[Questo è il secondo articolo della serie La formazione dello scrittore (parallela a quella La formazione della scrittrice), che apparirà in vibrisse il giovedì. Ringrazio Mario per la disponibilità. L’ospite della prossima settimana sarà Tullio Avoledo. gm]
Dove sono nato? In un capoluogo di provincia, Udine. Poi sono vissuto in un paese della pedemontana tra Cividale e San Daniele del Friuli. Lì quasi tutte le strade erano non asfaltate e senza fognatura. Dalle frazioni di montagna giungevano i bambini per andare alle Elementari e avevano il passo di chi sa unicamente arrampicarsi o scivolare, con il corpo che perde peso. Erano strani e stavano per conto loro. Ricordo che da un ragazzo universitario, fatto eccezionale, di quelle borgate dopo qualche anno avevo ricevuto un libro per metà illustrato, il romanzo La nausea di Sartre ma non so quale edizione fosse. I cortili che davano sulle vie avevano orti con anatre, galline, letame. C’era una segheria, la pesa pubblica, boscaioli, contadini. Come nel romanzo I ragazzi della via Pal. Da qualche casa uscivano i lamenti di un anziano, di un coetaneo, e di loro si parlava a bassa voce. Non so se ricordo prima Ferenc Molnár o Cesare Pavese: qualche poesia di Lavorare stanca che raccontava della vita di paese. Bei temi in quinta elementare, mi diceva la maestra, uno sulle screpolature che avevano i palmi delle mani di mio padre, e poi la lettura di un racconto commovente di David Maria Turoldo, le prose brevi di Ivan Turgenev e le lettere della Povera gente di Dostoevskij. Certo, Delitto e castigo, anche questo fornito di illustrazioni. Nessuna fiaba. Ricordo alcuni disegni di Alfred Kubin e il passare pomeriggi a rifare le poesie di scuola: Pascoli, Leopardi. Maldestre imitazioni.