Posts Tagged ‘Mirko Volpi’

La “Colonna infame” di Mario Pomilio e la moralità della filologia

26 ottobre 2015

di Mirko Volpi

[Continua il “convegno online” dedicato a Mario Pomilio].

Mario Pomilio

Mario Pomilio

Il manzonismo di Mario Pomilio è cosa arcinota, discussa e studiata ormai da decenni. Del suo legame con il Gran Lombardo, della presenza di questo nella sua produzione si è scritto fin dalle prime recensioni ai romanzi uscite su riviste e quotidiani così come, post mortem, nei convegni e nei contributi scientifico-accademici. Lo hanno visto tutti i critici e i lettori più provveduti: Manzoni ha abitato fin da subito le pagine pomiliane (ivi comprese, e non sono di poco conto per qualità e numero, anche quelle saggistiche e giornalistiche), dall’Uccello nella cupola (nonostante i da lui mal tollerati continui riferimenti a Bernanos) al palesamento estremo di un rapporto sempre amorosamente nutrito, ossia l’ultimo romanzo, Il Natale del 1833.

Curando di recente la riedizione del Nuovo corso meritoriamente pubblicata da Hacca nel 2014 (e impreziosita da un’introduzione di Alessandro Zaccuri), ho scoperto – con sorpresa mista a una non immediatamente spiegabile interna soddisfazione – che c’era moltissimo Manzoni anche nel terzo romanzo pomiliano (era uscito per Bompiani nel 1959), tra i meno noti e noto per lo più per l’orwelliana (anche qui, in realtà, più suggestione che fonte reale, come ho cercato di mostrare nella postfazione) ideazione di uno Stato totalitario, plagiatore di menti e mistificatore della verità, espressamente modellato sull’Unione Sovietica che aveva da poco invaso l’Ungheria. Questo, dunque, l’inequivocabile spunto storico: il 1956, la repressione comunista attuata nello stato satellite, e quindi l’eterno anelito alla libertà dei popoli oppressi. Ma a un livello diverso – non dirò più alto o più profondo perché ritengo procedano di conserva, e il secondo deve al primo, e alla sua crudele contingenza storica, l’impulso all’obbligata e sofferta riflessione, all’assolutizzazione richiesta dalla letteratura e dalla storia delle idee – sta la costante lettura pomiliana di Manzoni.

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Il ritorno di Mario Pomilio, romanziere europeo (da lunedì 26 ottobre )

24 ottobre 2015

di Demetrio Paolin

Mario Pomilio

Mario Pomilio

Più o meno a maggio di quest’anno avevo tra le mani la copia della nuova edizione del Quinto Evangelio (L’orma editore, 2015) di Mario Pomilio; nella mia libreria facevano mostra di sé la ristampa de Il nuovo corso (Hacca, 2014) e di Scritti cristiani (Vita e pensiero, 2014). E mentre ero indeciso su come scrivere, qui in vibrisse, mi è capitato di leggere un’affermazione di Giulio Mozzi sul suo profilo di facebook che diceva più o meno che il Quinto Evangelio era il più bel romanzo italiano del dopoguerra. Alla sua affermazione mi venne solo da dire: Dio mio, sì! Giulio ha ragione.

La letteratura, sappiamo, non è una classifica di calcio, ma spesso è utile cercare di stabilire un qualche ordine di grandezza, cercando – in parole povere – di fornire una sorta di canone dei testi. E sicuramente il romanzo di Pomilio, ma sarebbe meglio dire la sua opera, dovrebbe essere contemplato al suo interno. In realtà, però, dell’autore abruzzese si è parlato poco o niente, relegandolo al ruolo marginale nell’economia della nostra storia letteraria.

Per questo motivo in quel giorno ho pensato di scrivere una breve mail a tre amici, scrittori e lettori forti dell’opera pomilana, dicendo loro che volevo provare a costruire sul Quinto Evangelio e sull’opera di Pomilio non una semplice recensione o saggio ragionato, ma qualcosa di più.

Gli amici in questione erano Giulio Mozzi, Alessandro Zaccuri e Gabriele Dadati e il qualcosa in più che avevo pensato e immaginato è quello che leggerete nei prossimi giorni qui sul sito di vibrisse ovvero una sorta di convegno on line dal titolo Il ritorno di Mario Pomilio, romanziere europeo, in cui scrittori, critici, teologi e giornalisti sono stati chiamati a scrivere un loro contributo.

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