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Tag: Santina Giannone, Sebastiano Diamante, Veronica Tomassini
This entry was posted on 10 Maggio 2011 at 07:38 and is filed under "Sangue di cane" di Veronica Tomassini. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed.
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10 Maggio 2011 alle 09:20
Bella, in ogni senso finora da me di lei conosciuto, bella anche in questa intervista.
Grazie, Giulio.
c.
10 Maggio 2011 alle 13:55
Qualcuno mi sa dire il nome dello scrittore polacco citato nell’intervista?
10 Maggio 2011 alle 14:34
ciao, grazie Clelia per la stima. Flavio: Marek Hlasko, nello specifico l’imprecazione “Sangue di cane” la pronuncia un personaggio del libro (raccolta di racconti) “L’ottavo giorno della settimana”. Uno spaccato della Polonia di Gomulka, di anime morte, giovani traditi, in una Varsavia periferica e notturna.
10 Maggio 2011 alle 14:52
Grazie a Veronica per il suo romanzo. E grazie a Giulio per tutto quello che continua a trovare la forza di fare.
10 Maggio 2011 alle 16:41
Intervista interessante. Chi ha detto quella frase sul fatto che da anni nei libri non si parlava di Dio?
Chiunque sia gli è sfuggito almeno un romanzo enorme come i Canti del Caos.
11 Maggio 2011 alle 05:47
Ma, Teo, giusto ieri un tizio mi mandava delle domande, per un’intervista da pubblicare; e una diceva: “Quali sono, secondo lei, le cause della crisi della narrativa italiana contemporanea?”. Rispondo: “La narrativa italiana contemporanea è in crisi?”. Tizio: “Ma, lo dicono tutti”. Io: “Ma lei, lo dice?”. Tizio: “Sì”. Io: “Mi descriva allora questa crisi – che io non vedo – e cercherò di immaginarne le cause”. Tizio: “Mi avevano detto che lei è un rompiballe, lasciamo perdere”.
Ovvero: esiste una lunga serie di luoghi comuni che tornano continuamente. Uno di questi dice: “Da anni nei libri non si parla di dio”. Che sarebbe almeno un po’ più interessante (nel senso che sarebbe interessante andare a vedere se è vero o no) se dicesse: “Da anni nei libri non si parla di dio come esistente“.
11 Maggio 2011 alle 15:47
un Dio che è Padre, che opera la Sua Rivoluzione d’Amore nei luoghi dell’abiezione. Il Padre che siede con i profeti delle panchine, che tiene la fronte al becero, sollevando le braccia inutili del barbone sepolto dai suoi escrementi; un Padre che non riesce a smettere d’amare chi ha tradito, umiliato, offeso, chi ha operato il crimine e l’innominabile e si veste del nulla ed ha la faccia ruvida e sporca, e aspetta solo di perdonare, e lo ha già fatto. Il Padre che ascolta silenzioso il lamento del misero lercio accattone. Commosso.
12 Maggio 2011 alle 19:08
Ciao Giulio,
sono contento che tu sia d’accordo con me: peccato che la recensione che Veronica cita sia stata così generica e frettolosa ma sono sicuro che i Canti, con il loro fervore, la loro radicale vicinanza ai poveri e agli ultimi, il loro coraggio piaceranno anche a lei.
12 Maggio 2011 alle 19:18
Chi mi ha detto “in questo libro si fa qualcosa che da tempo mancava…si parla di Dio” è persona sensibile, provata, e scrive, pubblicando. Lo farà a breve, con un bel romanzo, importante romanzo. Quando mi disse ciò, per me era davvero cosa nuova. Sì, parlavo di Dio, lo facevo con timore, come mi ero permessa…non facendolo però avrei omesso il vero. Tuttavia questo scrittore mi ha rivelato in fondo qualcosa che già sapevo, sollevandomi da un peso, la paura di aver offeso il mio Dio. E invece solo in quel momento capii che il valore del romanzo sarebbe stato il valore della testimonianza.
12 Maggio 2011 alle 22:30
Scusa, Veronica, dall’articolo pareva che tu citassi una recensione: per quello mi pareva un’opinione generica e superficiale e, come dice Giulio, ancorata a un banale luogo comune.
Se invece era solo una chiacchieratina inter pocula con un tuo amico, come non detto. Giulio, giustamente (e a costo di prendersi del rompiballe), criticava una banalità e una idée acriticamente reçue in un intervistatore che avrebbe dovuto essere preparato. Gli amici ci parlano con il cuore, l’affetto, le emozioni… Tutt’altro ambito e tutt’altro tipo di giudizi, insomma.
12 Maggio 2011 alle 23:50
certo io cito anche una recensione. questa.
da leggere in special modo le ultime righe.
12 Maggio 2011 alle 23:54
“Un romanzo che nonostante racconti una vicenda singolarissima, come ogni vicenda d’amore appare a chi la vive, convoca chiunque legga davanti al mistero dell’imponderabile, perché protagonista di questa storia non è solo la ragazza perbene di Siracusa e il polacco puttaniere, ma lo sguardo geloso di un Dio-padre di cui nessuno, da tempo nella narrativa italiana, aveva avuto il coraggio di invocare con tanta forza il nome”. Alessandra Sarchi su Minima et Moralia.
12 Maggio 2011 alle 23:57
Certo Giulio ha criticato la banalità, i luoghi comuni, la saccenza di talune ovvietà. Ma credo che Giulio abbia molto apprezzato invece quanto osservato da Alessandra Sarchi.
15 Maggio 2011 alle 19:33
Ma, Veronica, non mi pare sia in discussione il fatto che Giulio apprezzi o meno il commento di Alessandra. Questo lo dirà lui, se ne ha voglia (e pazienza: il fatto di sentir dire che si gode nomea di rompiballe non credo sia uno stimolo).
L’oggetto in questione era la validità di un’affermazione che prima non si capiva se fosse di un amico o di un recensore.
Se non è di un amico, non la condivido. Nulla contro Alessandra, la sua è senz’altro un’eccellente frase a effetto per chiudere un pezzo ma affermare in questo modo generico che “da anni nella narrativa italiana non si invoca con forza il nome di Dio-padre” è come dire, mi rifaccio all’esempio di Giulio, che “la narrativa italiana è in crisi” senza preoccuparsi di suffragare con argomentazioni quest’affermazione apodittica.
Oltre al libro che ho già citato, mi vengono in mente al volo due romanzi pubblicati da Sironi quando (se non erro) ci lavorava proprio Giulio ovvero La messa dell’uomo disarmato e Futbòl Bailado. Li ho letti quando uscirono e non mi pare si possa negare in essi la presenza di una forte tensione cristiana e di una spiritualità autentica e senza mascheramenti. E che dire del Mangiatore di pietre di Davide Longo? O del bellissimo Senza replica di Giuseppe Goisis? Pietas per il prossimo, capacità di commuoversi nel senso più forte e cristiano del termine, di avvicinare con la scrittura il diseredato e l’afflitto.
Ma, ripeto, sono solo i primi che mi vengono in mente…
16 Maggio 2011 alle 08:24
la recensione ha osservato questo. io ho solo riferito durante l’intervista, ovviamente si può disquisire quanto si vuole. se Alessandra Sarchi vorrà, potrà magari spiegarlo lei perché si è sentita di affermare tanto. la recensione di Alessandra per me è stata una rivelazione insieme a quella di Ezio Tarantino su La poesia e lo spirito, questa.
16 Maggio 2011 alle 09:45
Però La messa dell’uomo disarmato è un libro degli anni Ottanta. (Per una storia del libro, vedi qui).
16 Maggio 2011 alle 18:37
Teo, ma tu il mio libro lo hai letto? Cioé il libro oggetto della recensione di Alessandra Sarchi.
16 Maggio 2011 alle 20:56
Sì
17 Maggio 2011 alle 10:39
sì, visto, una stellina. non ti è piaciuto.