[è uscita a inizio novembre per la casa editrice tedesca NonsoloVerlag una antologia che raccoglie 10 racconti di autori italiani dal titolo Vite allo specchio. Pubblico qui il mio racconto.]
Di Demetrio Paolin
Sono nato nell’agosto del millenovecentosettantaquattro il giorno quattro di trentadue settimane, e questa furia di uscire mi ha salvato la vita, o così dice mia madre, che altrimenti sarebbe stata sull’Italicus per salire a nord da mio padre. Il mio nutrimento è stato il piombo dei ‘70, mi hanno ingrassato un latte che sapeva di zinco e gli ormoni negli omogeneizzati; le mie ossa non sono altro che il risultato della crisi energetica e il sangue è quello dei poliziotti e dei terroristi mischiato insieme. Io sono venuto al mondo mentre ogni cosa esplodeva e l’aria sapeva di tritolo e di C4. Sono nato e i corpi come quello di mia madre venivano uccisi da pallottole vaganti. Come era bella di schiena Giorgiana Masi quando il proiettile le si infilò all’altezza del polmone e lo perforò per uscire dall’altra parte, e la donna continuò la sua corsa per qualche secondo per poi sfiorire a terra morta. Io sono nato nel tempo in cui saltavano in aria treni, banche e loggiati medioevali. Io sono figlio di questa patria che chiamo Italia che è una lunga giovinezza piena di pomeriggi di noia, di sogni disfatti, di donne che avrei potuto amare e che ho cancellato; ho levigato la mia persona con una ferrea disciplina di purezza e oggi – passati 44 anni dal mio nascere – se leggete queste parole, io, Demetrio Paolin, sono morto, saltando in aria con la mia classe di alunni del liceo scientifico Keplero di Torino.