di Roberto Paglialonga
[Questo articolo è apparso in L’Occidentale].
Interrogarsi sul senso dell’esistenza è interrogarsi su Dio. E’ approssimarsi all’Eterno nell’eterna tensione tridimensionale dei primordi umani: corpo anima, mente. Forza, sentimento, ragione: uno slancio senza approdo per capire la propria essenza, che è identità e vita.
Davide, il capolavoro di Carlo Coccioli, è un’invocazione crescente e una richiesta d’aiuto al cielo fin dall’“Ascolta” che ne avvia la parabola. Pubblicato nel 1976, a lungo introvabile a causa delle logiche del commercio e del marketing, nonché dell’ottusità della nostra casta intellettual-benpensante, il romanzo è ora stato meritoriamente ristampato dall’editore Sironi di Milano, grazie alla cura di Giulio Mozzi, che promette di ridare presto vita a tutta l’opera dello scrittore livornese, morto nel 2003 all’età di 83 anni.
Ma chi è Davide, il re d’Israele? Davide è l’unto dal Signore, il prescelto, il portatore di una storia e di una tradizione, seminatore di un futuro increato, su cui Dio ha voluto fondare la Santa Alleanza e costruire la propria potenza, l’Io che dà del Tu all’Eterno, l’ama, lo teme, l’innalza, lo delude. Davide sono io. Davide è ciascuno di noi.