di giuliomozzi
Spesso, quando parlo di Tullio Avoledo, mi sento dire: ah, sì, quello dell’Elenco telefonico di Atlantide. In effetti quel romanzo, apparso nel 2003 presso l’editore milanese Sironi – per il quale all’epoca lavoravo – fu un esordio memorabile. Dopo il la dato da Antonio D’Orrico, che si era appena divertito a lanciare Giorgio Faletti come “il più grande scrittore italiano” e che aveva reagito positivamente a una mia provocazione (più o meno: a far diventare famoso uno già famoso sono buoni tutti, prova con questo qui che non lo conosce nessuno ed è pubblicato da una casa editrice che esiste da sei mesi), ne parlarono praticamente tutti (nel bene e nel male, ovviamente). Tanto che le vendite effettive dell’edizione Sironi (circa diciassettemila copie, circa un mese di permanenza tra il secondo e il quinto posto in classifica nelle vendite di romanzi italiani) venivano ampiamente sovrastimate anche dagli stessi operatori del settore.