Posts Tagged ‘Giancarlo De Cataldo’

Note di lettura: “Albergo Italia” di Carlo Lucarelli.

30 dicembre 2014

di Luigi Preziosi

I carabinieri celebrano quest’anno il bicentenario della loro fondazione (avvenuta il 13 luglio 1814). Oltre che con diverse manifestazioni più specificamente idonee ad esaltarne le tradizioni militari, l’Arma ha deciso di festeggiare la ricorrenza affidando alla narrativa, tramite il suo ente editoriale, l’onere di rendere testimonianza della plurisecolare centralità della sua presenza nella nostra collettività. L’intento è comporre un mosaico di ambientazioni e situazioni assai diverse tra loro, nelle quali la missione dell’Arma possa comunque trovare adeguato risalto. Così, i carabinieri attraversano l’epopea risorgimentale, e subiscono i sommovimenti emotivi che quegli anni tumultuosi potevano suscitare anche in chi ha come ragione di esistenza la fedeltà allo Stato, ma deve contemporaneamente possedere la particolare sensibilità di leggere il proprio tempo per distinguere nelle più impensate contingenze il bene dal male: proprio come riesce al protagonista del romanzo di De Cataldo Nell’ombra e nella luce. Mentre le inchieste del colonnello Reggiani, dovute a Valerio Massimo Manfredi, raccontano vicende che vedono come protagonista il particolare (e poco sfruttato, narrativamente parlando) Comando Carabinieri per la tutela del patrimonio culturale, il solo Carofiglio con Una mutevole verità sembra voler tornare alla vocazione originaria e più popolare dell’Arma, l’attitudine al controllo del territorio, che ha nella stazione il luogo di elezione e nel suo comandante il protagonista assoluto, elementi fondanti della tradizione della Benemerita già magistralmente evocati da Soldati nei suoi Racconti del maresciallo.

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Masterpiece / Cronaca di un escluso

14 gennaio 2014

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Una lettera e un articolo, seguiti da una conversazione

1 luglio 2010

Cari lettori,
Gli scrittori Einaudi firmatari di questa lettera si associano alla protesta di gran parte dei cittadini italiani contro il disegno di legge “bavaglio” che intende limitare l’azione della magistratura e delle forze dell’ordine, il diritto di informazione e la libertà di stampa nel nostro paese.
Questa legge, millantando di proteggere la privacy di molti, vuole salvaguardare l’impunità di pochi, stendere un velo di segretezza sulla criminalità organizzata e, contemporaneamente, reprimere ogni voce di dissenso.

Francesco Abate; Niccolò Ammaniti; Andrea Bajani; Eraldo Baldini; Giulia Blasi; Ascanio Celestini; Mauro Covacich; Giancarlo De Cataldo; Diego De Silva; Giorgio Falco; Marcello Fois; Anilda Ibrahimi; Nicola Lagioia; Antonella Lattanzi; Carlo Lucarelli; Michele Mari; Rossella Milone; Antonio Moresco; Michela Murgia; Aldo Nove; Paolo Nori; Giacomo Papi; Laura Pariani; Valeria Parrella; Antonio Pascale; Francesco Piccolo; Rosella Postorino; Christian Raimo; Gaia Rayneri; Giampiero Rigosi; Evelina Santangelo; Tiziano Scarpa; Elena Stancanelli; Domenico Starnone; Benedetta Tobagi; Vitaliano Trevisan; Simona Vinci; Hamid Ziarati; Mariolina Venezia.

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Carlo Coccioli / Presenza dello scrittore assente

16 gennaio 2009

a cura di giuliomozzi

Parla una composita pattuglia di lettori di Carlo Coccioli: Franco Buffoni, Antonella Cilento, Giancarlo De Cataldo, Mario Fortunato, Bruno Gambarotta, Massimiliano Governi, Giuseppe Lupo, Marino Magliani, Sergio Pent, Alcide Pierantozzi, Giacomo Sartori, Giorgio Vasta.

[Questo articolo è stato ripreso il 2 febbraio 2009 in Nazione indiana, qui].

Carlo Coccioli

Carlo Coccioli

“Quello con Carlo Coccioli è stato un esemplare incontro mancato. Non siamo mai riusciti a stringerci la mano, eppure non potrei dire di non averlo conosciuto”. Comincia con queste parole il capitolo che dedica a Coccioli, nel suo bel libro Quelli che ami non muoiono mai, Mario Fortunato (Bompiani 2008). Mi ha colpito sentirmi ripetere più volte queste o simili parole – quasi un ritornello – quando ho provato a domandare a un po’ di scrittrici e scrittori d’Italia chi sia per loro Carlo Coccioli. E, in effetti, non l’ho mai conosciuto, ma è come se l’avessi conosciuto, lo dico anch’io.

Per molti più o meno della mia generazione, la via verso Carlo Coccioli è stata Pier Vittorio Tondelli. Che recensì con entusiasmo, nel 1987, Piccolo Karma; e inserì poi la recensione, ampliandola, in quel formidabile racconto degli anni Ottanta che è il volume Un week-end postmoderno (Bompiani 1987). “In nessun autore italiano contemporaneo”, scriveva Tondelli, “è presente una così grande tensione interiore, un’irrequietezza spirituale che poi si traduce in un nomadismo culturale e metafisico assolutamente originale, per non dire eccentrico”. Tuttavia “quello che si ama nell’opera di Carlo Coccioli non è solo, a ben guardare, l’incessante tormento teologico che lo ha spinto ora verso il cristianesimo ultraortodosso, poi verso l’ebraismo, quindi, fra gli Stati Uniti e il Messico, verso gli Hare Krishna della Casa di Tacubaya (1982), i riti indigeni, lo spiritismo, la psichedelia e gli Alcolisti Anonimi di Uomini in fuga (1973) e, finalmente, verso le filosofie e le religioni orientali, l’induismo e il buddhismo Zen […] ma anche lo stile di vita appartato, l’amore per gli umili e i reietti, l’assoluta fedeltà alle ragioni della propria ispirazione e della propria scrittura che altro non sono, poi, che la ricerca ossessiva di una risposta, mai definitiva, alle ragioni del Bene e, più ancora, del Male. E poi, finalmente, la sensualità di molte sue pagine, l’erotismo, la predilezione omosessuale”.

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