Posts Tagged ‘Moebius’

La formazione della fumettista, 29 / Antonella Vicari

9 giugno 2015

di Antonella Vicari

[Questa è la ventinovesima puntata della rubrica del martedì, dedicata alla formazione di fumettiste e fumettisti. La rubrica è a cura di Matteo Bussola. Ringraziamo Antonella per la disponibilità. gm].

antonella_vicariOtto anni, i titoli di coda di un cartone animato di Hanna & Barbera mi hanno fatto capire cosa avrei fatto da grande: la disegnatrice.

Da sempre il disegno ha fatto parte della mia vita. Non è stata una scelta ma una necessità. Scarabocchiavo, creavo piccole vignette, storie, costringevo la mia sorellina a stare ferma per ore per farle un ritratto, avevo sempre con me un taccuino, un block-notes o qualsiasi altra cosa dove poter disegnare. Ero la prima della classe in disegno.
Ho letto tantissimo sin da piccola cominciando con Topolino e Paperino. Mi affascinavano i fumetti dalla linea chiara franco-belga: Hergè, Juan Gimenez, Vittorio Giardino, Giraud/Moebius. Ma anche autori sudamericani, dalle atmosfere più cupe e noir, José Mûnoz, Barreiro & Risso, Jordi Bernet. Poi c’era Hugo Pratt. Ero attirata da entrambi gli stili, uno più “chiaro e leggero” e l’altro più “scuro e deciso”. Non avevo ancora chiaro quale sarebbe stato il mio stile.

Credo che il fumetto sia una delle tante possibilità che abbiamo di raccontare, e credo che ci siano un’infinità di modi per farlo. Ho sempre trovato straordinario lo spazio bianco tra le vignette che viene riempito dalla nostra fantasia. Tutto accade lì.

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La formazione del fumettista, 25 / Emanuele Tenderini

5 Maggio 2015

di Emanuele Tenderini

[Questa è la venticinquesima puntata della rubrica del martedì, dedicata alla formazione di fumettiste e fumettisti. La rubrica è a cura di Matteo Bussola. Ringraziamo Emanuele per la disponibilità. La fotografia qui sotto è di Francesca Sanfilippo. gm].

I miei nonni, gli aero-taxi, pennelli e pennini.

Fotografia di Francesca SanfilippoLa de-formazione del fumettista?
La mal-formazione dei disegnatori?
Vi devo raccontare dei problemi alla sciatica? O di quelli alle articolazioni?
Ho capito male io?
(De)Formarsi come disegnatore è un percorso di equilibrio tra la rinuncia e la conquista, delle cose della vita e delle cose dell’arte.
Il problema è che ci piace, o per lo meno fino ad un certo punto ci è piaciuto.
Nasce tutto dalla passione, si sa, quella vibrazione al petto (che non è un infarto, anche se poco ci manca) che provi quando leggi una storia che ti entusiasma o guardi un film, un cartone animato che ti stupisce.
La passione di essere spettatore di qualcosa che vuoi essere in grado di controllare e riutilizzare per altri spettatori. E perché è un “problema”? Perché ti marchia a vita, con tutti i suoi “pro” e i suoi “contro”.

Lo specchio attraverso il quale sono entrato in questo paese delle meraviglie di storie e disegni, è mia nonna. Che la nonna è una mamma senza le rotture di coglioni, quindi le vuoi un bene immenso soprattutto se crea una routine per la quale ogni sabato sera ti viene a trovare (con il nonno) a casa, per cenare assieme.
Io sono di Venezia. Loro (i miei nonni) di Murano. Chi vive sparpagliato su due isole separate da una laguna sa quanto prezioso sia il viaggio in traghetto per raggiungere i propri cari. Ogni sabato sera, in casa mia, c’era la sensazione del viaggio dei nonni che stavano per arrivare.
Ricordo come fosse ora (perché lo “ieri” è troppo lontano) il colore giallo della costina del numero settimanale di Topolino, che mia nonna teneva in borsa per regalarmelo.
Stop, fermi tutti! Ora che ci penso bene: mia nonna mi portava ogni settimana il numero nuovo di Topolino.
Da qui in poi vorrei digitare un milione di puntini di sospensione per lasciarmi il tempo di assaporare questo pensiero.
Mia nonna mi regalava ogni settimana il Topolino. Chissà a che scopo? Cioè, lo so, lo scopo: dimostrarmi il bene che mi voleva, ma oggi questo gesto ha un sapore totalmente più profondo, mi piace pensare che volesse insegnarmi qualcosa. Posso dire che i miei nonni sono stati i miei primi insegnanti di fumetto?

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La formazione della fumettista, 8 / Patrizia Mandanici

16 dicembre 2014

di Patrizia Mandanici

[Questa è l’ottava puntata della rubrica dedicata alla formazione di fumettiste e fumettisti, che esce in vibrisse il martedì. La rubrica è a cura di Matteo Bussola. Ringraziamo Alessandro per la disponibilità].

patrizia_mandaniciSe cerco di andare indietro nel tempo per capire quando è nata la mia esigenza di fare fumetti capisco che non c’è risposta: mi sembra di avere letto fumetti da sempre (già da prima che imparassi a leggere guardavo le figure) e di aver subito scarabocchiato in giro immergendomi nei miei mondi (mio padre, che ha sempre assecondato la mia passione, racconta che quand’ero piccola dovette dipingere i muri di casa con pittura lavabile, che tanto io disegnavo anche lì).
Non sognavo di fare la fumettista, sognavo di fare “la pittrice” – intendendo con ciò genericamente la disegnatrice. Più crescevo e più credevo che avrei finito col diventare un’illustratrice, o qualcosa di simile, ma mai veramente una fumettista: quello era un sogno che mi sembrava così al di fuori della portata delle mie possibilità che neanche ci pensavo.
Poi, certo, c’era anche il fatto che per me disegnare storie a fumetti era una questione personale, di sopravvivenza: lo facevo allo stesso modo in cui mangiavo e respiravo, era parte di me, come avrebbe potuto diventare un lavoro?
Mi piacevano così tanto i fumetti che disegnarne di miei era anche un modo per prolungare il piacere che mi dava entrare dentro quegli universi – e infatti mi ispiravo a quello che mi capitava sotto mano a quei tempi, e che amavo, da Tex a Capitan Miki, storie con indiani e cowboy disegnate con qualsiasi cosa su qualsiasi supporto: carta da disegno, ma anche quaderni a righe, a quadretti, blocchetti della riffa, agendine.

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La formazione del fumettista, 4 / Alessandro Baggi

18 novembre 2014

di Alessandro Baggi

[Questa è la quarta puntata della rubrica dedicata alla formazione di fumettiste e fumettisti, che esce in vibrisse il martedì. La rubrica è a cura di Matteo Bussola. Ringraziamo Alessandro per la disponibilità].

alessandro_baggiAdesso che ho 48 anni, fumo la pipa e mi sveglio quando voglio. Dormo poco, però; ho orari irregolari.
Comunque, sì; lavoro in casa e faccio Il Disegnatore Di Fumetti.
Di mestiere, proprio. “Professionista”, si dice.
C’è di bello che puoi ascoltare la musica; un casino di musica.
Anche Ornette Coleman, se vuoi.
Poi, c’è di bello che i giorni di lavoro sono tutti uguali, e si lavora da seduti, da FERMI, eppure sembra sempre di andare AVANTI, in una corsa folle in cui non ci si ferma mai.
Sembra di vivere da capo sempre la stessa giornata, con minime variazioni (la spesa, qualche telefonata), dentro alla quale però accadono cose diverse che dipendono TUTTE da TE.
E ti spingono AVANTI.
Anche mentre si dorme, pare di andare avanti, verso la cosa che farai appena sveglio; sempre la stessa cosa, lenta, che però si muove con te.
Poi, c’è di bello che questa corsa che sembra portare AVANTI, in realtà ha lo scopo di portarti indietro, indietro fin dentro ai giorni belli dell’infanzia, dai quali, vivendo, ci si allontana sempre di più, e quindi, se questa corsa riuscisse ad arrivare là dove deve arrivare, alla fine, sarebbe BELLO; ritroveresti tutto intatto, e una specie di vita che ricomincia da capo e in cui tutto andrà bene, in cui tutto sarà OK.
E’ una corsa che può anche arenarsi, o diventare piuttosto brutta, ma va verso qualcosa di bello, e quindi io ho sempre cercato di non cambiare direzione; di non mettermi, ad esempio, a fare il barista o l’animatore perché non ne potevo più di stare a disegnare DA SOLO.

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