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Tramandato per secoli, sparito negli anni ʼ80. “Il quinto evangelio” tra finzione narrativa e realtà editoriale

28 ottobre 2015

di Mario De Santis

[continua il “convegno online” dedicato a Mario Pomilio].

Mario Pomilio

Mario Pomilio

Il quinto evangelio di Mario Pomilio, letto oggi, spiazza ancora di più rispetto a quando è uscito. Sottoposto a differenti inattualità, tanto da farne una sorta di libro a suo modo distopico, nel senso che è come un monolite capitato in un’epoca sbagliata. Provo a ragionare su questi due punti parlando di ciò che sta fuori dalla soglia del testo e dentro esso. La casa editrice L’Orma lo recupera dall’oblio editoriale e da un’epoca storica entro la quale era così ben collocato – il 1975 della pubblicazione, la discussione post-conciliare, il movimento cattolico che si confrontava con le istanze sociali eccetera. Da un lato lo colloca nelle stesse librerie dove hanno successo romanzi che agitano spettri di un cristianesimo medioevale, ombroso e templare, ritenuto ancora capace di influire sul nostro mondo – ecco i successi di Dan Brown su tutti o in Italia di Carrisi – un cristianesimo che sembra tuttavia più una maschera da videogame che un’entità reale.

È curiosa la coincidenza tra il narrato letterario e la vicenda editoriale, con le debite proporzioni: un libro scomparso, che riemerge, è questo il tratto che unisce il plot del romanzo e la sua disavventura culturale. Il romanzo in sé ebbe successo, con diverse edizioni, e poi fu inghiottito dall’oblio, non assoluto, negli anni dopo il 1980, ma di fatto non era più ristampato e dunque reale. Riappare oggi, in una società italiana ampiamente secolarizzata che non frequenta, se non una minoranza, le chiese e ancora meno la diretta parola di Dio, i libri evangelici, la Bibbia. E in un paese di non lettori, in un paese di cattolici di facciata e certo non frequentatori delle Scritture, che senso ha riproporre un libro come quello di Pomilio? Se il contesto in qualche modo può legarsi a un libro e illuminarne una parte del senso, c’è da dire tuttavia che l’inattualità di Pomilio rispetto all’uditorio del pubblico italiano si ribalta in kairos: arriva al momento giusto, se pensato nella coincidenza del mutamento indotto dall’istanza pauperista, di apertura, che il Papato di Francesco sta facendo emergere. Il contenuto del Quinto evangelio ridiventa ancora una volta attuale – di fronte a una Chiesa curiale, politica, conservatrice e al tempo stesso fortemente compromessa con il secolo, dal punto di vista economico e politico, come era stata e in parte è quella che dominava la scena fino all’elezione di Bergoglio. Cosa lega il destino di un romanzo come Il quinto evangelio? La questione della fede nella parola letteraria collegata alla presenza sociale della fede cattolica, da quegli anni in poi. Qui si si può provare a sovrapporre “il cattolico medio italiano” al “lettore medio italiano”.

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