Posts Tagged ‘Antonio Serra’

La formazione della fumettista, 29 / Antonella Vicari

9 giugno 2015

di Antonella Vicari

[Questa è la ventinovesima puntata della rubrica del martedì, dedicata alla formazione di fumettiste e fumettisti. La rubrica è a cura di Matteo Bussola. Ringraziamo Antonella per la disponibilità. gm].

antonella_vicariOtto anni, i titoli di coda di un cartone animato di Hanna & Barbera mi hanno fatto capire cosa avrei fatto da grande: la disegnatrice.

Da sempre il disegno ha fatto parte della mia vita. Non è stata una scelta ma una necessità. Scarabocchiavo, creavo piccole vignette, storie, costringevo la mia sorellina a stare ferma per ore per farle un ritratto, avevo sempre con me un taccuino, un block-notes o qualsiasi altra cosa dove poter disegnare. Ero la prima della classe in disegno.
Ho letto tantissimo sin da piccola cominciando con Topolino e Paperino. Mi affascinavano i fumetti dalla linea chiara franco-belga: Hergè, Juan Gimenez, Vittorio Giardino, Giraud/Moebius. Ma anche autori sudamericani, dalle atmosfere più cupe e noir, José Mûnoz, Barreiro & Risso, Jordi Bernet. Poi c’era Hugo Pratt. Ero attirata da entrambi gli stili, uno più “chiaro e leggero” e l’altro più “scuro e deciso”. Non avevo ancora chiaro quale sarebbe stato il mio stile.

Credo che il fumetto sia una delle tante possibilità che abbiamo di raccontare, e credo che ci siano un’infinità di modi per farlo. Ho sempre trovato straordinario lo spazio bianco tra le vignette che viene riempito dalla nostra fantasia. Tutto accade lì.

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La formazione della fumettista, 22 / Valentina Romeo

14 aprile 2015

di Valentina Romeo

[Questa è la ventiduesima puntata della rubrica del martedì, dedicata alla formazione di fumettiste e fumettisti. La rubrica è a cura di Matteo Bussola. Ringraziamo Valentina per la disponibilità. gm].

valentina_romeoHo sempre avuto una forte passione per il racconto attraverso le immagini, sono cresciuta divorando cartoni animati della Disney e giapponesi, e sognavo un giorno di poter disegnare proprio per la Disney, o comunque di diventare una disegnatrice e far vivere i miei personaggi nel modo più realistico ed elegante possibile.
I classici Disney come Cenerentola, La bella e la bestia, La spada nella roccia, mi colpivano particolarmente per l’eleganza dei disegni, per l’espressività dei personaggi, per le atmosfere fiabesche e per quell’umorismo che non appesantisce mai le storie. Ero affascinata dai movimenti realistici ma nello stesso tempo idealizzati, come se ogni movimento fosse tanto naturale quanto una forma d’arte. Che poi, quest’ultima cosa, è quello che mi affascina anche della cultura giapponese. In Memorie di una geisha per esempio, la protagonista parla proprio di questo aspetto, dicendo che i giapponesi riescono a trasformare le abitudini in arte, rendendo più affascinante perfino prendere un tè in compagnia. Il gesto più comune si trasforma in una visione che mi ipnotizza, dove l’amore per il bello cattura immediatamente la mia attenzione.
Per riuscire a realizzare il mio sogno di diventare disegnatrice bisognava studiare molto, e l’avrei fatto se la mia famiglia mi avesse appoggiata, ma non è stato così. Certe realtà, magari lontane da quelle che sono le aspirazioni più comuni possono spaventare i genitori, e infatti i miei non volevano rimanessi delusa nell’intraprendere una strada così difficile. Ma, raggiunta la maggiore età, mi sono spostata a Napoli per studiare prima Architettura e poi, con un atto di coraggio, mi sono iscritta alla Scuola del Fumetto per tentare una prima e forse ultima volta di realizzare il mio sogno di infanzia.
Con tenacia e disciplina mi sono diplomata con il massimo dei voti e ho trovato subito dei piccoli lavori che mi hanno permesso di continuare la strada dei miei sogni fino al punto in cui mi ero prefissata di arrivare: essere assunta dalla Sergio Bonelli Editore, la casa editrice più prolifica e importante di Italia.

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La formazione del fumettista, 13 / Andrea Cascioli

3 febbraio 2015

di Andrea Cascioli

[Questa è la tredicesima puntata della rubrica del martedì, dedicata alla formazione di fumettiste e fumettisti. La rubrica è a cura di Matteo Bussola. Ringraziamo Andrea per la disponibilità. gm].

Andrea_CascioliMi contatta Matteo Bussola.
Dice che vorrebbe un mio scritto, mi manda un link perché veda di che si tratta.
Sostanzialmente mi chiede di dire cosa è importante in questo lavoro, ovvero cosa è importante PER ME.
La forma mentis, è importante.
Non sentirsi bravi, è importante.
La narrazione, è importante.
Un fumettista, come uno sceneggiatore, come un regista, come un attore, è al servizio della storia.
Non dell’Arte, non dell’applauso, non del proprio ego; della storia da raccontare.
Non ci sarebbe bisogno di scrivere altro, il mio intervento potrebbe finire qui.
Bussola però non sarebbe contento di questo ermetismo, e poi Fabio Celoni ha scritto molto di più.
Ti credo, Fabio Celoni è molto più bravo di me.
Ho imparato moltissimo guardando certi suoi disegni.
Ecco, per esempio, se io fossi convinto di essere più bravo degli altri non riuscirei ad imparare da loro.
Avere una certa consapevolezza circa i propri limiti è un trucco per migliorarsi.
La certezza matematica di essere perfettibile non è un legame, è una fionda, ti catapulta in uno stato di perenne capacità d’apprendimento.
Ti lancia lontano, dove da solo non saresti arrivato.
È la gioia di imparare da tutto e da tutti.
I presuntuosi, poveretti, non ce l’hanno, e continuano a dibattersi in una pozzanghera autoreferenziale ripetendosi a gran voce “io sono un Artista, non vengo abbastanza apprezzato”.
In questo modo non crescono, si nutrono del loro stesso sapere e di nient’altro.
Il mondo dei fumetti ne è pieno.
Anche senza fumetti, il mondo ne è pieno.

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La formazione del fumettista, 10 / Fabio D’Auria

13 gennaio 2015

di Fabio D’Auria

[Riprendiamo le nostre rubriche. Questa è la decima puntata di quella del martedì, dedicata alla formazione di fumettiste e fumettisti. La rubrica è a cura di Matteo Bussola. Ringraziamo Fabio per la disponibilità].

Fabio_D_AuriaPer sintetizzare i miei quattordici anni da colorista di fumetti potrei raccontarvi di quella volta in cui uno dei maggiori editor americani mi scrisse “I love you!” quando a una scadenza impossibile gli dissi che non doveva cercarmi un aiuto ma che avrei dormito qualche ora in meno e fatto tutto io da solo, o quando all’improvviso mi arrivò il mio primo lavoro Marvel mentre partivo con moglie e bimba di un anno per le vacanze estive in Sardegna, o di quando a inizio carriera risposi sì alla domanda se potevo colorare 540 pagine di Alan Ford in 20 giorni, o di altri mille episodi simili, tutti legati da un comune filo, l’aver mantenuto la promessa.
Per me rispettare l’impegno preso è sempre stata una regola inviolabile; in qualsiasi ambito ho sempre cercato di fare al meglio qualsiasi cosa mi fossi preso l’impegno di fare.
Ho tagliato lamiere, riempito taniche di detersivo, cucinato hamburger, montato barre in cursore degli ascensori o servito ai tavoli, e nei limiti delle mie possibilità ho sempre cercato di farlo al meglio.
Se ti piacciono i fumetti, il poterli fare è il mestiere più bello del mondo, ma è sempre un lavoro. Ho sempre cercato di non distaccarmi da questo concetto. Un lavoro presuppone un impegno e un impegno va rispettato. In quattordici anni non ho mai sforato una scadenza. Certo, mi sono ammalato anche io, anche io ho avuto degli imprevisti di percorso ma non è mai successo che il giorno della consegna pattuita io non abbia consegnato il lavoro promesso.
Se considerate poi che io in realtà i fumetti li volevo disegnare, l’aver colorato per i maggiori editori occidentali dovrebbe dimostrare quanto seriamente io tenga fede agli impegni presi.
Ma andiamo con ordine.

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