Posts Tagged ‘Simbolo’

Creazioni, 17

27 giugno 2013

Valter Binaghi, La musica, simbolo del creato

chagall violinistaNell’universale declino (e insipienza) delle arti rappresentative la musica, sola tra le arti, sa ancora parlare al cuore dell’uomo e se letteratura persiste nonostante tutto è perchè ne è ineliminabile la componente musaica, cioè la nuda voce umana, anche se convertita in grafema, anche se sono parole gridate nel deserto. Infatti la parola non sorretta da autentica voce cantante o narrante è vuota spoglia di manuale tecnico, puro spartito per esecuzioni o best-seller confezionati direttamente in un ufficio editoriale.
E’ dubbio che sia stato l’uomo a inventare la musica o la musica a risvegliare l’uomo a se stesso, attuando la sua più pura espressività. Forse fu questo il segreto del linguaggio adamitico, che andò non distrutto ma frantumato nella superbia di Babele, dove qualcuno pensò di non custodire più l’armonia ricevuta ma di ricrearla secondo la propria “ratio”, per farne uno strumento di potere anzichè il dono di una bellezza condivisa.
Eppure ancora accade, accadrà sempre, finche Dio non si sarà stancato di richiamare l’errante. La musica è come una polla di acqua sorgiva che ti si apre nel prato. Non puoi aprirla da solo, neanche con il talento esercitato, perchè accada occorre che qualcuno insieme a te la veda e facciate la cosa più semplice al mondo: berla. Che sia un trio jazz dei più sfigati, una rock band o un orchestra da camera non è così importante. Può pure essere uno strumento solo, ma se incontra la sete dell’Altro alla polla ci si abbevera insieme..
La musica va oltre il corpo e la psiche anche se le attraversa entrambe per rivestirsene, ma nell’attimo dell’esecuzione la musica si lascia dietro il puro suono e il significato immaginario perchè essa è attratta dal sentimento della Pura presenza, è memoria vivente dell’origine, e solo in quel punto inesteso può trovare il suo seme germinale. Questa consapevolezza spazia dai miti più ancestrali, ai complessi sistemi induisti e cinesi, e trova la sua eco nel più misterioso mito greco: quello di Orfeo, prima che Pitagora provasse a desumerne una filosofia di vita.
C’è qualcosa di meglio della musica per alludere al simbolo? Si attua in una risonanza (il simbolo è riconosciuto, allude ad altro e deve “combaciare”), suggerisce armonie complesse che ne rendono più esplicite le proporzioni e le trasferibilità, e soprattutto riporta il sentimento a una purezza che lo rende capace di mutazione, metamorfosi. Se la direzione è l’altezza, può elevarti a quell’integrità della Forma secondo cui Dio non smette mai di crearti. Perchè per alcuni è così difficile accorgersidi questo dono così largamente offerto agli uomini?

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La conoscenza simbolica/5

20 Maggio 2013

di Valter Binaghi

La sesta parte è qui.

7) L’approccio storico-religioso

a) L’ordine del mondo: corpo, società, universo

arte aborigena7Per accedere a quel mondo in cui il simbolismo e l’analogia furono abituali se non esclusivi strumenti di conoscenza – vale a dire il mondo delle società tradizionali, che qualcuno si ostina ancora a definire “primitive” – occorre innanzitutto lasciarsi alle spalle i fenomeni morbosi che abbiamo appena considerato, dove l’immaginario è piegato alle idiosincrasie dettate da una lacerazione interiore, ma anche le seduzioni della fantasia artistica, almeno quella cui la modernità ci ha abituati, che obbedisce unicamente ai capricci o alle ispirazioni di un soggetto individuale in libertà. In effetti, anche la produzione artistica nelle civiltà tradizionali è governata da una cosmologia che permea di sè l’intero campo dello scibile e del praticabile, obbedisce ai canoni di un simbolismo universalmente condiviso e difficilmente è separabile da quella liturgia che la vita pubblica sembra incessantemente celebrare. Per questo l’arte delle società tradizionali è per lo più anonima; l’artista percepisce sè stesso come il veicolo per la manifestazione e la perpetuazione di un ordine che nessuno (lui meno che mai) ha creato e che dà forma, nel senso più autentico e spirituale, alla sua opera: come potrebbe ritenersene l’autore?
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La conoscenza simbolica / 1

22 marzo 2013
René Magritte, Gli amanti.

René Magritte, Gli amanti.

di Valter Binaghi

La seconda parte è qui.

1) L’approccio epistemologico – L’eccezionalità della metafora

Nei confronti di ciò che pertiene a simboli, metafore e analogie (che provvisoriamente considereremo non come sinonimi ma, diciamo, come membri di una stessa famiglia) esiste, ed è molto diffuso, un approccio che si potrebbe definire “retorico”, secondo cui non si tratta di forme di conoscenza, ma solamente di espedienti che servono ad illustrare ciò che potrebbe essere detto in termini più rigorosi: un discorso “ornato” insomma, a scopo per lo più pedagogico o persuasivo, dove si tratta più di abbellire che di rivelare. Se mi permettete, trascurerò del tutto questo approccio, perchè la premessa da cui muove il presente testo è di tutt’altro tipo: simboli, metafore e analogie hanno un valore di conoscenza, laddove i concetti risultano indisponibili o inadeguati.
Potremmo definire questo secondo approccio “epistemologico” in quanto pone il simbolo al servizio del sapere, anche se ne fa una funzione di supporto rispetto a quella che del sapere resta la forma primaria e preferibile, cioè la conoscenza concettuale. Questo approccio, che da un certo momento in poi diventa egemonico nella cultura occidentale, è riassunto molto bene da Tommaso d’Aquino (XIV secolo): “…la conoscenza poetica si occupa di ciò che non può essere colto dalla ragione per difetto di verità, pertanto accade che la ragione venga guidata da alcune similitudini; la teologia, d’altra parte, si occupa di ciò che è superiore alla ragione. Pertanto, giacché nessuna delle due è proporzionata alla ragione, hanno in comune la modalità simbolica”(1)
Sembra che per Tommaso il simbolo abbia sì diritto di cittadinanza nell’ambito del conoscere, ma solo nei territori di confine: l’ineffabile dei sentimenti, troppo viscerali per giungere al pensiero, o la trascendenza di Dio, che eccede la misura del concetto umano. Per tutto il resto, vale a dire la conoscenza della natura e le costruzioni culturali, la rappresentazione concettuale basta a sè stessa.
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