[Articolo con varii aggiornamenti nei commenti.]
[Questa lettera è stata spedita qualche giorno fa dai dipendenti della Libreria Don Bosco Elledicì di Milano “ai direttori di giornali di area cattolica” (nessuno dei quali finora, a quanto pare, l’ha pubblicata o si è in qualunque modo interessato alla notizia). La versione che qui pubblico, e che ho ricevuta ieri sera, è aggiornata con le date del secondo incontro tra le parti a Roma. gm]
Egregio Direttore,
Partiamo dai fatti: Mercoledì 30 Ottobre 2013, alle ore 10,30, presso la nostra Libreria Don Bosco Elledici di Milano, sono entrati il direttore generale salesiano Don Valerio Bocci ed il suo fido direttore amministrativo Alessandro Cavalitto per annunciarci che la Libreria Don Bosco Elledici di Milano (sessant’anni di storia l’anno prossimo), sarebbe stata smantellata entro Gennaio 2014. Tutti i dipendenti licenziati (tre full time e due part time) e che l’azienda non riteneva opportuno offrire alcun ammortizzatore sociale come supporto. Nel giro di poche ore lo stesso avveniva presso le Librerie di Firenze e di Roma. Totale diciassette dipendenti licenziati in tronco. In base a quel che ci han detto giuslavoristi che ci stanno seguendo gratuitamente, il costo della cassa integrazione per la casa editrice salesiana Elledici sarebbe di circa 50 euro a persona al mese… Ulteriore ciliegina: la casa editrice salesiana Elledici ha aperto la pratica di licenziamento, senza nemmeno avvisarci ufficialmente con uno scritto.
Venerdì 29 Novembre si è tenuta a Roma la seconda vertenza nazionale tra le parti: la casa editrice salesiana ha ribadito che non intende concedere ammortizzatori. Per Milano non si prospetta ancora soluzione alcuna.
Superato lo sconcerto iniziale, abbiamo cominciato a porci delle domande.
1) Perché la casa editrice salesiana Elledici (Ragione sociale Istituto Bernardi Semeria – Ente Ecclesiastico salesiano civilmente riconosciuto) ha deciso di chiudere in così breve tempo le librerie di Milano, Firenze e Roma senza nemmeno tentare qualche strada alternativa (come hanno fatto le catene San Paolo che hanno i dipendenti in cassa integrazione o le catene Feltrinelli che usufruiscono di contratti di solidarietà)?
2) Qual è il senso di chiudere a maggio 2013 le librerie di Genova e Messina e Padova (in tutto otto dipendenti) ed esattamente 180 giorni dopo noi, Roma e Firenze (altri 17 dipendenti), così da impedirci anche l’accesso alla mobilità? Cosa ne sarà delle poche librerie Elledici che rimarranno aperte con un totale dipendenti così basso da non potersi garantire in alcun modo, nel caso di futuri tagli?
3) E la domanda delle domande è questa: può un Ente Ecclesiastico, civilmente riconosciuto, lasciare a casa famiglie (solo nella nostra libreria si parla di otto figli dagli zero ai quattro anni) in questi tempi cupi, senza alcuna intenzione di fornire qualche forma di ammortizzatore?
Papa Francesco, proprio in questi giorni, ammonisce il mondo che “seguire gli idoli del potere, del profitto, del denaro, al di sopra del valore della persona umana, è diventato norma fondamentale e di funzionamento e criterio decisivo di organizzazione. Ci si è dimenticati e ci si dimentica che al di sopra degli affari, della logica e dei parametri di mercato, c’è l’essere umano e c’è qualcosa che è dovuto all’uomo in quanto uomo, in virtù della sua dignità profonda: offrirgli la possibilità di vivere dignitosamente e di partecipare attivamente al bene comune”.
Queste bellissime parole non dovrebbero valere anche per l’editrice cattolica salesiana Elledici?
Grazie per l’attenzione: abbiamo bisogno della vostra solidarietà.
Cordiali saluti.
Tag: Elledici
4 dicembre 2013 alle 11:43
ora si dispiegherà uno stuolo di commenti anti-clericali, ma la bassezza del gesto, oggi trasversale a qualunque cultura e religione, credo non vada criticata in quanto atto da una libreria cattolica, ma da un datore di lavoro. E’ possibile che si tratti di oscurantismo delle testate cattoliche, ma vogliamo provocare: se la lettera fosse stata spedita a La Repubblica o Il Fatto Quotidiano sarebbe sicuramente stata ripresa.
4 dicembre 2013 alle 12:45
Posso pubblicarla anche sul mio blog?
Marino Buzzi
4 dicembre 2013 alle 13:11
Perché no, Marino?
4 dicembre 2013 alle 14:15
L’ha ribloggato su giulianogabrielli.
5 dicembre 2013 alle 11:52
Scusa Marco, non si tratta di essere anti-clericali, bensì coerenti.
E’ già grave sentire Electrolux (per fare un esempio) che dichiara di fregarsene allegramente dei dipendenti perché in altri paesi dell’Est Europa hanno maggiori margini e quindi spostano la produzione: posso non apprezzare, e infatti non apprezzo assolutamente (e farò quanto possibile per non comprare mai più un loro prodotto), ma Electrolux è impresa avente fini di lucro. E il loro AD non se ne va in giro parlando di solidarietà e scala di valori. Ribadisco: trattasi di coerenza (e magari anche un tantino di senso del pudore).
5 dicembre 2013 alle 11:57
Inferenza: Elledici è un’impresa a fini di lucro, e si comporta come tale.
5 dicembre 2013 alle 12:19
Infatti il problema, se c’e’, e’ proprio questo: puo’ un ente ecclesiastico avere fini di lucro? Come possono conciliarsi il vendere per guadagnare e la dottrina cristiana? Non era stato Gesu’ a scacciare tutti quelli che vendevano e compravano, a rovesciare i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe, e a ricordare a quanti l’avessero dimenticato che la sua casa era una casa di preghiera e non una spelonca di ladri?
5 dicembre 2013 alle 15:03
Dalla pagina Facebook di Elledicì:
A parte quel “non correte” finale, che sembra quasi un invito a “non correre” nell’interpretare i fatti, a me pare che
– i dipendenti non mettano indubbio l’esistenza della “crisi economica generale di questi anni”,
– ma pongano alcune domande sul modo di agire di Elledici. Ad esempio: se i licenziamenti fossero avvenuti tutti in blocco, e non a singhiozzo, sarebbe stato possibile (o più facile) accedere ad ammortizzatori sociali: come hanno fatto altre (citate dai dipendenti) aziende.
– infine: una decisione di tale portata poteva essere comunicata con un po’ più di anticipo e un po’ più di garbo.
Curioso poi come Elledici si premuri di rivolgersi pubblicamente ai “clienti”.
Io poi non sono tanto sicuro che sia un bel gesto rifilare le proprie librerie in passivo (se sono in passivo) a cooperative dei dipendenti.
5 dicembre 2013 alle 15:51
Il comunicato e’ impeccabile sia nella forma che nei contenuti. Se infatti riconosciamo a un ente ecclesiastico il diritto di fare impresa, allora qualunque decisione o atto a esso riconducibile puo’ legittimamente uniformarsi ai principi del libero mercato, sfruttamento della manodopera fino a quando l’attivita’ genera profitto, espulsione della stessa quando si producono perdite (a salvaguardare i guadagni accumulati). Il problema, a me sembra, e’ che la legge non consente a un ente ecclesiastico di svolgere attivita’ commerciale. Nel particolare, l’approvazione dell’accordo concordatario del 18 febbraio 1984, subordina il riconoscimento degli enti ecclesiastici a specifici requisiti, fra i quali l’attivita’ a scopo di religione o di culto, escludendo fra queste quelle di assistenza e beneficenza, istruzione, educazione e cultura e, in ogni caso, le attività commerciali o a scopo di lucro (art. 16, lett. b, legge 222/1985). Di fatto siamo ormai abituati al disconoscimento delle norme che ogni pur evidente prevaricazione ci lascia indifferenti. L’art.33 della Costituzione, per dire, impedisce il finanziamento delle scuole private. Per contro, l’ultimo decreto-scuola stanzia 430 milioni per le scuole pubbliche e 480 per quelle cattoliche.
5 dicembre 2013 alle 17:09
480 per quelle private (delle quali grandissima parte cattoliche).
5 dicembre 2013 alle 21:57
6 dicembre 2013 alle 07:38
Un amico mi segnala questa notizia.
6 dicembre 2013 alle 07:42
E, più seriamente, un articolo dell’ottobre scorso (in Avvenire) sullo stato di salute dell’ “editoria cattolica”: qui.
Interessante anche un altro articolo, il cui incipit non lascia dubbi:
Ovvero: le encicliche e gli studi biblico-teologici di Benedetto XVI sono considerati solo nell’aspetto commerciale; e l’idea di fare un papa prima che sia morto l’altro è un figata del marketing. Notare l’uso della parola “viatico”, qui non nel senso (cristiano) di “Comunione amministrata ai moribondi” bensi in quello (laico) di “Sostegno morale” (entrambi i significati nel Sabatini-Coletti).
9 dicembre 2013 alle 04:27
E’ una notizia davvero triste, amara e sconcertante.
Triste perchè mi immagino che colpo debba essere sentirsi comunicare, a ciel sereno, che in capo a due mesi non avrai più un lavoro.
Amara perché nella lettera in cui le librerie Elledicì spiegano il loro punto di vista si sentono parole come: “Programmi e piani industriali” oppure “Essere un punto di riferimento privilegiato nel panorama della cultura cattolica”, mentre i lavoratori si intravedono dietro le “librerie che chiudono l’attività”, ma, in tutta la lettera, vengono esplicitamente nominati una sola volta.
Licenziare persone, soprattutto in tempo di crisi, è pesante e forse non esistono parole che possano suonare più “umane”. Però, da cattolica, trovo amaro constatare che anche chi si ispira ai valori cristiani soccombe impotente di fronte alla crisi, e, risucchiato dalle logiche di mercato, ne assume persino il linguaggio asettico.
Infine trovo questa notizia sconcertante perché mi sembra incomprensibile la scelta di chiudere le librerie in modo frazionato, avendo tale frazionamento privato i lavoratori della possibilità di ricorrere agli ammortizzatori sociali.
Una disattenzione? La scarsa capacità di prevedere gli eventi? Ma allora il piano industriale di cui Elledicì parla nella lettera che piano è? Così mi è venuto un dubbio: chissà cosa accadrebbe se chi si occupa di questo tipo di operazioni, invece di adottare il linguaggio asettico di una multinazionale (librerie che chiudono l’attività) avesse il coraggio di ripetere a sé stesso, ad alta voce, “lavoratori che vengono licenziati”. Forse l’ansia lo attanaglierebbe, forse perderebbe il sonno… Ma forse, proprio per questo, eviterebbe disattenzioni così dannose.
Il mio augurio è che il finale possa essere diverso da quello che si prospetta ora, e che nel 2014 tutte le persone coinvolte possano sentirsi nuovamente illuminate dalla luce.
9 dicembre 2013 alle 13:19
Quotidiano Avvenire, 6 dicembre 2013
Se preferite un pdf….
9 dicembre 2013 alle 13:23
Credo, non ne sono sicuro, che il frazionamento dei licenziamenti non sia casuale o dovuto all’improvvisazione o alla disattenzione. Ricorrere agli ammortizzatori sociali rappresenta infatti un costo per l’impresa, una parte di cio’ che finisce nelle tasche dei lavoratori e’ a suo carico (credo, non ne sono sicuro). Evitare tutto questo equivale invece non spendere un euro per i propri (ex) dipendenti.
17 dicembre 2013 alle 07:32
[…] Leggi le notizie precedenti. […]
24 dicembre 2013 alle 02:29
[…] in mezzo la scritta “Sciopero” una scelta di testi sulla dottrina sociale della Chiesa. Vedi 1. Vedi […]
24 dicembre 2013 alle 02:41
[…] mezzo la scritta “Sciopero” e una scelta di testi sulla dottrina sociale della Chiesa. Vedi 1. Vedi […]
9 gennaio 2014 alle 21:01
http://www.lettera43.it/cronaca/salesiani-l-ombra-del-crac_4367572214.htm
credo che sia necessario leggere quest’articolo
10 gennaio 2014 alle 06:46
Sergio, l’articolo che citi è vecchio e fazioso. La faziosità, ad esempio, si vede nel non chiarire al lettore che una cosa (un soggetto giuridico) è la Fondazione Gerini e una cosa (un altro e distinto soggettl giuridico) è la Congregazione Salesiana.
Faccio un esempio terra terra: se fallisce l’Associazione nazionale Alpini, non è che vengano sequestrati i beni del ministero della Difesa.
L’articolo che tu citi è del 13 novembre 2012. A occhio, vedendo dove sono indirizzati i link in giro per la rete, direi che la “fonte” (ovvero l’articolo che Lettera 43 sostanzialmente paràfrasa) potrebbe essere questo (Corriere della sera, stesso giorno). L’articolo più recente che ho trovato su questa vicenda è questo (Corriere della sera, 13 novembre 2013).
3 febbraio 2015 alle 15:39
Ha fatto carriera quello che ha licenziato in tronco!