di Massimo Adinolfi
[Prelevo questo intervento, pari pari, da Azione parallela, il blog del filosofo Massimo Adinolfi].
Nazione Indiana ha posto dieci domande “a un certo numero di autori, critici e addetti al mestiere”. A cui Giulio Mozzi ha risposto proponendone a sua volta otto. A cui a mia volta rispondo (qui sotto), proponendone solo una (alla fine).
1. L’uso di parole come «tavolo» o come «lastra» non è affatto complicato. Eppure se mi si chiede una definizione di «lastra» ho qualche difficoltà a darne una decente. La mia idea di «lastra», non essendo io un artigiano, è dotata di una certa vaghezza, ma è anche sufficientemente precisa per gli usi ordinari del linguaggio in cui mi trovo per lo più a impiegarla. Suppongo che sul sito Nazione Indiana si dia della parola critico un uso che è, allo stesso modo, abbastanza vago, ma anche sufficientemente preciso per la maggior parte degli utenti del sito, anche quando questi non siano in grado di darne una definizione rigorosa capace di escludere tutti i non critici, e di includere tutti i critici. Con buona pace di Socrate-Platone, e a maggior gloria di Wittgenstrein, essere in grado di formulare degli esempi, ma non possedere la parola o le parole che squadrino il concetto da ogni lato non vuol dire affatto non avere minimamente idea di cosa sia ciò di cui si dà esempio. Se d’altra parte così non fosse, si potrebbero formulare molte ipotesi, tutte sensate: sulla comunità di utenti, sui cambiamenti d’uso della parola, sulla rilevanza che prendono determinati casi-limite e sul perché la prendono, sulle ragioni per cui sarebbe o non sarebbe richiesta una maggiore precisione, ecc. ecc. Queste eventuali difficoltà devono però manifestarsi motivatamente: ci vogliono dubbi reali, non dubbi logicamente (meramente) possibili circa la correttezza nell’uso di questa o quella parola (va da sé che dubbi di quest’ultimo genere ci possono essere sempre). Bisogna cioè dubitare motivatamente che la parola sia usata in maniera apertamente incoerente o contraddittoria, o in maniera assolutamente vaga e inconsistente. Poiché la parola non è stata ritirata dal vocabolario, e fino al manifestarsi di radicali incomprensioni, è lecito da parte di chi la usa supporre che il suo significato sia sufficientemente preciso nel contesto in cui viene usata – così come è lecito da parte di chi risponde premettere alla risposta una qualche ulteriore precisazione. E il fatto che questa precisazione possa essere avvertita come necessaria non rende per ciò stesso imprecisa la domanda da parte di chi l’ha posta, dal momento che l’uso di ogni parola può essere sempre ulteriormente precisato.
(Sulla presenza o assenza di critici che denunciano “la totale mancanza di vitalità, ecc.” non so dire)
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