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Carlo Coccioli / Presenza dello scrittore assente

16 gennaio 2009

a cura di giuliomozzi

Parla una composita pattuglia di lettori di Carlo Coccioli: Franco Buffoni, Antonella Cilento, Giancarlo De Cataldo, Mario Fortunato, Bruno Gambarotta, Massimiliano Governi, Giuseppe Lupo, Marino Magliani, Sergio Pent, Alcide Pierantozzi, Giacomo Sartori, Giorgio Vasta.

[Questo articolo è stato ripreso il 2 febbraio 2009 in Nazione indiana, qui].

Carlo Coccioli

Carlo Coccioli

“Quello con Carlo Coccioli è stato un esemplare incontro mancato. Non siamo mai riusciti a stringerci la mano, eppure non potrei dire di non averlo conosciuto”. Comincia con queste parole il capitolo che dedica a Coccioli, nel suo bel libro Quelli che ami non muoiono mai, Mario Fortunato (Bompiani 2008). Mi ha colpito sentirmi ripetere più volte queste o simili parole – quasi un ritornello – quando ho provato a domandare a un po’ di scrittrici e scrittori d’Italia chi sia per loro Carlo Coccioli. E, in effetti, non l’ho mai conosciuto, ma è come se l’avessi conosciuto, lo dico anch’io.

Per molti più o meno della mia generazione, la via verso Carlo Coccioli è stata Pier Vittorio Tondelli. Che recensì con entusiasmo, nel 1987, Piccolo Karma; e inserì poi la recensione, ampliandola, in quel formidabile racconto degli anni Ottanta che è il volume Un week-end postmoderno (Bompiani 1987). “In nessun autore italiano contemporaneo”, scriveva Tondelli, “è presente una così grande tensione interiore, un’irrequietezza spirituale che poi si traduce in un nomadismo culturale e metafisico assolutamente originale, per non dire eccentrico”. Tuttavia “quello che si ama nell’opera di Carlo Coccioli non è solo, a ben guardare, l’incessante tormento teologico che lo ha spinto ora verso il cristianesimo ultraortodosso, poi verso l’ebraismo, quindi, fra gli Stati Uniti e il Messico, verso gli Hare Krishna della Casa di Tacubaya (1982), i riti indigeni, lo spiritismo, la psichedelia e gli Alcolisti Anonimi di Uomini in fuga (1973) e, finalmente, verso le filosofie e le religioni orientali, l’induismo e il buddhismo Zen […] ma anche lo stile di vita appartato, l’amore per gli umili e i reietti, l’assoluta fedeltà alle ragioni della propria ispirazione e della propria scrittura che altro non sono, poi, che la ricerca ossessiva di una risposta, mai definitiva, alle ragioni del Bene e, più ancora, del Male. E poi, finalmente, la sensualità di molte sue pagine, l’erotismo, la predilezione omosessuale”.

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