[Subito prima dell’estate l’editore Gabrielli ha pubblicato il saggio di Gilberto Squizzato Il Dio che non è “Dio”. Credere oggi rinunciando a ogni immagine del divino. A me sembra un saggio importante; per gentile concessione dell’editore pubblico qui la prefazione di Christian Raimo. Dello stesso autore Gabrielli ha pubblicato un paio d’anni fa Il miracolo superfluo. Perché possiamo essere cristiani. Per minimum fax Squizzato ha pubblicato La tv che non c’è. Come e perché riformare la Rai e Libera chiesa. Storie di cristiani ai quali non è mai piaciuto il potere. Dell’opera di Squizzato come regista televisivo si può ricordare L’uomo dell’argine, una sorta di “docu-film” su don Primo Mazzolari. gm]
Sono un (aspirante) cristiano anomalo. I miei genitori decisero di non battezzarmi alla nascita, forse per prendere le distanze dal cristianesimo automatico delle loro famiglie e soprattutto dei loro piccoli paesi d’origine. Ma questa sfortuna si è rivelata in parte la mia felice colpa, proprio perché a quattordici anni quando la maggior parte dei miei amici, reduci dall’ennesimo catechismo praticato controvoglia, smetteva di andare a messa e di interessarsi a qualunque cosa che avesse a che fare con Dio, io mi misi a leggere i Vangeli per conto mio, e ricevetti il battesimo a quindici anni, la comunione e la cresima a diciassette. Sarà anche per questo motivo probabilmente che ogni volta che ho a che fare con un libro o con un film di Gilberto Squizzato, la reazione che ho non è soltanto quella di essere spiazzato – scandalizzato? – da uno dei pensatori cattolici più critici esistenti oggi in Italia, ma anche quella di trovare un fratello (raro) in quel percorso così poco frequentato per chi cerca di vivere nella Chiesa: quale è la via per poter essere dei cristiani adulti, per poter emanciparsi da quel “cristianesimo infantile” come lo definì quel Dietrich Bonhoeffer evocato da Squizzato come guida di questa ricerca?