Posts Tagged ‘Umberto Casadei’

Come sono fatti certi libri, 13 / “Il suicidio di Angela B.”, di Umberto Casadei

7 agosto 2017

di Arianna Ulian

[In questa rubrica vorrei pubblicare descrizioni, anche sommarie, di libri che – al di là della storia che raccontano o del tipo di scrittura – presentano una “forma” un po’ particolare, o magari bizzarra. Che cosa io intenda qui per “forma” mi pare, ora che ci sono undici articoli pubblicati, piuttosto evidente. Chi volesse contribuire si faccia vivo in privato (giuliomozzi@gmail.com). gm].

È una fortuna che Giulio Mozzi abbia proposto per l’estate la rubrica Come sono fatti certi libri, perché di questo libro (Il suicidio di Angela B., di Umberto Casadei, pubblicato nel 2003 presso Sironi) si può dire solo come è fatto. Naturalmente non intendo negare che la trama sia riassumibile, le sottotrame siano riconoscibili, cose così. Voglio però insinuare cosa è giusto fare (ci metto presunzione): si può onestamente dire solo come è fatto perché la sua forma è una ampia vivace e articolata luminosa scommessa sulla dicibilità della vita. Se questa scommessa sia vinta o persa, è una domanda insensata. Naturalmente, per me, è vinta perché c’è stata scommessa.

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Dieci eventi determinanti che hanno fatto di me lo scrittore che sono

5 aprile 2016

di giuliomozzi

[“Dieci”, mi raccomando, non “I dieci”]

1. Sono nato in una famiglia dove si studiava, e si studiava volentieri; e dove c’erano risorse per studiare. Dai genitori – entrambi biologi – appresi, tra le altre cose, un modo di ragionare e parlare rigoroso. Una logica.

2. Mia sorella Maria Luisa studiava lettere, e mi passava poi dei libri, o me li raccontava, o accettava di parlarne con me – che avevo due anni di meno, molta costanza di meno, e moltissima pazienza di meno. Capivo poco, intuivo qualcosa: sviluppavo l’immaginazione, più che l’intelligenza.

3. All’oratorio conobbi Stefano Dal Bianco. Oggi stimato poeta, allora amico prezioso e istruttivo. Aveva un anno meno di me, mi ha insegnato molto, mi ha portato molte letture: faceva qualcosa che io non capivo, ma che mi sembrava vero.

4. Al liceo ebbi, tra gli altri, due insegnanti che avevano per la loro disciplina un appassionamento autentico: Diana Burla, italiano; Renato Bortot, filosofia. Non so quanto ho ritenuto del loro insegnamento: credo di aver intuito qualcosa dal loro appassionamento.

5. Negli anni Ottanta, quando lavoravo nell’ufficio stampa della Confartigianato veneta, per un certo tempo ebbi sopra di me come capo ufficio Guido Lorenzon. Mi fece scrivere molto, mi insegnò molto. Da lui imparai non solo un approccio professionale alla scrittura, ma anche un approccio etico.

6. Nel 1988 trovai in una libreria un libretto di poesie di Laura Pugno, e volli conoscerla. Laura ha dieci anni meno di me, allora ne aveva diciotto: mi ha insegnato molto, ma soprattutto ha riconosciuto qualcosa in me che io stesso non vedevo.

7. Nel 1991 lessi, su istigazione di Stefano Dal Bianco, Grande raccordo di Marco Lodoli. Che Marco Lodoli sia o non sia un grande scrittore, non è questo il punto. Il punto è che quel libro era la cosa più potente che potesse capitarmi in quel momento. E i suoi racconti erano un modello.

8. Nel 1995 o 1996, non so più, conobbi Umberto Casadei: si iscrisse a un mio corso, anzi fu la sorella a iscriverlo. Da lui ho imparato che quando si incontra uno scrittore non c’è altro da fare che mettersi al suo servizio. Lezione utile per gli anni successivi.

9. Nel 2002 o 2003, credo, ricevetti dei racconti da Demetrio Paolin. Non mi convinsero ma mi interessarono. Conobbi così Demetrio. E capii, accidenti se lo capii, che differenza c’è tra uno che fa come me e uno che studia e pensa.

10. E poi sarebbe una lista lunga, molto lunga, di incontri e di apprendimenti. Di alcuni ho preso coscienza solo nel tempo, magari dopo molto tempo. Di altri, chi sa, prenderò coscienza in futuro. Grazie.

“L’amore ai tempi della deindustrializzazione”, di Gianni Dezanni

3 febbraio 2016

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Brugnolo, Mozzi: “L’officina della parola”. Dal 15 ottobre in libreria

24 settembre 2014

copertina_ODPDalla Prefazione: “Questo libro deve molto ai nostri maestri, ai nostri allievi, agli amici che si sono interessati al nostro lavoro. Tra i tanti che gli hanno insegnato tanto, a Giulio Mozzi piace ricordare Guido Lorenzon, Maurizio Pescarolo, Laura Pugno e Umberto Casadei; a Stefano Brugnolo Nicoletta Lolli e Chiara Bonollo.
Un particolare ringraziamento va ad Annalisa Bruni, per aver collaborato al lavoro di ideazione e revisione […].
Un grazie anche Giulia Tancredi, che ha fatto il possibile perché il lavoro di due autori tendenzialmente caotici riuscisse finalmente ad aboutir à un livre.
L’officina della parola deve molto anche alla pazienza: alla pazienza dell’editore, che lo ha aspettato a lungo; alla pazienza di Paola Borgonovo, a cui si deve un importante lavoro di verifica delle fonti, di editing e di organizzazione della materia”.

Leggi l’indice del libro

Cronache dalla Mostra del cinema

4 settembre 2010

3 settembre. Il documentario sulla cultura in italia di Elisabetta Sgarbi: e altre cose. Di Umberto Casadei.

Cronache dalla Mostra del Cinema

2 settembre 2010

28 agosto. 31 agosto. 1 settembre. Di Umberto Casadei.

Il santo il vergine il re

29 luglio 2010

Umberto Casadei conclude qui la cronaca-riflessione (più riflessione che cronaca) sulla conversazione tra Giorgio Bonaccorso e Giulio Mozzi a proposito del libro Corpo morto e corpo vivo: Eluana Englaro e Silvio Berlusconi. Puntate precedenti: Perché l’ironia, adesso?, Tornato dal bar, Né piccioni, né fave, Sigillato immaginato corpo + punipetto. gm

Sigillato immaginato corpo + punipetto

15 luglio 2010

di Umberto Casadei

… ritorno a un pensiero già fatto a suo tempo, ossia, non aver mai compiutamente immaginato Eluana Englaro come corpo e tuttavia, al tempo stesso, di avere pensato costantemente al suo corpo. Cosa significa? Come funziona? Che situazione è? Naturalmente sapevo, e so, che situazione è. Si è trattato, almeno in rete, di un tema dibattuto. Il tema delle immagini circolanti di Eluana Englaro. Mostrata viva, sorridente, giovane. E assai più sporadicamente, cioè quasi mai, nelle condizioni in cui realmente si trovava. Eppure, penso, bevendo lo sherry, anche no. Non lo sapevo. Non lo so. Per esempio, mi dicevo, pensa quando parli a Gioia di tua madre. O a tua madre di Gioia. Certo che mia mamma è una bella tipa!, dici a Gioia. Dici così, no?, pensavo. Mia mamma ha detto questo e ha fatto quell’altro. Ebbene, pensavo: quando parli così, hai presente tua mamma? In che modo, mentre parli di lei, l’hai presente? La vedi mentre parlando la evochi? Se la vedi, ne vedi il volto? Se non ne vedi esattamente il volto e tuttavia tua madre, mentre ne parli a Gioia, ti è presente, in che modo ti è presente? Che cosa di lei hai presente? Che cosa è, esattamente? Nel senso: è, tua madre, esattamente? Pensa a Eluana, mi dicevo. Un nome. Divenuto in qualche modo familiare. Veniva chiamato. Un nome molto chiamato. Anche tu chiamavi il nome. Ma il nome non era il corpo. Pensavi la cosa del nome. E pensavi al corpo del nome. Ma il corpo del nome non era la sua cosa. Avevi avuto delle immaginazioni, sul corpo del nome. […]

Leggi tutto l’articolo di Umberto Casadei.

Tre (e quattro)

13 luglio 2010

Alla presentazione di Corpo morto e corpo vivo: Eluana Englaro e Silvio Berlusconi a Santa Giustina in Colle (qui), con la partecipazione del monaco benedettino Giorgio Bonaccorso, qualche giorno fa, era presente anche Umberto Casadei. Il quale, su quella conversazione, ha rimuginato assai. Nel suo blog, tre articoli da leggere in sequenza: Perchè l’ironia, adesso?, Tornato dal bar e Né piccioni, né fave.

Aggiornamento: Umberto è tornato per la quarta volta sulla cosa, con il pezzo Sigillato immaginato corpo + punipetto.

Se non esistesse

8 giugno 2010

di Umberto Casadei

[Questa nota è presa di peso dal blog di Umberto Casadei, dove è apparsa il 4 giugno scorso].

U. Casadei

Se non esistesse il calciatore Borriello, per il quale Roberto Saviano tralascia sistematicamente le cose buone che albergano nelle terre natali di entrambi, insistendo esclusivamente su singoli aspetti per meglio lucrarvi; se non esistesse il sassofonista Sepe, che rinfaccia a Saviano di farsi pubblicare da Berlusconi (del quale evito di ricordare le recenti idiozie, in materia) e di usufruire della protezione dei vertici di quel Sistema che partorisce e alimenta proprio ciò che lo scrittore afferma di combattere; se non esistesse il mio coinquilino, eroico aspirante narratore di mafia, fuggito da Taranto perché da Ancona in giù, soli contro tutti, non c’è via di scampo salvo far comodo a qualche cosca, in qualità di arma, contro cosche nemiche (questa la sua ultima accusa a Saviano); se nella realtà minuta, straperiferica e alcolizzata dei miei pomeriggi di qualche anno fa non fossi incappato nell’ex militante dell’estrema sinistra patavina, oggi sessantenne, da cui per primo, in stretto dialetto veneto, ebbi a sentire che Saviano è uno che sputa nel piatto in cui mangia; se non esistesse il mio poco più che ventenne collega, pieno di tic, malato di gastrite, solo come un cane e fottuto nel cervello (battute a bruciapelo, guradandoti negli occhi, tipo: “eiaculo molto”) per cui Saviano è un piazzista particolarmente rompicoglioni, che vende, come tutti, la sua mercanzia, e chiude una conversazione per altro manifestamente impossibile, ridendomi in faccia: ma allora davvero Lippi lo lascia (Borriello, naturalmente) a casa? Insomma se non avessi modo, nella mia quotidianità, d’attingere continuamente a una compiuta, capillare antropologica putrefazione, le affermazioni del preside della facoltà di scienze della formazione dell’università di Genova Alessandro Dal Lago, le prenderei per quello che sono, cioè applicazioni di teoria e critica del funzionamento dei mezzi di comunicazione di massa al caso specifico della icona mediatica Roberto Saviano; generose, persino esemplari, quanto generoso ed esemplare era Gomorra all’epoca della sua pubblicazione; ma anche un po’ come dire?, già sentite, non nuove, insomma patrimonio comune e acquisito – quanto, del resto, già sentito, non nuovo e acquisito appariva il contenuto informativo, in materia di camorra, del libro di Saviano. E invece no.

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13 gennaio 2010

di Umberto Casadei

Berluconi! Fai Gesù! Non sprecare l’occasione! Non sprecare ancora un’altra occasione. Non capisci? Tu solo puoi. Tu solamente. Per come sei. Non sarebbe stato possibile altrimenti. Così come sei. Solo tu puoi. Fallo, per carità di Dio. Smettila di simulare e fallo. Fai la cosa per cui sei. Fai la cosa! Fai Gesù. Vai dai poveri. Vai dai mafiosi. Vai dai derelitti e dai corrotti, vai dove c’è malattia, vai dove c’è astinenza, vai dove c’è fame, vai dove c’è dolore, vai dove c’è bisogno, dove necessità regna, dove malaffare signoreggia, dove violenza gode, dove stupro è legge, porta l’amore, porta l’amore, porta la forza sovversiva dell’amore e fai ciò che tu solo puoi fare, ciò che solo a te è dato fare, porta un’atomica d’amore, fai dell’universo un olocausto d’amore. Non sprecare, non sporcare ancora un’ennesima occasione. Dicono di te che sei idiota, ma non è vero. Dicono di te che sei un genio, ma non è vero. Smonta dalla macchina con la faccia spaccata. Smonta dalla macchina. Smonta e cammina. Cammina con la faccia spaccata e allunga la mano, togliti la giacca, mettila sulle spalle dell’uomo con il cane, ha la tua età ma è un vecchio, capisci?, la solitudine tu la conosci, è solo, vedi?: ha cane, attende al semaforo, non ci capisce più un cazzo con quei cicalini, cosa aspetti? [continua]

Blackouts

31 dicembre 2009

di Umberto Casadei

[…] Abbiamo scambiato quattro chiacchiere di politica; devo aver detto che non sono capace di capire il senso del compromesso che il PD o una parte del PD pensa di fare con Berlusconi. Non capisco, devo averle detto, al di là delle retoriche e dello spettacolo, gli interessi e la reale balance of power. Se Debenedetti non è con il PD, ho detto, chi è con il PD, quali comparti del sistema produttivo, quali blocchi di capitale stanno con il PD? Mia sorella ha risposto in termini di uomini e donne che vogliono ottenere qualcosa per nascondere qualcos’altro salvaguardare la propria ricchezza, la propria credibilità, uomini e donne in carne e ossa che lottano per la propria vita d’ossa e carne e porprio per questo non hanno alcuna concezione del bene comune dello spazio pubblico e della politica. Provavo a parlarne anche due o tre notti fa con Gioia, le ho detto, ma ero troppo stanco e non riuscivo ad articolare comprensibilmente le domande. Anche lei tuttavia, le ho detto, mi rispondeva in termini Di Pietro, D’Alema e Berlusconi come persone in carne e ossa con percorsi rispettabilità caratteri psicologie difformi, più o meno come quando nei libri di storia si legge di Cesare Borgia e Lucrezia e di qualche principe Sforza, da un lato; e poi come icone, o simulacri, cioè catalizzatori di foia e di tifo, dall’altro. In effetti si parla molto poco di politica, ha detto lei. Poco?, faccio. Niente, fa. […]

Leggi tutto l’articolo nel sito di Umberto Casadei.

Corpo morto e corpo vivo / Assonanze 2

27 ottobre 2009

di Umberto Casadei

[…] Oggi pomeriggio ho sognato Beppino Englaro. Ho sognato che Beppino Englaro, anni fa, diceva a un amico che non ce la faceva più a vedere sua figlia “in quello stato”. Che stato era?, gli domandava l’amico. Uno stato aberrante, diceva Beppino Englaro. Non di morte, non di vita. Diceva così.

Ho poi sognato che intervenivo nella conversazione. Dicevo che avrei voluto morire in pace. Che la mia anima non rimanesse mescolata nel corpo. Ma dicevo anche di non credere all’esistenza dell’anima. Beppino e il suo amico alzavano le spalle. Scusatemi, dicevo.

Poi sognavo particelle di anima. E cellule. Particelle di anima intrappolate nelle cellule irrigidite. Cellule di anima, la cui separazione dalle cellule di corpo non riusciva a compiersi. Come vedere una femmina di animale con un feto penzolante dalla vagina. Non nato, perché non separato. L’anima nasce completamente con la morte, dicevo. […]

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Otto anni non sono pochi / 3

27 Maggio 2009

[Negli otto anni del mio lavoro presso Sironi abbiamo pubblicato tanti libri. Riprenderò qui, in questi giorni, alcuni articoli relativi a quei libri che – a prescindere da qualunque valutazione commerciale – mi sembrano aver meglio “resistito” nel tempo. Questo articolo di Sergio Pent apparve in Tuttolibri, supplemento del quotidiano La Stampa, il 12 luglio 2003. gm].

Ci sono avventure narrative che nascono per essere divorate e altre che si prestano ad essere sezionate sui tavoli dell’autopsia critica. L’esordio “monstre” del padovano Umberto Casadei appartiene fuor d’ogni dubbio alla seconda categoria: romanzo inserito nel romanzo, giocato sulle infinite possibilità del raccontare storie o dirimerle, intersecarle, annichilirle, la sua opera megagalattica si presta ad analisi severe e approfondite, non certo alla frenesia del voltare pagina. Storia dei giorni nostri, tra inconsistenza – anche piccolo borghese – di vivere sfiorando la superficie delle cose, bieca rincorsa ai valori effimeri, annullamento dei sentimenti, la prova onerosa – e strutturalmente esemplare – di Casadei ci mette di fronte a un doveroso dispendio di vocaboli – sempre esigui se rapportati alla fatica del romanziere-architetto – per delineare le positive velleità di confronto con l’attualità sociale e – più ancora – con il grande gioco della sfida letteraria.

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