Posts Tagged ‘Giovanni Agnoloni’

Note di lettura: ”Berretti Erasmus” di Giovanni Agnoloni.

11 dicembre 2021

di Luigi Preziosi

Berretti Erasmus. Peregrinazioni di un ex studente nel Nord Europa - Giovanni Agnoloni - copertina

Con Berretti Erasmus ( Fusta editore, 2021) Giovanni Agnoloni scarta dal percorso a cui ci ha abituati, passando dalla narrativa pura e dalla saggistica finora praticate con esiti convincenti, ad una forma più intimistica di espressione creativa. Berretti Erasmus è infatti un memoir, in cui l’autore disegna vicende di fantasia (secondo quanto riporta nella nota introduttiva) acquerellandole con i colori del suo passato, e ponendosi contemporaneamente in una condizione condizione psicologica di acquisito (a volte faticosamente) distacco dal tempo raccontato.

Il racconto si snoda sul filo della memoria degli anni dell’università del protagonista, Giovanni, che agli inizi degli anni Duemila da studente in giurisprudenza partecipa ad un progetto Erasmus in Inghilterra. La prima esperienza lo entusiasma, inducendolo a  replicarla per più volte. Inizia così un’esplorazione che lo porterà in diversi paesi del Nord Europa tra cui l’Olanda, l’Irlanda, la Polonia e la Lituania. I ritorni a Firenze dove è nato e cresciuto acuiscono un senso di sottile estraneità nei confronti della città natale, contribuendo alla formazione di un particolare atteggiamento psicologico che prescinde dall’evidenza della sua bellezza: infatti Giovanni tende piuttosto a comparare le emozioni riesumabili dai ricordi dei suoi primi anni con quelle evocate da altri paesaggi urbani. Non lo affascinano tanto gli abbaglianti splendori dell’arte, quanto piuttosto le sensazioni sottili che promanano da un istante, uno squarcio nella coscienza, che per lui può aprirsi su prospettive di città nordiche, che lasciano immaginare un senso di tepore interiore pur nella visione di candidi scintillii di strade innevate o notturni illuminati dalla gelida luna boreale. Con ciò inizia a crescere nel protagonista un interesse che i soggiorni Erasmus renderanno via via più chiaro: la ricerca su se stesso per scoprire come stare al mondo nel modo più consentaneo alla sua natura.

I soggiorni all’estero enfatizzano le sensazioni, facilitando nel protagonista la conoscenza di una parte di sé forse altrimenti destinata a restare ignota, grazie in particolare alla possibilità di riempire i momenti di intimità con se stessi che a volte suscita il vagabondare in luoghi che non ci appartengono. Giovanni si arricchirà di nuovi incontri, ricercherà l’amore e lo troverà. L’idillio in Cracovia, che il tempo svelerà destinato ad una conclusione tragica, è struggente nel ricordo:  “Cracovia aveva fumi e verità: cinerini i primi, che non vedevi ma sentivi nel naso, respirando l’aria della sera come del primo mattino; a più strati la seconda, non perché equivoca, ma perché formata più livelli…C’era quel filo, quella risonanza tra il percorso che avevamo seguito finora, fin da prima di conoscerci, e insieme i fatti, che ci avevano portati qui praticamente da soli, proprio nel momento in cui, in fondo, desideravamo di più cambiare. E c’era quella mano sapiente, quasi di direttore d’orchestra capace di far esprimere al meglio ciascuno dei suoi musicisti, che sembrava levarsi su di noi dagli edifici barocchi e neoclassici, dalle chiese, dalle luci dei negozi da tutto quell’alone di vita che si faceva strada, quasi che fossimo dei prescelti e che il nostro percorso comune, per qualche imponderabile disegno cosmico, fosse importante. Era come se fossimo stati attesi.”

Sullo stratificarsi di esperienze accumulate studiando all’estero si amplia l’interiorità del protagonista, che a mano a mano intuisce, nei soggiorni che si avvicendano negli anni dell’università, un significato interiore più profondo del perfezionamento professionale, o anche di quello derivante dal turismo colto di cui pure è partecipe. Si forma in lui la coscienza del viaggiatore, fatta di esplorazione esteriore ma anche di invenzione di sé nei posti che si visitano, nei paesaggi che si interiorizzano fino diventare un’abitudine intima. Anche così si cresce, affinando la propria capacità di comprensione empatica del mondo e diventando giorno dopo giorno ciò che si è: anche così, o forse proprio così, nel caso di Agnoloni, si diventa scrittori. 

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Note di lettura: “Il postino di Mozzi” di Fernando Guglielmo Castanar.

9 Maggio 2019

di Luigi Preziosi

A queste Note di lettura non può proprio mancare Il postino di Mozzi (Arkadia editore), che con tutta evidenza fin dal titolo lascia intuire un coinvolgimento del fondatore di questo sito. E’ opera di Fernando Guglielmo Castanar, autore appartato a quanto si sa, e che, a voler attribuire al racconto una coloritura di autofiction, realizza il suo progetto letterario solo dopo una lunga e tormentata attesa della pubblicazione. Il libro sfugge ad una definizione precisa, pur essendo a prima lettura evidente la sua natura di raccolta di racconti: come tale se ne può anzitutto parlare, senza dimenticare però altre sfaccettature che lo rendono un’opera più complessa di quanto appare.

In questa prospettiva, il libro risponde, con felice tempestività, a quella tendenza a rivalutare il genere che ultimamente sembra farsi strada con una certa insistenza. Una recente indagine tra alcuni critici promossa da L’indiscreto ha sancito l’insorgere di una sorta di nostalgia del racconto, pur nel predominio straripante del romanzo (per lo meno sotto il profilo della sua fruizione di massa, e del conseguente successo editoriale). Ad essa si affianca una specie di incredulo stupore circa la contraddizione tra l’attitudine contemporanea al consumo veloce delle emozioni e la posizione marginale del racconto rispetto ad altre forme del narrare. Comunque sia, il racconto non pare oggi comunque in cattiva salute, e lo dimostra la vivacità di alcune iniziative (siti e case editrici specializzate) e certe recenti uscite meritevoli di ben più di una citazione. In prima fila, questo Postino di Mozzi, raccolta notevole anche ad una prima superficiale lettura per la straordinaria invenzione narrativa che la sostiene.

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Note di lettura: “L’ultimo angolo di mondo finito” di Giovanni Agnoloni.

9 settembre 2017

di Luigi Preziosi

L'ultimo angolo di mondo finitoCon L’ultimo angolo di mondo finito (Galaad edizioni, 2017, € 13,00), Giovanni Agnoloni conclude una trilogia composta dai precedenti Sentieri di notte (2012) e La casa degli Anonimi (2014) – ed affiancata dallo spin off Partita di anime (2014) – tutti usciti presso Galaad. Ognuno dei testi è autonomo, e quindi leggibile a sé, pur costituendo l’insieme un imponente affresco rappresentativo di un futuro abbastanza prossimo, che potrebbe, forse, impegnare le nostre intelligenze, ed ancor più le nostre coscienze, in modo non poi così difforme da quanto l’autore ci propone. Non tanto un’opera di fantascienza, anche se sarebbe facile classificarla così, confondendo il fine della narrazione con gli stilemi che l’autore trae dal genere, piuttosto la registrazione di una voce profetica, che si alza per ammonire (indicando i rischi di una deriva che già stiamo vivendo), minacciare (prospettando un’umanità sempre più confusa e solitaria), ma anche per consolare (segnalando le possibilità che una conciliazione tra tecnologia e spiritualità può offrire).

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Giulio Mozzi annuncia l’uscita in libreria di un romanzo del quale è, per così dire, protagonista assente e involontario

6 aprile 2010

Un uomo ha deciso di scoprire dove finiscono i manoscritti che manda a un consulente editoriale di nome Giulio Mozzi. Un’ossessione che lo porterà a cambiare città e lavoro: diventerà postino, si trasferirò a Padova, e col tempo riuscirà a farsi assegnare la via dove abita il lettore delle sue prose, e si vendicherà sottraendo ogni tanto alla sua posta le grosse buste sigillate che contengono le speranze di altri scrittori. Il giorno in cui il postino va in pensione decide di mandare un’ultima lunghissima lettera a Giulio Mozzi, confessando il suo piccolo crimine e offrendogli un campionario di voci, come prova dei suoi furti. Estratti di romanzi, racconti, saggi, plagi. Alcuni di questi scrittori nel frattempo sono diventati autori di valore (dal risvolto).

Il magazzino delle alghe, inventato e curato da Marino Magliani, edizioni Eumeswil, con la partecipazione di Giovanni Agnoloni, Franco Arminio, Mauro Baldrati, Remo Bassini, Mario Bianco, Valter Binaghi, Fabrizio Centofanti, Riccardo De Gennaro, Marco Drago, Riccardo Ferrazzi, Francesco Forlani, Carlo Grande, Franz Krauspenhaar, Stefania Nardini, Alberto Pezzini, Giacomo Sartori, Beppe Sebaste, Giorgio Vasta.