Posts Tagged ‘Seneca’

“Storia universale della fretta”, di Cinesio Bartoli

5 marzo 2016

di Ennio Bissolati

[Ennio Bissolati è un bibliofilo. Per vibrisse recensisce libri introvabili, dei quali sostiene di essere l’unico lettore. gm]

bartoliVentidue anni, stando alla prefazione, sono stati necessari a Cinesio Bartoli (uno di quegli ingegni straordinari che nascono talvolta in Italia: fondatore della Bartoli sas, azienda specializzata nella fornitura di servizi e prodotti per la conservazione degli alimenti d’origine ittica; in gioventù campione regionale di pattinaggio su rotelle in varie specialità; cultore della materia presso l’istituto di Tecnica del freddo del Cnr nel tempo in cui lo dirigeva il compianto Fredolino Mattarolo; discreto pittore e acquafortista – assai apprezzate le sue “marine” – con all’attivo una dozzina di personali; eccetera) per compilare questa avvincente e spettacolare Storia universale della fretta: un saggio che, manco a dirlo, solo un individuo del tutto sordo alle ragioni della tempistica riuscirebbe a non leggere d’un fiato.

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La formazione dello scrittore, 25 / Flavio Santi

13 novembre 2014

di Flavio Santi

[Questo è il venticinquesimo articolo della serie La formazione dello scrittore, parallela alla serie La formazione della scrittrice. Le due serie escono, ormai un po’ come viene viene, il lunedì e il giovedì. Ringrazio Flavio per la disponibilità. gm]

Domanda. Si può amare la scrittura avendo come stella polare questa frase di Joseph Conrad: “Il peggior nemico della realtà sono le parole”? Io volevo dipingere. Anzi, no. Disegnare fumetti. Fare il liceo artistico e poi chissà (oltre a voler fare il calciatore nelle file dell’Udinese). Invece a metà terza media – dopo che il mio rendimento scolastico era calato bruscamente, frequentavo teppistelli, importunavo vecchiette per strada e prendevo una nota sul registro a settimana – trovo un’antologia scolastica di mio padre ferroviere (i miei non leggevano, un po’ mio nonno materno che non ho mai conosciuto ma che mi ha lasciato in eredità un bel po’ di Bur grigi stagionati). Iliade e Odissea. Nelle traduzioni neoclassiche di Vincenzo Monti e di Ippolito Pindemonte. Traduzioni che oggi troverei indigeribili, al limite dell’illeggibilità, guarda tu che effetto sortiscono su un povero tredicenne. “… contra i Greci / pestiferi vibrò dardi mortali”, “Nove giorni volâr pel campo acheo / le divine quadrella”, “E come quando di Favonio il soffio / denso campo di biade urta” ecc. ecc. Basta poco e mi innamoro delle parole. Non voglio più giocare a calcio – l’allenatore della Pozzolese viene sotto casa a implorarmi di giocare, e io niente – manco dei fumetti me ne frega più e mi metto a studiare come un forsennato latino e greco. Gli anni del liceo. Spesso mi capita di fermarmi a pensare a quegli anni di letture totalizzanti e mi domando, un po’ inebetito dai ricordi: Lo rifarei? Lo rifarei di leggere per tutta la notte le tragedie di Seneca, le commedie di Plauto, gli annali di Tacito? Con mio padre che rientra a casa dal turno di notte, mi trova chino su Orazio e mormora sconsolato: “Ho un figlio cretino…”? Sì, probabilmente lo rifarei. Lì scopro la bellezza della traduzione (oltre a tante altre cose, però quei primi esperimenti dal greco e dal latino in italiano sono inebrianti).

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L’esame di maturità di Google

24 giugno 2011

da Seneca, traduzione di Google

Chi impostato per essere benedetti, si dovrebbe pensare che è un onore essere buono, perché se ogni altra considera il primo malato nella provvidenza di giudici, perché gli uomini solo le cose accadono per inconvenienti molti, e per tutto ciò che è breve e ci ha dato un po ‘del mondo, se si confronta l’età intero. Da questo è nato deploratione ingrati che possiamo essere interpreti del divino: ci lamentiamo che non è sempre vero che uno di noi e incerto e la sua partenza, e un paio di cose accadere. Quindi è che vogliamo sia di vivere o morire: l’odio per la vita ci tiene, la paura della morte. Nuota tutto il consiglio di una felicità che non può soddisfare. Ora la causa è che non è che il bene si arriva al immenso e al di là della invincibile supremo dove è necessario, perché non c’è posto per la nostra volontà di resistere. Avete bisogno di chiedere perché nessun potere? Si compiace della presenza, l’assenza non la lussuria, che nulla di questo è che non sono grandi abbastanza. Recedere dal presente sentenza, la pietà non appare, non c’è fede, per molti era meglio la desiderosi sia a soffrire di quelle cose che sono il male sono chiamati, molti di coloro ai quali i inpendenda come indulgere in cose buone. È perire, la fortezza, che avrebbe dovuto fare e il pericolo di sé; perisce magnanimità, che non può salire meno che non abbiate tutti i minuti come il più grande disprezzo per la gente comune di cui è che vogliono, la grazia è perso lavoro e la relazione di grazia, se abbiamo paura, se si conosce la fede qualcosa di più prezioso, se non il migliore aspetto.

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