Caravaggio, Figure III

by

di Demetrio Paolin

[Sul numero che sta uscendo in questi giorni di Nuova Prosa, diretto da Luigi Grazioli, c’è una mia serie di prose, tre, a proposito di Caravaggio].

Non c’è paradiso qui, niente. Caravaggio dipinge la fine di tutto. L’apocalisse di ogni cosa che si mostra a noi, la rivelazione ultima della nostra solitudine estrema in limine mortis.
Eppure mi chiedo cosa spinga Caravaggio a dipingere questa tela, cosa porti a me a scrivere – anni dopo – di questa donna bianca e bellissima, di cui ricordo l’immagine tesa nel riquadro del giornale – le ho fatto un primo piano da tessera, bianco e nero e 22 righe. Eppure anni dopo sono qui a scriverla.

Credo che alla fine scrivere sia un modo per prolungare l’esistenza in vita di quella ragazza e anche Caravaggio dipinge perché il nero non si chiuda del tutto sulla cortigiana annegata nel Tevere. La fa
diventare la madre di dio, le fa dormire un sonno di morte e di acqua.
Lei non sarà mai completamente morta, ma ferma nel quadro come la madre di tutti, immagine della nostra comune sorte.

Io scrivo perché se ne salvi un resto. Di quella ragazza sul greto del fiume non sapemmo mai il nome, l’età e la nazionalità, ma in queste poche righe lei arriva ad essere vivissima. Nel pomeriggio invernale con la luce calante, gli uomini intorno e quei vestiti dozzinali e volgari, lei sopravvive a me, sopravvive ad ognuno di noi, perché è scritta.

È la redenzione, che mi pare di vedere in ogni quadro di Caravaggio, una redenzione che non è salvezza, non c’è salute se non nell’oscuro in cui tutti sprofonderemo, ma un misero salvare delle parti, portandole via
dall’oblio delle cose che si guastano.

Quindi alla fine scrivo per togliere un po’ di male agli altri e a te, a cui sono dedicate queste note su Caravaggio. Lo faccio, perché dicendoti ti redimo.
E tu? Sembri chiedermi.
Io non mi salvo, ma mi mostro con lo sguardo spaventato di un Oloferne in prolungata agonia.

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Una Risposta to “Caravaggio, Figure III”

  1. Morgana Says:

    “E se dio è, è il nulla a cui andiamo incontro correndo e da cui ci svegliamo nascendo.”

    Demetrio, le tue prose hanno una potenza straordinaria.

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