di giuliomozzi
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Come sono fatti certi libri, 23 / “Pedro Páramo”, di Juan Rulfo
15 settembre 2017[In questa rubrica pubblico descrizioni, anche sommarie, di libri che – al di là della storia che raccontano o del tipo di scrittura – presentano una “forma” un po’ particolare, o magari bizzarra. Che cosa si intenda qui per “forma” mi pare, visti gli articoli già pubblicati, piuttosto evidente. Chi volesse contribuire si faccia vivo in privato (giuliomozzi@gmail.com). gm].
Quando Juan Rulfo acquistò per mille pesos la Remington Rand sulla quale avrebbe scritto il romanzo della sua vita era già stato orfano di un padre ucciso a fucilate, nipote di un nonno di otto dita (i pollici gli erano rimasti attaccati alle corde dalle quali i banditi lo avevano lasciato penzolare), bambino depresso in un orfanotrofio dalla disciplina ossessiva.
A trent’anni suonati aveva alle spalle una intima e solida confidenza con la precarietà della vita: l’infanzia se l’era giocata tra la polvere da sparo del Messico in rivolta (Cristeros contro esercito federale) e il fumo dei ceri nelle infinite veglie funebri per morti sparati, morti annegati, morti e basta che andavano costituendo la sua personale costellazione famigliare.
“Più segreti degli angeli sono i suicidi”, di Gian Marco Griffi
14 settembre 2017di Franco Foschi
[L’opera di Gian Marco Griffi intitolata Più segreti degli angeli sono i suicidi, pubblicata da Bookabook, sarà ufficialmente nelle librerie – o, quantomeno: ordinabile presso le librerie – da domani, 15 settembre 2017. A suo tempo mi spesi perché l’opera fosse pubblicata: ora desidero, veramente, che quante più persone la leggano. Qualche giorno fa ne ho regalata una copia a Franco Foschi, vecchio amico, buono scrittore, formidabile lettore: che mi ha incaricato di far avere a Gian Marco questa lettera. Col suo permesso la pubblico. gm].
Caro Griffi,
benedetto il giorno che Giulio Mozzi mi ha regalato il suo libro! Era da un pezzo che non ridevo così sguaiatamente, che non inorridivo così a fondo, che non arrivavo proprio all’ultimo passo prima dello scandalo, che non godevo dell’iconoclastia invece che della speranza.
Ho già una certa età, quella per intenderci in cui si passa da incendiari a pompieri, per cui da tempo mi sono adagiato su una lettura forse mai del tutto rassicurante, ma comunque sempre più tesa alla ricerca della ‘pregnanza’ che della lucida follia. Il suo romanzo atomico ha ribaltato e scombiccherato questa prospettiva, a favore del leggere come una scudisciata, e a sentirsi appena masochisti perché questa scudisciata ti piace…
Difficile dare una sistemata critica al suo menhir narrativo per cui, esattamente come lei saltabecca come le pare nella scrittura, io farò altrettanto nei pensieri, nelle annotazioni, nelle sbracate, nelle valutazioni. Il suo libro è barocco, eccesivo, indegno, moralissimo, feroce, tenero, laido, ributtante e affascinante. Le idee originali comico-sataniche sono talmente tante che chissà quante riuscirò a ricordarne…
La formazione dell’insegnante di Lettere, 11 / Emanuela Scicchitano
4 febbraio 2015di Emanuela Scicchitano
[Questo è l’undicesimo articolo della rubrica La formazione dell’insegnante di Lettere, che si pubblica in vibrisse il mercoledì. Gli insegnanti che volessero partecipare possono scrivere al mio indirizzo, scrivendo nella riga dell’oggetto: “La formazione dell’insegnante di lettere”. Ringrazio Emanuela per la disponibilità. gm]
Sono cresciuta dentro una biblioteca di ciliegio, divisa fra pannelli chiusi e varchi aperti che si alternavano fra loro in un gioco di pieni e vuoti, fra i quali mi perdevo. Puntualmente alla ricerca di un libro che fosse sempre più nascosto e impolverato di quello che la mia mano riusciva a raggiungere. Quale fosse l’ordine per cui un libro potesse essere disposto e disponibile sullo scaffale a vista o adagiato e dormiente nella pancia di quella libreria ancora mi sfugge. E i cambiamenti che i libri hanno subito nel tempo fra traslochi, dismissioni e acquisizioni mi hanno sempre depistata, fin quando non sono stata abbastanza matura per far miei i libri attraverso alcuni adolescenziali criteri di sistemazione: tutti basati su istintive modalità di abbinamento, che nessun sistema Dewey tiene in conto. Una volta affinate, non permisi più a nessuno di metterle in discussione: mi erano costate anni di ripensamenti ed esplorazioni, tutte elaborate dal mio punto di osservazione privilegiato: la neoclassica poltrona di pelle punzonata che fiancheggiava la libreria e mi permetteva di vivere, lì seduta, le mie pigre avventure di pensiero di bambina molto lettrice e poco saltellante. Eppure ero contenta di avere ciò che allora mi bastava: mi bastava stare in compagnia di me stessa e dei miei libri: ovvero, dei libri che mia madre, insegnante di italiano, aveva accumulato nel suo tempo. Ma anche nelle case altrui cercavo i miei libri: mia nonna li teneva accatastati dietro al divano del suo soggiorno e cercavo sempre di acquisirli a me. Tutte queste letture, bulimiche e poco consapevoli, me le tengo dentro come l’odore di cuoio della poltrona di casa mia o del sugo caldo di pomodoro che mia nonna mi faceva assaggiare, prima di condirci la pasta, mentre leggevo i libri che, a casa sua, i figli avevano deposto nel tempo.
Sì, sono stata una bambina “poco uscita”: me lo ricorda, ridendo, il mio fidanzato, anche lui insegnante, che ha trascorso la sua adolescenza in un’isola del Mediterraneo simile a quella di Arturo. Ma io gli inseguimenti sugli scogli o la noia della pesca non li ho vissuti uscendo, ma solo entrando in un libro che me la raccontasse. L’isola di Arturo della Morante, appunto. Ma non rimpiango l’essere “poco uscita”: ci rido sopra con nostalgia e consolidata abitudine. E con lo sguardo retrospettivo di chi, poi, è diventato insegnante di lettere e si è ritrovata un deposito di letture a cui attingere e con cui confrontarsi. A volte, molto aspramente.
Edgar Lee Masters meets Alessandro Manzoni: se ne parla ancora
20 ottobre 2014Maria Teresa Carbone, in un articolo apparso ieri nel settimanale Pagina 99, parla (tra altre cose) del gioco Edgar Lee Masters meets Alessandro Manzoni. Il settimanale è in edicola, l’articolo – per i più tirchi – è qui.