[Questo è il ventesimo articolo della serie La formazione dello scrittore, parallela alla serie La formazione della scrittrice (che per qualche settimana sarà sospesa, mentre le “formazioni” degli scrittori usciranno sia il giovedì sia il lunedì). Ringrazio Gherardo per la disponibilità. gm]
Parlare della mia formazione, come scrittore, vuol dire essere certo di un presupposto mai ovvio, cioè quello di essere davvero uno scrittore.
Non voglio giocare su un facile paradosso. Ho pubblicato testi in circuiti “ufficiali”; qualcuno li ha letti (in limitati ma effettivi casi, ha acquistato il supporto che li conteneva); certe persone con il ruolo più o meno consolidato di scrittore, e di critico, hanno scritto cose su ciò che scrivo e sulla mia scrittura; sono stato nominato e invitato in contesti “da scrittore” in qualità di scrittore (non ultima questa rubrica). Carte alla mano, per così dire, posso affermare di essere uno scrittore. Molto marginale, un autore da circuiti ristretti, quasi da appello nominale, ma tale e quale. Conforme.
Tuttavia, rimane il fatto che sono un cittadino medio di quarant’anni, un padre di famiglia, un impiegato, che dirigo una cooperativa di sessanta dipendenti, che mi occupo di biblioteche di pubblica lettura e che, nel corso della settimana tipica, dedico alla scrittura (leggendo altri scrittori, seguendo le eventuali notizie dal “mondo della scrittura”, partecipando a progetti legati alla scrittura, scrivendo) una frazione residuale del mio tempo e della mia attenzione. Per dirla tutta, nel corso delle settimane tipiche non dedico alcuna risorsa alla scrittura: sono eccezionali, in senso proprio, quelle in cui lo faccio.
Ma il tema, come dice il titolo, non è la contraddizione fin troppo metafisica tra scrittura e vita, né l’evoluzione in corso nell’industria culturale, che smonta i modi e i tempi dell’apprendistato e dell’affermazione di uno scrittore – e che costringe figure come la mia a porsi il problema, comunque, se si è o no “scrittori”. Il tema è la formazione dello scrittore. In altri termini, com’è che dalla condizione polimorfa del non-scrittore ho avuto accesso a quella, certamente più orientata, dello scrittore.