Dieci buone ragioni per non scrivere un romanzo, seguite da Una buona ragione per scrivere un romanzo

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di giuliomozzi

1. Se ne scrivono tanti.

2. Tanto non ti pubblicano.

3. Cosa speri di guadagnarci?

4. Ben che vada, tra due anni sarà dimenticato.

5. Meglio uscire con gli amici, fare vita sociale, prendere il sole e il vento, conoscere il mondo, godersi la vita.

6. Ormai si pubblicano romanzi tutti uguali: sei davvero convinto che sapresti fare qualcosa di diverso?

7. “Scegli: o me, o il tuo cavolo di romanzo” (detto dalla persona che si ama).

8. Non hai ancora letto un millesimo della letteratura universale – quella di valore, intendo -, e già ti metti in testa di scrivere un romanzo.

9. “Ne ha scritto uno anche mio cognato. Vuoi scendere al suo livello?”.

10. Ce n’è bisogno?

* * *

1. Mi va di farlo.

81 Risposte to “Dieci buone ragioni per non scrivere un romanzo, seguite da Una buona ragione per scrivere un romanzo”

  1. Marco Says:

    aggiungerei: non riuscirai mai a realizzare quello che appena intravedi e: scommettiamo che invece ci riesco?

  2. massimocassani Says:

    1. Ecco.

  3. librini Says:

    Condivido in pieno i punti dall’1 al 4.
    Il quinto non lo condivido: perché sono una troglodita che sta meglio da sola.
    Per il punto 6: non è vero che tutti i romanzi sono uguali.
    Sul 7: Magari mio marito e mio figlio me lo chiedessero… no, non lo farebbero mai, perché hanno paura della risposta!!
    8: tristemente vero. Devo leggere ancora troppa roba, ma se aspetto di leggere questo millesimo di letteratura universale, faccio in tempo a morire e a putrefarmi…. prima di scrivere il mio romanzo (che ho consegnato la settimana scorsa, ma qui si parla in generale).
    9: non ho parenti che scrivono. nè amici. nè parenti che leggono, a dire il vero… qualche amico sì. Ma che importa: nessuno di loro sa che io scrivo. Lo sanno solo il pubblico del web, mio marito e mio figlio.
    10: no, non ce n’è assolutamente bisogno. Niente è necessario. Neanche gli esseri umani, a dire il vero.

  4. Antonio Says:

    Penso che la ragione indicata per scrivere un romanzo (Mi va di farlo) sia di per sé sufficiente a giustificare l’azione della scrittura.
    Penso anche che i punti 2,3,4 e 6 sono legati più alla pubblicazione che non alla scrittura di un romanzo.
    Quanto al punto 5, uscire con gli amici e via dicendo, può essere una buona occasione di ispirazione per scrivere e quindi non la trovo incompatibile con la scrittura.
    7. Se una persona mi ama, non mi può mettere di fronte ad un aut aut così crudele e mi ama anche perché ho scritto, sto scrivendo, e scriverò un mio cavolo di romanzo.
    8. Un millesimo? E chi potrebbe dire di aver letto non solo un millesimo, ma anche solo un milionesimo della letteratura – certo, quella di valore, salvo poi mettersi d’accordo su qual è la letteratura di valore – e non dico universale, ma anche solo terrestre?
    6. Con quanto si sostiene in questo punto sono in buona parte d’accordo, nel senso che condivido l’affermazione che gran parte dei romanzi che si pubblicano sono molto simili fra loro, e però, è anche vero che, se solo un autore si azzarda a proporre ad un editore qualcosa di diverso, si sente dire ad esempio, sempre che qualcuno si degni di rispondere, che, il suo testo presenta buoni ingredienti di scrittura e/o di stile, ecc. ecc., però purtroppo i meccanismi del mercato editoriale, ecc. ecc. ed allora siamo costretti a ecc. ecc., e non ci è possibile dar corso alla pubblicazione ecc. ecc., e comunque la ringraziamo per aver scelto la nostra casa editrice, ecc. ecc. cioè il romanzo può anche essere un buon lavoro ma per la quasi totalità delle case editrici quel che conta è la effettiva capacità di diffusione e promozione, che non sempre tiene nella dovuta considerazione la qualità di un testo.

  5. Giulio Mozzi Says:

    Naturalmente i Dieci motivi sono dei puri e semplici luoghi comuni.

  6. la donna camèl Says:

    Ti ho risposto qui.

  7. esercizidipensiero Says:

    un romanzo è lungo e complesso, perchè non partire da un -apprentemente- meno ambizioso racconto?

  8. manu Says:

    che culo pensare di avere qualcosa da dire! secondo me sta tutto lì

  9. Luca Says:

    Non tutti ingannevoli quei luoghi comuni. Alcuni persuasivi (non ho letto quello e quell’altro). Va bene, mi butto sui racconti.

  10. Al Says:

    Giulio (el bigolaro – [no Galzignan]),

    punto 7 al contrario:
    «Se non ti metti a scrivere QUEL romanzo ti soffoco! E non raccontarmi balle: tergiversi scrivendo cazzate!».

    Ecco, questo potrebbe essere il secondo motivo valido
    per scriverlo, il romanzo…

  11. Elena Says:

    L’idea di partire dal racconto è una specie di ritornello che ho sentito più volte, in genere da chi non scrive.
    Mi incuriosisce: corrisponde al vero che l’approccio al racconto sia più facile e meno ambizioso di quello al romanzo?

    Trovo molto impegnativa la scrittura di un buon racconto.

    Forse, per alcuni, a rendere più umile il racconto è la misura che lo destina quasi sempre a viaggiare in silloge con altri racconti (dello stesso autore o di altri), senza che debba occupare, da solo, tutta la scena. In questo senso il racconto è meno ambizioso?

  12. manu Says:

    ah, ecco, mi pareva non ci fosse frutta. cerata sempre da tavolo rotondo? (cheperditempochesonooggi.notte)

  13. valter binaghi Says:

    2. (seconda buona ragione per scrivere un romanzo)
    Perchè l’infinita storia del mondo ha bisogno della voce di tutti i suoi personaggi per essere raccontata.
    E nessuno è mai stato io prima di me.

  14. mauro mirci Says:

    L’unica ragione contro veramente valida è la 7. (e la 1 pro è deboluccia; sarebbe più forte: “E’ l’unico modo di aspirare all’immortalità per un mortale”)

  15. mauro mirci Says:

    (Ovviamente si defunge uguale)

  16. Marco Says:

    Anche “mi va di farlo” non è una buona ragione per scrivere un romanzo…

  17. Marianna Says:

    Secondo me “mi va di farlo” è un’ottima ragione.
    Risponderò così la prossima volta che me lo chiederanno.

    “Ma c’è davvero bisogno di un tuo romanzo?”
    “No. Ma mi va di scriverlo.”

    Perfetto.

  18. ilsolitomood Says:

    Per me la nona ragione è di gran lunga la più convincente; certo che se c’è riuscito suo cognato… 🙂

  19. anna maer Says:

    ‘se ne scrivono tanti’
    lo so, ma il bello è raccontare, leggo talmente tanto che, vorrei riposarmi inventando una storia
    an ma

  20. Marco Says:

    Sì, “mi va di farlo” è un ‘ottima risposta, ma non è una buona ragione. Perché non tiene conto del fatto che scrivere è un gesto rivolto verso gli altri. A questo riguardo posso anche sostenere di scrivere un libro “solo per me stesso”, ma anche in questo caso lo sto scrivendo a qualcuno, dovrò tenere conto, appunto, di me stesso, avere un’idea di come sono fatto, che gusti ho e non ho.
    Mettiamo ad esempio che decida di scrivere un romanzo solo per me stesso, perché mi va di farlo. Comincio a scrivere così “Tran trin tran, parapin, parapan, pa pa pa e ba ba ba e gu gu e go go e ga ga”. Scrivo una decina di pagine così. Poiché è scritto per me stesso e solo per me stesso, e dato che mi va di farlo, e questa è un’ottima ragione, io so quello che voglio dire quando scrivo “Tran trin tran” o “parapin” e “parapan”. Solo che poi il giorno successivo o il mese successivo o l’anno successivo mi ritrovo a leggere quello che ho scritto per me stesso e solo per me stesso e perché mi andava di farlo, e a non capire più che cosa avevo voluto dire – e a trovarmi tra le mani, grosso modo, un nulla di fatto. Questo esempio estremo mostra che la scrittura è un gesto che deve necessariamente tenere conto degli altri ossia fondarsi su ciò che c’è in comune, su ciò che è già noto, conosciuto. Non è possibile costruire una relazione con un altro fondata esclusivamente sul mio capriccio, su ciò che non è in comune.
    Dunque, e io di questo sono assolutamente certo, quel “mi va di farlo” si sbriciola presto difronte all’atto complesso che la scrittura rappresenta. No, “mi va di farlo” non è una buona ragione per scrivere un romanzo, non lo è affatto, e di questo, tra l’altro, ci si renderà conto presto non appena si comincerà a farlo.

  21. Giulio Mozzi Says:

    Marco: sì.

  22. manu Says:

    @ valter binaghi: ‘perchè l’infinita storia del mondo ha bisogno della voce di tutti i suoi personaggi per essere raccontata’.

    mi sembra tanto buonismo.. come dite voi dalle vostre parti, un po’ troppo birignao. io non sono così indulgente. la tua frase è bella e pacificatrice, ma non rende il vero, è quello che ognuno vuole sentirsi dire, ma resto dell’opinione che occorrerebbe bonificare le intenzioni. poi vabbè, CHI stabilisce COSA? in linea generale bisognerebbe smettere, secondo me, di accontentarsi, e puntare all’eccellenza, sempre, anche e forse prima di tutto come lettori. sennò è come la tv degli ultimi vent’anni, tutti protagonisti, sempre, indistintamente, chiunque può sedere a fianco dell’intelligentone di turno a sparare le proprie banalità perchè tutto fa spettacolo. e così l’economia che ci piace tanto, compri tre e paghi due, a rate, e la prima rata tra sei mesi, e via così, tutti possono avere tutto, e vvai a rovinarsi in massa… non sto delirando, è la stessa cosa per i libri, e non nego quanto ho commentato su questo blog qualche tempo fa, ovvero ‘chi ha voglia di scrivere, scriva!’ ma se è vero che c’è spazio per tutti, in fondo auspico che l’horror vacui abbia fine.

    ‘nessuno è mai stato io prima di me’… nel mio caso fffffiu! evviva!

  23. Federico Platania Says:

    @Manu: (“che culo pensare di avere qualcosa da dire! secondo me sta tutto lì”)

    Per quanto mi riguarda, non ho mai pensato di avere qualcosa da dire (sottintendendo: che non fosse già stato detto). Mi è capitato invece, a volte, di pensare di avere un modo di dirlo che potesse piacere agli altri. E quelle volte lì, ho scritto.
    L’arte è questione di come non di cosa.

  24. Giulio Mozzi Says:

    Manu, a me ciò che ha scritto Binaghi non pare né “buonista” né “indulgente”; tutt’altro. Se il tuo romanzo non sarà buono, l’infinita storia del mondo andrà a ramengo; e poiché nessuno prima di te è stato quell’io che tu sei, la responsabilità che hai sulla tua vita è totale. Se questa è indulgenza…

  25. raccontivari Says:

    Sono d’accordo sia con i pro che con i contro.
    Piuttosto: perchè, quando si stila una lista di regole, si arriva sempre a 10 e non a 9 oppure ad 11?

  26. manu Says:

    @ Federico Platania: il fatto è che penso anche quanto segue:
    ‘che culo pensare che quanto ho da dire possa interessare a qualcuno’ (diversamente, cosa ti fa muovere per tentare la scrittura con eventuale pubblicazione?)

    Giulio. resto del mio parere. il mio romanzo non sarà buono, dunque non va scritto, non voglio nemmeno arrivare a prendere in considerazione che la storia del mondo abbia una conseguenza per questo. non va scritto e non va pubblicato. ci si deve fermare prima. solo così ho responsabilità vera. sarà che per me l’arte è una cosa seria… poi è anche vero che c’è chi dice che l’eccesso di autocritica maschera egoismo, che a volte fare poco è fare tanto. ma ci sto pensando, non so se concordare con questo. e poi in genere fatico molto a trovare risposte, ho la tendenza a perdermi nelle domande.

  27. stefano re Says:

    E’ sempre quell’uno che dà coraggio!
    Un salutone
    Stefano

  28. Giulio Mozzi Says:

    Manu, dal principio. Valter Binaghi scrive:

    2. (seconda buona ragione per scrivere un romanzo)
    Perchè l’infinita storia del mondo ha bisogno della voce di tutti i suoi personaggi per essere raccontata.
    E nessuno è mai stato io prima di me.

    Binaghi non ha scritto che tutti devono scrivere romanzi, non ha scritto che tutti i romanzi scritti vanno pubblicati, non ha scritto che “chiunque può sedere a fianco dell’intelligentone di turno a sparare le proprie banalità perchè tutto fa spettacolo” (come hai interpretato tu).

    Binaghi ha scritto che scrivere un romanzo non è un semplice gesto individuale e senza conseguenze al di là dell’individuo; ha scritto che scrivere romanzi è una faccenda che si inscrive nella “infinita storia del mondo”. Quindi è un’azione che bisogna compiere con grande senso di responsabilità.

    (Analogamente: io ho scritto che una buona ragione per scrivere un romanzo è “perché mi va di farlo”; intendendo dire che un tale gesto non può mai avere ragioni condivisibili da tutti, e quindi tanto vale non fornirne nessuna).

  29. vbinaghi Says:

    @Manu
    Io ho semplicemente preso sul serio l’espressione “scrivere un romanzo”. Per questo ho detto quel che ho detto.
    Detesto forse più di te le mezze biografie spacciate per romanzo, gli stereotipi sociologici spacciati per personaggi, l’esibizionismo spacciato per espressione artistica.
    Ma, appunto, questo non è romanzo.
    Come si distingue? Un romanzo (o un racconto) nasce da una visione, non da un prurito. Magari le due cose procedono insieme per un po’, ma poi si va avanti castigando l’inutile e rettificando il dicibile, perchè la purezza d’intenti è un traguardo, non un punto di partenza, a mano che sei Gesù Cristo.

  30. vbinaghi Says:

    PS – E visto che mi dai del buonista, faccio il cattivello.
    Nel tuo atteggiamento leggo il rifiuto preliminare del giudizio altrui (me lo dico da me che “il romanzo non sarà buono”), il rifiuto accidioso dell’azione che nasconde superbia (piuttosto che non essere perfetti meglio non essere affatto).
    Contenta?

  31. Fabio Carpina Says:

    @Marco: la tua argomentazione è condivisibile in generale ma non mi pare costituire una reale obiezione a “mi va di farlo” come buona ragione per *scrivere* un romanzo. Semmai è una indicazione (preziosissima) per decidere che cosa farne, del romanzo, una volta che è stato scritto (o, almeno, iniziato). Infatti nel tuo esempio hai dovuto dire “solo che *poi il giorno successivo o il mese successivo o l’anno successivo* mi ritrovo a leggere quello che ho scritto per me stesso e solo per me stesso e perché mi andava di farlo (…)”. Che è vero: ma, appunto, succede dopo. Intanto, mi sono messo a scrivere, e l’ho fatto perché mi andava, e a questo non c’è obiezione che tenga – trattasi di attività consentita dalla legge e che non reca danno ad alcuno (almeno fintanto che non faccio leggere ciò che ho scritto). Poi, (poi, appunto) rileggo o faccio leggere, ed è lì che è necessario decidere il destino di quel che ho scritto – che sarà forse cestinato, o tenuto indefinitamente nel cassetto, o invece magari portato a compimento e poi impugnato contro l’establishment letterario come incompresa opera di avanguardia.

    D’altra parte, “mi va di farlo” è in ultima analisi la ragione sufficiente per ogni azione di chi, come me, non crede in un fine ultimo dell’esistenza 🙂

  32. massimocassani Says:

    Il “mi va di farlo” è un gesto estetico, non estetizzante. E se lo si fa con il fine di divulgarlo (il romanzo) al senso estetico si affianca anche il senso etico. Forse ci sarà chi ti leggerà. Anche a questo bisogna pensare. Secondo me.

  33. Marco Says:

    bellissimo il 9 : )

  34. manu Says:

    a giulio:
    sono d’accordo che valter non abbia scritto quello che hai indicato, mi sembra evidente.
    e quella che tu reputi essere la mia interpretazione era unicamente un paragone in ambito diverso, nemmeno troppo tirato, secondo me. sugli scaffali delle librerie c’è solo roba buona?

    dici ‘scrivere un romanzo non è un semplice gesto individuale senza conseguenze ma si inscrive ‘nella infinita storia del mondo’.
    ti rispondo: appunto.

    a valter: per quel che è stato scritto qui abbastanza contenta, si. accetto (tuttavia lettura fin troppo facile, te l’ho servita in un piatto d’argento)
    solo una cosa mi piacerebbe che mi chiarissi: non capisco fino in fondo la frase ‘la purezza d’intenti è un traguardo e non un punto di partenza’. se non metto la purezza in premessa come fa a diventare un traguardo? non è una certezza la mia, ho ben poche certezze.

    a giulio e a valter: che male c’è a pretendere il meglio? ammetto che il mio modo di esprimermi si avvicina molto allo sputare sentenze, ma non intendevo questo. grazie

  35. vbinaghi Says:

    @Manu
    Intendo dire che, almeno per quanto riguarda me, il buon pensiero (ho una visione, voglio semplicemente comunicarla) difficilmente nasce e si sviluppa in tutta purezza, senza essere accompagnato dalla solita zavorra (così tutti vedranno quanto sono bravo, anche meglio di X). Vedo di far crescere il primo e appena posso faccio piazza pulita del secondo (che rispunta eccome, ma io insisto: è il senso vero dell’editing, quello di liberare il narratore dalle sue zavorre psicologiche e autoriali).
    Perchè rispunta sempre?
    E’ il peccato originale, bellezza.

  36. Colonnello Mustard Says:

    Ognuno può scrivere la storia che ha dentro, oppure se la può tenere per sè. Altri invece scrivono cose come Twilight che potrebbero essere rimaste dentro.

  37. manu Says:

    a valter
    c’è una parola di troppo nella tua risposta.
    detto questo, ho visto quanto è uscito dall’imbuto. grazie. mi ritiro a meditare sull’accidia ma aggiungo che anch’io ho preso sul serio l’espressione ‘scrivere un romanzo’. niente di più e niente di meno.

  38. bassamarea Says:

    Reblogged this on bassamarea.

  39. Giulio Mozzi Says:

    Manu, domandi:

    sugli scaffali delle librerie c’è solo roba buona?

    No. Che c’entra?

    E domandi ancora:

    che male c’è a pretendere il meglio?

    Qualcuno ha sostenuto che non è bene pretendere il meglio?

  40. manu Says:

    Giulio, secondo me c’entra.
    con ‘pretendere il meglio’ ribadivo la mia posizione sulle intenzioni.

  41. Andrea D'Onofrio Says:

    Ma a me non sembrano “Dieci buone ragioni per non scrivere un romanzo, seguite da Una buona ragione per scrivere un romanzo” quanto piuttosto “Dieci buone ragioni per non scrivere un romanzo, seguite da Una buona ragione per scrivere un romanzo che si vuole pubblicare sperando anche di guadagnarci su”

  42. gian marco griffi Says:

    Delirio faticoso e avvilente, quello del compilatore di romanzi. Io per mio conto, più ragionevole, più inetto, più pigro, se ne fossi stato capace, avrei preferito scrivere racconti tutta la vita. (mezza citazione)
    Ma scrivere racconti, nonostante alcune minchiate che sovente ci tocca sentire e leggere, è difficile, cazzo.

  43. Giulio Mozzi Says:

    Manu, ripeto la domanda: qualcuno ha sostenuto che non è bene pretendere il meglio?

  44. manu Says:

    mamma mia Giulio, no, l’ho detto io. mi sembra di stare in tribunale.

  45. Giulio Mozzi Says:

    Dunque, Manu, nessuno ha sostenuto che non è bene pretendere il meglio. Pertanto le tue critiche rivolte a chi “si accontenta” sono rivolte a nessuno (e, in particolare, non a me né a Valter Binaghi).
    Mi bastava chiarire questo.

  46. Alberto Zanetti Says:

    Etty Hillesum lanciò il suo diario a una amica dal finestrino del treno che la accompagnava al campo di sterminio, dove stava andando a morire. Lei era a conoscenza che quel diario era “cosa” importante, mentre lo lanciava dal treno. Lo sentiva in cuor suo: era il parto della sua anima. Per questo lo aveva conservato e curato gelosamente. Quel diario fu pubblicato soltanto nel 1981.

    A volte, quello che spinge a scrivere è un impulso irresistibile, al quale risulta inapplicabile qualsiasi critica o categorizzazione. Non è più possibile definirlo, a pena di svilirlo. Né ha senso trovare i motivi per i quali esso (impulso) esiste. L’autore “deve” scrivere, imperativo.

  47. Giulio Mozzi Says:

    Il diario di Etty Hillesum non è un romanzo. I romanzi raccontano storie inventate.

  48. lorella Says:

    Io ho bisogno di scrivere. E da quando ho cominciato non ho più pace. lorella

  49. manu Says:

    mah, Giulio, non sono critiche, sono interrogativi che mi pongo e che pongo. forse sei andato oltre le mie parole. in generale vedo il non accontentarsi come un atteggiamento di rispetto per quello che si fa, ma è una mia personale opinione. non ho detto Valter Binaghi si accontenta o Giulio Mozzi si accontenta. e chi cavolo sarei io per dire questo e sulla base di cosa poi? dirò di più. se ho una critica da fare ad un autore o ad un testo, non la prendo larga, stai sicuro, nel bene e nel male, per quello che può valere.

  50. Giulio Mozzi Says:

    Non sono critiche, Manu?

    Ti ricordo cosa hai scritto prima:

    @ valter binaghi: ‘perchè l’infinita storia del mondo ha bisogno della voce di tutti i suoi personaggi per essere raccontata’.
    mi sembra tanto buonismo.. come dite voi dalle vostre parti, un po’ troppo birignao. io non sono così indulgente. la tua frase è bella e pacificatrice, ma non rende il vero, è quello che ognuno vuole sentirsi dire, ma resto dell’opinione che occorrerebbe bonificare le intenzioni. poi vabbè, CHI stabilisce COSA? in linea generale bisognerebbe smettere, secondo me, di accontentarsi, e puntare all’eccellenza, sempre, anche e forse prima di tutto come lettori. sennò è come la tv degli ultimi vent’anni, tutti protagonisti, sempre, indistintamente, chiunque può sedere a fianco dell’intelligentone di turno a sparare le proprie banalità perchè tutto fa spettacolo. […]

    Qui mi pare che ci sia una critica. Dici di Binaghi:
    – che è “indulgente”,
    – che dice “quello che ognuno vuole sentirsi dire”, e che quindi (implicitamente) invita ad “accontentarsi”,
    – che favorisce la cultura del “tutti protagonisti, sempre indistintamente, chiunque eccetera“.

    Queste son critiche. Più che legittime.

    Se un insegnante entra in una classe, Manu, e dice: “Secondo me, bisognerebbe smettere di far casino”, legittimamente chi lo sente presume che, secondo l’insegnante, in quella classe in quel momento vi sia chi fa casino. Non ti pare?

  51. manu Says:

    a Giulio
    beh in effetti non hai tutti i torti, si possono dire critiche (lasciando stare le possibili risposte pedisseque che ne ricaverebbe manu se fosse giulio, tipo: io non ho scritto che Valter Binaghi è indulgente, ho scritto che io non sono così indulgente……………. 🙂

    però scusa, ometti tutto quello che per me è altrettanto importante! (ad es. nella frase ‘CHI stabilisce COSA’ sta la mia resa, anche se poi continuo).

    e poi. quando scrivo che ‘io non sono così indulgente’ non intendo dire quello che ci hai attaccato subito dopo, e cioè che Valter Binaghi invita ad ‘accontentarsi’ e favorisce la cultura del ‘ bla bla bla ‘. non ritrovo il mio pensiero in questo, Giulio…

    ma vale la pena continuare su questo registro? mi ricorda qualcosa…
    lascio, dai. ho compreso (credo) quello che vuoi dire. forse la mia visione dello scrivere è superata ma.. non riesco a pensare diversamente.

  52. Giulio Mozzi Says:

    Tizio guarda Caio e dice: “Io non sono così basso”.
    Tizio sta dicendo o non sta dicendo che Caio è (relativamente, rispetto a Tizio stesso, ecc.) basso?

    “Pedissequo” significa: “Che segue o imita passivamente qlcu. o qlco., senza offrire alcun contributo personale di originalità” (vedi il Sabatini-Coletti). Ti pare che il mio modo di ragionare sia basato sull’imitazione passiva dei ragionamenti altrui?

    Se vuoi darmi del “pedante”, peraltro, ci può stare. 🙂

  53. manu Says:

    non ritengo sia un tuo modo di ragionare, mica ti conosco. ma pedissequo, lì dove l’ho messo io, ci sta tutto.
    ogni tanto parti con una marcatura stretta sulle parole, e ti diverti, sembra, a decontestualizzare e ricontestualizzare le frasi in un moto perpetuo che, sembra, possa non avere fine se non per sfinimento di chi suo malgrado si ritrova ad essere il tuo interlocutore in quel frangente.
    da parte mia, lo vedo più come un meccanismo di controllo che un modo di ragionare, della serie, mo vieni qua che ti strapazzo un po’. ecco, tipo gatto con topo.

    n.b. prima di scrivere ‘pedissequo’ ero andata a vedermi la definizione, perchè ero matematicamente certa che me l’avresti riportata :-))))))))))))))))

    no. pedissequo mi sta più simpatico di pedante

  54. Giulio Mozzi Says:

    No, Manu, non mi diverto. Mi annoio a morte. Ma quando mi si fanno dire cose che non ho scritte, tendo a farlo notare. E se faccio una domanda e questa viene elusa, tendo a ripeterla. Perciò:

    Tizio guarda Caio e dice: “Io non sono così basso”.
    Tizio sta dicendo o non sta dicendo che Caio è (relativamente, rispetto a Tizio stesso, ecc.) basso?

    Aggiungo: se secondo te sono “pedissequo”, cioè “imito passivamente qualcuno o qualcosa”, sei in grado di dirmi che cosa o chi imito passivamente?

  55. Giordano Boscolo Says:

    Mi vergogno a dirlo, ma uno dei motivi per cui scrivo (poco e con risultati spesso insoddisfacenti) è il senso di colpa che mi prende se non lo faccio. Come quando dormo troppo la domenica mattina e poi mi sveglio amareggiato perché mi sembra di aver perso tempo. Non so se mi spiego. Non è l’unico motivo, ma ho il sospetto che giochi un ruolo importante e ne sono stupito.

  56. manu Says:

    beh se ti annoia non farlo.

    non ho scritto che valter binaghi è indulgente
    ho scritto che io non sono così indulgente
    così come valter binaghi? dunque significa che lui è indulgente!
    no
    io non sono così indulgente da ritenere che l’infinita storia del mondo abbia bisogno della voce di tutti i suoi personaggi per essere raccontata.

    è il tuo metodo chirurgico di ricalco delle frasi altrui che è pedissequo. non tu.

  57. marghe Says:

    se non scrivo mi deprimo… è la mia droga

  58. lesfumaturedelmondo Says:

    Se scrivere è una passione intrinseca del nostro modo di essere..rinunciarvi in partenza è ridicolo.

  59. Ivano Porpora Says:

    1. Se ne scrivono tanti. Ma nessuno di quei tanti dice di me le cose che dico di me, e quando uno di quei tanti – è capitato – ha detto cose che dicevano a fondo di me, ma veramente a fondo, è pur sempre stato un libro che hanno scritto altri. La differenza essenziale tra il sentir dire che il sesso è bellissimo e il farlo.

    2. Tanto non ti pubblicano. Ma non si scrive solo per la pubblicazione (quantomeno non per la pubblicazione immediata, sennò chi digita ora queste righe starebbe penzolando da un albero come Pinocchio).

    3. Cosa speri di guadagnarci? Se in termini monetari, poco. Ma mia sorella che è laureata in giurisprudenza con lode è disoccupata; e non ho mai misurato il benessere col Pil.

    4. Ben che vada, tra due anni sarà dimenticato. Da altri.

    5. Meglio uscire con gli amici, fare vita sociale, prendere il sole e il vento, conoscere il mondo, godersi la vita. Ma S. sa che se non scrivo non riesco a uscire con gli amici, a far vita sociale, a prendere il Sole, a godermi la vita. Divento un essere mostruoso, con la barba lunga e sparuti capelli in testa, che alloggia i suoi mostri nel chilo netto del suo cervello.

    6. Ormai si pubblicano romanzi tutti uguali: sei davvero convinto che sapresti fare qualcosa di diverso? Non si pubblicano affatto romanzi tutti uguali. Si pubblica ciarpame e si pubblicano libri molto interessanti, e vie di mezzo. E rimane la differenza tra il mio e l’altrui.

    7. “Scegli: o me, o il tuo cavolo di romanzo” (detto dalla persona che si ama). Questa domanda dovrebbe farne porre molte altre sulla persona che si ama, o sulla relazione che si è andata instaurando con la persona che si ama, o sulla relazione che si è andata instaurando col romanzo.

    8. Non hai ancora letto un millesimo della letteratura universale – quella di valore, intendo -, e già ti metti in testa di scrivere un romanzo. A me però non interessa la letteratura universale: a me interessa la letteratura universale per me, che mi prende per mano e m’accompagna mentre scrivo. Mi ha aiutato molto di più Opinioni di un clown che L’insostenibile leggerezza, per dire.

    9. “Ne ha scritto uno anche mio cognato. Vuoi scendere al suo livello?”. Dipende da quello che ha scritto tuo cognato; e la cosa riguarda il cognato, poi, non me.

    10. Ce n’è bisogno? E, se non ce ne fosse bisogno, scriverei queste righe – alle quali penso da qualche giorno – anziché far colazione?

    * * *

    1. Mi va di farlo. E sono incapace di fare qualsiasi altra cosa, se questa cosa non contempla lo scrivere in qualche momento della giornata, o nella mia testa, o su un muro, o per aria.

  60. Federico Platania Says:

    @Giordano Boscolo (“uno dei motivi per cui scrivo […] è il senso di colpa che mi prende se non lo faccio.”).

    E’ vero. Nel mio caso c’è anche questo.

  61. Taglia Says:

    Però si parte dal presupposto che uno debba poi far pubblicare ciò che scrive, secondo me questo è un passaggio accessorio.

    Si può scrivere un romanzo senza che questo debba essere pubblicato? Secondo me sì.

  62. escapist Says:

    …che poi è l’unica motivazione che conta 🙂

  63. signorinamia Says:

    La risposta ai 10 punti è:

    ” Se non lo scrivo non saprò mai di averlo potuto scrivere”

    che si applica, del resto, a tutte le scelte della vita.

  64. Andy Says:

    @manu+Mr.Mozzi+Vbinaghi @all

    Essere indulgente non e’ necessariamente un difetto, dipende dalla quantita’ e dall’oggetto di tale indulgenza: per esempio ritengo che l’autoindulgenza non sia quasi mai un buon affare e sia anzi causa di molti disastri. E’ pedissequo?

    Forse manu intendeva dire che “l’infinita storia del mondo ha bisogno della voce di tutti etc.” e’ una bella frase pacificatoria, un buono slogan per incoraggiare ragazzini delle medie svogliati e allergici ai temini in ambito parrocchiale, ma che non rende giustizia a chi veramente e’ capace di fare qualcosa (per esempio scrivere) e chi invece, appellandosi all’universale diritto di libera espressione delle proprie idee (sacrosanto, ci mancherebbe) prova a far passare un concetto tipo:” Siamo tutti scrittori”.
    E’ un po’ il dramma della democarzia: a dare tutto a tutti, ci si perde i migliori, che magari come filosofia per il sistema sanitario funziona ma per trovare buoni libri forse non e’ il massimo.

    So di aver interpretato- forse male- ma la discussione mi divertiva e volevo dire la mia, cosi’ che, parafrasando vbinaghi “l’infinita storia di vibrisse etc. etc.”

    Ciao a tutti e grazie a Mozzi per lo spazio.

  65. gian marco griffi Says:

    “Si può scrivere un romanzo senza che questo debba essere pubblicato? Secondo me sì”.

    Può darsi, ma quando scrivi col pensiero di far leggere ad altri è tutto un altro scrivere.

  66. Francesco Says:

    Di tutto questo parlare, a me è rimasto un solo concetto:

    “Il diario di Etty Hillesum non è un romanzo. I romanzi raccontano storie inventate.” (con la seguente e necessaria domanda: dove finisce la realtà e inizia l’invenzione)

    Quanti non-romanzi abbiamo letto, allora, nella nostra pur breve vita?

  67. vbinaghi Says:

    @Andy
    Avresti ragione se il raggiungimento di una dignità (e commerciabilità) artistica fosse l’unico risultato auspicabile per chi si mette a scrivere un romanzo.
    Io credo che ce ne sia almeno un altro: dare forma a una visione del mondo e insieme dare forma esteriore a sé stessi, nell’immaginario, è un esigenza psicologica che, quando è avvertita, è bene che sia esaudita. Porta con sè un forte aumento di consapevolezza estetica ma anche psicologica e in qualche caso ha un carattere terapeutico.
    Quel che non va nel discorso di Manu è che ci si metta a scrivere solo se si è strasicuri dei propri mezzi: è come pensare di imparare a nuotare prima di entrare in acqua.

  68. manu Says:

    @ valter
    ma insomma valter. ho dipinto per vent’anni perchè esigenza primaria, irrinunciabile per me come l’aria, che alla fine ho visto tradursi in quello che dici tu, ‘dare forma esteriore a se stessi, dare forma alla propria visione del mondo’ come esigenza psicologica e tutto il resto. poi ho smesso, tre anni fa ho smesso, per motivi che non sto qui a dire. e un giorno un amico mi chiama e mi dice: vieni a casa mia, ho ristrutturato, ti faccio vedere come è venuta. entro e mi ritrovo all’interno di una galleria d’arte (così l’ha definita lui) con ai muri quadri unicamente miei, ovunque, pure in bagno. lui soddisfatto, io atterita. non mi riconosco minimanente in quei lavori, quella non sono io. non più. passano dieci giorni, entro in libreria al mio paese, un tipo mi guarda e mi fa: scusa, sei tu la pittrice? ho visto i tuoi lavori a casa di X … ma che pittrice del c…. dico io dentro di me. questo e solo questo penso dopo vent’anni di pittura. pensi ancora di me che temo di misurarmi se non sono strasicura dei miei mezzi? sono pure autodidatta. dai, l’arte non è terapia, valter.

    per me conta solo e unicamente quello che tu chiami il raggiungimento di una dignità artistica, e in questo sono stata, sono, e presumo sempre sarò, sommamente feroce. prima di tutto con me. poi anche con gli altri. mentre invece mi guardo attorno e vedo che il mio metro di misura non è condiviso. c’è un autocompiacimento disarmante in chiunque si metta a fare qualcosa. per questo ti ho dato del buonista su quella tua frase. per nient’altro che quella frase.

    ho fatto l’esempio della pittura perchè mi viene diretto, ma mettersi a scrivere un romanzo credo sia lo stesso.

    @Andy
    ti ringrazio. hai dipanato meglio di quanto sappia fare io i miei pensieri.
    p.s. il tuo blog è esilarante!

  69. Stefano Says:

    Andy, ma prima che l’abbia fatto come si fa a sapere se qualcuno è ‘veramente capace di fare qualcosa’? Per esempio scrivere. Qui non si parla del diritto a essere pubblicati (che non può esistere e che la Rete soddisferà nel solito suo modo ingannevole) ma del desiderio di scrivere – tu sembri proporre un test attitudinale (immagino i libri letti, se corrispondono a una qualche classifica di cool stagionale).

    Poi, una volta scritto, si deve provare a farlo pubblicare o comunque a farlo leggere agli altri, altrimenti si incorre nel peccato di Onan (quello vero, non la masturbazione) che notoriamente Dio punì in maniera che a noi può persino parere eccesiva. Inoltre chi scrive senza avere il coraggio di far leggere agli altri si macchia anche del peccato di superbia (convinto di essere troppo superiore per abbassarsi al giudizio altrui…)

  70. Andy Says:

    @manu: grazie! Ho apprezzato molto i tuoi post, li ho trovati originali, coerenti, non-autocompiaciuti, rigorosi, per nulla ruffiani e imbonitori. E adoro chi sa usare nel giusto contesto il termine “feroce”.

    @Stefano: perdonami ma non colgo il senso del tuo post (non e’ una polemica). Ho riletto quanto da me scritto e non ho trovato traccia di “Test attitudinali”: potresti spiegarti meglio? Sul serio, prima di eventuali repliche vorrei essere sicuro di aver inteso correttamente quanto tu intendessi esprimere.

    @ vbinaghi: il ruolo del self-help della scrittura e’ innegabile, puo’ anche darsi che sia per molti lo stimolo ad iniziare, ma di sicuro “la dignita’ artistica” e’ la ragione principale, se non l’unica, per la quale si continua.
    Cioe’, se uno deve scrivere solo per sostegno psicologico, sai che palle: allora c’e’ anche l’ippoterapia, o il Prozac.

    Ciao a tutti e grazie a Mr. Mozzi per lo spazio.

  71. Allison Burne Says:

    Dopo averne già scritto uno, mi piace moltissimo il punto 5. Perchè la vera domanda è: meglio scrivere o vivere? 😀

  72. aquanive Says:

    N.2: non posso farne a meno…

  73. aquanive Says:

    Reblogged this on Scarabocchi and commented:
    Aggiungerei come risposta n. 2 alla Buona ragione per scriverlo: non posso farne a meno.

  74. Stefano Says:

    “Forse manu intendeva dire che “l’infinita storia del mondo ha bisogno della voce di tutti etc.” e’ una bella frase pacificatoria, un buono slogan per incoraggiare ragazzini delle medie svogliati e allergici ai temini in ambito parrocchiale, ma che non rende giustizia a chi veramente e’ capace di fare qualcosa (per esempio scrivere) e chi invece, appellandosi all’universale diritto di libera espressione delle proprie idee (sacrosanto, ci mancherebbe) prova a far passare un concetto tipo:” Siamo tutti scrittori”.” (Andy)

    Il tema della discussione sono i motivi che dovrebbero dissuadere dallo scrivere e il motivo che invece dovrebbe giustificare questa decisione. Tutti possono farlo (essere pubblicati e un’altra storia) ma non perchè sono ‘tutti scrittori’. Tu sembri voler dire che solo quelli che sono veramente capaci dovrebbero poterlo fare e che è pernicioso e buonista incoraggiare gli altri. Ora, prima che lo facciano, come fai a sapere che non ne sono capaci? Test? Esami d’ammissione? Quota d’iscrizione?

  75. vbinaghi Says:

    @Manu
    Ho scritto e pubblicato dieci libri in dodici anni. Non sono certo uno scrittore di successo ma mi è stata riconosciuta una certa dignità artistica. Eppure non ho tratto da questi giudizi la minima parte del valore che per me ha avuto scrivere questi libri, comprendervi il mondo e me stesso. Che devo dirti? Siamo diversi.

  76. manu Says:

    @Valter
    si, diversi 🙂 ciao e grazie.

  77. pococurante Says:

    Nessuno che accenna all’ostacolo principale, almeno per me: il tempo. Non scrivo un romanzo (benché nella mia testa sia già ben chiara la trama, che narra della rabbia, la frustrazione e soprattutto la monotonia di un lavoratore col posto fisso nell’èra Monti) perché non ne ho il tempo; quando cacchio lo scrivo?
    Sto cercando di farmi licenziare per trovare un po’ di tempo libero. Ma è dura. Speriamo con la riforma prossima ventura…

  78. Giuliano Gabrielli Says:

    James Hansen (Columbia Uni, NASA USA) ha speso un’intera vita a studiare i Cambiamenti Climatici. A 68 anni s’è messo in piazza, s’è fatto arrestare davanti a una Centrale al Carbone e ha scritto un libro, non più in forma di documento o saggio scientifico, ma in una forma nuova: “Tempeste. Il clima che lasciamo in eredità ai nostri nipoti, l’urgenza di agire”. Dice che attraverso la Narrativa spera di farsi ascopltare.
    Abbattere le emissioni di CO2, battersi per un cambiamento sociale e politico, tramite un mezzo “che funzioni” (?) presso un pubblico più ampio, può essere un motivo in più?

  79. Carla Says:

    @pococurante

    quando riuscirai a ritagliarti un po’ di tempo sarai in buona compagnia… quelli che scrivono perché gli va di farlo fanno (quasi) tutti un lavoro noioso 😉

  80. Barbara Vuano Says:

    ho trovato questo dibattito molto bello e molto vero
    “l’infinita storia del mondo ha bisogno della voce di tutti i suoi personaggi per essere raccontata.
    E nessuno è mai stato io prima di me.”
    per me non è una frase buonista, nella misura in cui la voce non necessariamente è una voce d’artista, può essere una voce e basta, una testimonianza.
    Il punto è che la voce per essere voce ha bisogno di essere autentica e capace di rappresentarsi, poi qualcuno è geniale e qualcuno no, chi è geniale e ha sufficientemente esercitato la sua genialità, voglio dire che ha anche imparato a usare l’arte, sarà un artista, forse verrà pubblicato, apprezzato, forse no.
    Se verrà apprezzato troverà più facile continuare, troverà più tempo per farlo, ma non sarà la mancanza di apprezzamento ad impedirgli di continuare diciamo a scrivere romanzi, ma potrebbero essere ugualmente quadri, sculture, film, musica o altro.
    resta a ognuno la responsabilità di sé da tirare avanti, anche per decidere di smettere, se è il caso, come dice Manu.
    grazie a tutti.

  81. manu Says:

    @ Barbara Vuano
    sullo ‘smettere’: luce e tenebra. ho scoperto che non sempre significa unicamente luminosità od oscurità. si può trovare qualcosa di davvero illuminante magari proprio immergendosi nella tenebra. in questo devo dire ho avuto culo, uno spazio vuoto porta con se la possibilità di essere riempito.

    ma per tornare al buonismo, sai che ti dico? tu hai usato una parola che non era uscita fino ad ora, e che ritengo fondamentale. autenticità. una voce autentica è una voce che parte dal cuore e arriva al cuore. molti libri sono da leggere, pochi fanno pensare. grazie a te.

    p.s. bello Evelino!

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