di Francesca Visentin
[Questo articolo è apparso il 20 febbraio 2018 nel Corriere del Veneto, dorso regionale del Corriere della sera. Claudia Grendene è tra gli insegnanti della Bottega di narrazione. gm]
È una full immersion in una Padova percorsa in ogni angolo, il romanzo d’esordio di Claudia Grendene, bibliotecaria, nata a Villafranca di Verona, ma da sempre vissuta a Padova. Attraverso le storie di sette amici seguiti e narrati negli ultimi vent’anni, Grendene in Eravamo tutti vivi (Marsilio, 282 pagine, 17 euro) mette a fuoco una città, un’epoca e il mutare di un tessuto sociale e politico.
Illusioni, amori e sogni a Padova
Dai centri sociali alla borghesia, dal muro di via Anelli alle rivolte studentesche, dagli scontri politici all’amoreggiare sui muretti della Specola, l’autrice porta in scena luoghi e personaggi, sogni e realtà di un gruppo di giovani che, come spesso accade, dovrà poi scontrarsi con le disillusioni dell’età matura. Amori perfetti che quando si trasformano in matrimoni diventano gabbie soffocanti e passioni osteggiate che invece non si spegneranno mai.
Ideali di libertà che inseguono utopia e rivoluzione ma si scontreranno con la morte. Il palcoscenico su cui si muovono i sette protagonisti è il tipico oscillare tra poesia e bellezza della giovinezza e degli anni universitari in cui tutto sembrava possibile, e l’amaro risveglio dell’età adulta. E la domanda – quando si ritrovano tutti al funerale di uno di loro, il più sognatore – sembra d’obbligo: «Che cosa abbiamo fatto delle nostre vite? Delle nostre speranze? Dei nostri desideri?»