[Come ho spiegato qui, pubblico in questi giorni una serie di estratti dai lavori in corso degli “apprendisti” della Bottega di narrazione. Per leggere tutti gli estratti finora pubblicati, cliccare qui. gm].
Elisa Tambornini nasce a Tortona e lì frequenta il liceo scientifico. Si sposta a Pavia dove si laurea in Filosofia Teoretica.
Cercando risposta al proprio bisogni di autonomia inizia a fare i lavori più disparati (e sottopagati).
Nel poco tempo libero che si ritrova, pur non essendo una scrittrice, scrive.
Il brano che segue è tratto da un romanzo in cui Maria, la protagonista e narratrice, torna a Molino Vecchio, suo paese d’origine, per scoprire un mistero che la lega alle sue radici, alla sua identità. Dopo aver trovato una lettera della madre in cui questa le rivela che Giuseppe non è il suo vero padre, Maria parte alla riscoperta del vecchio borgo, incastonato fra le colline piemontesi, e si improvvisa investigatrice, divisa fra la propria introversione e il mondo esterno, fatto di religione e superstizione, e di personaggi unici e racchiusi nella stretta della comunità.
Nella ricerca delle sue origini Maria stringe un’amicizia con Mimma, altra outsider, e con il cugino Alessandro, che pare isolatosi dal resto del mondo e con cui con cui ha un legame di attrazione che a tratti viene ricambiato e in altri momenti respinto senza apparente motivo.
Il brano parte da una riflessione di Maria sul ritorno a Molino Vecchio per poi spostare l’attenzione sulla descrizione di una festa di campagna in cui i contadini danzano insieme intorno ai falò appiccati nelle aie, unico vero momento di aggregazione extra lavorativo. In questa festa Maria incontra alcuni paesani, fra cui Marco, che colto dai fumi dell’alcol le fa una proposta sgraziata alla ragazza. Maria fugge, incontra il cugino Alessandro e fra i due nasce un momento di provocatoria vicinanza.
Il mio lavoro è nato in una fredda mattina di dicembre, seduta al tavolo della mia cucina, con una pagina di Word immacolata davanti ai miei occhi stanchi. E’ nato dal mio incessante bisogno di fondere esperienze, sensazioni, idee ed emozioni in storie sempre differenti che possano trasmettere qualcosa di me agli altri. E’ nato, e mentre era ancora un soggetto spelacchiato di tre pagine ha ricevuto, insieme a me, un sms che l’ammetteva a partecipare alla Bottega di narrazione di Laurana. In quest’anno condiviso, io con la mia storia e ognuno degli altri con la loro, siamo cresciuti, abbiamo imparato, ci siamo letti, corretti, studiati, confrontati. A livello personale è stato un investimento su me stessa, un percorso particolare di lavoro che da sola non avrei potuto compiere nemmeno in un migliaio d’anni passati da sola, a quel tavolo, davanti a quella pagina bianca. E per di più, un viaggio incredibile percorso al fianco di persone rare, profonde e a dir poco meravigliose. Non avrei potuto chiedere altro.
Ho scelto la scena che segue perché a mio parere mostra uno spicchio di comunità riunita in un mondo contadino legato alla religione che sconfina con la superstizione in cui la vicenda si svolge, inquadra il rapporto particolare fra Maria e il cugino Alessandro e fra Maria e gli altri abitanti del paese. (e.t.)
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