata prestata?

    A me per esempio l’hanno clonata.
    Un nome in rete non è poi così certo.

  60. Alcor Says:

    Certo che si può dire, anzi, per poterlo dire bisogna essere nell’anonimato, come fai a dire a uno lei non sa chi sono io, se hai scritto il tuo nome su un cartone che porti appeso al collo?

  61. Andrea D'Onofrio Says:

    @ Ghega. Ho una mia opinione in merito al post della Benedetti. Leggi qui:

    Perché i bloggers usano nomignoli di copertura?

    Il blog è il paradiso


    Avevo dimenticato questi due post della Benedetti, leggendo la Policastro mi sono tornati in mente.

  62. Luca Tassinari Says:

    Be’, no. “Lei non sa chi sono io” non significa “lei non sa come mi chiamo”, ma “lei non sa quanto sono illustre e potente”. Se lo dice uno che si firma, che so, micetto1991, non è molto credibile.

    L’anonimo, insomma, non può vantare titoli, pubblicazioni e simili. Cosa che, peraltro, in una discussione in rete è spesso molto positiva.

  63. stefano Says:

    @ Giulio e Alcor

    intervengo anzitutto perché ho letto i vostri commenti, andrò a leggermi anche quelli che ha linkato Giulio, e perché ho notato un particolare.
    la frase scatenante in fondo credo sia stata “scrive mossa da fastidio personale, l’esperienza che ha fatto in rete eccetera”, al che Giulio ha postato scrivendo ” mi stupisco eccetera”, infatti Alcor ( la telepatica ) si chiede ” ma si riferiva a me per caso ?”, solo che prima che eventualmente Giulio le confermasse il sospetto, Alcor mette un nuovo argomento da lei stessa giudicato OT, e qui parte la catena d’incomprensione. Alcor, se posso permettermi, da quello che ho letto qui Giulio non ti ha fatto nessuna reprimenda, certo è che la questione posta da Giulio ” ci sono cose che…” è ovviamente vera, con il che lui non intende avversare l’anonimato, o togliergli dignità o diritto d’esistenza in rete, solo preferisce usare nome e cognome. infatti nei ringraziamenti finali di Sono l’ultimo a scendere si riferisce ai vari nick di chi vuole ringraziare perché essi in rete si esprimono attraverso dei niCK, ma qui divento telepatico io per cui smetto.

  64. giovannicoccoaliasjohnny99 Says:

    E’ possibile riprendere la discussione (riguardante l’articolo di Policastro)dall’intervento di Enrico Macioci?

    “Riguardo la polemica Policastro/Benedetti, sto con la Benedetti: dà la sensazione di conoscere meglio ciò di cui parla, senza le ansie da prima della classe che Policastro in certa dose possiede (vedi le frasi inutilmente ridondanti o lo sfoggio talora gratuito di cultura). Mi sembra interessante però che verso la fine del suo pezzo Policastro “riconosca” le straordinarie potenzialità comunicative del web: un’ “ammissione” che non era così scontata, viste le premesse”.

    Io noto quanto segue.
    Senza dubbio Benedetti conosce l’argomento meglio di Policastro – e non poteva essere altrimenti visto che Benedetti fa parte del MONDO (quello dei BLOG) di cui parla Policastro –
    A mio avviso Policastro scrive INFINITAMENTE meglio di Benedetti ma questo, forse, non è importantissimo ai fini della nostra discussione.
    Lo “sfoggio gratuito di cultura” di Policastro (lamentato da Macioci e in parte condivisibile) può anche dare fastidio, ma è senz’altro paragonabile al NON DETTO di Benedetti (quello secondo il quale Policastro, in quanto non addetta ai lavori, non avrebbe titoli per parlare di BLOG).

    L’unica cosa davvero interessante e cioè la conclusione di Policastro – secondo la quale “la circolazione delle idee […] sia incomparabilmente maggiore a quella di qualunque altro mezzo” (come fa argutamente notare Macioci) pare non interessare ai più.
    Perchè?

    Non si tratta anche in questo caso, come ho già detto a proposito del “CASO SERINO” su Nazione Indiana, di una rivoluzione?

  65. Alcor Says:

    @stefano

    vuoi fare da paciere? ma non stiamo litigando, o almeno, io certamente no, e credo neppure Mozzi, sosteniamo due punti di vista opposti e lui cerca di farmi ammettere che il mio è debole:-)

    quanto a G.P. non mi sono chiesta se si riferiva a me, sono sicura di no – salvo smentite, ovviamente – in quel thread ho fatto pochissimi commenti, polemici, è vero, perché non mi piaceva il tono, ma ho chiuso la polemica quasi subito

    le reprimende Mozzi cominciò a farmele mesi fa in coda a Scarpa:-)
    Mozzi sostiene che se non dico chi sono fuori la rete non posso essere presa sul serio né posso pretendere di esserlo in rete.
    Cosa che nego, per le ragioni che ho detto.

    @ tassinari

    “lei non sa chi sono io” vuol dire che “lei non sa chi sono, adesso magari glielo dico e così si mette paura”, ma intanto non lo sa.
    Finché non glielo dice, anonimo è e anonimo resta
    L’altro potrebbe anche rispondergli che non gli interessa saperlo.

    Cmq sono d’accordo, non potersi vantare di niente facilita i rapporti alla pari, che sono più liberi e fruttuosi. Meno proni e anche meno aggressivi.

  66. stefano Says:

    @ Alcor

    è che leggendo i post non si capisce che avete due pareri opposti circa una questione, ma pareri diversi circa questioni diverse, che possono protrarsi alla lunga senza costrutto, fino ad esaurimento zuccheri.

    rimane una questione in sospeso: tu pensi che Policastro si esprima mossa da… che può anche essere vero… ma in mezzo ai tuoi commenti pare una nota stonata l’andare a immaginare i perché e i percome uno dice quello che dice oltre che affermarlo con sicurezza. cosa che ho notato anche nella discussione linkata da Giulio. ad esempio gli si dà ( non mi riferisco a te) del sofista alla cacchio.

    per la seconda questione, adesso più circoscritta, circa le possibilità dell’anonimato in rete: intanto tu usi un nome che ormai è quasi di persona, invece io già rimango più nel vago, se Mozzi ti risponde è perché ti prende sul serio. comunque stiamo parlando di ciò che è possibile fare rimandendo più o meno anonimi, e non più se sia vero che ci sono cose che non si possono fare da anonimi, su cui non concordavi fino a qualche post fa. spero di non essere fastidioso.

  67. Ghega Says:

    Peccato, Alcor, la questione con Mozzi potevi risolvertela via lettera, senza togliere attenzione e merito a un’altra signora, un vertiginoso OT nel quale Mozzi ti ha inseguita senza rendersi conto che da questo post si sarebbe potuto tirar fuori altro. Visione a breve termine.

    Mi rimangio ciò che ho scritto: Mozzi non garantisce un clima accogliente, soprattutto per una politraumatizzata, ma dispiegazioni su puntigli di sorta.

    A Stefano e Giovanni direi che è abbastanza inutile la vostra richiesta di tornare in argomento, pare non ci sia alcuna volontà di farlo, a meno che non si decida di lasciare alle loro zuffe i due interlocutori (meravigliosamente mammà e papà del commentatore) e ci decidiamo a parlare tra noi, rinunciando allo scolastico bisogno di legittimazione. Da bimbi internettiani possiamo anche ambire a un’adolescenza, no?

    Ghega

  68. giovannicoccoaliasjohnny99 Says:

    Interessante il punto di vista di Giuseppe Genna sulla questione.

    http://www.giugenna.com/2009/11/05/viaggio-tra-le-gazzette-dell’era-di-internet/

  69. vibrisse Says:

    Alcor, scrivi: “Mozzi sostiene che se non dico chi sono fuori la rete non posso essere presa sul serio né posso pretendere di esserlo in rete”.

    Questo, semplicemente, non è vero.

    Invito Alcor a rileggere ciò che ho scritto, e a controllare se effettivamente ciò che lei pensa che io abbia sostenuto sia effettivamente ciò che ho sostenuto.

    giulio Mozzi

  70. Simone Ghelli Says:

    Segnalo una mia riflessione in proposito qua:

    La Letteratura, il web e la compulsione a scrivere

  71. Alcor Says:

    @Mozzi, tu dici sopra:

    “Ad esempio, chi vuole discutere anonimamente non può appellarsi alla propria autorevolezza. Mentre può benissimo proporre o demolire argomenti.”

    @Ghega

    non ho la possibilità di cassare i commenti di nessuno, non è il mio blog, se avevi qualcosa di interessante da dire sull’articolo perché non lo hai fatto? Le discussioni si portano avanti dando contributi, non dicendo ad altri ‘non li avete dati’, non è la tv, dove ci si siede e si guarda lo schermo in silenzio

  72. stefano Says:

    spiegare nel 2009 le dinamiche dei blog con 13mila battute vuol dire non essere padroni della materia. ma voler solo impartire una lezione, che però è datata, viziata da errori madornali come i “siti letterari si diffondono in Italia ormai quasi vent’anni fa”, e inutile: la spiegazione che “il termine nel gergo è postare”, messa tra parentesi. bastano due frasi così per farmi capire che qualsiasi analisi contenga è pretestuosa e saccente.

    questo non è il “Viaggio tra le gazzette dell’era di internet”. ma solo la reazione umana e umorale alle dinamiche dei commenti che popolano la rete. E’ comodo citare Orlando, Guazzo e Leopardi. un pò più difficile citare Jenkins. soprattutto se la rete non la si usa nè la si vive.

  73. Ghega Says:

    Alcor, mi pare di aver detto la mia, tra l’altro in dissonanza dal coro.
    Conseguentemente a quanto detto ho anche invitato pubblicamente Gilda Policastro su vibrisse a ridiscutere gli argomenti dei quali si occupa (cosa che è avvenuta, se ciò sia accaduto per l’invito esplicito o per un lavoro nell’ombra di Mozzi o, ancora, perché già nelle intenzioni di Policastro, non so dirlo, ma la tempistica è comunque suggestiva).
    Dopo il mio intervento ho visto il tentativo di alcuni di tornare in argomento e una questione non sopita tra te e Mozzi debordare (meriterebbe un post dedicato, a mio parere, perché è comunque una discussione nodale, ma qui è stata davvero OT).
    A questo punto mi sono lasciata prendere dallo sconforto, vuoi per impazienza, constatando il naufragio di una possibilità di trattare determinati temi con l’autrice dell’articolo, considerando io stessa l’ambiente ormai poco accogliente (accusando Mozzi) e, evidentemente, ho fatto un errore di valutazione che ammetto con gioia, visto il materiale inviato da Policastro a Mozzi.
    Si può intervenire e contribuire in diversi modi alle discussioni, se il mio modo non è stato “presenzialista” non è detto che sia stato semplicemente “spettatoriale”.

    Ghega

  74. vibrisse Says:

    Confermo, Alcor: chi vuole discutere anonimamente non può fare appello alla propria autorevolezza.

    Tu hai scritto: ““Mozzi sostiene che se non dico chi sono fuori la rete non posso essere presa sul serio né posso pretendere di esserlo in rete”.

    E questo, semplicemente, non è vero. Non ho mai sostenuto nulla del genere.

    Nel momento in cui deciderai che ciò che sostengo è ciò che sostengo, e non ciò che tu decidi che io sostengo, potremmo ricominciare a discutere.

    giulio

  75. untitled io Says:

    Volevo solo ricordare a tutti e a me stessa, così en passant, che siamo nel 2009.
    Un saluto affettuoso

    untitled io

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