Posts Tagged ‘Giorgio Bassani’

Micòl a Celestino (Lettere delle eroine, 32)

3 settembre 2016

ilgiardinodefinzicontini

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La formazione dello scrittore, 23 / Roberto Deidier

6 novembre 2014

di Roberto Deidier

[Questo è il ventitreesimo articolo della serie La formazione dello scrittore, parallela alla serie La formazione della scrittrice. Le due serie escono, ormai un po’ come viene viene, il lunedì e il giovedì. Ringrazio Roberto per la disponibilità. gm]

di Roberto Deidier

Si forma, uno scrittore? E come? Ci sono modi che possiamo riconoscere o condividere? Certo non ci sono modi standard. Forse ce ne sono stati in passato, quando la poetica non era un’opzione ma una norma; lo scrittore moderno, al contrario, ha saputo conquistarsi una dose di libertà, sufficiente per affrancarsi da imposizioni e diktat d’ogni genere. Cosa abbia saputo fare di questa libertà, com’è ovvio, diventa un altro discorso. Resta che a ciascuno sono spettati i modelli e le letture, in cui si è imbattuto quasi sempre per caso.

Per me, come per tanti altri, la scuola è stata un’occasione importante. Non solo quella del liceo, che mi ha messo in contatto con i classici, ma quella primaria, con le filastrocche e le poesie del sussidiario. E con un maestro che ci metteva sotto gli occhi gli antenati di Calvino e i personaggi impronunciabili delle Cosmicomiche: vero carburante per l’immaginazione di ogni bambino. Gli infiniti di Leopardi erano già dietro la porta. Ma ricordo, tra i soliti poeti delle elementari (Pascoli e Ungaretti furoreggiavano nei libri di testo), Prévert, con una curiosa poesia, la prima lunga poesia che mi fu chiesto di mandare a mente. Non ne so più un verso: s’intitolava Per fare il ritratto di un uccello e suggeriva, per la riuscita dell’impresa, di cominciare dal disegno di una gabbia, per poi rappresentare l’uccello con le piume colorate; infine si doveva cancellare la gabbia. Strana e bella allegoria della scrittura che tenta di imprigionare il mondo, e poi ne apre tanti altri più ampi, ma allora non potevo saperlo e pure se lo avessi saputo non lo avrei compreso. Così cominciavo a scrivere senza capire quello che stavo facendo: la gabbia era diventata la mia stanza, ascoltavo i muri, la loro vita interna fatta di tubi e suoni misteriosi e appuntavo queste sensazioni in un quaderno che finì perso da un trasloco all’altro.

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La formazione della scrittrice, 16 / Carola Susani

28 aprile 2014

di Carola Susani

[Questo è il sedicesimo articolo di una serie che spero lunga e interessante. Ringrazio Carola per la disponibilità. Chi volesse proporsi, mi scriva mettendo nell’oggetto le parole “La formazione della scrittrice”. gm]

carolasusaniQuand’ero piccola, alla domanda: cosa farai da grande, rispondevo per inerzia: l’architetto. I miei genitori erano architetti e del loro lavoro mi piaceva tutto tranne il peso della responsabilità nei crolli. Così ho fatto l’architetto di strutture immaginarie. L’inizio della mia formazione si può far coincidere con una notte, era settembre, il 1969; la notte in cui, con sette bambole e sette pupazzi a forma d’animale antropomorfico, rimasi accoccolata sul sedile dietro della Peugeot bianca dai sedili azzurri mentre venivo trasportata dal nord al sud l’Italia, oltre lo stretto, fino in Sicilia. La luna mi accompagnava e le ero grata, ma intanto mi scoprivo a indugiare con la mente su piccole torture, bambini della mia età o poco più grandi che producevano taglietti nei ventri rotondi di bambini un po’ più piccoli. Lasciavo via della Rimembranza, città elettiva del mio più caro amico immaginario, Tano Bilò e dei suoi compagni d’avventura, il Dano e la Dana; non so perché scelsero quel giorno di restare indietro, non so se li cacciai, certo da allora sulla mia strada non li ho più incontrati. Lasciavo la cittadina veneta umile e garbata, incuriosita della sua stessa crescita economica, per andare – dove? Io non ne avevo idea.

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