Dieci leggende false che circolano sul mondo della grande editoria

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Coccodrillo newyorchese, fotografato nel suo ambiente naturale

Coccodrillo newyorchese, fotografato nel suo ambiente naturale

di giuliomozzi

1. “I grandi editori pubblicano solo i raccomandati”. Falso: i grandi editori badano solo al profitto (che di questi tempi è scarso e difficile; quindi ci badano ancora di più). E’ più facile che un piccolo o mediopiccolo editore pubblichi per amicizia, per affetto, per opportunità comunicativa, per speranza in un aiuto dal raccomandatore potente; e così via. Ha bisogno del potere altrui chi ha, di per sé, poco potere.

2. “I grandi editori pubblicano solo star della televisione e dello sport, attrici e attori, cantanti, giornaliste/i e quant’altro”. Falso. E’ vero che i grandi editori hanno strutture apposite per questo tipo di libri (che richiedono spesso l’intervento di collaboratori, scrittori-ombra, archivisti eccetera), dai quali si aspettano ragionevoli profitti. Ma basta entrare in una libreria per notare che pubblicano anche un sacco di altra roba. (Tra parentesi: talvolta anche libri di questo genere possono essere, se non belli, almeno interessanti: non dico i varii Cotto e mangiato, ma a es. Open di Agassi).

3. “I grandi editori pubblicano solo stranieri”. Falso. E’ vero che l’Italia è tradizionalmente un paese che traduce molto; ma la quota di italiane e italiani, negli ultimi due decenni, è in netto aumento (e sono in netto aumento anche le loro vendite).

4. “Nelle grandi case editrici ormai comanda il marketing. Una volta ai vertici c’erano scrittori, poeti, intellettuali…”. Vero in parte e falso in parte. E’ vero che l’imperativo del profitto, e quindi il potere del marketing, si fa sempre più forte (e non solo per la crisi: per l’avidità dei padroni). Ma per dire, il capo della narrativa in Mondadori è l’ottimo scrittore Antonio Franchini. E, a cavallo dell’ultima guerra, il fine letterato Luigi Rusca s’inventò tanto la benemerita Biblioteca Universale Rizzoli quanto i commecialissimi Gialli Mondadori. Due esempi per dire che, ora come un tempo, non è detto che uno scrittore, artista, intellettuale sia insensibile alle ragioni del profitto.

Aneddoto. Quando la Bur uscì in edicola, fu un successo enorme. Si narra che Angelo Rizzoli, padrone ignorante e avido, telefonò a Luigi Rusca per dirgli: “Rusca, lei mi ha preso per il culo! Tanto parlare di cultura: e invece qui si fa un sacco di soldi!”.

5. “E’ inutile spedire opere inedite alle grandi case editrici: le buttano via senza neanche guardarle”. Falso. Nelle grandi case editrici, senza contare il lavoro dei consulenti, ci sono addirittura uffici appositi per la lettura e selezione delle opere inedite inviate autonomamente dagli autori (per le opere presentate da agenti o collaboratori c’è, com’è ovvio, un percorso diverso). Quelli in difficoltà sono gli editori medi e piccoli, che stentano ad affrontare il costo di una lettura continua e attenta di tutto ciò che arriva (s’intenda: migliaia di proposte all’anno).

6. “E’ pericoloso mandare opere inedite alle grandi case editrici: prima ti ignorano, e poi magari vedi la stessa storia o addirittura proprio il tuo testo pubblicato con la firma di un autore famoso”. Falso; anzi: cazzate.

7. “Alle grandi case editrici interessa solo il profitto; le piccole sono tutta un’altra cosa”. Falso, o almeno distorto. Si tratta semplicemente di due modi diversi di fare profitto: speculazione e investimento. Le grandi case editrici fanno sia speculazione sia investimento; i piccoli fanno solo o prevalentemente investimento. Perché? Questione di gusti, senz’altro; ma anche questione di disponibilità. Per speculare ci vuole liquidità immediata, e pure tanta; e ci vuole disponibilità al rischio, che spesso è grosso. Mentre per investire ci vuole molto lavoro: e nella piccola editoria non si contano le persone che si autosfruttano fino allo sfiancamento.

Una mia considerazione di qualche anno fa (2006): “Ci sono gli editori industriali, o Grandi Editori, che fanno quel che fanno: campano di classici e di puttanate (pensateci un mmento: il Più Grande Editore, cioè Mondadori, campa di Classici – gli Oscar – e di Puttanate). Ci sono gli editori di ricerca, che fanno il lavoro di portare alla luce qualcosa che gli editori industriali (troppo impegnati a mungere le due vacche dei classici e delle puttanate) non possono vedere, ma che una volta che sia loro mostrato, possa apparire ai loro occhi come Potenziale Classico o Potenziale Puttanata: quindi qualcosa da investirci su. Questo sistema binario, cioè questo tran-tran, ha funzionato qualche anno fa. Adesso non funziona più. Perché? Perché il mercato, a forza di rimpinzarlo di Classici e Puttanate, Potenziali Classici e Potenziali Puttanate, è diventato un luogo nel quale se non vendi quattromila copie di tutto sei morto”. (Un grazie a Lucio Angelini per aver conservato queste mie perle di saggezza).

8. “Tu puoi scrivere quello che vuoi, tanto poi il romanzo lo fanno riscrivere all’editor”. Tendenzialmente falso; nell’ambito letterario, prossimo alla cazzata. Tra l’altro, la disponibilità a investire nell’editing è maggiore presso gli editori medi (quelli grandi tagliano la spesa, quelli piccoli fanno fatica). L’intervento editoriale sui testi aumenta, e può diventare molto consistente, nei progetti editoriali di genere. L’autore che presenta una trilogia fantasy, per dire, agli occhi dell’editore non produce “letteratura” ma “intrattenimento”; e una trilogia richiede un investimento forte: quindi ci si sta attenti. In questo casi, di solito, l’autorialità sta molto più nei mondi e nelle avventure immaginati che nella scrittura.

9. “Ti conviene autopubblicarti”. Generalmente falso, ma in certi ambiti sta diventando vero (Harlequin, il più grande produttore al mondo di narrativa rosa di grande consumo, ha accusato il colpo: la concorrenza dei libri digitali autoprodotti sta diventando pericolosa). E’ in forte crescita il mercato delle guide turistiche autopubblicate (specie quelle su luoghi molto particolari, per turisti particolari ecc.). Non farete un soldo, però, pubblicando in italiano.

10. “Con i grandi editori, il miglior consiglio è: prendi i soldi e scappa”. Falso. Anche lì, ormai, c’è ben poco da prendere.

77 Risposte to “Dieci leggende false che circolano sul mondo della grande editoria”

  1. Chiara (Appunti a Margine) Says:

    Per quel che riguarda il punto 5, io ho visto questo luogo comune non tanto a proposito delle opere inedite, quanto piuttosto per le opere di autori esordienti…

  2. sonia Says:

    Le sue verità sono dure da digerire perché quando scriviamo pensiamo tutti che la nostra opera sia quanto meno bella, magari i più umili ammettono che potrebbe necessitare di qualche “ritocchino” e nel momento in cui viene ignorata dagli editori e più consolatorio convincersi che non dipenda dalla qualità ma da queste “leggende” (è difficile ammettere che la propria opera non sia così perfetta e originale come pensavamo!)
    Nonostante ciò resto titubante riguardo la veridicità del punto 2…

  3. CineFatti Says:

    Avrei gradito una motivazione più, come dire, “approfondita” al punto 6 😉

    – Francesca

  4. flaviofirmo Says:

    L’ha ribloggato su Flavio Firmo's Blog.

  5. Giulio Mozzi Says:

    Sonia: va’ in libreria; conta quanti sono i libri scritti da star della televisione e dello sport, attrici e attori, cantanti, giornaliste/i e quant’altro; conta quanti sono i libri scritti da persone che non sono né star della televisione o dello sport, né attrici o attori, né cantanti, né giornaliste/i né quant’altro. Poi fa il confronto.

  6. Andy Says:

    Dire che per speculare servono piu’ soldi che per investire, a me suona un po’ contradditorio: la speculazione richiede si’ cifre importanti ma in teoria produce ritorni piu’ veloci mentre per la sostenibilita’ dell’investimento occorre una diversa solidita’ finanziaria, capace di sostenere, appunto, perdite nel breve periodo.

  7. Giulio Mozzi Says:

    CineFatti: c’è poco da “motivare”. Queste cose non succedono, punto. In vent’anni e passa di lavoro nell’editoria non ho mai visto accadere nulla di simile. Ci sono casi di “furto di libri” o di ampie parti di esse nella saggistica (soprattutto quella scolastica e accademica). Ma si tratta di tutt’altra cosa.

    Io una volta fui accusato di plagio. La cosa si smontò quando riuscii a dimostrare che il mio racconto era stato pubblicato prima di quello il cui autore mi accusava di plagio. Semplicemente, avevamo inventato due storie molto simili.

    Poi, ogni tanto, c’è qualcuno che grida allo scandalo, ingigantisce, e non capisce. Per esempio, in un articolo del Fatto quotidiano leggo:

    Melania Mazzucco […] nel romanzo Vita (premio Strega 2003) si è distratta e ha riproposto pagine intere di Guerra e pace di Tolstoj (vedi).

    La cosa divertente è che non si trattava di “pagine intere” ma di singole frasi; e che il prelievo da testi altrui è una pratica letteraria antica, consueta e autorizzata. L’ho fatto anch’io: il mio primo racconto (“Lettera accompagnatoria”, nel libro Questo è il giardino) riutilizzava una dozzina di frasi prelevate dai saggi critici di T. S. Eliot.

    E infatti, in un articolo di Alexandra Voitenko in RussianEcho si legge:

    Tolstoj è presente nel romanzo Vita, la conferma di questa tesi la troviamo nelle citazioni e nei prestiti dalla celebre opera dello scrittore russo nel romanzo italiano in questione. Ma questo problema esula dal valore artistico dell’opera letteraria che esiste come una realtà autonoma, a se stante, e deve essere giudicata come tale. Domandare allo scrittore il perché di questo o quel episodio è un po’ ingenuo, infantile e a volte anche inutile.

    Non so chi sia la signora Voitenko e non so se sia autorevole: cito il suo articolo solo per far notare come si possa affrontare la faccenda da tutto un altro punto di vista.

    Qualcuno oserebbe sostenere che Andy Warhol ha “plagiato” la Coca-Cola?

  8. Lidia Del Gaudio Says:

    Però la foto del coccodrillo non è una leggenda. O sbaglio?

  9. Salvatore Says:

    Stando alle statistiche non ufficiali, ma dichiarate un po’ da tutti, in Italia, ogni anno, viaggiano circa settecentomila manoscritti in attesa di una pubblicazione. Una cifra immensa, sicuramente ripartita tra tutte le case editrici (piccole, medie e grandi), ma in alcuni casi lo stesso manoscritto viene spedito contemporaneamente a più case editrici… La domanda è: davvero riescono a smaltire tutta questa carta da macero? Riesco a leggere tutti, ma proprio tutti i manoscritti che ricevono? Secondo me, sa di racconto: ai confini della realtà. Non posso credere che riescano davvero, anche solo leggendo le due righe iniziali di incipit per ogni manoscritto, a visionarli tutti.

    Nonostante questo, sempre stando a quelle cifre non ufficiali di cui sopra, in Italia, ogni anno, vengono pubblicati settanta mila manoscritti. Vista la qualità di alcuni, è plausibile aspettarsi che una parte di questi sia stata pubblicata senza neanche venire letta.

    Per quanto riguarda l’editing inesistente da parte delle grandi CE, ciò è evidenziato dal numero crescente di refusi presenti nei libri che pubblicano… Forse, oltre l’editing, tagliano anche sul correttore di bozze.

    Caro Mozzi, la prego, non smetta di fare scouting: non ci resta che lei… 🙂

  10. Giulio Mozzi Says:

    Andy: nell’editoria va così. Il prodotto editoriale dal quale si spera un ritorno di lunga durata ha bisogno di un grande investimento di lavoro; il prodotto editoriale dal quale si spera un ritorno veloce ha bisogno di un grande investimento di quattrini. Nel punto 7 questa distinzione mi pare chiara: spero di averla chiarita ancora.

    Bisogna tener conto del fatto che nell’editoria “artigianale” (e intendo quella dove si fa investimento di lavoro) i margini di guadagno sono molto bassi, e i soldi investiti ci mettono un bel po’ a tornare in cassa. Il comparto del libro, per dirla in generale, è cronicamente affetto da scarsezza di liquidità.

    Invito comunque a prendere le parole “investimento” e “speculazione” (in realtà, il contrario della “speculazione” sarebbe la “preveggenza”…) in senso più suggestivo che tecnico.

  11. Michela Volante Says:

    @cineFatti: la spiegazione approfondita al punto 6 è che gli uffici legali della case editrici non hanno nessuna voglia di vedere impelagati i loro marchi in battaglie sulla paternità di un’opera.

  12. Luan Says:

    @Giulio. Resta il mistero del perché, dopo il mio promettente esordio come autore per ragazzi:

    About

    sia bastata la fatwa di una potente dell’editoria giovanile
    per spezzarmi la carriera per sempre:

    NUVOLE A COLAZIONE

  13. Luan Says:

    Forse qui la chiave del mistero.

  14. Andy Says:

    Ok, Giulio, mi sa che la parola chiave nel punto 7 e’ autosfruttamento: stiamo parlando quindi di lavoro mal retribuito (se retributito) grazie al quale le piccole case riescono in qualche modo a sopravvivere in attesa del ritorno dell’investimento (investimento la cui natura adesso mi e’ chiara).

    La preveggenza e’ un elemento fondamentale di tutte le forme di Business (vedi anche Forecast e Forecast Accuracy).

  15. Giulio Mozzi Says:

    Salvatore, scrivi:

    Stando alle statistiche non ufficiali, ma dichiarate un po’ da tutti, in Italia, ogni anno, viaggiano circa settecentomila manoscritti in attesa di una pubblicazione.

    Io questo numero non l’ho mai sentito dire da nessuno; non mi risulta che esistano “statistiche”, benché “non ufficiali”. Da dove tiri fuori questa informazione?

    Poi scrivi:

    …sempre stando a quelle cifre non ufficiali di cui sopra, in Italia, ogni anno, vengono pubblicati settanta mila manoscritti.

    E questa mi pare proprio una cazzata. Ogni anno si pubblicano in Italia, secondo le stime dell’Aie, poco meno di sessantamila “novità”. In questo numero vanno compresi:
    – i libri scolastici,
    – i testi universitari,
    – le nuove edizioni (e i libri scolastici e universitari, per logiche di mercato ben note, rifioriscono frequentemente in “nuove edizioni”),
    – le guide turistiche (anche, per dire, la guida di Pieve di Livinallongo del Col di Lana stampata dal tipografo del posto),
    – le tascabilizzazioni,
    – i libri autoprodotti (non i libri digitali pubblicati in Amazon senza Sbn),
    – il catalogo Ikea,
    – i libri finanziati (da enti pubblici, banche, aziende ecc.),
    – i cataloghi di mostre,
    – la manualistica (es. il manuale per fare la denuncia dei redditi, i manuali per prepararsi ai concorsi, ecc.),
    – eccetera.

    In questa massa, la narrativa è un dettaglio.

  16. Andy Says:

    191 romanzi al giorno in effetti sarebbero troppi anche per un popolo di scrittori non lettori come gli Italiani.

  17. acabarra59 Says:

    “ 30 ottobre 1987 – In Francia 202 romanzi alla rentrée d’autunno. « Une abondance absurde » (Lire). “ [*]
    [*] La s-formazione dello scrittore / 281

  18. Salvatore Says:

    Giulio:

    “Nel 2013, i circa 1.600 editori attivi censiti hanno pubblicato 61.966 titoli ed hanno stampato oltre 181 milioni di copie: circa tre per ogni cittadino italiano”. (http://www.istat.it/it/archivio/145294 bisogna però scaricare il testo integrale). Poco meno di settantamila, come dicevo, ma in questa cifra la percentuale di narrativa è tutt’altro che simbolica, semmai è la voce più importante. Non si capisce bene se in questi 60 mila testi sono comprese anche le ristampe dei classici. Non ho il tempo adesso di approfondire, ma se vuoi ci torniamo.

    Per quanto riguarda la cifra sui manoscritti che arrivano ogni anno nelle case editrici, avevo letto quel dato da più fonti, andarle adesso a ripescare risulta difficile.

    Forse se ne trova traccia qui in mezzo: http://www.writersdream.org/forum/topic/19242-dialoghi-con-mattia-signorini/ ma è una discussione lunga 23 pagine e sinceramente non ho il tempo di spulciarla, di nuovo.

    Comunque, sei più esperto tu di me, nel campo dell’editoria. Se dici che di manoscritti alle case editrici ne arrivano pochi e vengono letti tutti… ok. Meglio per noi.

  19. giudicemeschino Says:

    Non concordo con i punti 5 e 6.
    Punto 5. Mandavo i miei dattiloscritti alle grandi case editrici. Non li leggevano. Non li possono leggere: ne arrivano troppi, migliaia in un anno. Sono stato pubblicato perché uno, importante nella narrativa, s’è accorto di me e mi ha segnalato.
    Punto 6. Molti anni fa ho inviato un dattiloscritto a una casa editrice emergente, e oggi di spessore, a cui ero stato segnalato. Mi aveva inserito nei nuovi autori da pubblicare, salvo ritrattare tre mesi dopo. Ho poi visto la mia storia nel romanzo di uno scrittore di successo. Chiarisco: “la mia storia”, nel senso che il tizio non ha messo il suo nome sul mio dattiloscritto, ha romanzato gli stessi eventi con parole tutte sue. Cioè, quando mancano le idee, può succedere che le si rubi ad altri, solo questo, che non è poco

  20. Giulio Mozzi Says:

    Mimmo Gangemi (giudicemeschino): qual è il “romanzo di uno scrittore di successo” del quale parli? Titolo, autore, editore; esito della causa.

    Salvatore: nell’articolo dell’Istat che citi si trova questa tabella:

    Clicca sulla tabella per ingrandirla

    Clicca sulla tabella per ingrandirla

    (Ah: 61.966 non è “poco meno di settantamila”; io parlavo di “poco meno di sessantamila” perché ho in mente i dati 2014, che non ho sottomano, in calo rispetto al 2013).

    Nello stesso articolo si legge:

    Quasi un libro su quattro (23,8%) tra quelli pubblicati nel 2013 è un testo letterario moderno, un’ampia categoria che comprende romanzi, racconti, libri gialli e d’avventura, nonché libri di poesia e testi teatrali. In particolare, gli oltre 10.000 romanzi e racconti pubblicati costituiscono il 17,3% dei titoli e il 27,5% delle copie stampate nel 2013.

    Sicuramente la narrativa è “la voce più importante” (il mio “è un dettaglio” era un invito a non sopravvalutarla). Bisogna tener conto di un fatto non proprio marginale: la narrativa ha rese più alte di tutto il resto (a es., nella scolastica le rese sono minime).

    Nelle “novità” sono comprese anche tutte le nuove edizioni di classici. Se Newton Compton fa un’edizione dei Promessi sposi a 1 euro, è una novità. Se la ricicla sei mesi dopo con un’altra copertina, è un’altra novità.

    Infine, Salvatore, scrivi:

    Se dici che di manoscritti alle case editrici ne arrivano pochi e vengono letti tutti…

    Vedi il punto 5, ultima frase. Non attribuirmi cazzate, per piacere.

  21. Sonder Says:

    qualcuno doveva fare questo post.
    applausi.

  22. Carlo Capone Says:

    Il decalogo di Giulio mi appare incisivo. Quindi potrei semetterla qui.
    Però alcune parole andrebbero spese sull’accesso al credito di una impresa editoriale di qualsiasi dimensione. Per ottenerlo le mayor offrono in garanzia megastore di proprietà, importanza del catalogo, spesso una propria rete distributiva, eccetera. Un flusso costante di denaro ne consentirà la massima diversificazione nell’offerta dei suoi prodotti, e come è noto la diversicazione è l’anima del profitto. Cade, insomma, il dilemma tra pubblicazione alta e bassa, fra edizione di autori affermati e esordienti, o l’imbarazzo di pubblicare anche guide ( locali e non), manuali per superare i testi universitari, ricettari di erbe e cucine, e tant’altro.

    Diversamente le medie e le piccole, inermi di fronte all’afflusso di capitali in prestito. Esse sono ‘costrette’ a investire in esordienti (strategia che peraltro m’attizza parecchio), così rischiando moltissimo. Personalmente non aprirei mai un’attività commerciale o industriale senza essere sicuro del sostegno creditizio. Mi chiedo perciò come diavolo facciano a sopravvivere, visto che l’editore moderno, di qualunque grandezza, è ormai un dirigente d’azienda.

  23. Daniela Grandinetti Says:

    Devo dire che apprezzo sempre la grande onestà intellettuale di Giulio Mozzi e la sua infallibile lucidità. Leggendo in qua e in là gli argomenti ho la sensazione che manchi un tantino di umiltà. Io scrivo, ma non mi ritengo una scrittrice. Vinco concorsi, ma so bene che al romanzo che sto scrivendo da tre anni manca coesione e forza e mi trattengo dal mandarlo a un editore. Non voglio “sfondare”. Voglio avere qualcosa da raccontare per cui valga la pena e vorrei farlo bene.
    Ciò detto (non per definirmi “umile” e incensarmi) la cosa vera è che in Italia (se le statistiche hanno ragione perchè sono numeri e non parole) si scrive più di quanto si legge.
    Qualche anno fa (per raccontare un’esperienza) un medio editore mi fece una proposta di pubblicazione (gli era piaciuto un racconto e si sono presi un romanzo che avevo scritto, neanche finito) Lanciavano una nuova collana di scrittori emergenti, tutte opere prime. Bella azione di scouting. Io non stavo nella pelle per un’occasione piovuta dal cielo e non ho certo esitato ad accettare. Non mi hanno chiesto una lira, sono stati accurati, ma niente editing. Bene, tornassi indietro non lo farei. Quell’editore dopo due anni non ce l’ha fatta a portare avanti il progetto, la distribuzione era inesistente. Con onestà ha fatto proposta, per chi volesse, di recessione dal contratto. Ho provato l’ebbrezza della pubblicazione, ma ho bruciato un romanzo al quale avevo lavorato molto ma che non era ancora pronto.
    Tutti pensiamo di scrivere cose bellissime, ma mercato e bellezza sono due cose diverse, quindi dipende dall’obiettivo che ci poniamo. E finisce che intasiamo le linee, protesi come siamo a pretendere attenzione.

  24. Giulio Mozzi Says:

    Daniela, scrivi:

    …la cosa vera è che in Italia (se le statistiche hanno ragione perchè sono numeri e non parole) si scrive più di quanto si legge.

    Ma a me non risulta che esistano statistiche su quanto si scrive. Salvatore ha parlato poco fa di settecentomila opere inedite annualmente proposte agli editori sulla base di “statistiche non ufficiali”; a me tutto questo è suonato nuovo e anche un po’ assurdo (ma che saranno, queste “statistiche non ufficiali” sul numero degli scriventi?); richiesto della fonte della notizia, Salvatore ha risposto: “Avevo letto quel dato da più fonti, andarle adesso a ripescare risulta difficile”. Ovvero, temo che stiamo parlando del nulla: sicuramente non di numeri.

  25. cordaiogiudicemeschino Says:

    Giulio Mozzi, non c’è nessun esito della causa perché non ho denunciato, allora troppo piccolo io e un colosso lui (un colosso di vendita, chè non credo resterà granché della sua opera). Perciò, niente nome e niente titolo. Credimi per fede: è così 🙂

  26. Salvatore Says:

    Giulio, sei ingiusto. Certo, non saranno cifre precise, ma nel link che ti ho inserito, Mattia Signorini parla di 300 manoscritti al mese solo per la sua agenzia. Ora, se vogliamo ragionare così, fra amici: in Italia ci sono 1600 case editrici certificate (come da link dell’Istat). Anche fossero solo 50 manoscritti al mese, ognuna ne riceverebbe 600 l’anno. Che per 1600 case editrici fanno: 960 mila manoscritti. Ora, mettici che non è tutta narrativa, mettici che molti manoscritti vengono inviati a più case editrici… ma la cifra (di settecentomila) che ti avevo indicato non mi sembra così lontana dalla realtà. Certo, non è un numero santificato dall’Istat, ma è un numero ragionevole. Da Marsilio, ad esempio, quanti manoscritti ricevete al mese? Questo sarebbe un dato interessante da sapere, no? Tu quanti ne ricevi al mese, personalmente? Anche questo è un dato interessante. Ripeto: non sono cifre certe, ma buone ipotesi. Sbaglio?

  27. Dieci leggende false che circolano sul mondo della grande editoria | vibrisse, bollettino | alessandrapeluso Says:

    […] Dieci leggende false che circolano sul mondo della grande editoria | vibrisse, bollettino. […]

  28. Giulio Mozzi Says:

    Salvatore, le 1.600 case editrici esistenti non sono mica tutte come Mondadori. “Casa editrice” può essere anche un libraio che, avendo la sede davanti all’università, pubblica eserciziari di analisi uno. Costui non riceve mica opere letterarie. Dall’articolo che tu stesso citi:

    Oltre la metà degli editori attivi (58,4%) pubblica meno di 10 titoli all’anno. I medi editori rappresentano il 29,2% del totale e pubblicano non più di 50 titoli, mentre i grandi marchi editoriali sono il 12,4% degli editori.

    Poi: se l’agenzia per la quale lavora Mattia Signorini riceve 300 opere al mese, sono pronto a scommettere che di quelle 300 un bel po’ ne ricevo anch’io. Ovvero: anche ammettendo che ci siano in circolazione – come dal tuo secondo me del tutto infondato calcolo – 960 mila dattiloscritti, si tratta di 960 dattiloscritti, non di 960 mila opere. Basta ipotizzare che ogni autore proponga la sua opera a dieci soggetti diversi, e già le opere in circolazione diventano 96 mila. Sempre tante, ma un bel po’ di meno.

    Insomma: prima di sparare numeri a caso, io ci penserei sopra.

    Mimmo (giudicemeschino): no, non ti credo “per fede”.

  29. Salvatore Says:

    Sì, certo, quello che dici è ragionevole.

  30. mariagiannalia Says:

    Sarei curiosa di sapere in che modo gli editori scelgono i i libri da pubblicare se il primo criterio è il loro profitto. Mi spiego meglio: esclusi gli autori giù noti e di successo, per quanto riguarda gli esordienti, come fanno a stabilire con ragionevole sicurezza che quel libro/autore si potrà vendere bene sulla piazza?
    Quando vado in libreria (spesso) mi attardo a guardare i libri degli esordienti, li sfoglio e leggo una buona parte dell’incipit ( ho molto tempo evidentemente) per farmi un’idea. Io trovo che si assomiglino un po’ tutti, sia nella scrittura che nella struttura. Quando guardo i libri degli acquirenti,noto che spesso si tratta di classici e non di novità. La libreria che frequento è la Feltrinelli, la più grande, e anche quella più di “massa” che c’è nella mia città.
    Non è possibile che talvolta quei libri scelti sulla base di un possibile profitto, si rivelino dei grandi flop?

  31. giudicemeschino Says:

    Non puoi pretendere che io dia in pasto a chi ci legge – con tutto il rispetto per chi lo fa – nome cognome e titolo del libro in questione. Se ci incontreremo – e mi pare possibile, visto che combaciamo in alcune case editrici – te lo dimostrerò carte alla mano.

  32. Giulio Mozzi Says:

    Mimmo: se pretendi che io creda a qualcosa, devi almeno dirmi a cosa pretendi che io creda. Io non sono disposto a credere che una persona che non si sa chi sia abbia copiato, in un romanzo che non si sa qual è, la storia di un romanzo tuo che non si può leggere perché ce l’hai solo tu.

    Scusa, eh.

    Nemmeno i ciclopi credettero a Polifemo, quando disse loro che Nessuno l’aveva ciecato.

  33. Giulio Mozzi Says:

    Maria, dà un’occhiata al saggio di Luca Pareschi intitolato La selezione degli inediti di narrativa nel campo editoriale contemporaneo: prima parte, seconda parte.

  34. Daniela Grandinetti Says:

    Giulio, non esistono statistiche (credo) ma oltre 3.500 opere iscritte al concorso letterario Io scrittore sono una cifra indicativa

  35. giudicemeschino Says:

    ma che dici, Giulio? Ti pare che mi metto a inventare frottole? E a quale scopo?. Sono due romanzi pubblicati, il mio un anno prima. Non importa, comunque. Facciamo finta che abbiamo fatto solo chiacchiere per passare il tempo.

  36. acabarra59 Says:

    “ Giovedì 16 aprile 2015 – Quei bischeri dei ciclopi “ [*]
    [*] La s-formazione dello scrittore / 282

  37. Giulio Mozzi Says:

    Daniela: non dubito che siano tante, le opere inedie in circolazione; io stesso ne ricevo milledue l’anno (più o meno). Ma da qui a ipotizzare cifre come ha fatto Salvatore, ci andrei cauto.

    Mimmo: e dunque, se si tratta di due romanzi pubblicati, perché non ci dici quali?
    Qualcuno sostiene che tu dici frottole? Non mi pare. Ma, visto che è così facile provare quello che pubblicamente dici, e tuttavia ti rifiuti di pubblicamente provarlo, io sospendo la mia disponibilità a credere.

    (Avevo capito che il tuo non fosse stato pubblicato, perché tu hai scritto: “Mi aveva inserito nei nuovi autori da pubblicare, salvo ritrattare tre mesi dopo. Ho poi visto la mia storia nel romanzo di uno scrittore di successo”).

  38. Edo Says:

    Mah…

  39. acabarra59 Says:

    “ 24 gennaio 1986 – La signora Corvini porta spesso un maglione grigio. Ce l’aveva anche ieri quando mi ha spiegato come si schedano i libri. Io le ho detto che lo sapevo già ma una rinfrescatina andava benissimo. In ogni caso le prime schede le vorrà controllare lei stessa naturalmente ho aggiunto. Mi è sembrato che annuisse. Stavamo seduti uno accanto all’altra davanti a un tavolino piuttosto basso. Mi mostrava dei fogli con su stampati dei facsimile di scheda. Quando si è accostata al bordo del tavolo per leggere una parola ho sentito che il maglione cioè il seno sfiorava il dorso della mia mano appoggiata lì. « Mah?? », ha fatto lei guardandomi con una specie di sdegno e si è raddrizzata. Poi ha ripreso a spiegare e ha continuato per un bel po’ come se niente fosse. Così mi sono meravigliato quando chinandosi di nuovo è restata a lungo con il maglione cioè il seno premuto sulla mia mano immobile. Ho sentito benissimo che è morbido e piuttosto abbondante non ci si aspetterebbe in un tipo così angoloso. “ [*]
    [*] La s-formazione dello scrittore / 283

  40. Giancarlo Rosati Says:

    Post alquanto contraddittorio… Ho letto sullo stesso blog che invece le grandi case editrici non hanno mai pubblicato qualcosa che è stato inviato in maniera spontanea, parole riportate e dette da Franchini in un’intervista se non sbaglio… comunque non è questo il punto. Io penso che si guardi molto più al nome che non all’opera nella grande editoria, l’opera o il testo viene in secondo luogo, ed è triste secondo me. Per il resto occorre sempre una segnalazione per pubblicare, l’invio spontaneo non avrebbe funzionato nemmeno per il vecchio e il mare , penso lo avrebbero scartato.

  41. RobySan Says:

    …Resta immobile, e vêr la terra inchina
    un ginocchio a pregar…

  42. mauro b. Says:

    “Oramai si può dire con verità, massime in Italia, che sono più di numero gli scrittori che i lettori (giacchè gran parte degli scrittori non legge, o legge men che non iscrive). Quindi ancora si vegga che gloria si possa sperare in letteratura. In Italia si può dire che chi legge, non legge che per iscrivere; quindi non pensa che a sé, ecc. (Pisa, 5 Feb. 1828) … Zibaldone

    Beh, se ci si metteva pure lui…

  43. RobySan Says:

    Nel 1828 (e pure un po’ dopo) la maggior parte della popolazione era analfabeta!

    Da Wikipedia:

    All’indomani dell’unificazione, nel 1861, l’Italia contava una media del 78% di analfabeti con punte massime del 91% in Sardegna e del 90 % in Calabria e Sicilia, bilanciata dai valori minimi del 57% in Piemonte e del 60% in Lombardia.[1] Nello stesso periodo – 1850 – le percentuali di analfabeti in Europa erano del 10% in Svezia, del 20% in Prussia e Scozia, del 75% in Spagna e del 90% in Russia.[2]

  44. Ludovico Says:

    non capisco troppo il punto 10: si intende che ormai anche i grandi editori di anticipo pagano poco?

  45. saracappellini Says:

    L’ha ribloggato su (uno, nessuno e) Centomila librie ha commentato:
    “Ci sono gli editori industriali, o Grandi Editori, che fanno quel che fanno: campano di classici e di puttanate (pensateci un mmento: il Più Grande Editore, cioè Mondadori, campa di Classici – gli Oscar – e di Puttanate). Ci sono gli editori di ricerca, che fanno il lavoro di portare alla luce qualcosa che gli editori industriali (troppo impegnati a mungere le due vacche dei classici e delle puttanate) non possono vedere, ma che una volta che sia loro mostrato, possa apparire ai loro occhi come Potenziale Classico o Potenziale Puttanata: quindi qualcosa da investirci su. Questo sistema binario, cioè questo tran-tran, ha funzionato qualche anno fa. Adesso non funziona più. Perché? Perché il mercato, a forza di rimpinzarlo di Classici e Puttanate, Potenziali Classici e Potenziali Puttanate, è diventato un luogo nel quale se non vendi quattromila copie di tutto sei morto”

  46. Leonardo Says:

    Davvero interessante, sembra avere tutto molto senso.
    Ne emerge una realtà molto più promettente di quello che si sente dire, uno scrittore esordiente dovrebbe uscirne rincuorato (a meno che i soldi non siano la sua motivazione principale).

  47. acabarra59 Says:

    “ Domenica 19 aprile 2015 – « Mi vergogno a dirlo… Proust… », dice Francesco Piccolo quando gli chiedono qual è il libro più importante che ha letto. E io penso che dice bene, perché, effettivamente, c’è da vergognarsi, a dire, ad ammettere, a confessare di avere letto Proust. Anzi, di avere letto. Anzi, di leggere. Perché, diciamo la verità, non lo fa nessuno. Perché è una cosa strana, che, a pensarci bene, non si sa bene cos’è. Forse è soltanto un tenere gli occhi bassi, gli occhi chini, sopra qualcosa, un foglio – uno schermo? -, per non alzarli, per non vedere quello che c’è oltre il foglio – oltre lo schermo? Per non vedere quello che c’è. Per non vedere. Perché quello che c’è è terribile, perché ci incute paura, ci spaventa a morte. Perché non ci aiuta nessuno, nessuno ci consola del nostro essere spaventati. Nessuno ci prende la mano, nessuno ci parla. Con una voce che conosciamo, che ci conosce, ci vuole bene, così come siamo. Perché per leggere ci vuole tempo, e tempo non c’è. Che poi, a pensarci bene, anche il tempo non si sa bene che cosa sia. Il sospetto che non esista ci fa spaventare. Ci fa vergognare: anche il tempo è una cosa a cui non pensa nessuno. “.

  48. acabarra59 Says:

    [Segue dal post precedente] (Chi non si vergogna è Gianni Riotta. Perché fa le domande. Perché va in aereo. Perché va in America. Perché ha sempre la citazione pronta. Perché ha la barba finta, il naso finto, gli occhiali finti. Perché è un giornalista, insomma) [*]
    [*] La s-formazione dello scrittore / 284

  49. Giulio Mozzi Says:

    Giancarlo, scrivi:

    Post alquanto contraddittorio… Ho letto sullo stesso blog che invece le grandi case editrici non hanno mai pubblicato qualcosa che è stato inviato in maniera spontanea, parole riportate e dette da Franchini in un’intervista se non sbaglio…

    Franchini parlava per Mondadori, e solo per Mondadori. Se tieni conto che quasi tutto ciò che viene inviato “in maniera spontanea” alle case editrici è molto brutto, vedi che non c’è nessuna contraddizione.

    Ludovico: eh sì.

  50. Pensieri Oziosi Says:

    Quello che si pubblica troppo sembra essere uno dei luoghi comuni più ricorrenti. Al Leopardi citato qui sopra rispondo con un Niccolò Perotti del 1536:

    «Ora che chiunque può stampare ciò che gli pare, succede spesso che invece di cose buone vengano scritte cose da dimenticare, o, ancor meglio, da eliminare da tutti i libri.» [mia traduzione]

  51. Pensieri Oziosi Says:

    Dalla pagina Istat lincata sopra si possono scaricare anche i file excel con dati più dettagliati.

    Delle 61’966 opere pubblicate nel 2013, 14’723 sono classificate come testi letterari moderni:
    2’014 di poesia e teatro,
    2’006 gialli e libri di avventura,
    10’703 altri romanzi e racconti.

    Di questi ultimi 8’751 sono per adulti, 99 sono per le scuole e 1853 sono per ragazzi.

    Dei 8’751 romanzi e libri di racconti per adulti 6’656 sono prime edizioni, il resto sono ristampe ed edizioni successive.

    Dei 10’703 romanzi e racconti pubblicati, 7’142 (=7’331-189) sono in italiano come lingua originale, pari al 66,73%. Il resto sono edizioni in lingua straniera (189) ed il resto traduzioni.

    Applicando la stessa percentuale al numero di prime edizioni per adulti si ottiene la stima di 4442 nuovi libri di narrativa italiani nel 2013.

  52. Giulio Mozzi Says:

    Grazie, P. O. – Devo comperarmi un Excel nuovo (quello che ho, del 1997, non riesce ad aprire quei documenti là); e l’imitazione gratuita me li sbilenca tutti.

    Però includerei nella categoria “libri di narrativa” anche i “gialli e libri di avventura”. Che poi non so come l’Istat distingua i generi letterari (e perché non conta a parte i romanzi rosa? Misteri).

  53. Dieci leggende false che circolano sul mondo della grande editoria | eDue Says:

    […] Da Dieci leggende false che circolano sul mondo della grande editoria | vibrisse, bollettino. […]

  54. ilcomizietto Says:

    Già detto, ma forse sottolineato poco: nessuno, ma proprio nessuno, può sapere in anticipo se un’opera avrà successo o meno. Pubblicare è un rischio, grande, per tutti. Quindi sì: è facile che ottimi scritti passino inosservati, come succede che grandi boiate vengano pubblicate. Tutto questo, però, lo si sa a *posteriori*. Non è un dettaglio.

    Sul plagio: cosa si intende per copiare? Avere la stessa trama o la stessa situazione non è copiare, fino a quando le parole usate sono diverse, almeno per me. (Poi però ci sono anche questioni legali che ignoro e mi fermo qui.)

  55. Pensieri Oziosi Says:

    Giusto, Giulio.

    Indichiamo allora con libri di narrativa quelli che l’Istat chiama libri di avventura e gialli + altri romanzi e racconti. Questa classificazione, lo ricordiamo, esclude i classici che sono contati a parte.

    Si ottiene che dei 61’966 titoli pubblicati nel 2013, quelli di narrativa sono 12’709.

    Di questi 10’366 sono per adulti, 2’177 per ragazzi e 166 per le scuole.

    Dei 10’366 libri di narrativa per adulti, le prime edizioni sono 7’474, le edizioni successive sono 497 e le ristampe 2’395.

    Delle 12’709 opere di narrativa, 8’095 sono originalmente in italiano, 220 sono in lingua straniera, e 4’394 sono traduzioni. Percentualmente, i libri originalmente in italiano sono 63,70% delle opere di narrativa.

    Applicando la stessa percentuale al numero di prime edizioni per adulti si ottiene la stima di 4’761 nuovi libri di narrativa italiana per adulti nel 2013.

    Ripeto: dei 61’966 titoli pubblicati nel 2013, le prime edizioni di narrativa italiana per adulti sono 4’761, pari al 7,68% del totale.

    P.S. Qui da casa i file li ho aperti con OpenOffice, magari puoi provare con sheets.google.com. Comunque, complimenti, il tuo Excel diventa maggiorenne quest’anno…

  56. Bibolotty Says:

    Buongiorno, mi farebbe allora piacere capire come mai, visto che si analizza con calma e serenità, se le case editrici hanno un ufficio apposito con personale pagato per leggere i manoscritti come lei sostiene e non ho dubbi ovviamente a credere sia così, ecco, come mai non inviino neppure una mail di default perché lo scrittore possa almeno avere l’illusione di contare qualcosa, come essere umano, al di là di come scrive. Ci siamo incafoniti tutti oppure è la punizione riservata agli imbecilli? Per quanti concerne i libri pubblicati da VIP facciamo un’altra conta signor Mozzi: quanti VIP ci sono in Italia e quanti hanno pubblicato libri negli ultimi anni? Poi contiamo i comuni mortali e in proporzione quanto hanno pubblicato loro, poveri sciocchi, vedrà che vinceranno i VIP e di molto. Un conticino così vien facile anche a occhio. Grazie comunque per i suoi articoli sempre interessanti.

  57. Bibolotty Says:

    Ah, e a proposito di legami e parentele vorrei segnalarle questo simpatico articolo che fornisce un punto di vista diverso http://www.corriere.it/cultura/14_maggio_26/palude-scrittori-8621e200-e4c4-11e3-8e3e-8f5de4ddd12f.shtml Ancora grazie per lo spazio di discussione e confronto.

  58. Giulio Mozzi Says:

    Grazie, P.O.

    Bibolotty: generalmente gli editori rispondono, anche negativamente, quando sembra loro che valga la pena di rispondere. Personalmente ritengo che nella grande maggioranza dei casi non valga la pena di rispondere.
    Mi pare che l’articolo di Cordelli al quale rinvii non c’entri nulla. Degli scrittori citati, Giorgio Falco arrivò alla pubblicazione senza nessuna “spinta”: e ne sono certo, perché pubblicai io il suo primo libro. Giorgio Vasta arrivò alla pubblicazione dopo parecchi anni di (assai stimato) lavoro editoriale. Walter Siti arrivò alla pubblicazione d’un romanzo dopo parecchi anni di (assai stimato) lavoro accademico e critico. Giorgio Ficara ha pubblicato alcune opere al limite tra saggio e romanzo (Riviera), anche lui dopo parecchi anni di (assai stimato) lavoro accademico e critico.
    Dunque?

  59. Pensieri Oziosi Says:

    Per curiosità sono andata a vedere il catalogo della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze cercando di identificare i libri di narrativa italiana del 2013 ivi raccolti.

    Il risultato della ricerca è stato di soli 292, meno di quanto mi sarei aspettata sulla base dei dati Istat (ricordo la stima calcolata qui sopra di 4761). Evidentemente non tutto giunge alla BNCF e non tutto viene classificato correttamente — nella ricerca ho adoperato il codice Dewey 853.92 (Narrativa Italiana); se qualcuno ha idee migliori su come interrogare il catalogo mi faccia sapere.

    Comunque il vantaggio è che la lista di poco meno di 300 titoli si fa presto a scorrere. Quanti di questi sono di VIP?

    Operativamente, chiamiamo “VIP” gente che è diventata famosa in altri campi prima di pubblicare narrativa. Nella lista io ho riconosciuto 12 nomi di questo tipo:

    Vittorino Andreoli
    Arisa
    Mimmo Calopresti
    Francesca Comencini
    Dario Franceschini
    Cinzia Leone
    Vladimir Luxuria
    Anna Marchesini
    Ferzan Ozpetek
    Rocco Papaleo
    Alfonso Signorini
    Fabio Volo

    In alcuni di questi casi sono stata generosa: se l’idea è che un editore pubblica un libro di un “VIP” per sfruttarne il richiamo del nome, in alcuni di questi casi non so quanto possa essere stato un grande affare. Per quanto riguarda Volo, il motivo principale per cui viene pubblicato nel 2013 non è certo perché personalità televisiva, ma perché confermato scrittore di successo.

    Comunque, rimane il fatto che il numero è di 12 su 292, pari al 4%.

  60. Jodie Says:

    La mia domanda forse non c’entra niente con le 10 leggende, ma vorrei la sua opinione di addetto ai lavori.

    Rizzoli (dico un nome a caso, ma è quello che m’interessa) ha pubblicato (tra gli altri) un tale libro sulla droga. Potrebbe sponsorizzare l’autore per consentirgli di svolgere incontri e dibattiti sull’argomento, da qulche anno dimenticato.
    Infatti sembra che a parte la grandi discussioni di trent’anni fa sui metodi di certe comunità (che, passato il dibattito, hanno continuato a salvare vite), la cosa si sia un po’ assopita…
    mentre il problema, al contrario, si è enormemente amplificato, coinvolgendo soggetti sempre di minore età e in numero più vasto, in ogni categoria sociale.

    Suddetto libro pare aver venduto parecchio (stando a quanto dite, così si può catalogare una media di oltre 4000 copie annue), ma l’editore lo considera di così scarso interesse da non voler continuare la ristampa (ne aveva fatte 3 solo il primo anno).

    Per convincerli a riconsiderare una ristampa, è plausibile l’idea di coinvolgerli in una sponsorizzazione per una campagna di sensibilizzazione sociale? In pratice gli regaliamo la promozione, che preferiamo fare in modo molto più serio e meno commerciale, ma riproponiamo il marchio ad libitum.

    Che ne pensa?

    Grazie.

  61. Giulio Mozzi Says:

    P.O.: stando a una ricerca di un gruppo di lavoro guidato da Michele Rak (pubblicata in un volume Liguori che in questo momento non riesco a trovare: vado dunque a memoria), l’editore italiano che mediamente pubblica più titoli di narrativa italiana è Albatros/Il filo.
    Che non compare nella tua ricerca.
    Possiamo fare l’ipotesi che le pubblicazioni di certi editori notoriamente spazzatura finiscano nel cestino anziché nel catalogo della Nazionale di Firenze? O che tali editori spazzatura non si curino di consegnare le copie d’obbligo? (Sempre che esistano ancora le copie d’obbligo: non sono molto aggiornato).

    Jodie: a una domanda su uno specifico libro, corredata da informazioni, forse si può rispondere. Non a una domanda indeterminata come la tua. “Libro sulla droga” può voler dire di tutto e quindi non dice nulla (è un romanzo? un saggio? che approccio ha? consiglia l’uso delle droghe? lo sconsiglia? ecc.). L’editore non capisco se sia Rizzoli o no. Il libro “pare” aver venduto “parecchio”: ma “pare”, a casa mia, significa che la cosa non è certa; e “parecchio”, fin dai tempi di Giolitti, è parola che non si sa cosa voglia dire. Non si capisce chi potrebbe o vorrebbe organizare la “campagna di sensibilizzazione”.

  62. Pensieri Oziosi Says:

    Ho provato a vedere. Nel catalogo BNCF si trovano 368 libri di Albatros/Il Filo pubblicati nel 2010, nessuno dei quali ha però la classificazione Dewey 853.92.

    Se faccio però una ricerca con lo stesso editore per gli anni a partire dal 2012 ottengo in tutto 15 titoli.

    Sono quindi i libri più recenti di Albatros/Il Filo ad essere scarsamente rappresentati nel catalogo, non so se a causa di ritardi nell’archiviazione o se a causa di una “dimenticanza” dell’editore. L’obbligo di deposito legale è comunque tuttora presente (non metto il link, se no sforo nello spam).

    Rimane anche il problema che i libri di Albatros/Il Filo presenti in catalogo non sono comunque classificati, e sarebbero perciò invisibili in una ricerca di libri di narrativa italiana come ho fatto io.

  63. Gianni Parlato Says:

    5.
    A. Franchini in più interviste ha sempre detto che purtroppo tutti quei faldoni che arrivavano in redazione non venivano per niente presi in considerazione (e lo dice anche con un tono dispiaciuto) e che lui ha solo amici che si interessano di letteratura e segue indicazioni di questi. Inoltre, spinge molto verso le agenzie letterarie.
    Feltrinelli è un bunker: nemmeno a parlarne.
    Rizzoli, sul sito dice di chiamare il num. telf. riportato e se chiami, ti rispondono ridanciani signori dicendo che…”boh? quello è l’officina di stampa!”

  64. Giulio Mozzi Says:

    No, Franchini – in più interviste e articoli – dice un’altra cosa. Dice che fino a una ventina d’anni all’incirca fa la quantità di roba che arrivava in Mondadori era tale che più o meno tutti i testi potevano essere letti con attenzione, magari più di una volta.
    Adesso la quantità è tale che non si riesce a starci dietro.
    Mi rifiuto di credere che Antonio Franchini abbia mai detto (neanche una sera in cui era ubriaco ecc.) una frase del tipo:

    …lui ha solo amici che si interessano di letteratura e segue indicazioni di questi…

    Mi rifiuto di crederlo come mi rifiuterei di credere che Franchini abbia seriamente sostenuto che gli asini volano.

  65. Jodie Says:

    Giusto.
    Libro scritto da uno sbirro antidroga per le strade di Milano, che descrive quanto sia facile oggi diventare spacciatore per più o meno buoni motivi: per mandare i soldi a casa, comprare la playstation al figlio… e come a farlo siano madri e padri di famiglia che coinvolgono anche il figlioletto di 12 anni.

    Libro edito da Rizzoli nel 2010 in 5000 copie, diventate presto 8000. A mia specifica richiesta di acquistare l’invenduto, esso mi è stato quantificato in 800 copie.

    Motivo dell’acquisto: un padre del figlio morto a 16 anni per aver assaggiato la sua prima volta un “francobollo”, va nelle scuole a raccontare l’episodio e ad ammonire la falsità della frase “per una volta non succede niente”.
    Abbinare alla sua presenza anche il libro vissuto in prima persona (dicesi saggio? Non so) sembrava una buona idea. Lasciare l’incontro con qualcosa di utile in mano sembrava un buon modo per allertare i ragazzi che, a parte la facilità di trovarla e spacciarla, ogni tanto per strada s’incontra anche qualcuno col distintivo… e quella in questura non è proprio una passeggiata!

  66. simosalomoni Says:

    Segnalo che Edoardo Camurri, questa mattina, a Pagina Tre su Radio 3, ha parlato di questo articolo.

  67. Giulio Mozzi Says:

    Anche lui! Allora è una mania… (Grazie, Simone).

    Per i curiosi, si può ascoltare qui. Dal ventesimo minuto in poi (è solo un accenno).

  68. Giulio Mozzi Says:

    Jodie, riesci a scrivere il nome dell’autore e il titolo del libro?

    Se la tiratura complessiva è stata di 8.000 copie, e se oggi in magazzino ne restano 800, ciò non significa che ne siano state vendute 7.200. Spesso i grandi editori, per esigenze di spazio in magazzino, mandano al macero piccoli o grandi quantitativi di libri. Mettiamo comunque che siano 7.200 copie: bisogna vedere qual è la curva, se cioè sono state vendute tutte all’inizio della vita del libro o se c’è stata una vendita continuativa. Nel primo caso una ristampa è inopportuna, nel secondo potrebbe essere opportuna. Comunque bisognerebbe sapere se 7,200 copie per Rizzoli sono un risultato buono o no (a occhio, lo classificherei come “accettabile”, a meno che all’autore non sia stato dato un acconto sui diritti troppo alto).

    Con quale sconto ti hanno proposto l’invenduto? Se il libro ha sostanzialmente smesso di vendere, dovrebbero proporti uno sconto alto (tipo il 90% sul prezzo di copertina).

  69. silandcor Says:

    Leggende n. 3, 5 e 7
    Ho lavorato come lettrice (aiuto-redazione) per una grande casa editrice per dieci anni: leggevo i manoscritti che arrivavano sulla scrivania di un redattore e ne facevo una scheda di presentazione – riassunto della trama, indicazioni sullo stile, consiglio a favore o meno della pubblicazione. Questo permetteva al redattore di capire se valeva la pena che il manoscritto venisse letto da lui e da qualcun altro in redazione. C’erano almeno quattro – cinque altri lettori come me che lavoravano per quel redattore, il quale non era l’unico a occuparsi di manoscritti e non solo di quello si occupava. In dieci anni mi sono passati sotto gli occhi alcuni conoscenti di scrittori importanti (con lettere di accompagnamento e presentazione, che il redattore mi invitava a ignorare nel giudizio) ma anche e SOPRATTUTTO scrittori esordienti o inediti. Mi è capitata la fortuna di leggere autori che da lì a poco sarebbero diventati “famosi”, che la stessa casa editrice per cui lavoravo ha rifiutato e che sono stati pubblicati altrove, che mi piacevano, che piacevano a tanti in redazione, ma che al momento non furono pubblicati. Mi è capitato di leggere romanzi che non mi piacevano per nulla, che furono pubblicati e che piacquero tantissimo a tante persone, lettori e critici; ho caldeggiato fortemente la pubblicazione di autori giovani che sono stati pubblicati e non sono stati in grado di crescere e svilupparsi. Insomma, ne sono successe di tutte un po’. Ma quel che posso dire è che c’era senza dubbio un sistema che garantiva l’effettiva lettura dei manoscritti inviati in redazione, e che MAI ho sentito disprezzo verso esordienti che inviassero i loro testi. Io stessa leggevo sempre TUTTO il romanzo – cosa sicuramente superflua in certi casi, ma che all’epoca e data la mia età (20 – 30 anni) mi sembrava dovuta. Questo accadeva certo tempo fa, ma non credo che le cose siano cambiate così tanto. Non venivo pagata molto, ma venivo pagata, non ero una stagista ma ho fatto un’esperienza lavorativa di altissimo livello, che ha acuito il mio senso critico, la mia capacità di analisi e le mie doti di autocritica. A vent’anni ero così arrogante da potermi chiedere che differenza ci fosse mai, qualitativamente, tra i miei racconti e quelli di un grande autore – a trenta sapevo darmi precisamente la risposta.
    Quindi sì, nelle grandi case editrici leggono tutto, di tutto e forse anche troppo.

  70. Giulio Mozzi Says:

    Grazie, Sil!

  71. RASSEGNA CULTURALE 13 APRILE-03 MAGGIO 2015 | rassegna culturale Says:

    […] Vibrisse DIECI LEGGENDE FALSE CHE CIRCOLANO SUL MONDO DELLA GRANDE EDITORIA Alcune equilibrate riflessioni di Giulio Mozzi sul mondo editoriale. https://vibrisse.wordpress.com/2015/04/16/dieci-leggende-false-che-circolano-sul-mondo-della-grande-… […]

  72. Autore 2.0: pubblicare un libro nel 2015 ed essere felici Says:

    […] professionista dell’editoria, ti consiglio di correre a leggere Giulio Mozzi e il suo blog, Vibrisse. C’è un monte di oro colato, là dentro: setaccia il blog e fatti un’idea di come lavora una […]

  73. Pietropaolo Morrone Says:

    L’ha ribloggato su Il pennaiolo.

  74. Roberto Emanuelli Says:

    Complimenti, trovo questo articolo ineccepibile.

  75. Jodie Says:

    Eccomi.
    Mi scusi il terribile ritardo, sono stata purtroppo distratta da altre faccende.
    Dico purtroppo, perché mi interessa davvero comprendere l’argomento.

    Ok, non è un segreto, il libro è questo:

    http://libreriarizzoli.corriere.it/Vite-in-polvere/YE2sEWcWtiEAAAFAn1RGLRbi/vwesEWcWyFkAAAErpbgdhq_J/pc

    E le restanti – così è stato dichiarato – 800 copie offerte al 70%.
    Lei che è del mestiere, mi aiuti ad interpretare la cosa.
    Grazie.

  76. Giulio Mozzi Says:

    Jodie, ho dato un’occhiata al libro in questione. Non mi sembra gran che. Capisco che l’abbiano pubblicato, visto che l’autore è un personaggio giornalisticamente spendibile; e capisco che, poiché certi personaggi sono giornalisticamente spendibili una volta sola, non vogliano ristamparlo ulteriormente.

  77. Jodie Says:

    Ok, la ringrazio per avermi aiutato ad avere una visione più chiara.

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