Posts Tagged ‘Jerome David Salinger’

La formazione dello scrittore, 19 / Romolo Bugaro

20 ottobre 2014

di Romolo Bugaro

[Questo è il diciannovesimo articolo della serie La formazione dello scrittore, parallela alla serie La formazione della scrittrice (che per qualche settimana sarà sospesa, mentre le “formazioni” degli scrittori usciranno sia il giovedì sia il lunedì). Ringrazio Romolo per la disponibilità. gm]

Sono stato fortunato, fortunatissimo. Sono nato in una famiglia senza particolari problemi economici e capace di offrire molte cose.
Mio padre, medico, era un uomo con mille interessi. Amava la musica, la storia, la letteratura. Avevamo la casa piena di libri. Edizioni e collane bellissime: la Medusa della Mondadori, gli Scrittori Stranieri della Utet.
Ricordo il suo primo consiglio. “Vedi se ti piace questo.” Era Vicolo Cannery di John Steinbeck. Ho cominciato a leggere, non mi piaceva granché. Forse rivendicavo una specie di autonomia di giudizio. Ben presto l’ho abbandonato.
Però sono rimasto sugli americani. Winseburg, Ohio di Sherwood Anderson è la prima lettura significativa di cui abbia memoria. A distanza di trenta o quarant’anni non ricordo praticamente nulla delle storie, dei personaggi. Ricordo invece gli ambienti, il paesaggio. Campagne invernali con pochi alberi, pochi suoni. Colline dove la distanza era pura luce.
Dopo Anderson, come alcune migliaia di lettori desiderosi di scrivere in proprio, sono passato a Hemingway. A partire da Il sole sorge ancora in un’edizione oggi introvabile (ovviamente di mio padre): Jandi Sapi di Roma. Anno di pubblicazione: 1944. Traduzione: Rosetta Dandolo. Prezzo di vendita – testualmente, dal dorso del libro: “in Roma L. 150 (esente da aumento) fuori Roma: L. 160 (esente da aumento)”.
La guerra stava ancora infuriando nel Nord Italia, fascisti e nazisti avevano appena fondato la Repubblica Sociale, e nella capitale già si stampavano gli autori proibiti dal regime.

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La formazione della scrittrice, 23 / Elisabetta Bucciarelli

16 giugno 2014

di Elisabetta Bucciarelli

[Questo è il ventitreesimo articolo della serie La formazione della scrittrice (esce il lunedì), alla quale si è da poco affiancata la serie La formazione dello scrittore (esce il giovedì). Ringrazio Elisabetta per la disponibilità. La prossima ospite sarà Simona Vinci. gm].

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Erano i racconti di mia nonna, di paese marchigiano, spiritismo e magia, che mi catturavano più di ogni altra cosa. Mi ricordo che ascoltavo mentre lavava i piatti e intanto pensavo che avrei dovuto scriverli per non perderli, per non perdere lei più che le sue parole, ma non l’ho mai fatto.
Per questo succede che ogni incontro di persona importante, “lo scrivo”, lo imprigiono nelle mie parole e lo rendo mio per sempre sulla carta. Così resta, rimane con me.

Nei temi raccontavo storie. I miei venivano convocati per sapere se fossero vere. Non lo erano quasi mai. La mia fortuna è che non mi hanno mai fatto sentire diversa o bugiarda, la mia fortuna è che potevo permettermi di essere quello che ero perché sembravo altro.

A casa giravano tanti libri, ma la formazione di autrice è passata piuttosto dall’ascolto, dalle parole dette, dai contrasti, dalle azioni, dalle negazioni. Le parole lette arrivano dopo, almeno nella memoria.
Erano i libri di psicologia di mia madre che mi attiravano, i volumi degli esistenzialisti francesi, di Sartre, Camus e soprattutto, di Simone de Beauvoir. Alle medie non erano previsti, ne parlavo con gli adulti, soprattutto quelli che non avevano parole adatte a parlare con i bambini.

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