[Giovanni Accardo è insegnante di Lettere presso il Liceo Pascoli di Bolzano. Oggi arriva in libreria, pubblicato da Ediesse nella collana Carta bianca curata da Angelo Ferracuti, il suo libro-diario Un’altra scuola. Ecco le prime pagine. Chi preferisce, può prelevare l’estratto in pdf gm].
Ottobre
Lunedì 1
Cominciano le riprese di Aquadro, così s’intitola il film, scritto e diretto da Stefano Lodovichi, prodotto dalla Mood Film, in coproduzione con Rai Cinema. Per tutta la settimana con la collega Ieraci siamo esonerati dalle lezioni, il nostro compito sarà quello di assistere la troupe e seguire gli studenti delle due classi che faranno da comparse. Chiedo alla preside se mercoledì la collega può stare da sola per le prime due ore perché devo interrogare su I promessi sposi in seconda e D’Annunzio in quinta.Ieri mi è arrivato un sms di Elizabeth, la responsabile del cast: mi chiedeva se sono disponibile a fare la comparsa in alcune scene in cui serve un insegnante. Non ci penso neppure un secondo e do la mia disponibilità. È la prima volta che vedo un set.
Alle 8.00 del mattino, con la collega Ieraci e gli studenti delle due quinte che faranno da comparse, ci troviamo al terzo piano del liceo. Un’aula è stata trasformata in sartoria e sala trucco. Non va bene come sono vestito, hanno deciso che i costumi dovranno essere omogenei e su tonalità del grigio o del blu. Niente colori accesi, niente magliette con scritte, niente camicie a righe o a quadri.
Non vorrete mica dare l’immagine di una scuola grigia?, dico, questa è una scuola allegra e colorata. Ginevra, la costumista, mi sorride, ma mi chiede di cambiare la maglia. Mi cambio e aspetto il mio turno. Intanto i ragazzi domandano come funzionerà col pranzo, visto che per una settimana dovranno restare a scuola fino alle 18.00. Chiedo al produttore, se hanno previsto un cestino per gli studenti. Non abbiamo soldi, mi dice, non riusciamo a pagare il pranzo, però possono prendere da bere, ma anche il caffè e le merendine che il catering mette a disposizione durante le riprese. Spiego la situazione alla preside, non mi sembra giusto che i ragazzi stiano qui mattina e pomeriggio e si devono portare il pranzo da casa, oppure pagarselo al bar, dico. Senta la segretaria, se abbiamo soldi.
«Professore», mi fulmina la segretaria, «non ci sono soldi».
«Su, faccia la brava, provi a cercare qualcosa».
Mi guarda e ride, dopo si avvia verso la cassaforte.
«Ci sono le cauzioni delle chiavi degli armadietti, quelle degli anni precedenti che non abbiamo restituito perché non hanno riconsegnato la chiave alla fine dell’anno scolastico».
«Ha visto che qualcosa c’era», le dico.
Proviamo a contare, ma non c’è molto. Vado al bar, chiedo quanto costa uno sfilatino con salame e formaggio o prosciutto e formaggio, me ne servono quarantacinque, dico a Piero, il barista. Riusciamo a coprire soltanto tre giorni. I ragazzi ringraziano comunque. Vedrò di inventarmi qualcosa per gli altri giorni, prometto.
Dopo una giornata ad aspettare, non arriva il turno delle mie riprese. Restituisco la maglia in sartoria e alle 18.30 me ne torno a casa.