Posts Tagged ‘Franco Buffoni’

La formazione dello scrittore, 12 / Antonio Turolo

11 settembre 2014

di Antonio Turolo

[Questo è il dodicesimo articolo della serie La formazione dello scrittore, che appare in vibrisse il giovedì (ed è parallela a quella La formazione della scrittrice, che appare invece il lunedì). Ringrazio Antonio per la disponibilità. gm]

AntonioTuroloHo studiato con diligenza. Anche con esagerazione. Dai sei ai trent’anni, cioè dalla scuola elementare fino allo scadere di una borsa di studio dopo la laurea.
Ho letto con passione. Prima narrativa, poi anche poesia. Non c’era nessun libro nella casa in cui sono cresciuto,(oggi sono diventato un compratore compulsivo), tranne qualche libretto d’opera, finito in fondo ad un armadio.

FabioTombari_LibroDiTonino_1 FabioTombari_LibroDiTonino_Il primo che ho letto si intitolava Il libro di Tonino, dello scrittore marchigiano Fabio Tombari. La copertina raffigurava un bambino che ascoltava il suono di una conchiglia. Ho letto con esagerazione. Interi pomeriggi senza uscire di casa. L’apice della passione l’ho raggiunto nella tarda adolescenza, in concomitanza con la scoperta dei grandi scrittori europei di primo Novecento. Oggi sarò forse più smaliziato, ma ho perduto quella capacità di farmi coinvolgere.
E poi c’era il tema. Intendo dire proprio il tema in classe, l’unico tipo di componimento previsto a scuola, senza le inutili complicazioni che qualche pedagogo ministeriale ha voluto aggiungere poi. Mi piaceva molto il tema, proprio per la sua natura anarchica, senza regole, che stimolava la fantasia.

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Carlo Coccioli / Presenza dello scrittore assente

16 gennaio 2009

a cura di giuliomozzi

Parla una composita pattuglia di lettori di Carlo Coccioli: Franco Buffoni, Antonella Cilento, Giancarlo De Cataldo, Mario Fortunato, Bruno Gambarotta, Massimiliano Governi, Giuseppe Lupo, Marino Magliani, Sergio Pent, Alcide Pierantozzi, Giacomo Sartori, Giorgio Vasta.

[Questo articolo è stato ripreso il 2 febbraio 2009 in Nazione indiana, qui].

Carlo Coccioli

Carlo Coccioli

“Quello con Carlo Coccioli è stato un esemplare incontro mancato. Non siamo mai riusciti a stringerci la mano, eppure non potrei dire di non averlo conosciuto”. Comincia con queste parole il capitolo che dedica a Coccioli, nel suo bel libro Quelli che ami non muoiono mai, Mario Fortunato (Bompiani 2008). Mi ha colpito sentirmi ripetere più volte queste o simili parole – quasi un ritornello – quando ho provato a domandare a un po’ di scrittrici e scrittori d’Italia chi sia per loro Carlo Coccioli. E, in effetti, non l’ho mai conosciuto, ma è come se l’avessi conosciuto, lo dico anch’io.

Per molti più o meno della mia generazione, la via verso Carlo Coccioli è stata Pier Vittorio Tondelli. Che recensì con entusiasmo, nel 1987, Piccolo Karma; e inserì poi la recensione, ampliandola, in quel formidabile racconto degli anni Ottanta che è il volume Un week-end postmoderno (Bompiani 1987). “In nessun autore italiano contemporaneo”, scriveva Tondelli, “è presente una così grande tensione interiore, un’irrequietezza spirituale che poi si traduce in un nomadismo culturale e metafisico assolutamente originale, per non dire eccentrico”. Tuttavia “quello che si ama nell’opera di Carlo Coccioli non è solo, a ben guardare, l’incessante tormento teologico che lo ha spinto ora verso il cristianesimo ultraortodosso, poi verso l’ebraismo, quindi, fra gli Stati Uniti e il Messico, verso gli Hare Krishna della Casa di Tacubaya (1982), i riti indigeni, lo spiritismo, la psichedelia e gli Alcolisti Anonimi di Uomini in fuga (1973) e, finalmente, verso le filosofie e le religioni orientali, l’induismo e il buddhismo Zen […] ma anche lo stile di vita appartato, l’amore per gli umili e i reietti, l’assoluta fedeltà alle ragioni della propria ispirazione e della propria scrittura che altro non sono, poi, che la ricerca ossessiva di una risposta, mai definitiva, alle ragioni del Bene e, più ancora, del Male. E poi, finalmente, la sensualità di molte sue pagine, l’erotismo, la predilezione omosessuale”.

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