Posts Tagged ‘Lorenzo Marchese’

Un preciso squilibrio. A proposito di uno studio su Giuseppe Pontiggia

29 Maggio 2015

di Lorenzo Marchese

smisurato_equilibrioNon era un’impresa da poco proporre uno sguardo sintetico sulla narrativa di Giuseppe Pontiggia, che ha attraversato il secondo Novecento restituendoci una linea di scrittura quanto mai spezzata e affascinante. Autore poco prolifico per via della sua ridiscussione meditata di generi (giallo, romanzo poliziesco, ricostruzione storica, saggio critico) e forme (prosa narrativa, racconto breve, poesia, prosimetro), era e rimane difficile da inquadrare in un suo qualche libro risolutivo, in una circostanza storica che possa rappresentare un suo ipotetico “periodo aureo”.

Uno studioso di Milano, Marco Bellardi, si è cimentato nello sforzo con Uno smisurato equilibrio. La narrativa sperimentale di Giuseppe Pontiggia (Franco Cesati, Milano 2015), un invito alla lettura di Pontiggia che mancava nel nostro panorama: infatti, i commenti all’opera dello scrittore sono sparpagliati in saggi monografici (alcuni, citati da Bellardi, ormai difficili da reperire) e articoli sparsi su riviste accademiche e quotidiani. Uno smisurato equilibrio ripercorre ordinatamente la produzione narrativa di Pontiggia, con un’analisi ravvicinata e un occhio attento all’aspetto stilistico delle opere, senza particolari pretese di esaustività; per quelle, è meglio rivolgere l’attenzione al Meridiano delle Opere a cura di Daniela Marcheschi, che apre all’autore con un utile saggio introduttivo (benché a volte a rischio di pomposità: rischio oltrepassato nella Cronologia) e dà una ricchissima bibliografia critica alla fine del volume. Come riconosciuto nella Nota iniziale, al lavoro di Marcheschi e ai colloqui con la studiosa questo libro deve moltissimo, rappresentando una porta d’ingresso convergente per vedute critiche e più accessibile sotto vari punti di vista – non ultimo quello economico.

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Giulio Mozzi è diventato qualcos’altro, qui?

11 febbraio 2015

di Lorenzo Marchese

[Dalla postfazione a Favole del morire].

[…] Giulio Mozzi, da scrittore di storie negli anni ’90, è diventato qualcos’altro qui? La forma è cambiata, eppure il percorso ha conservato una sua discreta fedeltà ai racconti degli anni ’90 e, insieme, sembra che il suo autore invecchiando insista di più su di una scrittura di interrogazione mobile e febbrile, onnimimetica e onnivora, che fagocita materiali secenteschi fino alla Neoavanguardia come se vi si aggrappasse scivolando. Nella scia di questa resistenza persiste un disagio a definirsi, a collocarsi in una precisa nicchia di fruizione letteraria – per non parlare del posizionamento commerciale – che ho qualche difficoltà a trovare nella narrativa contemporanea, e che invece, curiosamente, è più familiare al circuito della poesia. […]

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